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sabato 10 maggio 2025

L'Amicizia -- Antoine de Saint Exupéry

 L’amico è innanzi tutto colui che non giudica.
Egli apre la porta al viandante, alle sue stampelle, al suo bastone deposto in un canto e non gli chiede di danzare per giudicare la sua danza. E se il viandante parla della primavera oramai sopraggiunta, l’amico è colui che riceve dentro di sé la primavera. E se egli racconta l’orrore della carestia nel villaggio dal quale proviene, l’amico soffre con lui la fame. L’amico nell’uomo è la parte destinata a te e che apre per te una porta che forse non aprirebbe mai per nessun’altro.
Il tuo amico è un amico vero, e tutto quello che dice è vero.
L’amico nel tempio, quello che grazie a Dio io sfioro e incontro, è colui che volge verso di me lo stesso mio viso, illuminato dallo stesso Dio, anche se tu sei piovuto dal cielo e io sto costruendo la mia cittadella.
Io ti posso incontrare al di sopra di tutte le nostre divisioni, e posso divenire tuo amico.
Quello che riceverai da me con amore è come un’ambasciatore del mio mondo interiore. Tu lo tratti bene, lo fai sedere e lo ascolti. Ed eccoci felici.
L’amicizia è innanzi tutto una tregua e una grande circolazione dello spirito al di sopra delle divisioni particolari. 
L’ospitalità e la cortesia sono incontri dell’uomo nell’uomo. 
Incontrerai fin troppi giudici per il mondo. Se si tratta di plasmarti in modo diverso e di rafforzarti, lascia questo compito ai nemici. Se ne incaricheranno loro, come la tempesta scolpisce il cedro. Perché Dio quando entri nel suo tempio, non ti giudica più, ma ti accoglie.

- Antoine de Saint Exupéry -




"Non dite “a domani” così, tanto per dire. 
Non dite “a domani” se non volete farvi sentire. 
E neanche “ci vediamo, a presto” per poi sparire. 
Niente cuoricini, baci o “fatti sentire”. 
Non fate promesse se non le sentite, 
se non ci pensate o non le volete. 
Date peso, alle parole. 
Date peso, alle persone."



"Buoni amici, buoni libri e una coscienza sonnacchiosa: questa è la vita ideale..."

- Mark Twain - 





Buona giornata a tutti :-)




martedì 6 maggio 2025

Preghiere d'intercessione a Padre Pio da Pietrelcina

                     O Gesù, pieno di grazia e di carità e vittima per i peccati, 
che, spinto dall’amore per le anime nostre, 
volesti morire sulla croce, io ti prego umilmente di glorificare, 
anche su questa terra, il servo di Dio, 
San Pio da Pietralcina che, 
nella partecipazione generosa ai tuoi patimenti, 
tanto ti amò e tanto si prodigò per la gloria del Padre tuo 
e per il bene delle anime. 
Ti supplico perciò di volermi concedere, per la sua intercessione, 
la grazia (..........................esporre), 
che ardentemente desidero.

Recitare tre Gloria al Padre


 Di due cose dobbiamo supplicare di continuo il dolcissimo Signor nostro: che accresca in noi l'amore ed il timore, poiché quello ci farà volare nelle vie del Signore, questo ci farà guardare dove mettiamo il piede; quello ci fa guardare le cose di questo mondo per quelle che sono, questo ci fa riguardare ogni trascuratezza. Allorché poi amore e timore si daranno un bacio, non è più in poter nostro il concedere affetto alle cose di quaggiù.

- San Pio da Pietrelcina -



La semplicità è una virtù. A questa non deve mai mancare la prudenza.

- San Pio da Pietrelcina -



Per crescere abbiamo bisogno di croci, di umiliazioni, di prove e contraddizioni.

- San Pio da Pietrelcina -


 Coroncina al Sacro Cuore recitata da SAN PIO

1. O mio Gesù, che hai detto "in verità vi dico, chiedete ed otterrete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto!", ecco che io picchio, io cerco, io chiedo la grazia…..........................(esporre)

Pater, Ave, Gloria.


