giovedì 28 febbraio 2019

Solitudine e comunità - Dietrich Bonhoeffer

“A te, o Dio, nel raccoglimento sale la lode in Sion” (Salmo 65,2)
Molti cercano la comunione per paura della solitudine. Siccome non sanno più rimanere soli, sono spinti in mezzo agli uomini. 
Anche cristiani, che non riescono a risolvere i loro problemi, sperano di trovare aiuto dalla comunione con altri. Di solito, poi, sono delusi e rimproverano alla comunità ciò che è colpa loro. 
La comunità cristiana non è una casa di cura per lo spirito; chi, per sfuggire a se stesso, entra nella comunità, ne abusa per chiacchiere e distrazione, per quanto spirituale possa sembrare il carattere di queste chiacchiere e di questa distrazione. 
In realtà egli non cerca affatto comunione, ma l’ebbrezza che possa fargli dimenticare per un momento la sua solitudine, e proprio così crea la solitudine mortale dell’uomo.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da: La vita comune



Chi non sa rimanere solo tema la comunità.
Infatti egli arrecherà solo danno a sé e alla comunità. Solo ti sei trovato di fronte a Dio quando ti ha chiamato, solo ha dovuto seguire la sua chiamata, solo hai dovuto prendere su di te la tua croce, lottare e pregare solo, e solo morrai e renderai conto a Dio. 
Non puoi sfuggire a te stesso; infatti è Dio che ti ha scelto. 
Se non vuoi restare solo, respingi la vocazione rivolta a te da Cristo e non partecipare alla comunione degli eletti.
Ma vale pure il contrario.

Chi non sa vivere nella comunità si guardi dal restare solo.
Tu sei stato chiamato alla comunità, la vocazione non è stata rivolta a te solo; nella comunità degli eletti porti la tua croce, lotti e preghi con loro. 
Non sei solo nemmeno nella morte, e al giudizio universale sarai solamente un membro della grande comunità di Gesù Cristo. Se sdegni la comunione con i fratelli rifiuti la chiamata di Gesù Cristo e la tua solitudine non può che portarti male.
Ambedue le cose vanno insieme. 
Solo nella comunità impariamo a vivere come si deve, e solo essendo soli impariamo a inserirci bene nella comunità. Una cosa non precede l’altra: ambedue incominciano insieme, cioè con la chiamata di Gesù Cristo. Ognuna delle due presa a sé ci mette di fronte a profondi abissi e gravi pericoli. 
Chi desidera comunione senza solitudine, precipita nella vanità delle parole e dei sentimenti; che cerca la solitudine senza la comunità, perisce nell’abisso della vanità, dell’infatuazione di se stesso, della disperazione.

Chi non sa restare solo tema la comunità. 
Chi non è inserito nella comunità tema la solitudine.
La giornata comune del gruppo comunitario è accompagnata dalla giornata solitaria di ogni membro. 
Deve essere così. La giornata in comune senza la giornata solitaria è improduttiva tanto per la comunità quanto per il singolo membro.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da: La vita comune




