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giovedì 3 aprile 2025

Maria Maddalena in Gesù, figlio dell’uomo - Kahlil Gibran

 Fu nel mese di giugno che lo vidi per la prima volta.
Camminava nel campo di grano quando passai con le ancelle, ed era solo.
Il ritmo del suo passo era diverso da quello di ogni altro uomo, e non somigliava, il suo incedere, a nulla che avessi mai visto.
Non è in quel modo che gli uomini misurano con i passi la terra. E ancora oggi non saprei dire se avanzasse rapido o lento.
Le ancelle lo additarono e presero a bisbigliare timidamente tra loro.
Fermai un istante i miei passi, e sollevai la mano in segno di saluto. Ma lui non si voltò, lui non mi rivolse lo sguardo. Lo odiai. Respinta in me stessa, così mi sentii, e fredda come se intorno a me infuriasse una tempesta di neve. Ero scossa da brividi.
Quella notte lo vidi in sogno; mi dissero, dopo, che gridavo nel sonno e mi agitavo senza pace nel letto.
Era il mese d’agosto quando lo rividi. Stava seduto all’ombra del cipresso, là nel giardino. Immobile quasi fosse scolpito nella pietra, come le statue di Antiochia e delle altre città del Settentrione.
Il mio schiavo, l’egizio, venne da me e disse: "Quell’uomo è venuto di nuovo. E’ là, nel tuo giardino".
Guardai, e fremette l’anima mia, perché lui era bello.
Il suo corpo era saldo e le sue membra sembravano amarsi.
Indossai allora abiti di Damasco e lasciai la casa per andare da lui.
Fu la mia solitudine, o la sua fragranza, che mi vinse? 

Fu una fame dei miei occhi anelanti bellezza? 
O fu la sua bellezza a cercare la luce dei miei occhi?
Ancor oggi, non saprei dirlo.
Mossi verso di lui con i miei abiti profumati, e calzavo sandali dorati, i sandali che m’aveva donato il comandante romano, questi sandali che vedi. 

E quando l’ebbi di fronte gli dissi: "Buongiorno a te".
E lui disse: "Buongiorno a te, Miriam".
E mi guardò, e i suoi occhi notturni mi videro come nessun uomo mi aveva mai vista. D’improvviso fui come nuda, e ne ebbi vergogna.
Eppure mi aveva solo detto: "Buongiorno a te".
Gli dissi allora: "Non vuoi entrare nella mia casa?".
E disse lui: "Non sono già nella tua casa?".
Allora non capii cosa intendesse: oggi lo so.
E io dissi: "Non vuoi dividere il pane e il vino con me?".
E lui disse: "Sì, Miriam, ma non ora".
Non ora, non ora, disse lui. E la voce del mare era nelle sue parole, e la voce del vento e degli alberi. E quando le pronunciò, la vita parlò alla morte.
Perché, amico mio, io ero morta, sappilo. Ero una donna che aveva divorziato dall’anima. Vivevo separata da quest’essere che ora vedi. 

Appartenevo a tutti gli uomini, e a nessuno.
Prostituta, mi chiamavano, e donna posseduta da sette demoni. 
Ero maledetta, ed ero invidiata.
Ma quando i suoi occhi d’aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono, e io divenni Miriam, solo Miriam, una donna ormai perduta alla terra che aveva conosciuto, e che si era ritrovata in un mondo diverso.
E ancora e nuovamente gli dissi: "Vieni nella mia casa e dividi pane e vino con me".
E lui: "Perché mi inviti a essere tuo ospite?".
E io: "Ti prego vieni nella mia casa". 

Tutto quello che in me era zolla, tutto quello che in me era cielo, lo chiamava a gran voce.
Lui allora mi guardò, e il meriggio dei suoi occhi era su di me, e disse: "Tu hai molti amanti, ma io solo ti amo. Gli altri, quando ti sono vicini, amano se stessi: io amo te in te stessa. Altri uomini vedono in te una bellezza che appassirà prima ancora dei loro anni. Ma io vedo in te una bellezza che non appassirà mai, e nell’autunno dei tuoi giorni questa bellezza non avrà paura di specchiarsi, e non conoscerà oltraggio. Solo io amo in te l’invisibile".
Poi disse a voce bassa: "Va’ ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada".
E io gridai a lui e gli dissi: "Maestro, vieni nella mia casa. Ho per te incenso da bruciare, e una bacinella d’argento per i tuoi piedi. Tu sei un estraneo, ma non sei un estraneo. Ti supplico, vieni nella mia casa".
Allora si alzò e mi guardò proprio come immagino che le stagioni dall’alto guardino verso il campo: sorrise. E ancora disse: "Tutti gli uomini ti amano per loro stessi. E’ per te che io ti amo".
Poi se ne andò.
Nessun altro uomo camminò mai come lui camminava. Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava verso oriente? O una tempesta, che avrebbe squassato sin dalle fondamenta tutte le cose?
Non lo sapevo, allora, ma quel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me il drago, e divenni una donna, io divenni Miriam, Miriam di Mijdel.

