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mercoledì 15 maggio 2024

Preghiera a Nostra Signora di Sheshan, Cina

 


Vergine Santissima, Madre del Verbo incarnato e Madre nostra,
venerata col titolo di "Aiuto dei cristiani" nel Santuario di Sheshan,
verso cui guarda con devoto affetto l’intera Chiesa che è in Cina,
veniamo oggi davanti a te per implorare la tua protezione.
Volgi il tuo sguardo al Popolo di Dio e guidalo con sollecitudine materna sulle strade della verità e dell’amore, affinché sia in ogni circostanza fermento di armoniosa convivenza tra tutti i cittadini.

Con il docile "sì" pronunciato a Nazaret tu consentisti
all’eterno Figlio di Dio di prendere carne nel tuo seno verginale
e di avviare così nella storia l’opera della Redenzione,
alla quale cooperasti poi con solerte dedizione,
accettando che la spada del dolore trafiggesse la tua anima,
fino all’ora suprema della Croce, quando sul Calvario restasti
ritta accanto a tuo Figlio che moriva perché l’uomo vivesse.

Da allora tu divenisti, in maniera nuova, Madre
di tutti coloro che accolgono nella fede il tuo Figlio Gesù
e accettano di seguirlo prendendo la sua Croce sulle spalle.
Madre della speranza, che nel buio del Sabato santo andasti
con incrollabile fiducia incontro al mattino di Pasqua,
dona ai tuoi figli la capacità di discernere in ogni situazione,
fosse pur la più buia, i segni della presenza amorosa di Dio.

Nostra Signora di Sheshan, 
sostieni l’impegno di quanti in Cina, tra le quotidiane fatiche, continuano a credere, a sperare, ad amare, affinché mai temano di parlare di Gesù al mondo e del mondo a Gesù.

Nella statua che sovrasta il Santuario tu sorreggi in alto tuo Figlio,
presentandolo al mondo con le braccia spalancate in gesto d’amore.
Aiuta i cattolici ad essere sempre testimoni credibili di questo amore,
mantenendosi uniti alla roccia di Pietro su cui è costruita la Chiesa.

Madre della Cina e dell’Asia, prega per noi ora e sempre. Amen!

- papa Benedetto XVI -



Prayer to Our Lady of Sheshan - China

Virgin Most Holy, Mother of the Incarnate Word and our Mother, venerated in the Shrine of Sheshan under the title "Help of Christians", the entire Church in China looks to you with devout affection. W
e come before you today to implore your protection. Look upon the People of God and, with a mother’s care, guide them along the paths of truth and love, so that they may always be a leaven of harmonious coexistence among all citizens.

When you obediently said "yes" in the house of Nazareth, you allowed God’s eternal Son to take flesh in your virginal womb and thus to begin in history the work of our redemption. You willingly and generously cooperated in that work, allowing the sword of pain to pierce your soul, until the supreme hour of the Cross, when you kept watch on Calvary, standing beside your Son, who died that we might live.

From that moment, you became, in a new way, the Mother of all those who receive your Son Jesus in faith and choose to follow in his footsteps by taking up his Cross. Mother of hope, in the darkness of Holy Saturday you journeyed with unfailing trust towards the dawn of Easter. Grant that your children may discern at all times, even those that are darkest, the signs of God’s loving presence.

Our Lady of Sheshan, sustain all those in China, who, amid their daily trials, continue to believe, to hope, to love. May they never be afraid to speak of Jesus to the world, and of the world to Jesus. In the statue overlooking the Shrine you lift your Son on high, offering him to the world with open arms in a gesture of love. 
Help Catholics always to be credible witnesses to this love, ever clinging to the rock of Peter on which the Church is built. 
Mother of China and all Asia, pray for us, now and for ever. Amen!

