La Bibbia conosce alcune figure di
grandi vecchi, e se ne compiace: Abramo, Mosè, Samuele e altri. Per l'uomo
biblico nulla è scontato. La potenza di Dio può sconvolgere anche le leggi
dell'età: Sara ha un figlio in tarda età (Genesi 18,12), «perché nulla è
impossibile a Dio». E così Elisabetta (Luca 1,36-37). Ma la stima della Bibbia,
ovviamente, non si estende solo verso queste figure eccezionali.
Anche nella società biblica l'anziano
è, per lo più, un pensionato.
Il profeta Zaccaria annota che accanto ai bambini
che giocano «siedono anziani e anziane nelle strade di Gerusalemme, ciascuno
con un bastone tra le mani, a motivo dell'età avanzata» (Zc 8,4).
In un passo
del Levitico «un uomo dai 20 ai 60 anni viene valutato 50 sicli (30 se donna),
ma dopo i 60 solo 15 sicli (10 se donna)» (Lv 27,1-8).
Un pensionato, dunque,
ma non un emarginato.
È significativo che tra le classi
deboli, in favore delle quali Dio prende le difese, vengono enumerati gli
orfani, i poveri, le vedove e gli stranieri, ma non i vecchi.
La vecchiaia non
costituiva un particolare problema sociale.
Forse anche perché gli anziani non
dovevano essere molti, e questo è un dato da non sottovalutare completamente.
Per il salmista (Sal 90,10) settanta anni sono una bella età e solo in casi
eccezionali l'uomo arriva a ottanta. Ma non dovevano essere molti ad
arrivarci.
L'età media non era alta. In una lista
di 14 re della casa di Davide - dal 926 al 597 a. C. - solo due raggiunsero i
66 anni, e solo altri tre superarono i 50.
Non è però soltanto per questo che la
vecchiaia non costituiva un particolare problema sociale.
La vera ragione è
culturale. L'anziano - anche se sminuito nella sua capacità
lavorativa - conservava grande spazio nella famiglia e nella società, perché
l'efficienza produttiva non era in quella cultura l'unico valore, né il
principale.
Beni essenziali erano l'esperienza, la saggezza, la tradizione e la
testimonianza della fede.
Ne si sottovaluti la componente
religiosa, che affiora con grande forza - ad esempio - in un bellissimo passo
del libro dell'Ecclesiastico, in cui si invitano i figli - non i fanciulli,
ma i figli grandi, sposati - a «onorare» i vecchi genitori (Sir 3,1-16).
Si
tratta di un ampio commento al quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua
madre, perché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra» (Esodo 20,12).
Il verbo «onorare» scandisce tutto il passo dell'Ecclesiastico, scritto da un autore
ricco di anni e di saggezza. Significa non solo rispettare, ma accogliere, fare
spazio, offrire ragioni di vita e di movimento. E questo in qualsiasi caso:
«Anche se perde il sentimento
compatiscilo, non disprezzarlo solo perché tu sei nel pieno vigore».
- card. Bruno Maggioni -
da: "Vedrai con gioia i figli dei figli, I nonni nella bibbia" ed. Ancora
… se ciascuno di noi nasce
necessariamente come figlio, e non può venire al mondo se non in quanto ci sono
stati un padre e una madre, quest’ultimi hanno dovuto avere dei nonni.
È
interessante, e altrettanto decisivo, rilevare come la trasmissione genealogica
si svolge in una logica ternaria: nonni, padri, figli.
Se nella discendenza
formalmente togliete il primo termine (“i nonni”), gli altri due rimangono
senza un punto di riferimento fondativo.
Questa logica ternaria funziona da
millenni.
Uno dei suoi emblemi più celebri è
quello di Enea che tiene sulle spalle il padre Anchise e stringe per mano il
figlio Ascanio.
La logica è ferrea: Enea, a costo della propria vita, non può
fuggire da Troia senza portare con sé Anchise, suo padre e nonno di suo figlio.
Rigorosamente: senza il mito delle origini (“da dove vengo”) che istituisce la
nominazione (“il mio nome è…”), senza il racconto della nostra storia
famigliare (“sono stato cresciuto e ho vissuto con…”), il concetto stesso di
filiazione vien meno. Infatti rimane esclusa la sua dimensione simbolica,
essenzialmente la sua storia genealogica che si svolge lungo la trasmissione di
una serie di valori, di istanze spirituali, etiche, culturali.
Questa
trasmissione che procede dal mito delle origini, dai “nonni”, presuppone un
lavoro, quello che Freud, riprendendo un verso di Goethe, amava citare spesso:
«Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo se vuoi possederlo
davvero».
- Giancarlo Ricci -
da: Tempi, 5 maggio 2020
Pompeo Girolamo Batoni – Enea e
Anchise in fuga da Troia in fiamme – 1748
«La memoria della specie insegna:
qualcosa nella vita è più prezioso della vita, essa è il senza-prezzo in gioco
nella riproduzione dell’umanità. E che annuncia nuovi inizi».
- Pierre Legendre -
Buona giornata a tutti. :-)
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