- Kahlil Gibran - 
da: Maria Maddalena in Gesù, figlio dell’uomo


L'uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità.

- sant'Agostino -




C’è una trasformazione del cosmo e del mondo. Penso ad esempio all’Eucarestia. Noi cattolici diciamo che c’è una transustanziazione, che la materia diventa Cristo. Lutero parla invece di coesistenza: la materia rimane tale e coesiste con Cristo. Noi cattolici crediamo che la grazia è una vera trasformazione dell’uomo e una trasformazione iniziale del mondo e non è... soltanto una copertura aggiunta che non entra realmente nel vivo della realtà umana.  

- Papa Benedetto XVI - 


“Il limite tra il prima di Cristo e il dopo Cristo non è un confine tracciato dalla storia o sulla carta geografica, ma è un segno interiore che attraversa il nostro cuore. Finché viviamo nell’egoismo, siamo ancora oggi coloro che vivono prima di Cristo. “

Papa Benedetto XVI –
venerdì 3 gennaio 2014, festa del Santissimo Nome di Gesù





Buona giornata a tutti. :-)


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venerdì 28 marzo 2025

Decalogo per essere amabili

 Sorridi
alla monotonia del dolore quotidiano.
Taci
quando t’accorgi che qualcuno ha sbagliato.
Elogia
chi ha operato il bene.
Partecipa
al gioco dei fanciulli, i prediletti di Dio.
Stringi
cordialmente la mano a chi è nella tristezza.
Parla con dolcezza
agli impazienti e agli importuni.
Guarda
con affetto chi cela un dolore.
Saluta
affabilmente gli umili.
Riconosci
umilmente il tuo torto.
Rammaricati
sinceramente del male fatto.




Finché non si impara ad amare se stessi difficilmente si riesce ad amare gli altri.
Finché non si accetta se stessi difficilmente si accettano gli altri.
Finché non si accolgono le proprie zone d’ombra difficilmente si accolgono quelle altrui.
Finché non si realizza pienamente se stessi difficilmente si riesce a permettere che gli altri realizzino se stessi.

Bruno Scattolin – 
da: "Siamo qui con te"



I segni dentro

La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito.
Quelle gocce giallo miele, non scappano, non scivolano via come l'acqua, non abbandonano l'albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora.
I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita. Anche quelli belli diventano punture. Perché, col tempo, si fanno tristi, sono irrimediabilmente già stati, passati, perduti per sempre.
... indelebili sono rimasti attaccati al tronco.
Come fili di resina emanano profumi, sapori, nostalgie.
Tutto ... ha lasciato un segno dentro di noi ...


- Mauro Corona - 




Buona giornata a tutti.:-)



mercoledì 5 marzo 2025

Otto consigli sulla confessione offerti da san Francesco di Sales

 Prima di realizzare una confessione, bisogna essere consapevoli di quello che diremo.
Come sappiamo, la confessione è il sacramento della Riconciliazione. 
Prima di confessarci, dobbiamo essere consapevoli di ciò che diremo, ovvero dobbiamo compiere uno sforzo per ricordare tutti i peccati commessi, sia volontariamente che involontariamente, nella nostra vita (esame di coscienza).
Occorre come ripercorrere la nostra vita alla luce della Parola di Dio, dei comandamenti dell’Amore di Dio, e non solo le cose avvenute dopo l’ultima confessione, ma anche quelle che non abbiamo detto per omissione o dimenticanza.

Ecco 8 buoni consigli lasciatici da un grande santo di Dio: san Francesco di Sales. Speriamo che siano di vostro aiuto.