- pope Benedict XVI - 



La Cattedrale di Sheshan

La Cattedrale di SheShan è una chiesa cattolica sorta dove, nel 1863, fu costruito in un primo tempio, in una collina nei pressi a della città di Shangai. Deve il nome alla sua collocazione sulla cima occidentale di SheShan, una collina del Distretto di Songjiang, a ovest dell'area metropolitana di Shanghai. È il più grande edificio di culto cristiano di tutta l'Asia orientale, meta di pellegrini provenienti dall'intera Asia. La chiesa occupa un'area di un ettaro ed è alta circa 20 metri. È a forma di croce latina, secondo la struttura della Basilica. Vi sono tre ingressi: a nord, ad ovest e a sud. La porta principale guarda a sud-ovest. La navata è lunga 55,81 metri e larga 24,68 metri. Il soffitto è posto a 16,46 metri. Vi sono 3000 posti a sedere. L'altare è sul lato orientale, è fatto di marmo con decorazioni in oro e giada intarsiata. L'esterno della chiesa è in prevalenza fatto di granito. Parte del tetto è coperta da tegole cinesi smaltate. Il campanile si trova nell'angolo a sud-est. Misura 38 metri. Sulla sua cima vi è la statua di bronzo della Madonna con il Bambino, alta 4,8 metri ("Nostra Signora di Zose"). Durante la rivolta dei Taiping, alcuni missionari gesuiti acquistarono un appezzamento di terreno sulle pendici meridionali della collina. In quel luogo c'era un monastero buddista in rovina. Le costruzioni rimaste vennero demolite e furono costruiti un piccolo edificio usato come residenza dei missionari e una cappella. Sulla cima della collina, sul luogo dove si trovava una stanza Maitreya, venne eretto un piccolo padiglione in cui fu collocata una statua della Madonna. 



Nel giugno 1870, a causa di disordini scoppiati a Tianjing vennero bruciate le chiese del luogo. I gesuiti di Shanghai pregarono presso la statua della Madonna e fecero voto di costruire una chiesa in suo onore in cambio della sua protezione. In seguito, si iniziò a costruire la chiesa. Il legno venne inviato da Shanghai e la pietra fu comprata in Fujian. Si portarono a mano tutti i materiali da costruzione sulla collina. In due anni, la chiesa era completata. La prima chiesa aveva la forma di una croce e incorporava caratteristiche architettoniche sia cinesi sia occidentali. Una veranda sorretta da dieci colonne fu posta all'ingresso. Davanti alla chiesa, furono collocati otto leoni di pietra. Nel 1894, si aggiunsero molte costruzioni accessorie: una cappella a metà strada salendo la collina, un santuario dedicato al Sacro Cuore, alla Madonna e a San Giuseppe Lungo il sentiero che conduce alla chiesa furono costruite quattordici stazioni della Via Crucis. Nel 1925, la chiesa esistente sembrava inadeguata, molto indietro rispetto ad altre chiese di Shanghai quanto a dimensioni e decorazioni. Perciò, venne demolita e ricostruita. Poiché il prete e architetto portoghese (Ye Zhaochang) era molto rigoroso sulla qualità della costruzione, ci vollero dieci anni perché l'intero progetto avesse termine. La chiesa, infatti, venne terminata nel 1935. 

Nel 1942, il papa Pio XII eresse la Cattedrale di SheShan a Basilica minore. Nel 1946, la Santa Sede incoronò la statua di Nostra Signora di Zose, posta sulla cima del campanile. (Zose è come gli abitanti di Shanghai pronunciano il termine SheShan). Dopo la rivoluzione comunista del 1949, la Cattedrale di SheShan subì gravi danni durante la Rivoluzione culturale: vennero distrutte le vetrate colorate della chiesa, le sculture lungo la Via Dolorosa, la statua in cima al campanile e molte altre opere d'arte. Al termine della Rivoluzione culturale, si cominciò a riparare i danni. All'inizio, la statua fu sostituita con una semplice croce di ferro. Poi, nel 2000, venne posizionata una nuova statua.