- S. Cuore di Gesù, confido e spero in Te.

2. O mio Gesù, che hai detto "in verità vi dico, qualunque cosa chiederete al Padre mio nel mio nome, Egli ve la concederà!", ecco che al Padre Tuo, nel Tuo nome, io chiedo la grazia.......................(esporre)

Pater, Ave, Gloria.

- S. Cuore di Gesù, confido e spero in Te.

3. O mio Gesù, che hai detto "in verità vi dico, passeranno il cielo e la terra, ma le mie parole mai!" ecco che appoggiato all’infallibilità delle Tue sante parole io chiedo la grazia….................(esporre)

Pater, Ave, Gloria. 

- S. Cuore di Gesù, confido e spero in Te.

O Sacro Cuore di Gesù, cui è impossibile non avere compassione degli infelici, abbi pietà di noi miseri peccatori, ed accordaci le grazie che ti domandiamo per mezzo dell’ Immacolato Cuore di Maria, tua e nostra tenera Madre, S. Giuseppe, Padre Putativo del S. Cuore di Gesù, prega per noi.

Salve Regina.


Santissimo Padre intercedi per noi!



lunedì 14 aprile 2025

Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo - Centro Missionario Diocesano, Verona

          Amico, io vado in cerca di una croce.
Vedi, ho un Cristo senza croce,
l’ho acquistato presso un antiquario.
Mutilato e bellissimo. Ma non ha croce.
Per questo mi si è affacciata un’idea.
Forse tu hai una croce senza Cristo.
Quella che tu solo conosci.
Tutti e due siete incompleti.
Il mio Cristo non riposa perché gli manca una croce.
Tu non sopporti la croce, perché le manca Cristo.
Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo.
Ecco la soluzione: perché non li uniamo e li completiamo?
Perché non dai la tua croce vuota a Cristo?
Ci guadagneremo tutt’e due. Vedrai.
Tu hai una croce solitaria vuota, gelata, paurosa, senza senso: una croce senza Cristo.
Ti capisco: soffrire è illogico.
Non comprendo come hai potuto sopportare così a lungo.
Una croce priva di Cristo è una tortura,
il principio logico della disperazione.
Hai il rimedio tra le mani. Non soffrire più solo.
Su, dammi questa croce vuota e solitaria. Dammela.
Ti darò in cambio questo Cristo mutilato,
senza riposo, né croce.
La tua croce non è più solamente tua;
è anche e nello stesso tempo la croce di Cristo.
Su, prendi la tua croce, amico; la tua croce con Cristo.
Non sarai più solo a soffrire.
La porterete in due, il che vuol dire dividerne il peso.
E finirai per abbracciare e amare la tua croce,
una volta che Cristo sarà in essa.

- Centro Missionario Diocesiano, Verona - 



Preghiera a Tommaso - Paolo Curtaz

Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro comune amico Giovanni ti abbia soprannominato "didimo", cioè gemello: davvero mi assomigli. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che –come te- non si sono ancora arresi al Signore.
Tommaso, patrono degli sconfitti, prega per noi. 
Quando ci scandalizziamo dell'incoerenza della Chiesa, quando ci sembrano troppo grosse le sue fragilità, quando non ci sembra possibile che tanta gloria sia affidata a tanta povertà, prega per noi. 
Facci capire che uno dei modi per riconoscere la presenza del risorto, misterioso ospite delle nostre vite, ora, è anche la sofferenza. 
Facci comprendere che anche una vita sconfitta può incontrare la gloria del risorto, che il grande popolo dei perdenti ha un patrono e un Signore. 
Tommaso, nostro gemello, aiutaci ad osare anche quando sembra inutile, a fissare lo sguardo altrove quando la pesantezza della vita e del peccato ci schiantano a terra, a lavorare per la costruzione del Regno sapendo che il mondo è già salvo, ma non lo sa.

-  Paolo Curtaz -

 “Incredulità di San Tommaso” Michelangelo Merisi da Caravaggio
È conservato alla Bildergalerie nel parco di Sanssouci a Potsdam.