Il senso dell’apertura richiesta a ogni comunità, pur nella sua peculiarità di storia, composizione e finalità, si rende più nitido se si considerano le sue funzioni principali nella vita umana. 
La prima funzione da ricordare è relativa al percorso di individuazione del singolo. 
Nel trovare se stesso, l’essere umano ha bisogno di sperimentare l’appartenenza a una comunità di vita e ravvisa in essa – per adesione naturale, per contrasto o distacco, per nuova scelta – lo specchio della sua identità. Da qui trae il sistema di regole, di ruoli, di significati necessario al suo orientamento quotidiano e all’apertura verso il futuro. In tal modo la comunità ... media tra l’individualità in via di elaborazione e l’universalità della società, ma può fare questo in modo adeguato solo se, anziché produrre nei singoli un adattamento spersonalizzante, ne promuove l’originalità personale. 
Si pone allora la questione del limite della comunità, nel senso del suo confine interno, ossia del rispetto dell’intimità, dell’originalità e della libertà della persona. E del suo diritto alla solitudine, che certo non va intesa come isolamento coattivo, il quale è sempre sofferenza e negazione per chi vi è imprigionato. 
L’identità personale si forgia nell’imparare a trovare di volta in volta il punto può armonico della tensione tra prossimità e distanza, appartenenza e separazione, comunità e solitudine, libertà di somigliare e libertà di differire rispetto a chi, di volta in volta, rappresenta un riferimento autorevole.
Lungo questo confine mobile ogni persona è chiamata a incarnare il dono originale ricevuto elaborandolo creativamente e ricomunicandolo liberamente ad altri ... Nell’accogliere la solitudine intima, che tende come un arco la nostra libertà, giungiamo a noi stessi e abbiamo la facoltà grazie a cui il nostro essere diviene interamente bene per gli altri. 
Per questo la solitudine non è il contrario della comunità; semmai entrambe hanno i loro contrari nell’isolamento, nell’egocentrismo narcisistico, nel vivere senza ricerca, nella violenza. Pertanto, se una comunità nega alla persona il suo diritto alla solitudine, commette uno stupro spirituale, desertifica una fonte fondamentale di senso, di identità, di libertà, di amore.

- Roberto Mancini -
da:  L’uomo e la comunità, Qiqajon, Bose 2004, pp. 127-128 -131


"In questo momento il mio animo si allarga per abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo. Sono veramente commosso e vedo la Chiesa viva e penso che dobbiamo dire grazie anche perchè il tempo oggi è bello."

- Papa Benedetto XVI -
27 febbraio 2013






Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 27 febbraio 2019

Signore, insegnami a invecchiare! - Padre Giacomo Perico

Signore, insegnami a invecchiare!
Convincimi che la comunità non compie alcun torto verso di me, se mi va esonerando da responsabilità, se non mi chiede più pareri, se ha indicato altri a subentrare al mio posto.
Togli da me l'orgoglio dell'esperienza fatta, ed il senso della mia indispensabilità.
Che io colga, in questo graduale distacco dalle cose, unicamente la legge del tempo, e avverta, in questo avvicendamento di compiti, una delle espressioni più interessanti della vita che si rinnova sotto l'impulso della tua Provvidenza.
Fa, o Signore, che io sia ancora utile al mondo, contribuendo con l'ottimismo e con la preghiera alla gioia e al coraggio di chi è di turno nella responsabilità, vivendo uno stile di contatto umile e sereno con il mondo in trasformazione senza rimpianti sul passato, facendo delle mie sofferenze umane un dono di riparazione sociale.
Che la mia uscita dal campo di azione sia semplice e naturale come un felice tramonto di sole.
Perdona se solo oggi, nella tranquillità, riesco a capire quanto tu mi abbia amato e soccorso.

Che almeno ora io abbia viva e penetrante la percezione del destino di gioia che mi hai preparato e verso il quale mi hai incamminato fin dal primo giorno di vita. 

Signore, insegnami a invecchiare.
Amen.

- Padre Giacomo Perico -
 Fonte: Breviario della Terza età, don FerdinandoBay, Ed. Salcom, gennaio 1989



