Visualizzazione post con etichetta preghiera. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta preghiera. Mostra tutti i post

mercoledì 20 novembre 2024

Tutte le sere

 Uno dei ricordi più vivi della mia infanzia si riferisce a quando mio padre tornava a casa dal lavoro alle sei e mezzo di sera. 
Io e mio fratello lo sentivamo suonare il campanello più e più volte, per gioco, fino a quando uno di noi due non andava ad aprirgli la porta.
Di solito, noi eravamo in cucina, a fare i compiti o a guardare la televisione e lanciavamo grida d'entusiasmo nel sentire quel familiare scampanellio.
Ci precipitavamo giù per le scale, spalancavamo la porta di casa e a quel punto lui ci diceva:
"Be', come mai ci avete messo tanto?"
Era il momento migliore della giornata quando lui tornava a casa.
C'è un altro ricordo che mi accompagnerà per sempre e si riferisce a quello che per lui era un vero rito quotidiano: la cena.
Ci accomodavamo a tavola tutti insieme e poi lui, posando una mano sul braccio della mamma, diceva:
"Ma voi due lo sapete che avete la mamma più straordinaria del mondo?"
Era una frase che amava ripetere tutte le sere.

Si possono chiamare: gli esercizi del cuore, i riti sono gli esercizi del cuore.



Insegnami a gridare verso di Te

Cristo,
Signore della creazione,
insegnami a gridare verso di Te,
strappami dal mio peccato.

Signore di perdono,
tu sei la misericordia che salva.

Strappami dallo scoramento,
donami la memoria
della tua misericordia che salva.

Signore, che fai meraviglie.

Tutta la mia vita entri nel tuo amore;
aprimi il cuore,
insegnami a pregare

- Pierre Griolet - 


Buona giornata a tutti. :-)


martedì 12 novembre 2024

... che sei il mio custode... - Abate Zaverio Peyron

 Il trovare un vero amico che ci aiuti e sia tutto dedicato a noi con amore, con costanza e con disinteresse è cosa ben difficile. Non è così dell’angelo custode, un vero amico sicuro, fedele, unico nel suo genere, che ci accompagna per comando divino, con amore e senza apparire.

Per comando divino – Se abbiamo un angelo al nostro fianco per assisterci non è per condiscendenza sua o nostra volontà, ma per decreto di Dio.
Nei Salmi è scritto: "Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede" (Salmo 91, 11).
Quanto dobbiamo ringraziare il buon Dio di questo comando! Se l’assistenza angelica fosse solo effetto dell’amore degli angeli, saremmo certi di averli ancora con noi, dopo tanti rifiuti che abbiamo dato alle loro buone ispirazioni? Stanchi di noi forse ci avrebbero già abbandonati. Se fossimo noi che con le nostre suppliche li avessimo chiamati a custodirci, saremmo certi di essere esauditi?… di averli sempre?… almeno nei momenti più critici?… Ma, dato che ciò risponde ad una disposizione di Dio, noi siamo invece certi che tutti abbiamo un angelo custode indipendentemente dalla nostra santità, l’abbiamo sempre, dalla nascita alla morte. L’assistenza è perfetta perché l’angelo è creatura perfetta che ubbidisce a Dio senza debolezze, ritardi, infedeltà.


Con amore – Gli angeli custodi ci vogliono bene:
1) per rispetto a Dio perché, amando Dio, amano quelli che a Lui appartengono;
2) per rispetto a noi perché siamo i loro fratelli destinati a prendere il posto degli angeli ribelli e scacciati e quindi facciamo parte della loro famiglia celeste;
3) perché noi siamo infelici e sofferenti e quindi degni di aiuto: siamo quindi occasione a loro di esercitare lo spirito di carità a cui si informano tutti gli eletti.
La custodia degli angeli è tutta amorosa e fatta con gioia, con fervore, con soavità.