Discernimento nella gioia

Una delle regole fondamentali per il discernimento degli spiriti potrebbe essere dunque la seguente: dove manca la gioia, dove l'umorismo muore, qui non c'è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo. 

E viceversa: la gioia è un segno della grazia. Chi è profondamente sereno, chi ha sofferto senza per questo perdere la gioia, costui non è lontano dal Dio del vangelo, dallo Spirito di Dio, che è lo Spirito della gioia eterna.

- papa Benedetto XVI -
da: "Il Dio di Gesù Cristo"




Sorgi,risplendi,poichè la tua luce é giunta, e la gloria del Signore é spuntata sopra di te! (Isaia 60,1)



Buona giornata a tutti :-)

venerdì 11 aprile 2025

Guarigione (3) - Anselm Grün

 3. Riconciliazione con gli altri 
Solo chi è riconciliato con se stesso è capace di riconciliarsi anche con gli altri. Molti incontrano grosse difficoltà nel perdonare gli altri. 
Esigono troppo da se stessi, perché pensano di dover perdonare immediatamente. 
Il perdono è sempre un processo che richiede tempo. 
Alcune persone non guariscono perché non sanno perdonare. 
Finché non riescono a perdonare, rimangono legate a colui che le ha ferite, si lasciano condizionare da lui. 
Nella mia esperienza di accompagnamento, incontro continuamente persone che per lunghi anni portano dentro di sé il rancore verso qualcuno. 
L’astio divora la loro anima e ruba le loro energie: e abbastanza spesso finiscono anche per ammalarsi. 
La riconciliazione con quelli che mi hanno ferito nel corso della mia vita, non è semplicemente una decisione della volontà.
È piuttosto un processo che secondo me avviene in cinque fasi. 




Il primo passo richiede che io lasci spazio al dolore. 
Non debbo scusare troppo presto colui che mi ha ferito. È del tutto indifferente se l’altro mi ha ferito apposta oppure non poteva fare altrimenti: il fatto è che mi ha fatto soffrire. E questo dolore devo nuovamente percepirlo nella sua realtà. 
Mi sono sentito abbandonato, sminuito, preso non seriamente in considerazione. 


















Il secondo passo consiste nel lasciar spazio alla collera (rabbia). 
La collera è la forza di buttare fuori da me colui che mi ha ferito. 
Collera non vuol dire mettermi a gridare contro l’altro oppure ferirlo a mia volta. Essa consiste invece nel prendere una sana distanza dall’altro. 
Posso dirmi per esempio: non penso più continuamente a lui; gli impedisco di entrare in casa mia, cioè gli proibisco di abitare nel mio intimo, di occuparmi continuamente di lui nei miei pensieri. 
Nello stesso tempo devo trasformare in energia questa collera: posso vivere da me stesso; non ho bisogno dell’altro perché la mia vita abbia un esito positivo. 
























Il terzo passo si riferisce al guardare oggettivamente ciò che è accaduto. Cerco ora di comprendere perché l’altro mi ha ferito. Forse non ha fatto altro che trasmettere le ferite che a sua volta aveva ricevuto. 
Mi sforzo quindi di capire me stesso: per quale motivo il comportamento dell’altro mi ha fatto soffrire così tanto. 
Forse l’altro ha toccato in me un’antica piaga, un posto dove non mi sono ancora riconciliato con me stesso. 
Questa riflessione diventa un invito a occuparmi di questa zona così vulnerabile e ad accettare me stesso con questa mia vulnerabilità. 



Il quarto passo della riconciliazione con l’altro consiste propriamente nell’atto del perdono. Perdonare significa che mi libero dal legame con l’altro. Lascio che il suo comportamento rimanga in lui e così mi distacco dall’altro. Il perdono è sempre un segno di forza e non di debolezza. 
Rinuncio a girare continuamente attorno alle mie ferite. Se queste sono però troppo profonde, non riesco ancora a incontrarmi con l’altro, nonostante il mio perdono. 
Devo allora accettare i miei limiti. Ho perdonato all’altro, ma non sono ancora capace di costruire con lui un rapporto normale. 
Molti psicologi hanno sperimentato, tra le altre cose, che il perdono è un atto terapeutico, che rende possibile la guarigione delle proprie piaghe e ci libera dal rimuginare continuamente il nostro passato. 
Il perdono ci rende capaci di impegnarci nel momento presente con tutto il nostro essere. 