Viviamo un tempo nel quale sperimentiamo molte esperienze comuni­tarie. 
Con esse si vogliono superare gli incontri anonimi e le attività burocratiche: si intende, soprattutto, offrire all'uomo uno spazio di autentica esperienza personale e di comunione fraterna. 
Tuttavia anche la comunità può diventare un alibi: un rifugio, cioè, alle proprie paure e impotenze, piuttosto che una convergenza e una partecipazione di persone vere, ricche di vocazioni mature e di scelte virili.
Per evitare le illusioni e le improvvisazioni comunitarie, si tratta di capire una realtà apparentemente paradossale e contraddittoria: solo le vere solitudini sono capaci di vere comunioni. 
Per rifarsi al Van­gelo, solo se il seme di una vita, di una coscienza, di una vocazione sa marcire (questo è il momento profondo e ricco di fecondità 
per­sonale) matura e cresce il frutto dell'amicizia, della comunione, della partecipazione. 
Non ci può essere comunità dove vite immature svuo­tano altre vite; dove coscienze smarrite si aggrappano a certezze im­prestate; dove vocazioni improvvisate cercano surrogati, succhiando vitalità invece che alimentare e donare vita.
Una comunità cristiana deve essere innanzitutto un incontro di «so­litudini contemplative», se si vuole sfociare davvero in una comu­nione operante di scelte concrete e di rischi storici. Altrimenti riman­gono «convivenze», fragili supporti a personali inconsistenze inte­riori, che appoggiano il proprio vuoto sul vuoto altrui. 
Al massimo si avrà una convergenza esteriore di interessi culturali e intellettuali o, peggio, di emozioni estetiche.
Dove non crescono, né si rispettano, né saltuariamente si provocano 
au­tentiche vocazioni, non nascerà né resisterà a lungo una comunità. 
Si parlerà di fraternità ma si spremerà sentimentalismo o umanismo; si pregherà anche insieme ma saranno più esercitazioni teologiche che abbandono alle sorprese dello Spirito e messa in comune del dono inesauribile della Verità fatta carne.

- padre Umberto Vivarelli -
da:"La solitudine del cristiano"



Fra l'infanzia e la vecchiaia  c'è un istante chiamato vita.



Il tempo non passa,
siamo noi che passiamo nel tempo
il tempo resta sempre uguale,
noi andiamo oltre il tempo




Preghiere della sera

Grazie Signore
per essermi stato accanto tutto il giorno;
eri in quel bambino sorridente,
in quel vecchietto zoppicante,
in quell'amico che non vedevo da tempo.

Mi hai fatto conoscere persone e situazioni nuove,
mi hai dato possibilità diverse,
mi hai fatto proposte.

Grazie per tutti i tuoi segni, scusa per ciò che non ho compreso.

Amen.






Buona giornata a tutti :-)

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martedì 26 febbraio 2019

La soluzione - don Bruno Ferrero

Un’allegra e vorace comunità di piccioni aveva eletto come domicilio il sagrato di una chiesa. 

Dopo i matrimoni, le fessure del lastrico si riempivano di chicchi di riso che facevano la gioia dei volatili. 
Qualche chicco finiva anche oltre il portale della chiesa e, presi dall’entusiasmo, i piccioni finirono per entrare dentro la chiesa. 
Qualcuno restava dentro anche durante le funzioni domenicali, e operava incursioni che disturbavano e distraevano i fedeli. 
Senza contare le «firme» oltraggiose lasciate sulle statue dei santi. 
Il parroco, esasperato, convocò in seduta straordinaria il Consiglio Pastorale, mettendo all’ordine del giorno la soluzione del problema. 
«Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per impedire ai piccioni di entrare in chiesa!». 
Parlò per primo un consigliere, forse discendente di Erode, che disse: «Buttiamo del riso avvelenato e facciamoli fuori tutti!». 
L’anima francescana di molti consiglieri si ribellò con veemenza: «Questo mai! Portiamoli in qualche cascina in campagna dove vivranno felici e in compagnia!». Ma anche questa soluzione non sembrò praticabile. 
Furono ugualmente bocciate la proposta di procurare un rapace opportunamente addestrato per catturare i piccioni, come pure quella di installare pesanti reti sulle porte e sulle finestre della chiesa. 
Alla fine, quando cominciava a serpeggiare un silenzio imbarazzato, il più anziano del Consiglio domandò: «Insomma, voi volete che i piccioni non entrino più in chiesa?». 
«Sì!» gridarono in coro i consiglieri. 
«Volete proprio non vederceli mai più?». 
«Sì!» urlarono i consiglieri, spazientiti. «Allora è facile» replicò il vecchietto. «Fate così: battezzateli, fategli fare la Prima Comunione, cresimateli e in chiesa non li vedrete mai più...». 