Le 14 stazioni della Via Crucis sono situate ad ogni curva del sentiero che sale la ripida collina che porta alla chiesa. A metà strada, in uno spiazzo ci sono due cappelle, una per la devozione al Sacro Cuore e l'altra alla Santa Madre. Nelle vicinanze, si trova la Stazione di SheShan dell'Osservatorio astronomico di Shanghai, costruito inizialmente dai Gesuiti. Nel 1874, papa Pio IX dichiarò che i pellegrini che si recavano a SheShan in maggio (il mese dedicato alla Santa Madre) avrebbero ricevuto l'indulgenza plenaria. Per questo, pellegrini provenienti da tutta la Cina iniziarono a riunirsi a SheShan in maggio, una pratica che continua ancora oggi. I pellegrini viaggiano in lungo e in largo per fare il loro pellegrinaggio annuale a SheShan, pregano lungo la Via Crucis il Santo Rosario e partecipano alla Messa in questo luogo santo. Per tradizione, molti dei Cattolici della zona erano pescatori e facevano il pellegrinaggio in barca. Questa tradizione continua tra i Cattolici del luogo, per cui in maggio le insenature attorno a SheShan spesso si riempiono di barche.





Preghiera per la sera

Vengo a te, Signore, in questa sera.
Rifletto davanti a te sulle vie che ho percorso oggi,
sulle parole che ho pronunciato,
sul lavoro che ho realizzato.
Penso agli uomini che hanno incrociato la mia vita.
E adesso vengo verso di te con tutto quello che ho e che sono:
con la mia fede modesta e la mia speranza timida.
Accoglimi nella comunità dei tuoi amici.

Buona giornata a tutti :-)

martedì 7 maggio 2024

Il detenuto e la formica – don Bruno Ferrero

 Un uomo fu condannato a 20 anni di carcere. Il suo problema era ovviamente ammazzare il tempo.
Dopo alcuni mesi scoprì che alcune formiche risiedevano stabilmente sotto l'intonaco scheggiato della sua cella. Una di quelle formiche sembrava particolarmente dotata e il detenuto decise di ammaestrarla.
Ci volle un sacco di pazienza, ma dopo cinque anni la formica ubbidiva agli ordini, ballava su un capello ben teso e faceva il doppio salto mortale. 
Altri cinque anni dopo, la meravigliosa (e longeva) formichina sapeva cantare tutte le canzoni di Sanremo. 
Cinque anni dopo la formica parlava correttamente quattro lingue.
Stava per imparare la quinta quando l'uomo venne scarcerato. Si mise in tasca la preziosa formica nella speranza che gli servisse a guadagnare un mucchio di soldi esibendosi alla televisione.
Uscito di prigione, andò diritto in un bar e, dopo aver bevuto, non resistette alla tentazione di sfoggiare la bravura della sua formica. La posò sul bancone e chiamò il barista: "Guardi questa formica!".
Il barista, senza perdere un attimo di tempo schiacciò la formica dicendo: "La prego di scusarci signore".

Tanti genitori ed educatori dedicano anni di fatica e di passione per educare i loro ragazzi. Spesso basta un attimo e il risultato di tanti sforzi va in rovina. Perché c'è sempre un malaugurato "barista" dietro l'angolo. E' meglio addestrare elefanti che formiche.

- Don Bruno Ferrero -
Da: “L'Importante è la rosa”, Elledici


Da ogni difficoltà, può nascere il bene.
"Pen­so che il naufragio (di San Paolo) parli per noi. 
Dal suo naufragio, per Malta è nata la fortuna di avere la fede. Così anche noi possiamo pensare che i naufragi della vita possono fare il progetto di Dio e possono essere utili per nuovi inizi nella nostra vita...
Senza un morire, senza il naufragio di ciò che è solo nostro,
non c’è comunione con Dio, non c’è redenzione".

- papa Benedetto XVI - 


Una vita tutta dolcezza sarebbe insulsa; il sale è amaro, se preso da solo, ma quando è gustato nella pietanza, dà sapore alla carne. Le difficoltà sono il sale della vita. 

- Robert Baden-Powell - 


 Ave, Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte.
Amen.

Ave Maria, gratia plena,
Dominus tecum,
benedicta tu in mulieribus,
et benedictus fructus ventris tui, Iesus.
Sancta Maria, mater Dei,
ora pro nobis peccatoribus, 
nunc et in hora mortis nostrae.
Amen.

Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 5 aprile 2024

A coloro che soffrono nel corpo – don Tonino Bello

 Carissimi,

non scrivo per consolarvi. Anche perché so bene quanto fastidio vi diano le declamazioni di coloro che, sentendosi sempre in dovere di spendere qualche buona parola con voi, ricorrono ai prontuari dei più indisponenti fraseggi.
Non è di compatimento che avete bisogno. 
Prima di tutto, perché il compatimento è una spartizione fittizia del dolore. Poi, perché vi toglie la fierezza di rimaner soli sulla croce. E infine, perché rischia di fermarsi alla soglia delle parole. 
Al paraplegico che sta inchiodato su una sedia a rotelle, che sollievo può dare il sermone di circostanza fatto da chi magari, subito dopo, deve correre in palestra per una partita di basket?
All’handicappato che ti interpella sui grandi perché della vita, e vuoi rendersi conto delle ragioni misteriose che stanno all’origine della sua sfortuna, che conforto possono recare i luoghi comuni tratti dai repertori della compassione?
A chi è ridotto all’impotenza da una malattia irreversibile o da un improvviso declino della salute o da un fatale incidente sulla strada, e ti pone la scomoda domanda del «che ci sto a fare più sulla terra», quale aiuto possono dare le tue maldestre citazioni bibliche?
Davanti a chi soffre come voi, l’atteggiamento più giusto sembrerebbe quello del silenzio.
Però, anche il silenzio può essere frainteso o come segno di imbarazzo, o come tentativo di rimozione del problema.
E allora, tanto vale parlarne. Semmai, con pudore. Chiedendovi scusa per ogni parola di troppo. Come, per esempio, una parola di troppo potrà sembrare il segreto che vi confido sulla mia consuetudine con questa preghiera che recito ogni mattina:
“Padre mio, io mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto. Accetto tutto. Purché la tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle tue mani. Senza misura, con infinita fiducia. Perché tu mi sei padre”.
E’ una preghiera difficile, lo ammetto. Forse è stata difficile anche per Charles de Foucauld che l’ha composta. Questo brillante ufficiale di cavalleria, amante della vita eppure spinto a fare un cammino di conversione nelle aridità del deserto, non poteva mai immaginare che un giorno sarebbe caduto assassinato da un beduino mentre era assorto in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Ebbene, ciò che l’ha reso celebre non è stato il suo martirio, quanto quella preghiera di abbandono.
È una preghiera difficile, lo ammetto.
Forse è difficile pure per voi, piagati nei corpo, che tremate a pronunciarla anche dopo che la prova vi è già caduta addosso. Tutto sommato, potrebbe essere una preghiera di comodo, sapendo che a ribellarvi non è che cambiereste la vostra situazione, anzi, accettandovi, potreste cambiare addirittura in preziosissimi assegni circolari le stigmate del vostro fallimento umano.
Ma quando si soffre, è difficile fare di necessità virtù, se non viene una forza dall’alto. Al massimo, ci si può rassegnare. Stoicamente. Col sarcasmo sulle labbra, che spesso è peggio della bestemmia.
Ed eccomi allora chiamato dal mio dovere di vescovo ad additarvi con fermezza lo scandalo della Croce. Dire che col vostro dolore contribuite alla salvezza del mondo, può sembrarvi letteratura consolatoria. Ricorrere alle frasi fatte degli occhi che vedono bene solo attraverso le lacrime, può essere inteso, se non proprio come un insulto gratuito, almeno come un ritrovato sterile della saggezza umana. Accennarvi che, in fondo, ognuno si porta dentro il suo carico di dolori e che, tutto sommato, non siete poi così soli come sembra, potrebbe accrescere il vostro sdegno. Aggiungere che un giorno sarete schiodati pure voi dalla croce, può apparire uno scampolo di quell’eloquenza mistificatoria che non convince nessuno.
Ma dirvi che sulla croce un giorno ci è salito un uomo innocente, e che sul retro della croce c’è un posto vuoto dove un altro innocente è chiamato a far compagnia ai rantoli di Cristo, appartiene al messaggio inquietante, eppur dolcissimo, che un ministro della Parola non può nè accorciare nè mettere tra parentesi.
Quel posto è tuo, Ignazio, paralizzato per sempre; e di nessun altro. E tuo, Ruggero, che ti trascini a tentoni per la casa e mugoli parole indistinte. Chiamalo, il tuo Signore: è un nome breve. Non può non sentirti: è inchiodato appena dietro dite. Quel posto è tuo, Giuseppe, che ti portano da una clinica all’altra per un male incurabile e hai solo trent’anni: non fare lo sbaglio di rinunciare a quel posto. E tuo, Nadia, splendida bambina: non cederlo a nessuno.
Forse un giorno quel posto sarà mio. O lo è già da adesso, ed è solo l’esemplarità del vostro martirio più grande che me ne rende agevole il tormento. Non fosse altro che per questo, vorrei dirvi: grazie!
Ma grazie soprattutto perché, se è vero che dobbiamo adorare e benedire Gesù Cristo che con la sua santa croce ha redento il mondo, è altrettanto vero che, in cooperativa con lui, voi ci avete comprato le gioie che fanno fremere il mondo: le sue canzoni, le sue attese di libertà, le sue esplosioni di luce, i suoi tripudi di vita, le sue ansie di festa senza tramonti, le sue speranze di cieli nuovi e terre nuove.
Sapete che vi dico?
Il mattino di Pasqua, nella corsa verso il sepolcro, voi sarete più veloci di tutti, e ci precederete come Giovanni. E forse vi fermerete sulla soglia, per farci vedere «le bende per terra e il sudano piegato in disparte».
E l’ultima carità che ci aspettiamo da voi.
Un abbraccio.