Senza apparire – Anche se molte volte nella Sacra Scrittura e nelle vite dei Santi leggiamo di apparizioni di angeli, ordinariamente però gli angeli operano invisibilmente: sia perché tale è la loro natura spirituale, sia perché la loro manifestazione non è necessaria, sia infine per dare a noi una grande lezione di umiltà e disinteresse operando di nascosto per amor di Dio.

(continua)
- Abate Zaverio Peyron -


Il mio angelo custode non è nient'altro che espressione del fatto ch'io sono conosciuto, amato e seguito in maniera del tutto personale da Dio, è il pensiero d'amore che Dio nutre per me, che mi circonda e mi guida in ogni istante. 

- Papa Benedetto XVI - 



« Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio » (Mt 18,10)

Ti rendo grazie perché mi hai dato di vivere,
di conoscerti e di adorarti, mio Dio.
Poiché «questa è la vita eterna: che conoscano te,
l'unico vero Dio» (Gv 17,3), creatore e autore di tutto,
non generato, non creato, senza principio, uno,
e il Figlio tuo, generato da te,
e lo Spirito Santissimo, che procede da te,
unità trina, degna di ogni lode...
C'è forse tra gli angeli, gli arcangeli,
le dominazioni, i cherubini e i serafini
e tutte le altre schiere celesti,
una gloria o una luce d'immortalità,
una gioia, uno splendore di vita immateriale,
se non la luce unica della Santissima Trinità? ...
Cita un essere, incorporeo o corporeo:
troverai che tutto è stato fatto da Dio.
Se ti parlano di un essere qualunque, tra quelli del cielo,
quelli della terra o degli abissi,
anche per loro, per tutti, c'è soltanto una vita, una gloria,
un desiderio e un regno,
un'unica ricchezza, gioia, corona, vittoria, pace
e ogni altro splendore che possa esistere:
la conoscenza del Principio e della Causa
da cui tutto proviene, da cui tutto trae origine.
Là si trova colui che mantiene le cose lassù e le cose quaggiù,
là si trova colui che mette in ordine tutti gli esseri spirituali,
là si trova colui che regna su tutti gli esseri visibili...
Hanno accresciuto la propria conoscenza e raddoppiato il timore
vedendo Satana cadere
e i suoi compagni travolti dalla presunzione.
Coloro che sono caduti, schiavi della loro superbia,
hanno dimenticato tutto questo;
mentre tutti coloro che ne hanno custodito la conoscenza,
trasportati dal timore e dall'amore,
si sono legati al loro Signore.
E così il riconoscimento della sua signoria
produceva anche una crescita del loro amore
perché essi vedevano meglio e con più chiarezza
lo splendore folgorante della Trinità.

- Simeone il Nuovo Teologo -


Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 4 novembre 2024

La preghiera di san Carlo - Card. Carlo Maria Martini

 È noto a tutti che san Carlo Borromeo è stato un uomo di grande preghiera. Carlo Bascapè, il suo biografo più famoso, che fu anche testimone oculare della sua vita, scrisse in Vita e opere di Carlo, Arcivescovo di Milano e cardinale di S. Parassede (1592): «Fu molto assiduo nella preghiera e nella contemplazione delle cose celesti. 
Quando meditava, soleva concentrarsi con la mente e il cuore e, se ne aveva il tempo, tanto s’immergeva nel profondo delle verità spirituali che, pur così incredibilmente occupato, si mostrava del tutto astratto da ogni cosa». 
Presso i contemporanei il raccoglimento di quest’uomo lasciò dunque una profonda impressione.
E il Bascapè continua: «Poiché di giorno era occupato dagli affari, pregava durante la notte; e quando erano in corso questioni di particolare importanza, trascorreva in orazione notti intere. 
Per questo esercizio di pietà si era preparato un luogo vicino alla sua camera, e non così isolato che qualcuno dei famigliari non sentisse spesso i gemiti delle sue preghiere».

Questo luogo isolato, un piccolo oratorio, esiste ancora nel Palazzo arcivescovile di Milano, e non lo si può visitare senza provare una grande emozione, pensando alle lunghe preghiere diurne e notturne di San Carlo in quel luogo.