- don Bruno Ferrero  -
da: "A volte basta un raggio di sole", ed. LDC, Torino 1998, pp. 32-33




La via del servizio è l’antidoto più efficace contro il morbo della ricerca dei primi posti; è la medicina per gli arrampicatori, questa ricerca dei primi posti, che contagia tanti contesti umani e non risparmia neanche i cristiani, il popolo di Dio, neanche la gerarchia ecclesiastica. 

- papa Francesco - 
Angelus in Piazza San Pietro domenica 21 ottobre 2018


Non dire mai


Non dire mai: Io
invece di: Noi
Non dire mai: Mio
invece di: Nostro.
Non dire mai: Tocca a lui
invece di: Comincio io.
Non dire mai: Non posso.
invece di: Eccomi.
Non dire mai: Vattene
invece di: Vieni.
Non dire mai: Domani
invece di: Oggi.
Non dire mai: Mai
invece di: Sempre.

- Charles S. Lawrence -

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Buona giornata a tutti. :-)









lunedì 25 febbraio 2019

Signore, non ne posso più - don Primo Mazzolari

Signore, non ne posso più:
la mia resistenza è agli estremi,
la mia fede viene meno
sotto le prove che incalzano.
Non comprendo più niente.
Non mi abbandonare, Signore,
tu che mi conosci e sai tutto di me
e di questo mio povero cuore di carne.
Tienimi su il cuore,
e aiutami a superare l’angoscia,
che spesso il male mi dà.
Rinsaldami la certezza,
che niente va perduto del nostro patire,
perché è tuo e ti appartiene
meglio di qualsiasi cosa nostra.
Aiutami a credere
che la tua misericordia
sta universalmente preparando
una giornata più buona a tutti.

- don Primo Mazzolari - 



Le strade cristiane nel mondo si tracciano camminando con integrità di fede, con passione d’apostolato, con audacia di carità, con disciplina di figlioli. 
E non illudiamoci: sono strade di dolore, prima che strade di conquista e di gloria.


- Don Primo Mazzolari  -
“Lettera sulla parrocchia"



Vivere è camminare, salvarsi è camminare… Il cristiano è un pellegrino. 
Se uno rifiuta la solidarietà del camminare, cioè lo sforzo di vivere con gli uomini e per gli uomini, tradisce la propria vocazione d’uomo… 
Il cristiano che si ferma e si chiude invece di camminare rischia smarrire la coscienza della cattolicità. 


- Don Primo Mazzolari -
da “Il Samaritano”


"Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! 
Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! 
La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma dall'aver incontrato una Persona: Gesù, dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! 
Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. 
Portiamo a tutti la gioia della fede!". 
E anche qui ha aggiunto a braccio: "Non lasciamoci rubare la speranza! Non lasciamoci rubare la speranza!". 
E prima aveva interrotto il discorso ricordando che "il diavolo viene, magari travestito da angelo", per staccarci dal nostro seguire Gesù!


Preghiera per la sera

Ti prego, o Signore,
proteggimi in questa notte.
Tu sei per me il vero riposo:
concedimi di dormire in pace.
Veglia su di me,
allontana ogni minaccia
e guidami nelle tue vie.
Signore,
tu sei il mio custode,
resta con me, Signore.
Amen.