Il quinto passo della riconciliazione trasforma le piaghe in perle. 
Ildegarda di Bingen sostiene che la riuscita della vita dipende dal fatto che le nostre piaghe vengano trasformate in perle. 
Se compissi soltanto i primi quattro passi, avrei sempre la sensazione di subire un danno, poiché ero stato ferito in modo veramente grave. 
Il quinto passo mi mostra che nelle mie ferite si trova un tesoro prezioso. 
Là dove mi hanno ferito sono crollate le mie maschere e ho potuto mettermi in contatto col mio vero Sé. 
Le piaghe mi fanno sentire vivo, mantengono sveglia in me la nostalgia di Dio e mi aprono verso le persone con le loro ferite. 
Dato che io stesso sono stato ferito, posso meglio comprendere le altre persone con le loro piaghe. 
Molti terapeuti e pastori d’anime hanno trasformato le loro piaghe in perle. Gli antichi greci sapevano già che solo il medico ferito poteva veramente guarire. Se le mie piaghe vengono trasformate in perle, non porto più rancore contro quelli che mi hanno ferito. 
Allora il perdono non è soltanto qualcosa di passivo, ma rende possibile la scoperta delle mie energie e mi dà fiducia di imprimere in questo mondo la traccia inconfondibile e del tutto personale della mia vita. 



Questi cinque passi della riconciliazione con l’altro si possono percorrere senza parlare con l’altro. Spesso però è di grande aiuto chiarire la ferita con un altro. È sempre necessaria tuttavia la prudenza nel giudicare se il dialogo con l’altro sia veramente opportuno. Se dico a dei genitori anziani che mi hanno ferito, li metterò in confusione e pretenderei troppo da loro. 
Il processo della riconciliazione avviene dentro di me. 
Spesso è bene parlarne con una terza persona, ad esempio nell’accompagnamento pastorale o in una analisi terapeutica. 
Se si tratta di ferite attuali, devo decidere se per me è meglio segnalare all’altro che mi ha ferito, oppure se posso perdonargli interiormente. 
Se dico all’altro che mi ha ferito, ciò non deve essere in alcun modo una rimostranza, bensì un’informazione, affinché sappia come il suo comportamento si riflette su di me. 
Un’altra questione è se devo dire all’altro che lo si perdona. 
Il direttore di una fabbrica mi raccontava di avere un conflitto con la sua segretaria. 
Durante la discussione, la donna disse: «Le perdono in nome di Gesù». Per il direttore fu come uno schiaffo in faccia. Infatti in questa frase risuonava implicitamente: «Tu sei colpevole. Sei un tipo cattivo, ma io sono una persona spirituale e di animo generoso e ti perdono». Per l’altro, simili dichiarazioni di perdono sono un’accusa. Non producono alcuna riconciliazione, bensì rendono il disaccordo più profondo. 
Quando l’altro non accoglie il nostro perdono, abbiamo sempre la sensazione di essere persone migliori di lui. 
Nel monachesimo dei primi secoli cristiani, si racconta la storia di un monaco che andò dal suo vecchio padre spirituale lagnandosi che suo fratello non aveva accettato il suo perdono. Allora il vecchio abate gli rispose: «Guarda bene dal non metterti al di sopra di tuo fratello. Immagina di aver peccato contro di lui e va così da tuo fratello». 
Quando il monaco andò dal fratello con questo atteggiamento, fu il fratello che gli andò incontro e i due si abbracciarono. Certamente il fratello si era accorto del cambiamento avvenuto nel monaco. Il nostro perdono potrà giungere fino all’altro solo quando è inteso sinceramente e riusciamo a scorgere anche la nostra parte di colpa. 

- Anselm Grün - 
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach (Germania)






































Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 7 aprile 2025

Orme sulla sabbia - Margaret Fishback Powers

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita. 