Altri uomini e donne famosi dell’epoca di San Carlo furono di grande orazione, e ci hanno lasciato memorie autobiografiche della loro vita interiore, talora di livello altissimo. Basta pensare, per esempio, alla autobiografia di santa Teresa d’Avila. 


Il Libro della sua vita terminato nel 1565 – lo stesso anno in cui san Carlo entrava in Milano – è il racconto ancora oggi vivissimo, scritto in prima persona in uno stile davvero inimitabile, delle grazie di orazione di santa Teresa. La prima edizione a stampa di questo libro è del 1588, quattro anni dopo la morte di san Carlo, tuttavia nel Cinquecento era pienamente affermato l’uso di scrivere un proprio diario spirituale autobiografico, nella linea già iniziata dal grande sant’Agostino con le Confessioni.

Insieme all’illustre esempio di santa Teresa se ne potrebbero citare altri.

Ne ricordo uno che non poteva non essere in qualche modo noto anche al Borromeo. È la breve autobiografia di sant’Ignazio di Loyola, detta anche Il racconto del pellegrino. Sant’Ignazio lo scrisse o, meglio, dettò al proprio segretario tra il 1553 e il 1555. Vi è compreso un breve racconto della sua vita, dall’episodio famoso di Pamplona (1521) all’anno del suo arrivo a Roma (1538). 
La prima edizione a stampa di quest’opera anche stavolta è di molto posteriore, ma fin dalle origini ne circolavano numerose copie manoscritte, e san Carlo – che fin dal primo soggiorno a Roma fu molto intimo dei Gesuiti – certamente potè conoscere questo scritto.

Un altro diario, un vero e proprio giornale spirituale, tenuto da Ignazio di Loyola tra il 2 febbraio 1544 e il 27 febbraio 1545, è conservato in due quadernetti, dove il Santo annotava ogni giorno l’argomento delle proprie meditazioni, le grazie ricevute nella meditazione o nella messa, le emozioni interiori, le difficoltà dell’orazione, le lacrime, e qua e là anche episodi della vita quotidiana (come una volta che qualcuno correndo per le scale lo aveva disturbato). È un diario interessantissimo, uno specchio giorno per giorno di questo Santo di poco anteriore al Borromeo. E, anzi, questi due quadernetti probabilmente rappresentano quanto resta di un diario molto più ampio, durato lunghi anni.
Anche allora, dunque, c’era l’uso di tenere un diario spirituale. E io mi sono chiesto spesso in questi anni: possibile che non esista un diario spirituale di san Carlo Borromeo, dove egli annotò giorno dopo giorno le sue meditazioni, le sue preghiere, l’oggetto dei suoi desideri, ciò che nell’intimo lo commuoveva? 
Possibile che non esista una specie di itinerario spirituale, scritto di suo pugno o almeno dettato a qualche contemporaneo?
A prima vista sembrerebbe impossibile che tra l’immensa quantità di manoscritti risalenti a san Carlo Borromeo, o direttamente, e cioè autografi, oppure dettati o scritti da segretari, o copie di cose da lui firmate – quantità ancora oggi inesplorata (si parla di circa 60.000 lettere soltanto per la corrispondenza) –, non sia ancora emerso qualche frammento di diario spirituale o di note di orazioni.

Non è escluso che tra i fondi esistenti , magari proprio in questi anni, salti fuori qualcosa. 
Però la lettura delle prime pagine della citata biografia del Bascapè, suo intimo collaboratore, non lascia molte speranze al proposito, perché vi leggiamo: «Da quando infatti mi sono posto alla scuola di Carlo, come di un ottimo padre, osservando con animo quasi presago ciò che egli faceva di giorno in giorno, ho diligentemente conservato quanto, presto o tardi, mi sarebbe stato utile per un incarico di tal genere, dovuto alla mia dimestichezza con lui». 
Per nostra fortuna, dunque, il biografo contemporaneo aveva già raccolto note giorno per giorno. Il Bascapè afferma poi di aver consultato, per stendere la biografia, più di 30.000 lettere. E aggiunge: «Se accanto a questi documenti esterni, potessimo conoscere ciò che, volendo nascondere la propria virtù, probabilmente Carlo non rese noto ad alcuno, avremmo senza dubbio un materiale più abbondante perché le anime pie lodino la divina bontà».

