Queste parole mi fanno sempre molta
impressione, perché non mi è mai capitato di dire: «La mia anima è triste fino
alla morte»; ci sono stati momenti di tristezza, ma proprio di essere
schiacciato, di essere stritolato non mi è mai successo.
Penso quindi che a
Gesù sia accaduto qualcosa di terribile. Che cosa sarà stato? Probabilmente la
previsione imminente della passione; forse Gesù non sapeva tutti i particolari,
ma sapeva che gli uomini ce l’avevano con lui, volevano eliminarlo nella
maniera più crudele possibile. Sapeva di essere in mano a uomini cattivi:
questo è già un motivo di paura e di angoscia. Ma poi probabilmente sentiva su
di sé tutta l’ingiustizia del mondo e questo è qualcosa che non si può
sopportare; l’ingiustizia del mondo che si esprime nelle guerre, nelle
carestie, nelle oppressioni, nelle forme di schiavitù, che è immensa e percorre
tutta la storia. E quando noi ci fermiamo a considerare questa ingiustizia,
siamo come senza fiato, siamo schiacciati. Però Gesù ha voluto essere quasi schiacciato
da queste cose per poterle prendere su di sé. Quindi dobbiamo dire che da una
parte le ingiustizie del mondo, della storia, della storia della Chiesa ci
fanno soffrire, ma che insieme siamo certi che Gesù le ha accolte in sé, e
quindi le ha riscattate. Non sappiamo come, ma questa è una certezza che ci
deve accompagnare, e ci deve accompagnare in tutte le notti della sofferenza,
del dolore, quando uno si trova di fronte a una notizia che lo riguarda e che è
infausta. Per esempio un tumore, pochi mesi di vita. Allora succede come una
sorta di ribellione, di non accettazione. C’è una lotta interiore.
Notte della
sofferenza, notte della fede in cui non si sente più la presenza di Dio. Questo
è molto duro, soprattutto quando si è impegnati.
Notte della fede per cui sono passati
san Giovanni della Croce e, recentemente, Madre Teresa di Calcutta, la quale
diceva che fino a verso i cinquant’anni le pareva che Dio le fosse vicino, poi
più niente. Avendola conosciuta, vedevo questo suo rigore, questa sua fedeltà,
questa sua tensione, ma non immaginavo che dietro ci fosse il buio completo
sull’esistenza di Dio, del Dio rimuneratore. Anche santa Teresa di Gesù Bambino
è passata per questa notte.
Possiamo dire che tutte queste notti sono riassunte
nella notte del Getsèmani e in essa Gesù riceve tutte le nostre ingiustizie e
le fa sue, le accoglie per poterle offrire e purificarle. Questa è una prima
immagine che vi lascio.
Una seconda immagine è quella della tomba. Che cosa sia
avvenuto il giorno di Pasqua, noi non lo sappiamo. La liturgia romana dice:
«Beata notte, che non hai saputo il giorno e l’ora»; e noi non sappiamo niente,
nessuno è stato presente, nessuno ce l’ha raccontato; però possiamo immaginarne
le conseguenze. Lo descriverei così: un grande scoppio di luce, di pace e di
gioia nella notte della tomba. Scoppio di luce, di pace e di gioia che è
potenza dello Spirito, che prende prima di tutto il corpo di Gesù e lo
vivifica, lo rende capace di essere intercessione per il mondo. Ma poi continua
in ciascuno dei viventi suscitando in lui le disposizioni di Gesù. Mi pare
quindi che sia troppo riduttivo dire: lo Spirito Santo è il segno dell’amore di
Dio per me. Lo Spirito Santo è segno delle scelte di Gesù fatte mie. È quella
forza, quel dinamismo, quella capacità di amare il povero, di amare il
sofferente, di amare colui che si trova in situazione di ingiustizia perché
così lo Spirito compie la sua opera. E noi possiamo dire che quest’opera si
compie sempre quando Gesù dice: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino
alla fine del mondo» (Mt 28,26). Vuol dire la sua presenza anche con il suo
Spirito, con la sua capacità di vedere le cose, di reagire alle cose, di
giudicare le cose.Certo, occorre per questo un grande spirito di fede, perché
molta gente dirà: «Io non vedo niente, io vedo le cose andare di male in
peggio». Occorre l’occhio della fede per leggere negli eventi miei e intorno a
me questa presenza dello Spirito Santo che costruisce il mondo nuovo, la
Gerusalemme celeste, che non è una città nel cielo separata da qui, ma una
città che viene dal cielo, cioè dalla forza di Dio e trasforma tutti i rapporti
di questa terra.
Nessuno meglio di Teilhard de Chardin ha descritto questa
Gerusalemme celeste in cui vedeva appunto il termine finale, il punto omega della
redenzione nel Cristo, dove tutta l’umanità era riunita e salvata, una e
trasparente gli uni agli altri, e tutti noi verso Dio. Occorre tenere presente
questo fine della storia, perché altrimenti siamo banalizzati dalle vicende
quotidiane, oppure siamo sofferenti quando ci sono grandi calamità e non
abbiamo nessuna chiave per interpretarle.
E questa che vi ho detto non è una
chiave logica, è una chiave mistica spirituale data dallo Spirito Santo:
cercare di vedere in tutto l’azione dello Spirito che opera incessantemente.
- card. Carlo Maria Martini -
"Trionfo del Nome di Gesù" Chiesa del Gesù, Roma (Italia)
Lasciar entrare Cristo nella vita
Che cosa significa aprire le porte a
Cristo amore nella mia vita? Non è prima di tutto correre incontro a Cristo, ma
lasciarlo entrare, lasciarsi amare, lasciarsi perdonare, credere che lui è
morto proprio per me.
E, al contrario, che cosa significa
non aprirgli le porte? È forse, semplicemente essere lontano da lui, non
pregare, non leggere il Vangelo, non pensare a lui? Non vuol dire soltanto
questo, perché anche chi gli è vicino può chiudergli le porte. Pensiamo a Giuda
che si lascia baciare da Gesù, ma non si lascia amare; si lascia baciare e
intanto chiude la porta del proprio cuore, perché non capisce e non accetta
Gesù.
Non apre le porte a Cristo chi non
entra nella sua posizione di amore, non cerca di capirlo, di capire che lui per
primo ama noi, che è lui a perdonarci, a farci importanti.
Apre le porte a Cristo chi impara ad
amarlo e ad amare con lui e in lui ogni altro uomo, ogni altro gruppo, razza,
popolo, chi si mette nella sua posizione di perdonare e fare pace.
Le porte chiuse a Cristo sono le porte
del razzismo, delle diffidenze, delle chiusure mentali, le porte chiuse anche
di un certo elitarismo spirituale.
Tenere le porte chiuse a Cristo amore
vuol dire non essere nella posizione di abbracciare l'universo, vuol dire
essere costretti a dividere l'universo in due: io e gli altri, gli amici e i
nemici. Tenere le porte chiuse a Cristo amore vuol dire entrare nella ruota
dannata delle contrapposizioni, per cui io non posso definirmi se non contro
qualcuno.
- card. Carlo Maria Martini -
(Incontro al Signore Risorto)
pag.146/147
Buona giornata a tutti :-)