Con una certa frequenza è comunicata la notizia dell'avvicinamento di un
meteorite al nostro pianeta e quasi sempre qualcuno dichiara che l'esito
potrebbe essere infausto per tutta l'umanità. "Il mondo finirà",
dichiarano alcuni che pare godano di una discreta infallibilità nel
preannunciare sventure.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Vi saranno segni nel sole,
nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre
gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere
sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte".
Per ognuno di noi, il mondo sicuramente finirà.
In termini puramente terreni,
la vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne
uscirà vivo.
Ci sforziamo continuamente di non pensarci, ma il tempo è un mistero
inesorabile al quale non possiamo sfuggire: fa sentire i suoi effetti sui
nostri capelli e nelle articolazioni, si diverte a stamparci rughe sul viso e
ad ampliare il nostro girovita.
Se ci riflettiamo, dovremo convenire che il tempo è una tra le risorse davvero
non rinnovabili.
Un tale ha sintetizzato questa realtà con una semplice affermazione:
"Passiamo la vita ad ammazzare il tempo in attesa che il tempo ammazzi
noi".
Eppure il tempo che ci è dato è l'unica occasione che abbiamo quaggiù. Non ce
ne sarà data un'altra.
Perché allora lasciamo che tutto scorra tra l'impazienza e la noia?
Che cosa ci
tiene così spesso in uno stato di torpore?
Siamo immersi in una serie di
abitudini, sviluppiamo un attaccamento nei confronti di gesti meccanici e
poveri di contenuto, permettiamo che un grigiore uniforme livelli la nostra
esistenza. A un certo punto potremo accorgerci che la nostra vita se n'è andata
e non l'abbiamo vissuta.
Grandi cose ci sfiorano, passano nella nostra anima come acqua sulle pietre.
Troppo spesso potremmo essere paragonati ai giovani che vanno in gita a bordo
di un pullman che attraversa località incantevoli, ma tengono le tendine del
finestrino ben chiuse, per ascoltare l'iPod a occhi chiusi o risolvere il
Sudoku.
Un falco era stato catturato da un contadino, che lo aveva legato a una zampa e
l'aveva sistemato nell'aia di un cascinale.
Il falco non si era rassegnato a vivere come un pollo. Aveva cominciato a dare
decisi strattoni alla corda che lo teneva avvinto ad un robusto trave del
pollaio. Fissava il cielo azzurro e si impegnava a tirare con tutte le sue
forze. La corda lo riportava però sempre e inesorabilmente a terra. Il falco
provò a liberarsi senza sosta per settimane, finché la pelle della zampa legata
si lacerò e le sue belle ali si rovinarono.
Alla fine, il falco si abituò a quella vita. A distanza di qualche mese trovava
di suo gradimento anche il mangime dei polli. Si accontentò dunque di
razzolare.
Così non si accorse che le piogge autunnali e la neve dell'inverno avevano
fatto marcire la corda che lo legava a terra.
Sarebbe bastato un ultimo modesto strattone e il falco sarebbe tornato in
libertà, padrone del cielo.
Il falco però non lo fece.
A volte il nostro corpo fa fatica anche solo a salire una rampa di scale, ma la
nostra anima ha le ali.
E il cielo è nostro.
Per evitare sorprese, i primi cristiani hanno fatto una cosa straordinaria:
hanno regolato l'orologio della vita su Gesù. Fin dall'inizio hanno orientato
la dimensione del tempo su Gesù e, per cominciare, trasformarono il sabato
degli ebrei nella domenica.
Il capolavoro cristiano sul senso del tempo è l'anno liturgico, cioè l'anno
delle feste cristiane, disposte in modo che nell'arco dell'anno si ripercorra
la vita di Gesù, perché è lui "Alfa e Omega, principio e fine" come
si proclama nella notte di Pasqua, la notte più solenne dell'anno per i cristiani.
L'anno liturgico immerge il cristiano nella storia di Gesù, dal momento in cui
si attende la sua venuta a Natale fino a quando si aspetta che torni alla fine
dei tempi. E si concentra sul nucleo drammatico di quella storia, sugli ultimi
giorni che Cristo visse a Gerusalemme, dal Giovedì Santo alla domenica di
Pasqua.
