Entrarono
improvvisamente in chiesa un uomo e due donne, e una delle due era la moglie di
Peppone, il capo dei rossi.
Don Camillo che, in
cima a una scala stava lucidando col sidol l'aureola di San Giuseppe, si volse e domandò cosa volevano.
"C'è da battezzare della roba" rispose l'uomo. E una delle
donne mostrò un fagotto con dentro un bambino.
"Chi l'ha fatto?" chiese don Camillo scendendo.
"Io" rispose la moglie di Peppone.
"Con tuo marito?" si informò don Camillo. "Si capisce!
Con chi vuole che l'abbia fatto: con lei?" ribatté secca la moglie di
Peppone.
"C'è poco da arrabbiarsi" osservò don Camillo avviandosi verso
la sagrestia. "So assai, io: non avevano detto che nel vostro partito è di
moda l'amore libero?"
Passando davanti all'altare don Camillo si inchinò e strizzò l'occhio al
Cristo crocifisso.
"Avete sentito?" e don Camillo ridacchiò. "Gliel'ho dato
un colpetto a quei senza Dio!"
"Non dire stupidaggini, don
Camillo!" rispose seccato il Cristo. "Se fossero senza Dio non
verrebbero qui a far battezzare i figli. Se la moglie di Peppone ti avesse
rifilato una sberla, te la saresti guadagnata."
"Se la moglie di Peppone mi dava una sberla, io li prendevo tutt'e
tre per il collo e..." "E?" domandò severo Gesù.
"Niente, si fa per dire" rispose in fretta don Camillo
alzandosi.
"Don Camillo, sta' in guardia" lo ammoni Gesù.
Indossati i paramenti, don Camillo si appressò al fonte battesimale.
"Come lo volete chiamare?" chiese don Camillo alla moglie di
Peppone.
"Lenin, Libero, Antonio" rispose la moglie di Peppone.
"Vallo a far battezzare in Russia" disse calmo don Camillo
rimettendo il coperchio al fonte battesimale.
Don Camillo aveva mani grandi come badili, e i tre se ne andarono senza
fiatare. Don Camillo cercò di sgattaiolare in sagrestia, ma la voce del Cristo
lo bloccò.
"Don Camillo, hai fatto una gran brutta cosa! Va' a richiamare
quella gente e battezza il bambino."
"Gesù" rispose don Camillo. "Dovete mettervi in mente che
il battesimo non è mica una burletta. Il battesimo è una cosa sacra. Il
battesimo..."
"Don Camillo" lo interruppe il Cristo. "A me vuoi
insegnare cos'è il battesimo? A me che l'ho inventato? Io ti dico che tu hai
fatto una grossa soperchieria. perché se quel bambino, metti il caso, in questo
momento muore, la colpa è tua se non ha il libero ingresso in Paradiso!"
"Gesù non drammatizziamo!" ribatté don Camillo. "Perché
dovrebbe morire? E' bianco e rosso come una rosa!"
"Non vuol dire!" lo ammonì il Cristo. "Gli può cadere una
tegola in testa, gli può venire un colpo apoplettico. Tu lo devi
battezzare."
Don Camillo allargò le braccia: "Gesù, pensateci un momento. Si
fosse sicuri che quello poi va all'Inferno, si potrebbe lasciar passare: ma
quello, pure essendo figlio di un brutto arnese, può benissimo capitarvi fra
capo e collo in Paradiso. E allora ditemi voi come posso permettere che vi
arrivi in Paradiso della gente che si chiama Lenin? Io lo faccio per il buon
nome del Paradiso"
"Al buon nome del Paradiso ci penso io" gridò seccato Gesù.
"A me interessa che uno sia un galantuomo: che si chiami poi Lenin
o Bottone non mi importa niente. Al massimo, tu potevi far presente a quella
gente che dare ai bambini nomi strampalati spesso può significare metterli nei
pasticci, da grandi."
"Va bene" rispose don Camillo. "Io ho sempre torto.
Cercheremo di rimediare."
In quel momento entrò qualcuno. Era Peppone solo, col bambino in
braccio. Peppone chiuse la porta col chiavistello.