Queste frasi si leggono nelle prime pagine della Vita di Carlo e provano con certezza che l’autore della biografia non conosceva alcun diario spirituale o appunti di orazione di San Carlo Borromeo, e anche che egli riteneva verosimile che il Santo non avesse appositamente voluto lasciare niente di simile.
Si fa avanti allora un’altra domanda: dobbiamo dunque rassegnarci a una ignoranza assoluta su questo punto? Dobbiamo rassegnarci a ritenere che le lunghissime ore di preghiera di san Carlo, le lunghe adorazioni al Crocifisso, le notti passate a venerare la memoria della Passione nella chiesa del Santo Sepolcro a Milano, le giornate dei suoi esercizi spirituali a Varallo e altrove siano e rimangano un segreto che conosceremo solo nella vita eterna?
Dopo lunghe riflessioni io penso che esista una via mediante la quale ci è giunto qualcosa di tale segreto, e che san Carlo ci inviti a ripercorrere questa via proprio nel suo quarto centenario. Vorrei perciò invitarvi a percorrere con me almeno un tratto di questo cammino, per cercare se è possibile una metodologia che ci serva a ricostruire alcuni frammenti di una autobiografia spirituale di Carlo Borromeo.

- card. Carlo Maria Martini -
da: La preghiera di san Carlo




Il segreto di san Carlo
Vi propongo un itinerario, la cui prima tappa prende in considerazione la scuola di orazione, di preghiera e di meditazione, a cui san Carlo si è assoggettato a partire dal 1563 – quando venne ordinato sacerdote, il 17 luglio, nella chiesa di san Pietro in Montorio a Roma. 
Celebrò la sua prima messa il 15 agosto di quell’anno. Già da tre anni era arcivescovo di Milano, o meglio suo amministratore apostolico, senza essere né diacono né prete. Difatti, a Milano, si diede la notizia il 15 agosto 1563 dicendo: «Il nostro arcivescovo ha detto la prima messa», e fu una grande gioia per il popolo.
San Carlo decise di passare il periodo tra il 17 luglio e il 15 agosto in esercizi spirituali. Già prima aveva avuto forti desideri di conversione, ma si può datare ad allora l’inizio della sua scuola di preghiera, di quella profonda disciplina interiore che lo rese capace di pregare intensamente e a lungo.
Fece dunque un intero mese di esercizi per prepararsi alla prima messa; lo fece sotto la direzione di un gesuita, il padre Ribera, seguendo il libretto degli Esercizi di sant’Ignazio, che era ormai pubblico dal 1548, quando un Breve di Paolo III ne aveva raccomandato l’utilità per il popolo cristiano. Possiamo quindi pensare che in quel mese di preghiera egli abbia avuto possibilità di assimilare il metodo e i contenuti di questo modo di pregare.
Come si sa, anche in seguito Carlo Borromeo rimase fedelissimo a questa pratica e a questo metodo. I biografi riferiscono che soleva fare gli esercizi spirituali due volte l’anno, per parecchi giorni di seguito. Gli ultimi esercizi della sua vita, per esempio, li fece al Sacro Monte di Varallo (e per questo il papa ha compreso Varallo nelle tappe del suo pellegrinaggio). Li cominciò il 15 ottobre, e – a quanto risulta – li aveva preventivati di quindici giorni. Due esercizi spirituali all’anno, per molti giorni di seguito.
Conosciamo alcuni luoghi dei suoi esercizi spirituali, come qualche eremo camaldolese, il Sacro Monte di Varallo, a Milano san Barnaba (andava volentieri dai preti fondati da sant’Antonio Maria Zaccaria) e altri luoghi ancora, ad esempio il noviziato dei Gesuiti di Arona, un’altra casa di religiosi. In queste case si ritirava volentieri per i due esercizi annuali, ma qualche volta invece, li faceva in barca, perché gli piaceva molto viaggiare così e, in quella calma, poteva anche fare gli esercizi. Oppure alternava barca e lettiga, proprio per poter pregare con tranquillità.