- Don Tonino Bello - 
Da: “Pietre di scarto”, ed. La Meridiana 1993


"L'amore di Dio si rivela attraverso segni che dapprima non comprendiamo, ma che in seguito rivelano la grandezza del suo disegno". 

- Don Tonino Bello -



La vita senza Dio non funziona, perché manca la luce, perché manca il senso di cosa significa essere uomo. 
I comandamenti non sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita, ma indicatori per trovare una vita piena. 
La disciplina allarga la vita e la fatica dà profondità alla vita e contribuisce a creare un mondo migliore»

Papa Benedetto XVI, 18 marzo 2007


Santa Maria, Vergine della notte,
noi t'imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore,
irrompe la prova,
sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza
il cielo nero degli affanni,
o il freddo delle delusioni
o l'ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell'ora del nostro calvario,
Tu, che hai sperimentato l'eclissi del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile
la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di Madre
la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia
nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla,
perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi
la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte
a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell'oscurità
ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche Tu,
Vergine dell'Avvento,
stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto
si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l'aurora.
 Amen


- don Tonino Bello -




Buona giornata a tutti. :-)


sabato 23 marzo 2024

I tre alberi - Paulo Coelho

 Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e pinete profumate di resina, spuntarono un giorno tre piccoli alberi. Nei primi tempi erano così teneri e verdi che si confondevano con l'erba e i fiori che prosperavano intorno a loro.
Ma, primavera dopo primavera, il loro piccolo tronco si irrobustì. Le sfide autunnali e invernali per fronteggiare i venti e le bufere li riempivano di gioia baldanzosa.
Dall'alto della loro casa verde guardavano il mondo e sognavano.
Come tutti coloro che stanno crescendo, sognavano quello che avrebbero voluto diventare da grandi.
Il primo albero guardava le stelle che brillavano come diamanti trapuntati sul vestito di velluto nero della notte.
"Io sopra ogni cosa vorrei essere bello. Vorrei custodire un tesoro" disse. "Vorrei essere coperto d'oro e contenere pietre preziose. Diventerò il più bello scrigno per tesori del mondo".
Il secondo alberello guardava il torrente che scendeva serpeggiando dalla montagna, aprendosi il cammino verso il mare. L'acqua correva e correva, gorgogliando e scherzando con i sassi, un momento era lì e poco dopo già era scomparsa all'orizzonte. E niente riusciva a fermarla. "Io voglio essere forte. Sarò un grande veliero" disse. "Voglio navigare sugli oceani sconfinati e trasportare capitani e re potenti. Io sarò il galeone più forte del mondo".
Il terzo alberello contemplava la valle che si stendeva ai piedi della montagna e guardava la città che si indovinava nella foschia azzurrina.
Laggiù formicolavano uomini e donne. "Io non voglio lasciare questa montagna" disse. "Voglio crescere tanto che quando la gente si fermerà per guardarmi, dovrà alzare gli occhi al cielo e pensare a Dio. Io diventerò il più grande albero del mondo!".
Gli anni passarono. Caddero le piogge, brillò il sole, e i piccoli alberelli divennero tre alberi alti e imponenti.
Un giorno, tre boscaioli salirono sulla montagna, con le loro scuri a tracolla.
Uno dei boscaioli squadrò ben bene il primo albero e disse: "E' un bell'albero. E' perfetto".
Dopo pochi minuti, stroncato da precisi colpi d'ascia, il primo albero piombò al suolo.
"Ora sto per trasformarmi in un magnifico forziere" pensò l'albero. "Mi affideranno in custodia un tesoro favoloso".
Il secondo boscaiolo guardò il secondo albero e disse: "Questo albero è vigoroso e solido. E' proprio quello che ci vuole". Sollevò la scure, che lampeggiò al sole, e abbatté l'albero.
"D'ora in poi, navigherò sui mari infiniti e i vasti oceani" pensò il secondo albero. "Sarò una nave importante, degna dei re".
Il terzo albero si sentì mancare il cuore, quando il boscaiolo lo fissò.