1.- Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni e, se puoi, ogni volta fai la Comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli…
2.- Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.
3.- Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo meccanico, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. 
Ti spiego meglio il perché: dicendo questo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. 
Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza. Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; cerca di capire bene il motivo!
4.- Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ha spinto a commetterli.
5.- Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine.
6.- Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via. Dì se sei caduto molte volte in questa mancanza, perché la durata aumenta il peccato, perché c’è grande differenza tra una vanità passeggera e quella che si è stabilita nel nostro cuore da qualche tempo. Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!
7.- Bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.
8.- Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.
“La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato” 

- San Francesco di Sales - 
(1608). Introduzione alla vita devota. La santa confessione (capitolo XIX)



Cercate di fare bene oggi senza pensare al giorno seguente, poi, il giorno seguente, cercate di fare lo stesso. 

- San Francesco di Sales - 




“La tradizione vostra dei cappuccini è una tradizione di perdono”, ha esordito il Papa. E richiamando i Promessi Sposi di Manzoni, ha aggiunto: “Oggi ci sono tanti bravi confessori ed è perché si sentono peccatori come il nostro fra’ Cristoforo: sanno che sono grandi peccatori. Davanti alla grandezza di Dio chiedono: ascolta e perdona. Perché sanno pregare, così sanno perdonare”….
“Io – ha detto Francesco a braccio – vi parlo come fratello e in voi vorrei parlare a tutti i confessori in quest’anno della misericordia: il confessionale è per perdonare e se tu non puoi dare l’assoluzione per favore non bastonare”. La gente, infatti, “viene a cercare pace per la sua anima”, perciò è necessario “che trovi un padre che dia pace, e gli dica: Dio ti vuole bene…”.

- papa Francesco ai frati cappuccini -
Messa in Basilica Vaticana, 9 febbraio 2016


 Nei Vangeli si parla più di misericordia che di peccato e bisogna ritrovare l'idea che l'incontro sacramentale tra il presbitero e il penitente non è come quello che si attua in tribunale, ma ha un carattere intimo e raro come gli incontri di tenerezza e di amore.  

-fratel Michael Davide -
da: "Vivere il perdono"


Buona giornata a tutti. :-)











domenica 15 settembre 2024

Compagni di volo - don Tonino Bello

 Voglio ringraziarti, Signore per il dono della vita;
ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore,
che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta,
forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me;
per questo mi hai dato la vita:
perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te,
perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ ebrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia
Di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito
di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, 
per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello 
che è rimasto con l’ala ,
l’unica ala inesorabilmente impigliata
nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te;
soprattutto per questo fratello sfortunato,
dammi, o Signore, un’ala di riserva.

 - Don Tonino Bello - 


Coltivate la bellezza del vostro sguardo. 
Non potete immaginare quanta luce 
questa bellezza dà
a chi è triste,
quanta voglia di vivere 
produce uno sguardo generoso 
su una persona che è triste.

- don Tonino Bello - 

                                                                                  


Dio me lo sento
come un padre dolcissimo,
col quale non è difficile confidarmi.
Sento di non aver soggezione di lui.
Anche quando sbaglio, mi sembra più facile 
chiedergli scusa con un sorriso di implorazione 
che con un percuotimento di petto.
Me lo sento vicino, comunque, tantissimo.
Devo, però, dire che spesso mi dimentico di lui
e me ne dispiace, 
soprattutto la sera quando mi addormento.
Ma lo chiamo ugualmente:
tanto sono certo del suo perdono.

- don Tonino Bello -

                                                                                   

 
Non abbiamo il diritto
di annunciare e attendere 
un altro mondo,
se non ci saremo impegnati
a far sì che un mondo altro 
si affermi sulla terra.

- don Tonino Bello - 


Non abbiate paura 
di innamorarvi adesso, 
di incantarvi adesso,
di essere stupiti adesso,
di entusiasmarvi adesso, 
di guardare troppo in alto adesso, 
di sognare adesso.