Buona giornata a tutti. :-)




domenica 24 febbraio 2019

Acqua bollente


Una ragazza andò dalla madre, per lamentarsi, di come la vita fosse così dura, per lei!
Non sapeva più, come cavarsela, e aveva tanta voglia, di piantare tutto:
era stanca, di combattere, con le vicissitudini quotidiane...
Sembrava che, appena un problema era risolto, un altro ne sorgesse, a complicare le cose!
La madre la portò, in cucina...
Riempì tre tegamini di acqua, e li depose sul gas, a fuoco alto!
Presto, l'acqua cominciò a bollire...
Nel primo, mise una carota: nel secondo, un uovo, e nel terzo, una manciata di caffè macinato!
Li lasciò bollire, per un certo tempo, senza dire niente.
Dopo circa venti minuti, spense il fuoco.
Tirò fuori la carota, e la depose su un piattino: così, fece anche con l'uovo,
e versò il caffè, filtrandolo, in una tazza!
La madre le disse di avvicinarsi, e di toccare la carota: lo fece, e notò che era soffice...
Poi, la madre le disse di prendere in mano l'uovo, e di romperlo: dopo averne tolto il guscio, notò l'uovo indurito dalla bollitura!


Poi, la madre disse, alla figlia, di sorseggiare il caffè!
La ragazza cominciò a sorridere, al contatto con il ricco aroma del liquido,
che beveva...
Poi, chiese alla madre: «Che cosa significa, tutto questo?».
La madre le spiegò che ognuna, delle tre cose, aveva dovuto far fronte, alla stessa avversità: l'acqua bollente...
E ognuna di esse aveva reagito, in modo diverso!
La carota era entrata nell'acqua, forte, e dura, ma, dopo aver lottato con l'acqua bollente, si era rammollita, e indebolita...
L'uovo era entrato, fragile, nell'acqua!
Il guscio sottile proteggeva il suo interno, liquido,
ma, dopo aver lottato, con l'acqua bollente, si era indurito!
Il caffè macinato, invece, si era comportato,
in modo del tutto unico...
Dopo essere stato gettato, nell'acqua bollente, aveva agito sull'acqua, e l'aveva trasformata!
«Con quale, di questi tre, ti identifichi?», chiese la madre, alla figlia.
«Quando l'avversità bussa alla tua porta, come rispondi?
Come la carota, che molla tutto?
Come l'uovo, che indurisce, e inaridisce il cuore?
O sei come il caffè, che cambia l'acqua, con le qualità migliori, che si porta dentro?».



"La sofferenza è come lo scalpello, dello scultore: rivela, quello che c'è, in te...".



Ci sono due tipi di sofferenti a questo mondo: quelli che soffrono per una carenza di vita e quelli che soffrono per una sovrabbondanza di vita. 

- Waking Life -




 Signore Gesù, tu sei l’acqua viva
che disseta per sempre.
Tante volte abbiamo sete, ma non ci accorgiamo
che il vero nome di questa sete sei tu.
Tante volte crediamo di spegnere la sete di vita
con acqua che non disseta;
la sete di gioia con divertimenti stupidi
che ci lasciano ancora più sete.
Sveglia la nostra mente.
Aiutaci a cercare nella nostra giornata
uno spazio di preghiera con la stessa ansia
con cui si cerca l’acqua nel caldo dell’estate.
Aiutaci a gustare la preghiera,
a incontrarti nella preghiera,
e a incontrare tutte le persone che amiamo.
Insegnaci a pregare come hai insegnato agli apostoli.
Insegnaci a chiamare Dio con il nome di Padre
e a sentirlo così.
Insegnaci ad adorarti in spirito e verità,
cioè in ogni istante della nostra vita
come hai insegnato alla donna samaritana. Amen!


Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it


sabato 23 febbraio 2019

La vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne uscirà vivo - don Bruno Ferrero

Con una certa frequenza è comunicata la notizia dell'avvicinamento di un meteorite al nostro pianeta e quasi sempre qualcuno dichiara che l'esito potrebbe essere infausto per tutta l'umanità. "Il mondo finirà", dichiarano alcuni che pare godano di una discreta infallibilità nel preannunciare sventure.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte".



Per ognuno di noi, il mondo sicuramente finirà.
In termini puramente terreni, la vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne uscirà vivo.