"Per me va bene qualunque albero" pensò il boscaiolo. L'ascia balenò nell'aria e, poco dopo, anche il terzo albero giaceva sul terreno.
I loro bei rami, che fino a poco prima avevano scherzato con il vento e protetto uccelli e scoiattoli, furono stroncati uno a uno.
I tre tronchi furono fatti rotolare lungo il fianco della montagna, fino alla pianura.
Il primo albero esultò quando il boscaiolo lo portò da un falegname. Ma il falegname aveva ben altri pensieri che mettersi a fabbricare forzieri. Con le sue mani callose trasformò l'albero in una mangiatoia per animali. L'albero che era stato un tempo bellissimo non fu ricoperto di lamine d'oro né riempito di tesori. Era coperto di rosicchiature e riempito di fieno per nutrire gli animali affamati della fattoria.
Il secondo albero sorrise quando il boscaiolo lo trasportò al cantiere navale, ma quel giorno nessuno pensava a costruire un veliero. Con grandi colpi di martello e di sega, l'albero fu trasformato in una semplice barca da pescatori.
Troppo piccola, troppo fragile per navigare su un oceano o anche solo su un fiume, la barca fu portata in un laghetto. Tutti i giorni, trasportava carichi di pesce, che la impregnavano di odore sgradevole.
Il terzo albero divenne tristissimo quando il boscaiolo lo squadrò per farne rozze travi che accatastò nel cortile della sua casa.
"Perché mi succede questo?" si domandava l'albero, ricordando il tempo in cui lottava con il vento sulla cima della montagna.
"Tutto quello che volevo era svettare sul monte per invitare la gente a pensare a Dio".
Passarono molti giorni e molte notti. I tre alberi quasi dimenticarono i loro sogni.
Ma una notte, la luce dorata di una stella accarezzò con i suoi raggi il primo albero, proprio nel momento in cui una giovane donna con infinita tenerezza sistemava nella mangiatoia il suo bambino appena nato.
"Avrei preferito costruirgli una culla" mormorò suo marito. 
La giovane mamma gli sorrise, mentre la luce della stella scintillava sulle assi lucide e consunte che un tempo erano state il primo albero.
"Questa mangiatoia è magnifica" rispose la mamma.
In quel momento, il primo albero capì di contenere il tesoro più prezioso del mondo.
Altri giorni e altre notti passarono. Una notte, un viaggiatore stanco e i suoi amici si imbarcarono sul vecchio battello da pesca, che un tempo era stato il secondo albero.
Mentre il secondo albero, diventato barca, scivolava tranquillamente sull'acqua del lago, il viaggiatore si addormentò.
All'improvviso, dopo lo schianto di un tuono, in una ridda di fulmini e violente ondate, scoppiò la tempesta.
Il piccolo albero tremò. Sapeva di non avere la forza di trasportare in salvo tante persone con quel vento e con la violenza di quelle onde. Le sue fiancate scricchiolavano penosamente per lo sforzo.
Preoccupati, gli amici svegliarono il misterioso viaggiatore. L'uomo si alzò, spalancò le braccia, sgridò il vento e disse all'acqua del lago: "Fa' silenzio! Calmati!". La tempesta si quietò immediatamente e si fece una grande calma.
In quel momento, il secondo albero capì che stava trasportando, come desiderava, un re, anzi, il re dei cieli, della Terra e degli infiniti oceani.
Poco tempo dopo, un Venerdì mattino, il terzo albero fu molto sorpreso quando le sue rozze travi furono tolte di malagrazia dalla catasta di legname dimenticato.
Furono trasportate nel mezzo di una folla vociante e irosa, sbattute sulle spalle torturate di un uomo, che poi su di esse fu inchiodato. 
Il povero albero si sentì orribile e crudele. E piangeva, reggendo quel povero corpo tormentato... lui che voleva che la gente grazie a lui vedesse Dio!
Ma la Domenica mattina, quando il sole si levò alto nel cielo e tutta la Terra vibrò di una gioia immensa, il terzo albero seppe che non aveva trasportato un uomo qualunque, ma aveva trasportato Dio!
In quel mattino seppe e capì che l'amore di Dio aveva trasformato tutto.
Aveva fatto del primo albero il meraviglioso scrigno del più tenero e incredibile dei tesori. Aveva reso il secondo albero forte portatore del Creatore del cielo e della Terra.
E ogni volta che una persona avesse guardato il terzo albero avrebbe visto Dio! Ogni persona, anche noi, non solo i pochi della Valle...
E questo era più che essere solo il più bello, il più forte o il più grande albero del mondo...