Conosciamo anche i nomi di alcuni dei suoi direttori, che dopo padre Rivera furono ordinariamente dei Padri Gesuiti. Tra le lettere conservate, alcune sono appunto dirette ai Padri provinciali della Compagnia per chiedere che l’uno o l’altro venisse a dirigere i suoi esercizi spirituali. Fra i più famosi il padre Venturini e il padre Adorno, di nobile famiglia genovese, che gli fu molto vicino e lo assistette anche negli ultimi esercizi di Varallo fino alla morte. Nella minuta di una lettera al Padre provinciale dei Gesuiti di Venezia, ad esempio, scrive: «Avrei qualche inclinazione di portare con me il padre Antonio di Nuvolara nel viaggio che sto per fare a Roma, in barca ovvero in lettiga per valermi dell’opera sua in alcuni esercizi spirituali».
Citiamo ancora qualche fonte dell’epoca. Il Lancitius, uno scrittore spirituale dell’inizio del secolo XVII, raccogliendo le tradizioni dei Gesuiti del suo tempo afferma: «Faciebat Sanctus Carolus exercitia spiritualia Societatis Jesu quolibet anno» (faceva gli esercizi spirituali nel modo usato nella Compagnia di Gesù ogni anno). «Per questo mezzo cresceva sempre di più nel fervore dello spirito e si perfezionava molto nelle sante virtù. E poi li fece due volte all’anno, e in questa abitudine persistette fino alla morte».
Aggiungo una curiosità. I Gesuiti per statuto facevano gli esercizi spirituali due volte nel noviziato e poi nei grandi momenti dei voti. La pratica annuale di essi derivò ai Gesuiti dall’abitudine di san Carlo di farli due volte l’anno, perché il suo esempio si impresse nell’animo di coloro che, avendoglieli insegnati per la prima volta, si sentirono poi spronati a farli essi stessi. Questo ci mostra quanto egli conoscesse e vivesse, nella sua preghiera personale questo mondo di preghiera.
E non soltanto li faceva personalmente, ma li raccomandava agli altri. Nel quarto Concilio provinciale di Milano e di tutta la Lombardia – che come provincia ecclesiastica era allora in parte più ampia di quella attuale – egli impose a tutto il clero gli esercizi di un mese, sia a chi, in età avanzata, non li aveva ancora fatti sia a coloro che dovevano ricevere suddiaconato, diaconato, sacerdozio. E insisté perché si facesse un mese intero di esercizi prima delle grandi tappe della ordinazione, e poi ancora una volta nella vita.
Una minuta di lettera al cardinale Paleotti, del settembre 1582, ci dice qual era la prassi, che in realtà, come succede, era un po’ meno rigida della teoria. 
Vi si legge: «Quanto agli esercizi spirituali che fanno gli ordinandi ai Sacri Ordini, il tempo determinato dal Visitatore Apostolico e dal Concilio nostro provinciale IV era di un mese circa, mentre la pratica è di quindici giorni circa, ad arbitrio del padre spirituale e confessore che guida quelli che fanno questi Esercizi. Intorno poi al modo, si cerca di imitare i Padri Gesuiti e pigliar lume dalle Regole loro, i quali hanno anco una certa forma dal padre Ignazio stampata in quel libretto che dev’esser notissimo a Vostra Signoria Illustrissima».
Ma c’è ancora di più. Non soltanto era prescritto che tutti i preti facessero per un mese, e poi di fatto almeno per quindici giorni, parecchie volte in vita questi esercizi, ma nel V Concilio provinciale del 1579 gli esaminatori del clero dovevano interrogare ogni ecclesiastico, tra le altre cose, anche sulla sua maniera di meditare: se avesse pratica costante della preghiera, quali meditazioni facesse, quale fosse il suo modo nella preghiera, quale il suo frutto, quale l’utilità che egli ne conseguiva, quali le parti della sua preghiera, quali le regole della preparazione, ecc. San Carlo voleva che l’esaminando fosse in grado di descrivere la sua preghiera, ne avesse dunque una pratica approfondita.