- don Tonino Bello - 





Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it 

mercoledì 14 febbraio 2024

Riflessioni sul Mercoledì delle ceneri

 


Mercoledì delle ceneri è l'inizio di un cammino in cui io mi prendo sul serio e decido di uscire dalla mediocrità, da quello stare a mezza strada, né santo né peccatore, né caldo e né freddo... e questo non per paura di Dio, nel modo più assoluto, ma per amore di Dio e per amore della mia vita, perché Dio è buono. Se io gli sto lontano è a me che faccio male, e insieme con me anche tutti quelli che mi sono vicini. Il segno è quello delle ceneri, che ovviamente non hanno un potere magico ma sono il segno esteriore di una consapevolezza: c'è qualcosa che è cenere e Qualcuno che invece è vita eterna. 
Le frasi che il messale suggerisce per l'imposizione delle ceneri sono due: la più gettonata "convertiti e credi al Vangelo" e la più tremenda "polvere sei e polvere tornerai". 
In realtà sono le due facce della stessa medaglia: io, sempre io, quello che sento, quello che provo, quello che mi emoziona, quello che temo e desidero... ecco tutto questo è la polvere! Addirittura? Penso proprio di sì: è polvere e cenere, cose che un colpo di vento spazza via e non rimane niente, se mi ostino a riempire la vita di queste cose, di polvere si riempie la mia vita (ricordate "vanità delle vanità"?). Per questo "convèrtiti (= riorientati, rivolgiti a, fissa lo sguardo su) e credi al Vangelo di Dio": tu sei figlio suo e Lui, immeritatamente e altrettanto immensamente, ti vuole bene, senza se e senza ma. Questo è il segno delle ceneri.

da: www.omelie.org



La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri: 

1 – Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2 – Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11).

da: www.omelie.org


Nel rito ambrosiano, in cui la quaresima è posticipata di quattro giorni e inizia la domenica immediatamente successiva (e in cui pertanto il carnevale termina con il "sabato grasso"), l'imposizione delle ceneri avviene o in quella stessa prima domenica di quaresima oppure, preferibilmente, il lunedì seguente. 
Il giorno di digiuno e astinenza viene invece posticipato al primo venerdì di quaresima.
Mentre la tradizione popolare meneghina fa risalire il proprio carnevale prolungato, o "carnevalone", a un "ritardo" annunciato dal vescovo di Milano sant'Ambrogio, impegnato in un pellegrinaggio, nel tornare in città per celebrare i riti quaresimali, in realtà la diversa datazione della festa mobile delle Ceneri dipende da un consolidato e più antico computo cronologico dei quaranta giorni della quaresima, conservato peraltro anche nel rito bizantino.



Siamo sulla piazza di un paese del Nord, brulicante di figure come spesso accade nelle tele dei fiamminghi. La scena è di fatto divisa a metà. A sinistra di chi guarda c’è il Carnevale, un uomo grasso, a cavalcioni di un barile, con in mano uno spiedo coi polli infilzati; dietro di lui si nota una tavola imbandita; a terra sono resti di cibo.
Il grassone (immagine a lato) viene spinto da due personaggi in maschera diritto contro una figura femminile magra, rifinita, che fronteggia lo spiedo del rivale con una pala, tenuta a mo’ di lancia, sulla quale sono due aringhe. 
È la Quaresima, su un carro trainato da un frate e da una monaca. 
A sinistra si vede un’osteria, a destra una chiesa. 
I seguaci del Carnevale mangiano, recitano, suonano; quelli della Quaresima sono tristi, vestiti di scuro, votati al sacrificio, soffrono. 
Al centro della scena un buffone guida una coppia di spalle: lei porta legata in vita una lanterna spenta. I critici suggeriscono che nella coppia si visualizzi la condizione del credo cristiano, sia cattolico (la Quaresima), sia luterano (il Carnevale).
In tutto il quadro sono sparsi poveri mendicanti, nell’indifferenza generale. 
E sono forse le figure più vere. In basso a destra una madre riceve l’elemosina da un uomo uscito di chiesa: è vestito di rosso e di azzurro. 
Quell’abito simboleggia il peccato di chi compie ipocritamente un atto di carità, davanti a tutti, per sentirsi a posto.



Pieter Bruegel il Vecchio, La battaglia fra il Carnevale e la Quaresima, 1559
(Kunsthistorisches Museum di Vienna).

Ci ottenga, la Vergine Santissima, la grazia di fidarci di Cristo, per proseguire con gioia il cammino quaresimale e rivedere sinceramente la nostra vita alla luce del Vangelo.

- San Giovanni Paolo II, papa - 


Buona giornata a tutti. :-)

sabato 28 ottobre 2023

No alla guerra, preghiera per la pace - papa Paolo VI

Se la specie umana non è scomparsa, se sopravvive ancora a dispetto di coloro che coscientemente o inconsciamente hanno fatto di tutto per annientarla, lo si deve a un esiguo numero di esseri i quali si sforzano di neutralizzare le correnti distruttrici. 