Ci sforziamo continuamente di non pensarci, ma il tempo è un mistero inesorabile al quale non possiamo sfuggire: fa sentire i suoi effetti sui nostri capelli e nelle articolazioni, si diverte a stamparci rughe sul viso e ad ampliare il nostro girovita.
Se ci riflettiamo, dovremo convenire che il tempo è una tra le risorse davvero non rinnovabili.
Un tale ha sintetizzato questa realtà con una semplice affermazione: "Passiamo la vita ad ammazzare il tempo in attesa che il tempo ammazzi noi".
Eppure il tempo che ci è dato è l'unica occasione che abbiamo quaggiù. Non ce ne sarà data un'altra.
Perché allora lasciamo che tutto scorra tra l'impazienza e la noia? 
Che cosa ci tiene così spesso in uno stato di torpore? 
Siamo immersi in una serie di abitudini, sviluppiamo un attaccamento nei confronti di gesti meccanici e poveri di contenuto, permettiamo che un grigiore uniforme livelli la nostra esistenza. A un certo punto potremo accorgerci che la nostra vita se n'è andata e non l'abbiamo vissuta.
Grandi cose ci sfiorano, passano nella nostra anima come acqua sulle pietre. Troppo spesso potremmo essere paragonati ai giovani che vanno in gita a bordo di un pullman che attraversa località incantevoli, ma tengono le tendine del finestrino ben chiuse, per ascoltare l'iPod a occhi chiusi o risolvere il Sudoku.

"State bene attenti", ci dice Gesù, "che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra". 

Un falco era stato catturato da un contadino, che lo aveva legato a una zampa e l'aveva sistemato nell'aia di un cascinale.
Il falco non si era rassegnato a vivere come un pollo. Aveva cominciato a dare decisi strattoni alla corda che lo teneva avvinto ad un robusto trave del pollaio. Fissava il cielo azzurro e si impegnava a tirare con tutte le sue forze. La corda lo riportava però sempre e inesorabilmente a terra. Il falco provò a liberarsi senza sosta per settimane, finché la pelle della zampa legata si lacerò e le sue belle ali si rovinarono.
Alla fine, il falco si abituò a quella vita. A distanza di qualche mese trovava di suo gradimento anche il mangime dei polli. Si accontentò dunque di razzolare.
Così non si accorse che le piogge autunnali e la neve dell'inverno avevano fatto marcire la corda che lo legava a terra.
Sarebbe bastato un ultimo modesto strattone e il falco sarebbe tornato in libertà, padrone del cielo.
Il falco però non lo fece.

"Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

A volte il nostro corpo fa fatica anche solo a salire una rampa di scale, ma la nostra anima ha le ali. 
E il cielo è nostro.

Per evitare sorprese, i primi cristiani hanno fatto una cosa straordinaria: hanno regolato l'orologio della vita su Gesù. Fin dall'inizio hanno orientato la dimensione del tempo su Gesù e, per cominciare, trasformarono il sabato degli ebrei nella domenica.
Il capolavoro cristiano sul senso del tempo è l'anno liturgico, cioè l'anno delle feste cristiane, disposte in modo che nell'arco dell'anno si ripercorra la vita di Gesù, perché è lui "Alfa e Omega, principio e fine" come si proclama nella notte di Pasqua, la notte più solenne dell'anno per i cristiani.
L'anno liturgico immerge il cristiano nella storia di Gesù, dal momento in cui si attende la sua venuta a Natale fino a quando si aspetta che torni alla fine dei tempi. E si concentra sul nucleo drammatico di quella storia, sugli ultimi giorni che Cristo visse a Gerusalemme, dal Giovedì Santo alla domenica di Pasqua.
Il cristiano non è come l'eroe solitario dei film western che cavalca verso il sole che tramonta e le parole "The end". 
Il cristiano cammina verso il sole che sfolgora al mattino, perché sa che nessuno può impedire al sole di sorgere, come nessuno può immaginare di chiudere Dio nell'oscurità di una tomba.