- card. Carlo Maria Martini -
da: La preghiera di san Carlo



Lettera Lumen caritatis di Benedetto XVI

Quella di san Carlo Borromeo fu anzitutto la carità del Buon Pastore, che è disposto a donare totalmente la propria vita per il gregge affidato alle sue cure, anteponendo le esigenze e i doveri del ministero a ogni forma di interesse personale, comodità o tornaconto. 
Così l’Arcivescovo di Milano, fedele alle indicazioni tridentine, visitò più volte l’immensa Diocesi fin nei luoghi più remoti, si prese cura del suo popolo nutrendolo continuamente con i Sacramenti e con la Parola di Dio, mediante una ricca ed efficace predicazione; non ebbe mai timore di affrontare avversità e pericoli per difendere la fede dei semplici e i diritti dei poveri. San Carlo fu riconosciuto, poi, come vero padre amorevole dei poveri. 
La carità lo spinse a spogliare la sua stessa casa e a donare i suoi stessi beni per provvedere agli indigenti, per sostenere gli affamati, per vestire e dare sollievo ai malati. Fondò istituzioni finalizzate all’assistenza e al recupero delle persone bisognose; ma la sua carità verso i poveri e i sofferenti rifulse in modo straordinario durante la peste del 1576, quando il santo Arcivescovo volle rimanere in mezzo al suo popolo, per incoraggiarlo, per servirlo e per difenderlo con le armi della preghiera, della penitenza e dell’amore. 
La carità, inoltre, spinse il Borromeo a farsi autentico e intraprendente educatore. 
Lo fu per il suo popolo con le scuole della dottrina cristiana. 
Lo fu per il clero con l’istituzione dei seminari. 
Lo fu per i bambini e i giovani con particolari iniziative loro rivolte e con l’incoraggiamento a fondare congregazioni religiose e confraternite laicali dedite alla formazione dell’infanzia e della gioventù… In tutta la sua esistenza possiamo dunque contemplare la luce della carità evangelica, la carità longanime, paziente e forte che «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13, 7).

- papa Benedetto XVI -


"Con quanto studio allevate i buoi, le pecore, i cavalli! E dei vostri figli non vi date pensiero? Non è forse dalla loro buona educazione che dipende la felicità delle vostre famiglie, del vostro paese, di tutta questa valle?"

- San Carlo Borromeo - 


Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti alla mia pagina YouTube


venerdì 1 novembre 2024

Io non so né il giorno né l'ora - Philippe Warnier

Io non so né il giorno,
né l'ora, né il modo,
ma ho la fede nella tua promessa.
Morti al peccato
grazie al dono della tua vita,
noi risusciteremo dai morti,
rivedremo coloro che abbiamo amato,
con loro vivremo della tua vita divina.
Oggi siamo già riuniti
nella comunione dei Santi.
Signore, ti preghiamo per i morti:
accoglili nel tuo amore.
Ti preghiamo per i viventi:
fa' che camminino verso la tua luce.

- Philippe Warnier - 













L’origine della ricorrenza odierna risale al IV secolo quando la Chiesa che era in Roma adottò l’usanza, che già era di quella di Antiochia, di celebrare in un’unica domenica tutti i martiri; questo avveniva la prima domenica dopo Pentecoste e all’inizio del VII secolo Bonifacio IV stabilì la data fissa del 13 maggio. L’ultimo cambio di data avvenne nell’835 quando Gregorio IV la trasferì al 1° novembre, come oggi.

I santi sono proposti alla venerazione non per un loro beneficio, ma per un nostro vantaggio, in quanto possono intercedere per noi presso Dio; essi proprio perché hanno realizzato nella vita il mistero pasquale di Cristo sono modelli da imitare per poter raggiungere a nostra volta la vita eterna. Gli stessi concetti sono ribaditi dai testi liturgici della Messa odierna il cui Prefazio afferma: “Verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che ci hai dato come amici e modelli di vita”.