"Di qui non esco" disse "se mio figlio non è stato
battezzato col nome che voglio io."
"Ecco" sussurrò sorridendo don Camillo rivolto al Cristo.
"Lo vedete che gente? Uno è pieno delle più sante intenzioni e guardate
come lo trattano."
"Mettiti nei suoi panni" rispose il Cristo. "Non sono
sistemi da approvare, ma si possono comprendere."
Don Camillo scosse il capo.
"Ho detto che di qui non esco se non mi battezzate il figlio come
voglio io" ripeté Peppone, e, deposto il fagotto col bimbo su una panca,
si tolse la giacca, si rimboccò le maniche e avanzò minaccioso.
"Gesù" implorò don Camillo. "Io mi rimetto a voi. Se voi
stimate giusto che un vostro sacerdote ceda alle imposizioni dei privati, io
cedo. Ad ogni modo domani non lamentatevi se poi mi porteranno un vitello e mi
imporranno di battezzarlo. Voi lo sapete: guai a creare dei precedenti."
"Be'" rispose il Cristo "In questo caso tu devi cercare di
fargli capire..."
"E se quello me le dà?"
"Prendile, don Camillo. Sopporta, soffri come ho fatto io."
Allora don Camillo si volse: "D'accordo, Peppone" disse.
"Il bambino uscirà di qui battezzato, però non con quel nome
dannato."
"Don Camillo," borbottò Peppone "ricordatevi che ho la
pancia delicata per quella palla che mi sono preso in montagna. Non tirate colpi
bassi o comincio a lavorare con una panca."
"Sta' tranquillo, Peppone, io te li sistemo tutti al piano
superiore" rispose don Camillo collocandogli una sventola a cavalcioni di
un'orecchia.
Erano due omacci con le braccia di ferro e volavano sberle che facevano
fischiar l'aria. Dopo venti minuti di lotta furibonda e silenziosa. don
Camillo, sentì una voce alle sue spalle:
"Forza, don Camillo! Tiragli alla mascella!"
Era il Cristo da sopra l'altare. Don Camillo sparò alla mascella, e
Peppone rovinò per terra."
Peppone rimase lungo disteso una decina di minuti, poi si rialzò, si
massaggiò il mento, si rassettò, si rimise la giacca, si rifece il nodo al
fazzoletto rosso, e prese in braccio il bambino.
Vestito dei paramenti d'uso, don Camillo lo aspettava, fermo come un
macigno, davanti al fonte battesimale, Peppone si avvicinò lentamente.
"Come lo chiamiamo?" chiese don Camillo.
"Camillo, Libero, Antonio" borbottò Peppone.
Don Camillo scosse il capo.
"Ma no: chiamiamolo invece Libero, Camillo, Lenin" disse.
"Sì, anche Lenin; quando hanno un Camillo vicino, i tipi come
quello là non hanno niente da fare."
"Amen" borbottò Peppone tastandosi la mascella.
Quando, finito tutto, don Camillo passò davanti all'altare, il Cristo
disse sorridendo:
"Don Camillo, bisogna dire la verità: in politica ci sai fare
meglio tu di me".
"Anche a cazzotti però" rispose don Camillo con molto
sussiego, tastandosi con indifferenza un grosso bernoccolo sulla fronte.
(Giovannino Guareschi)
Sig.ra Bottazzi:
"Libero Antonio Lenin!" Don Camillo: "E allora fatelo battezzare
dai russi!!!!"
Dialogo fra Peppone (Gino Cervi) e don Camillo
(Fernandel):
Peppone: Voi non siete un uomo, voi siete un prete!
[Don Camillo gli pesta
violentemente il piede] Se siete un uomo aspettatemi fuori! [Fuori
dall'edificio scolastico alla fine dell'esame]
Don Camillo: D'accordo, ma
guarda che siamo in due: prima le pigli dall'uomo, e poi le buschi dal prete!
Gesù a don Camillo:
E poi, detto fra
noi, una pestatina ti fa bene...così impari a fare della politica in casa mia!