Gesù ha capovolto il senso del tempo: non si va verso la fine, ma verso il principio. E ha anche spiegato chiaramente che cosa dobbiamo fare in questo periodo che chiamiamo tempo o vita.

"Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".

"Sveglia" è la persona che si propone a ogni istante di tenere l'occhio vigile rivolto a ciò che la volontà di Dio raccomanda nelle situazioni che si presentano di volta in volta. Per Gesù "vegliare" significa essere sensibili nei confronti degli esseri umani e delle cose. Averne cura.

"Mio padre si ubriaca sempre perché è disoccupato e la mia mamma non ha soldi e mi hanno messo dentro un istituto.
L'unica creatura che mi vuole bene è un pesce rosso che tengo dentro un vasetto sempre vicino a me, anche quando dormo la notte. 
La direttrice mi ha detto che il pesce non lo posso più tenere e allora di notte dormo con il vasetto del pesce legato alla mano, perché ho paura di svegliarmi e di non trovarlo più.
Se mi portano via il pesce, non ho più nessuno che mi vuole bene" ha scritto un bambino di otto anni.

Tutti abbiamo un "pesce rosso" su cui vegliare. 
E noi siamo il "pesce rosso" di Dio. "Tu sei prezioso ai miei occhi", ci assicura il Signore tramite il profeta Isaia.
Dio non dorme mai. È sempre con noi, mentre noi spesso siamo lontani da Lui.
Il contrario della veglia è la sonnolenza, il sopore, la mancanza di partecipazione e l'elusione delle responsabilità.
Sotto molti aspetti l'esortazione a essere desti è identica ad alcune espressioni bibliche che hanno goduto del loro momento favorevole soprattutto in passato, come "fare penitenza" o "conversione". 
Il termine "risveglio" suona più positivo, perché mira alla luce del giorno e alla gioia di esserci, di ritrovarsi dopo l'incoscienza del sonno.
Vegliare durante la notte non è romantico: bisogna lottare contro il freddo e la stanchezza. Non ci si può fare l'abitudine. Solo quando si è intensamente toccati da qualcuno si può vegliare per aspettarlo.

"Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande".

Il cristiano è una persona "sveglia", una persona che vive nell'Avvento. Gesù sa dunque che c'è almeno uno che lo aspetta. Come la sentinella spera nell'aurora, suggerisce il Salmo 130, così il cristiano aspetta il Signore, con amore e fiducia. Non può e non vuole dormire, finché finalmente arriverà.
Gesù pretende un amore radicale. Chiede di tenere lo sguardo puntato solo su Dio, anticipando così la realtà e i criteri del giorno venturo nel cuore della notte, proprio quando tutti vogliono mettersi comodi.

"Fratelli, ci ha detto San Paolo, il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi".

Il tempo dei cristiani è un tempo pieno. Pieno di senso, inteso come significato e direzione. Si va da qualche parte, si va da Qualcuno. Il momento verrà: abbiamo un appuntamento. Nel cuore della parabola delle dieci ragazze c'è un annuncio: "A mezzanotte un grido risuonò: ecco lo sposo, andategli incontro!"

Un giorno un turista fece visita ad un famoso rabbino.
Rimase stupito nel vedere che la casa del rabbino consisteva soltanto in una stanza piena di libri. Gli unici mobili erano un tavolo e una panca.
"Rabbi, dove sono i tuoi mobili?", chiese il turista.
"E i tuoi dove sono?", replicò il rabbino.
"I miei? Ma io sono qui solo di passaggio", replicò il turista.
"Anch'io", disse il rabbino.

Siamo di passaggio, quaggiù. La vita è solo un ponte, non ci possiamo costruire sopra una casa. Ma quello che il bruco definisce "fine del mondo", per il Maestro si chiama "farfalla".

- Bruno FERRERO sdb - 
2015 - dal sito incammin.com


Buona giornata a tutti. :-)