Ho guardato indietro e ho visto che
ad ogni giorno della mia vita,
apparivano due orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi punti
c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura e di maggior dolore.

Ho domandato, allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più difficili?".

Ed il Signore rispose:
"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo:

i giorni in cui tu hai visto solo un'orma
sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio".

(Margaret Fishback Powers)   


"Maestro, cosa si fa quando si è disperati?"

"Si inizia a camminare.

In silenzio. In un bosco.

In compagnia solo della propria disperazione. E si sta in ascolto dei simboli che giungono da ogni minuscola manifestazione della natura. Una pigna ti può raccontare tanto, come anche il sottile ago di un albero. La foresta è tutta lì per parlarti e rivelarti il segreto. Della tua disperazione."

"Non conosco il linguaggio della natura, come faccio a comprenderlo?"

"E' un linguaggio che è già dentro di te. Parlato dai tuoi nonni e dai nonni dei tuoi nonni e tramandato fino a te. Non con le parole. Attraverso i codici dell'anima che sono evidenti a tutti ma che risultano essere troppo pericolosi per il nostro comodo vivere. Negarli, rifiutarli e deriderli sono modi per allontanare l'anima da noi.

Vai nel fitto bosco, buio e umido, e proprio là parla alla tua disperazione come se fosse il tuo maestro interiore. E accogli senza riserve i consigli che ti arrivano."

"E se non sento nulla?"

"Il silenzio che sentirai è già di per sé uno dei più grandi insegnamenti. Vuol dire che è ora per te di rimanere nel vuoto. E di non ricercare altro. Abbuffati di mancanza e resisti alla tua voglia di riempirla.

- Elena Bernabè -






Buona giornata a tutti :-) 


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sabato 5 aprile 2025

Su tutta la Terra - Padre Charles de Foucauld

Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che per mezzo di te
e per te, perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c'è di più desìderabile per il
prossimo e per me.

- Padre Charles de Foucauld -

Da Meditazioni sui Vangeli


L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come San Pietro, pentirsi, come San Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: “Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo”.

- Charles de Foucauld -



Sì, Gesù basta: dove c’è lui non manca nulla. Per quanto cari siano coloro nei quali brilla un suo riflesso, lui solo è il Tutto nel tempo e nell’eternità. 
Siamo ben fortunati ad avere un Tutto che nulla ci può togliere e che sarà sempre nostro, purché non lo abbandoniamo noi stessi.

- Charles de Foucauld -



Abbiate fiducia che Dio vi darà il destino migliore per la sua gloria, il migliore per la vostra anima, il migliore per la persona degli altri, poiché voi non domandate altro che questo, poiché tutto ciò che egli vuole voi lo volete, pienamente e senza riserve.

- Charles de Foucauld -




                                                                  Buona giornata a tutti :-) 


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martedì 25 marzo 2025

Cosa mi domandi, Signore? - don Primo Mazzolari

 Sono il fratello di tutti,
il fratello che ha bisogno di tutti,
che tende la mano a tutti.
Come potrà starci
tutto questo mondo,
che si àncori all'Eterno
fatto pane,
nel cuore di un pover'uomo?
E tu che cosa mi domandi,
o Signore?
Tu mi dici:
"Lasciati amare!"
Tu non mi domandi di più.
Non mi domandi se ti voglio bene.
Basta che io
mi lasci amare dall'Amore,
perché anch'io sono un lontano.

- don Primo Mazzolari - 
da: Pensieri Eucaristici, Centro Eucaristico




“Uomini non ci si improvvisa, e nella lotta politica italiana ciò che più dolorosamente sorprende è la mancanza dell’uomo. Non dell’uomo grande, di cui non vogliamo neanche sentir parlare, ma dell’uomo reale, con il suo modesto, insostituibile corredo di qualità morali.”

(Don Primo Mazzolari)




Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il primo fiore,
la notte con la prima stella,
il fiume con la prima goccia d’acqua
l'amore col primo pegno.
Ci impegniamo
perchè noi crediamo nell 'Amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta
a impegnarci perpetuamente.