"Nella coscienza e nel dolore per il proprio male, 
il SANTO riconosce Cristo come salvezza 
con la semplicità del cuore di un bambino.
Riconosce che la sua libertà e la sua moralità 
non stanno in quello che riesce a realizzare, 
ma nella verità con cui chiede a Dio,
con cui mendica Cristo..."

- Giovanni Fighera -
Da. "Una riflessione per la festa di tutti i santi: 
chi è il santo?"





O voi tutti che regnate con Dio nel cielo,
dai seggi gloriosi della vostra beatitudine,
volgete uno sguardo pietoso sopra di noi,
esuli dalla celeste patria.
Voi raccoglieste l'ampia messe delle buone opere,
che andaste seminando con lagrime in questa terra di esilio.
Dio è adesso il premio delle vostre fatiche
e l'oggetto dei vostri gaudii.
O beati del cielo,
ottenete a noi di camminare dietro i vostri esempi
e di ricopiare in noi stessi le vostre virtù,
affinchè, imitando voi in terra,
diventiamo con voi partecipi della gloria in cielo. Così sia.
Pater, Ave, Gloria


O Dio, Padre buono e misericordioso,
ti ringraziamo perchè in ogni tempo
tu rinnovi e vivifichi la tua Chiesa, 

suscitando nel suo seno i Santi:  attraverso
di essi tu fai risplendere la varietà 
e la ricchezza dei doni del tuo Spirito di amore.
Noi sappiamo che i Santi, deboli e fragili come noi, 

hanno capito il vero senso della vita, 
sono vissuti nell'eroismo della fede, della speranza e della carità,
hanno imitato perfettamente il Figlio tuo,

ed ora, vicini a Gesù nella gloria, 
sono nostri modelli e intercessori.
Ti ringraziamo perchè hai voluto 

che continuasse tra noi e i Santi la comunione
di vita nell'unità dello stesso Corpo mistico di Cristo.
Ti chiediamo, o Signore, la grazia e la forza di poter seguire il cammino 
che essi ci hanno tracciato, affinché alla fine della nostra esistenza terrena
possiamo giungere con loro al beatificante possesso della luce e della tua gloria



Buona giornata a tutti. :-)


seguimi sulla mia pagina YouTube

sabato 5 ottobre 2024

La contemplazione - padre Thomas Merton

 La contemplazione non deve essere confusa con l'astrazione. 
Una vita contemplativa non va vissuta con un ritiro permanente dentro la propria mente. 
L'esistenza ridotta e limitata di un piccolo gruppo isolato e specializzato non basta per la «contemplazione». 
Il vero contemplativo non è meno interessato degli altri alla vita normale, non è meno preoccupato per quello che capita nel mondo, ma più  interessato, più preoccupato. 
Il fatto di essere un contemplativo lo rende capace di un interesse maggiore e di una preoccupazione più profonda. Essendo distaccato, e avendo ricevuto il dono di un cuore puro, egli non si limita a prospettive ristrette e provinciali. Non è coinvolto facilmente nella confusione superficiale che la maggior parte degli uomini prende per realtà. E per questa ragione può vedere più chiaramente ed entrare più direttamente nella pura attualità della vita umana. La cosa che lo distingue dagli altri uomini, e che gli dà il chiaro vantaggio su di essi, è il fatto di possedere una comprensione molto più spirituale di ciò che è «reale» e di ciò che è «effettivo». 

- Padre Merton Thomas - 
da: "L'esperienza interiore. Note sulla contemplazione" Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 212



L'uomo si serve della sua intelligenza nella maniera più completa e totale solo quando tutte le sue capacità conoscitive convergono in un intelletto illuminato, aperto e guidato dallo Spirito Santo. 
L'uomo contemplativo è colui che guarda attraverso la sua intelligenza con l'occhio luminoso dello Spirito Santo. 