Il cristiano non è come l'eroe solitario dei film western che cavalca verso il
sole che tramonta e le parole "The end".
Il cristiano cammina verso
il sole che sfolgora al mattino, perché sa che nessuno può impedire al sole di
sorgere, come nessuno può immaginare di chiudere Dio nell'oscurità di una
tomba.
Gesù ha capovolto il senso del tempo: non si va verso la fine, ma verso il
principio. E ha anche spiegato chiaramente che cosa dobbiamo fare in questo
periodo che chiamiamo tempo o vita.
"Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a
tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".
"Sveglia" è la persona che si propone a ogni istante di tenere l'occhio
vigile rivolto a ciò che la volontà di Dio raccomanda nelle situazioni che si
presentano di volta in volta. Per Gesù "vegliare" significa essere
sensibili nei confronti degli esseri umani e delle cose. Averne cura.
"Mio padre si ubriaca sempre perché è disoccupato e la mia mamma non ha
soldi e mi hanno messo dentro un istituto.
L'unica creatura che mi vuole bene è un pesce rosso che tengo dentro un vasetto
sempre vicino a me, anche quando dormo la notte.
La direttrice mi ha detto che
il pesce non lo posso più tenere e allora di notte dormo con il vasetto del
pesce legato alla mano, perché ho paura di svegliarmi e di non trovarlo più.
Se mi portano via il pesce, non ho più nessuno che mi vuole bene" ha
scritto un bambino di otto anni.
Tutti abbiamo un "pesce rosso" su cui vegliare.
E noi siamo il
"pesce rosso" di Dio. "Tu sei prezioso ai miei occhi", ci
assicura il Signore tramite il profeta Isaia.
Dio non dorme mai. È sempre con noi, mentre noi spesso siamo lontani da Lui.
Il contrario della veglia è la sonnolenza, il sopore, la mancanza di
partecipazione e l'elusione delle responsabilità.
Sotto molti aspetti l'esortazione a essere desti è identica ad alcune
espressioni bibliche che hanno goduto del loro momento favorevole soprattutto
in passato, come "fare penitenza" o "conversione".
Il
termine "risveglio" suona più positivo, perché mira alla luce del
giorno e alla gioia di esserci, di ritrovarsi dopo l'incoscienza del sonno.
Vegliare durante la notte non è romantico: bisogna lottare contro il freddo e
la stanchezza. Non ci si può fare l'abitudine. Solo quando si è intensamente
toccati da qualcuno si può vegliare per aspettarlo.
"Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e
gloria grande".
Il cristiano è una persona "sveglia", una persona che vive
nell'Avvento. Gesù sa dunque che c'è almeno uno che lo aspetta. Come la
sentinella spera nell'aurora, suggerisce il Salmo 130, così il cristiano
aspetta il Signore, con amore e fiducia. Non può e non vuole dormire, finché
finalmente arriverà.
Gesù pretende un amore radicale. Chiede di tenere lo sguardo puntato solo su
Dio, anticipando così la realtà e i criteri del giorno venturo nel cuore della
notte, proprio quando tutti vogliono mettersi comodi.
"Fratelli, ci ha detto San Paolo, il Signore vi faccia crescere e
abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di
voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a
Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i
suoi santi".
Il tempo dei cristiani è un tempo pieno. Pieno di senso, inteso come
significato e direzione. Si va da qualche parte, si va da Qualcuno. Il momento
verrà: abbiamo un appuntamento. Nel cuore della parabola delle dieci ragazze
c'è un annuncio: "A mezzanotte un grido risuonò: ecco lo sposo, andategli
incontro!"
Un giorno un turista fece visita ad un famoso rabbino.
Rimase stupito nel vedere che la casa del rabbino consisteva soltanto in una
stanza piena di libri. Gli unici mobili erano un tavolo e una panca.
"Rabbi, dove sono i tuoi mobili?", chiese il turista.
"E i tuoi dove sono?", replicò il rabbino.
"I miei? Ma io sono qui solo di passaggio", replicò il turista.
"Anch'io", disse il rabbino.
Siamo di passaggio, quaggiù. La vita è solo un ponte, non ci possiamo costruire
sopra una casa. Ma quello che il bruco definisce "fine del mondo",
per il Maestro si chiama "farfalla".
- Bruno FERRERO sdb -
2015 - dal sito incammin.com
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