- Paulo Coelho - 


... Per Gesù non ci può essere un amore verso Dio che non si traduca in amore concreto verso il prossimo.
Ma perché amare, e con tutto me stesso? Perché una scheggia di Dio, infuocata, è l’amore. Perché Dio-Amore è l'energia fondamentale del cosmo, amor che muove il sole e l’altre stelle, e amando entri nel motore caldo della vita, a fare le cose che Dio fa.

- Padre Ermes Ronchi -




Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l'accesso all'istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace.

- Rita Levi Montalcini - 




Lasciamo nella nostra vita una traccia trasparente dell’amore di Dio..

...C’è un mistero», non si stancava di ripetere quell’eminente studioso dei Padri che fu il Cardinale Jean Daniélou: «C’è un contenuto nascosto nella storia … Il mistero è quello delle opere di Dio, che costituiscono nel tempo la realtà autentica, nascosta dietro le apparenze … Ma questa storia che Dio realizza per l’uomo, non la realizza senza di lui. Arrestarsi alla contemplazione delle “grandi cose” di Dio significherebbe vedere solo un aspetto delle cose. Di fronte ad esse sta la risposta degli uomini» (Saggio sul mistero della storia, ed. it., Brescia 1963, p. 182). 
A tanti secoli di distanza, anche oggi Eusebio di Cesarea invita i credenti, invita noi, a stupirci, a contemplare nella storia le grandi opere di Dio per la salvezza degli uomini. 
E con altrettanta energia egli ci invita alla conversione della vita. Infatti, di fronte a un Dio che ci ha amati così, non possiamo rimanere inerti. 
L’istanza propria dell’amore è che la vita intera sia orientata all’imitazione dell’Amato. Facciamo dunque di tutto per lasciare nella nostra vita una traccia trasparente dell’amore di Dio.

Papa Benedetto  XVI - dalla "Udienza Generale" del 13 giugno 2007 -




Buona giornata a tutti  :-)


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mercoledì 28 febbraio 2024

Il 28 febbraio 2013...