 - Marko Ivan Rupnik  - 
da: "Il discernimento, Lipa 2007,p. 25




Il contemplativo non è semplicemente un uomo a cui piace starsene seduto a pensare, o tanto meno uno che se ne sta seduto con lo sguardo assente. 
La contemplazione è qualcosa di più della pensosità o della tendenza alla riflessione. Indubbiamente un'indole pensosa e riflessiva non è certo da disprezzarsi in questa nostra era di vacuità e di automatismo, e può effettivamente condurre l'uomo alla contemplazione. [...].
Il contemplativo non è isolato in se stesso, ma è liberato dal suo io esteriore ed egotistico attraverso l'umiltà e la purità di cuore - quindi non esiste più in lui un serio ostacolo all'amore semplice ed umile per gli altri uomini.

- Padre Merton Thomas - 
da: "Semi di contemplazione", B. Tasso - E. Lante Rospigliosi (Edd),  Ed. Garzanti, 1991, pp. 17; 57


Ti ringrazio per il tuo amore incondizionato, perché non mi hai dimenticato e abbandonato.
Ti ringrazio perché vegli su ogni attimo della mia vita; i momenti di gioia e di difficoltà, attraverso i quali mi conduci alla maturità e alla fede profonda.
Ti ringrazio per l’aiuto che mi dai, aiuto che conduce al bene, quando in te depongo la mia fiducia.
Ti ringrazio perché mi proteggi da ogni forza oscura e perché posso sentire la tua vicinanza e l’amore, l’aiuto e la salvezza.
Grazie per coloro che mi hai assegnato per sostenermi e assistermi attraverso le vie della vita.
Grazie per la tua bontà e la misericordia che mi accompagna ovunque mi trovi.
Grazie perché mi permetti di abbandonare i brutti pensieri e mi induci a pensare a quel che mi cura e incoraggia.
Grazie per tutti i tuoi doni, in particolare per il dono d’amore che allontana da me ogni paura.
Ti adoro, Gesù, ti onoro e ti rendo grazie, per la misericordia che hai di me in questo momento e perché io possa stare con te e rivolgerti questa preghiera. Amen.




Buona giornata a tutti. :-)

domenica 15 settembre 2024

Compagni di volo - don Tonino Bello

 Voglio ringraziarti, Signore per il dono della vita;
ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore,
che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta,
forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me;
per questo mi hai dato la vita:
perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te,
perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ ebrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia
Di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito
di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, 
per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello 
che è rimasto con l’ala ,
l’unica ala inesorabilmente impigliata
nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te;
soprattutto per questo fratello sfortunato,
dammi, o Signore, un’ala di riserva.

 - Don Tonino Bello - 


Coltivate la bellezza del vostro sguardo. 
Non potete immaginare quanta luce 
questa bellezza dà
a chi è triste,
quanta voglia di vivere 
produce uno sguardo generoso 
su una persona che è triste.

- don Tonino Bello - 

                                                                                  


Dio me lo sento
come un padre dolcissimo,
col quale non è difficile confidarmi.
Sento di non aver soggezione di lui.
Anche quando sbaglio, mi sembra più facile 
chiedergli scusa con un sorriso di implorazione 
che con un percuotimento di petto.
Me lo sento vicino, comunque, tantissimo.
Devo, però, dire che spesso mi dimentico di lui
e me ne dispiace, 
soprattutto la sera quando mi addormento.
Ma lo chiamo ugualmente:
tanto sono certo del suo perdono.

- don Tonino Bello -

                                                                                   

 
Non abbiamo il diritto
di annunciare e attendere 
un altro mondo,
se non ci saremo impegnati
a far sì che un mondo altro 
si affermi sulla terra.

- don Tonino Bello - 


Non abbiate paura 
di innamorarvi adesso, 
di incantarvi adesso,
di essere stupiti adesso,
di entusiasmarvi adesso, 
di guardare troppo in alto adesso, 
di sognare adesso.

- don Tonino Bello - 





Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it