(don Primo Mazzolari)


Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it

venerdì 7 marzo 2025

Via con il vento - don Bruno Ferrero

 Nel prato di un giardino pubblico, con il tiepido sole della primavera, in mezzo all'erba tenera, erano spuntate le foglie dentellate e robuste dei Denti di Leone. 
Uno di questi esibì un magnifico fiore giallo, innocente, dorato e sereno come un tramonto di maggio. 
Dopo un po' di tempo il fiore divenne un "soffione": una sfera leggera, ricamata dalle coroncine di piumette attaccate ai semini che se ne stavano stretti stretti  al centro del soffione.
E quante congetture facevano i piccoli semi. Quanti sogni cullava la brezza alla sera, quando i primi timidi grilli intonavano la loro serenata.
"Dove andremo a germogliare?".
"Chissà?".
"Solo il vento lo sa".
Un mattino il soffione fu afferrato dalle dita invisibili e forti del vento. 
I semi partirono attaccati al loro piccolo paracadute e volarono via, ghermiti dalla corrente d'aria.
"Addio... addio", si salutavano i piccoli semi.
Mentre la maggioranza atterrava nella buona terra degli orti e dei prati, uno, il più piccolo di tutti, fece un volo molto breve e finì in una screpolatura del cemento di un marciapiede. 
C'era un pizzico di polvere depositato dal vento e dalla pioggia, così meschino in confronto alla buona terra grassa del prato.
"Ma è tutta mia!", si disse il semino. 
Senza pensarci due volte, si rannicchiò ben bene e cominciò subito a lavorare di radici.
Davanti alla screpolatura nel cemento c'era una panchina sbilenca e scarabocchiata. Proprio su quella panchina si sedeva spesso un giovane. Era un giovane dall'aria tormentata e lo sguardo inquieto.
Nubi nere gli pesavano sul cuore e le sue mani erano sempre strette a pugno.
Quando vide due foglioline dentate verde tenero che si aprivano la strada nel cemento. Rise amaramente: "Non ce la farai! Sei come me!", e con un piede le calpestò.
Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro.
Da quel momento non riuscì più a distogliere gli occhi dalla testarda coraggiosa pianticella. Dopo qualche giorno spuntò il fiore, giallo brillante, come un grido di felicità.
Per la prima volta dopo tanto tempo il giovane avvilito sentì che il risentimento e l'amarezza che gli pesavano sul cuore cominciavano a sciogliersi. 
Rialzò la testa e respirò a pieni polmoni. Diede un gran pugno sullo schienale della panchina e gridò: "Ma certo! Ce la possiamo fare!".
Aveva voglia di piangere e di ridere. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore.
Le piante sentono l'amore e la bontà degli esseri umani. Per il piccolo e coraggioso Dente di Leone la carezza del giovane fu la cosa più bella della vita.

Non chiedere al Vento perché ti ha portato dove sei.
Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi.

Tu sei il messaggio.


- don Bruno Ferrero -
da: "Solo il vento lo sa" di Bruno Ferrero, ed. Elledicì


Stranezze

Mentre camminavo per strada con l'ombrello aperto perché piovigginava, piano, piano si affaccia il sole. 
Che strana cosa, mi sono detto; di solito quando piove non si vede il sole; quando c'è il sole, di solito non piove. Eppure ora piove e c'è anche il sole. Chissà perché? 
Mi sono dato questa risposta: "Dio manda l'acqua per amore; manda pure il sole per amore. Proprio nel suo eccesso d'amore manda e pioggia e sole inspiegabilmente anche insieme". 
Di solito le stranezze, gli eccessi, sono propri degli innamorati.

- Padre Andrea Panont - 
Da: “Chi ha paura di Dio?” Ed. Mimep-Docete



Dio ci chiede di amarlo, mettendo in moto quello che ci ha donato, niente di più, nessun sacrificio, nessun olocausto; chiede intelligenza, forza e cuore, tutto ciò che possediamo!

da: "Gioia infinita. Quaresima e Pasqua 2016" 
























Buona giornata a tutti. :-)