 Il 28 febbraio 2013...

«Nel momento in cui stava lasciando il Palazzo Apostolico per non farvi più ritorno [...] appena vidi il Santo Padre Benedetto XVI uscire dall’ascensore, comprendendo la gravità di quel momento… scoppiai a piangere. E spontaneamente mi vennero fuori dal cuore queste parole: 'Padre Santo, è un momento di tristezza'. Il Papa Benedetto XVI mi guardò quasi meravigliato, poi con la mano delicatamente mi toccò una guancia come se volesse asciugare una lacrima e sommessamente mi sussurrò: 'No, nessuna tristezza! Solo Gesù è indispensabile e Gesù continua a tenere il timone della barca della Sua Chiesa! Avanti… con fiducia!'. In queste parole si sente il profumo dell’umiltà sincera e della fede forte del Papa Benedetto XVI».

- Card. Angelo Comastri - dalla Prefazione al libro di Benedetto XVI "100 Omelie" -

 


 «Le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi. Chi è il mio “prossimo” in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo “differente” rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi? E’ importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.

Anche nell’era digitale, ciascuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva. Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui (cfr 1Pt 3,15).

L’impegno per una testimonianza al Vangelo nell’era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti di questo messaggio che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua “popolarità” o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari “annacquandola”. Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento. La verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana. Per questo rimangono sempre fondamentali le relazioni umane dirette nella trasmissione della fede!».

- Papa Benedetto XVI - dal Messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali -

 


"... Con la scelta del giorno ultimo del suo servizio, fatta con particolare sensibilità e in modo che potesse celebrare la sua ultima messa pubblica nel mercoledì delle Ceneri, Benedetto XVI ha lasciato intendere ancora una volta quale sia stata la centralità del suo messaggio: ciò che più conta nella vita ecclesiale è la conversione a Gesù Cristo e il volgersi verso la Pasqua, con la quale il cristianesimo ha senso, altrimenti viene meno".

- Mons. Georg Gänswein, 5 febbraio 2016 -


Buona giornata a tutti :-)


 

sabato 24 febbraio 2024

Ogni giorno è da vivere - Madeleine Delbrel

 Ogni mattina
è una giornata intera
che riceviamo dalle mani di Dio.

Dio ci dà una giornata intera
da lui stesso preparata per noi.

Non vi è nulla di troppo
e nulla di "non abbastanza",
nulla di indifferente
e nulla di inutile.

È un capolavoro di giornata
che viene a chiederci di essere vissuto.

Noi la guardiamo
come una pagina di agenda,
segnata d'una cifra e d'un mese.

La trattiamo alla leggera
come un foglio di carta.

Se potessimo frugare il mondo
e vedere questo giorno elaborarsi
e nascere dal fondo dei secoli,
comprenderemmo il valore
di un solo giorno umano.


- Madeleine Delbrel - 


Quando fra noi si interrompe la comunicazione, ne soffriamo tutti: quando nessuno ci ascolta o ci comprende diventiamo come bombe pronte a esplodere.

L'ascolto compassionevole, invece, porta alla guarigione: a volte dieci minuti di ascolto profondo bastano a trasformarci e a riportare il sorriso sulle nostre labbra.

In famiglia molti di noi hanno perso la capacità di ascoltare

ed esprimersi con la parola amorevole, forse perché nessuno è capace di ascoltare gli altri, dunque ci sentiamo molto soli anche all'interno della famiglia.

Abbiamo perso la capacità di dire le cose con calma, ci irritiamo troppo facilmente; ogni volta che apriamo la bocca ci escono parole acide e amare.

Abbiamo perso la capacità di parlare con gentilezza, e senza questa capacità non c'è modo di recuperare l'armonia, l'amore e la felicità.

 - Thich Nhat Hanh  - 

su Essere Indaco



«Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio.

Persone del genere non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”.

Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e... il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono “pellegrini della verità, pellegrini della pace”.

Pongono domande sia all’una che all’altra parte.

Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. 

Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri. 

Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. 

Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo per i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile».

- Papa Benedetto XVI - 


Buona giornata a tutti :-)


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