Questi esseri lavorano in segreto, per lo più sono sconosciuti, nascosti chissà dove, ma sono immensamente felici quando vedono degli uomini e delle donne consapevoli che decidono di partecipare al loro lavoro, che è il lavoro più utile per la salvezza dell’umanità. Ed è in questo lavoro che mi auguro di trascinarvi con me.

~Omraam Mikhael Aivanhov -

La Pace è ogni passo.
~Thich Nhat Hanh


Nemmeno i più saggi possono vedere tutte le conseguenze

- Che peccato che Bilbo non abbia trafitto con la sua spada quella vile e ignobile creatura quando ne ebbe l'occasione!

- Peccato? Ma fu la Pietá a fermargli la mano. Pietá e Misericordia; egli non volle colpire senza necessitá. E fu ben ricompensato di questo suo gesto, Frodo. Stai pur certo che se è stato grandemente risparmiato dal male, riuscendo infine a scappare ed a trarsi in salvo, è proprio perchè all'inizio del suo possesso dell'Anello vi era stato un atto di Pietá. 

- Mi dispiace - disse Frodo - ma sono terrorizzato e non ho alcuna pietá per Gollum.

- Non l'hai visto - interloquì Gandalf. 

- No, e non ne ho alcuna intenzione - disse Frodo - Non riesco a capirti; vuoi dire che tu e gli Elfi l'avete lasciato continuare a vivere impunito, dopo tutti i suoi atroci crimini? Al punto in cui è arrivato è certo malvagio e maligno come un Orchetto, e bisogna considerarlo un nemico. Merita la morte.

- Se la merita! E come! Molti tra i vivi meritano la morte. E parecchi che sono morti avrebbero meritato la vita. Sei forse tu in grado di dargliela? E allora non essere troppo generoso nel distribuire la morte nei tuoi giudizi: sappi che nemmeno i più saggi possono vedere tutte le conseguenze... 

J.R.R. Tolkien,  Il Signore degli Anelli, ed. Rusconi, pag.94


Preghiera per la pace

Signore, noi abbiamo ancora le mani insanguinate, dalle ultime guerre mondiali, così che non ancora tutti i popoli hanno potuto stringerle fraternamente fra loro;

Signore, noi siamo tanto armati che non lo siamo mai stati nei secoli prima dall’ora, e siamo così carichi di strumenti micidiali da potere, in un istante, incendiare la terra e distruggere forse anche l’umanità;

Signore, noi abbiamo fondato lo sviluppo e la prosperità di molte nostre industrie colossali sulla demoniaca capacità di produrre armi di tutti i calibri, e tutte rivolte ad uccidere e a sterminare gli uomini nostri fratelli; così abbiamo stabilito l’equilibrio crudele dell’ economia di tante Nazioni potenti sul mercato delle armi alle Nazioni povere, prive di aratri, di scuole e di ospedali;

Signore, noi abbiamo lasciato che rinascessero in noi le ideologie, che rendono nemici gli uomini fra loro: il fanatismo rivoluzionario, l’ odio di classe, l’ orgoglio nazionalista, l’ esclusivismo razziale le emulazioni tribali, gli egoismi commerciali, gli individualismi gaudenti e indifferenti verso i bisogni altrui;
Signore, noi ogni giorno ascoltiamo e impotenti le notizie di guerre ancora accese nel mondo;

Signore, è vero! Noi non camminiamo rettamente;

Signore, guarda tuttavia ai nostri sforzi, inadeguati, ma sinceri, per la pace del mondo! Vi sono istituzioni magnifiche e internazionali; vi sono propositi per il disarmo e la trattativa;

Signore, vi sono soprattutto tombe che stringono il cuore, famiglie spezzate dalle guerre, dai conflitti, dalle repressioni capitali; donne che piangono, bambini che muoiono; profughi e prigionieri accasciati sotto il peso della solitudine e della sofferenza: e vi sono tanti giovani che
insorgono perché la giustizia sia promossa e la concordia sia legge delle nuove generazioni; 

Signore, tu lo sai, vi sono anime buone che operano il bene in silenzio, coraggiosamente, disinteressatamente e che pregano con cuore pentito e con cuore innocente; vi sono cristiani, e quanti, o Signore, nel mondo che vogliono seguire il Tuo Vangelo e professano il sacrificio e l’ amore;

Signore, Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace.

- Paolo VI,papa -