domenica 15 giugno 2025

Terzo: ricordati di santificare le feste – Luigi Accattoli

Il cristiano è geloso della domenica, «giorno di gioia e di riposo»: così la definisce il Vaticano II nella costituzione Sacrosanctum Concilium. Deve esserne geloso: cioè deve diventarlo, o tornare a esserlo. Ma attenzione: non tanto della domeni­ca come giorno libero, riposo collettivo, festa di popolo, ma soprattutto della domenica come
  «giorno del Signore», cioè come giorno dell'as­semblea eucaristica, da cui parte e verso cui converge (fonte e culmine), in unità di tempo e di luogo, tutta la vita cristiana.

di Luigi Accattoli
 
La domenica non era giorno festivo prima di Costantino, ma era già il «giorno del Signore» e tale è restata nei regimi che l'hanno abolita come giorno di riposo e tale deve restare nella nostra civiltà del fine settimana, che l'ha profondamente trasformata. La domenica cristiana non è vincolata al riconosci­mento statale di questo giorno come giorno festivo. La civiltà del fine settimana è una sfida, per la dome­nica cristiana, altrettanto grave dell'obbligo di lavo­rare. Ma né l'una, né l'altro ci possono togliere dav­vero il «giorno del Signore». Riaffermare questa fedeltà è profezia tra le più preziose per il cristiano comune della nostra epoca.

Questo è il tempo in cui noi occidentali ci stiamo giocando la domenica come eredità storica: all'Est l'hanno appena recuperata, all'Ovest la stiamo
ven­dendo per trenta denari. È urgente recuperare l'at­taccamento alla domenica, che ha contrassegnato tutta la storia cristiana. [... ]

Il cristiano non ha - per la domenica - i divieti che l'ebreo ha per il sabato e non è costretto all'obiezio­ne di coscienza che i suoi fratelli maggiori attuano in difesa del sabato. Egli può accettare che gli vengano chieste prestazioni di varia natura in giorno di dome­nica, ma non può in alcun modo accettare che gli venga impedita la partecipazione all'assemblea euca­ristica. Per una piena garanzia da tale impedimento egli difende - per quanto può - la domenica come giorno festivo e non solo in campo politico e legis­lativo, ma anche nell'organizzazione della vita priva­ta: la difende contro l'industria del lavoro, dello sport e delle vacanze, non la monetizza, non la scambia con nessun altro bene.

La gelosia deve scattare soprattutto nei confronti del lavoro, che è la tentazione più forte (e qualche volta può essere una necessità): il lavoro domenicale è pagato il doppio, ma ci toglie assai di più.
L'idolo del lavoro e del guadagno può toglierci la libera e festo­sa partecipazione all'assemblea eucaristica, nella tri­plice dimensione personale, familiare e di popolo. Ha detto una volta il papa che la sosta nel lavoro dovrà essere «possibilmente contemporanea per tutti i membri della famiglia».
La famiglia, chiesa domestica, la domenica si unisce alla chiesa madre che celebra l'eucaristia.

Ma c'è anche la dimensione di popolo: le strategie produttive tendono a privilegiare ritmi continuati di lavoro, in modo che la settimana di presenza in fab­brica o in ufficio sia per alcuni da lunedì a venerdì, per altri da martedì a sabato, per altri ancora da mer­coledì a domenica e così via, senza più il giorno libe­ro per tutti: è la cosiddetta «società permanentemen­te attiva». Essa non toglie la possibilità che il popolo dei credenti liberamente si riunisca, nel giorno del Signore, però certo la ostacola. Ma la domenica come festa di popolo non va difesa solo in funzione liturgica: essa è un valore umano, oltre che un dono cristiano. Fare i giorni uguali (e solo la domenica ha il segreto della diversità), togliere il tempo della festa collettiva è una via efficace allo schiacciamento del­l'uomo sulla macchina, che può anche essere la mac­china del divertimento, ma è pur sempre una mac­china. Se cancelliamo la domenica dal calendario, allontaniamo la festa dalla nostra vita comune. [... ] Si tratterà di prepararli - i figli - anche a rinunciare a possibilità di carriera legate al lavoro domenicale.
Perché il riposo può essere più importante del dena­ro e la festa più importante del lavoro. Infatti non è vero che il lavoro sia la prima opera - cioè il primo dovere - dell'uomo.

«II lavoro è solo la seconda delle opere dell'uomo. Prima viene la sapienza, il riconoscimento cioè di ciò che dà ragione alla speranza. Il tempo della sapienza è tempo della festa, dell'otium, del cultum.»: così Giuseppe Angelini, ed è bene che sia un teologo del­l'operosa Milano a scrivere queste giuste parole sulla giusta priorità nei doveri dell'uomo.

C'è una bella espressione di Giovanni Paolo - a volte egli è poeta, quando meno te l'aspetti - che ci può aiutare ad amare la domenica con amore geloso. Egli ha parlato tante volte del 'Giorno del Signore" e gli ha dedicato anche una «lettera apo­stolica.», intitolata appunto Dies Domini (luglio 1998). Una volta ha detto ai cattolici austriaci, con il tono di battaglia che l'ha aiutato in tante occasioni a scuotere il mondo: «Fate tutto il possibile per salvaguardare la domenica! Dimostrate che questa giornata non può essere lavorativa, perché viene cele­brata come giorno del Signore!»

(Luigi Accattoli)
  Fonte: Luigi Accattoli, Io non mi vergogno del Vangelo, EDB, Bologna 1999. il dialogo II/05


“Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l’educazione da noi ricevuta.
Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
Moneta falsa siamo da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre" (Sap 2, 12-16)


Buona giornata a tutti :-)








 

venerdì 13 giugno 2025

Preghiere a Sant'Antonio da Padova per la Famiglia e d'intercessione

                                                            Glorioso Sant’Antonio
Invitto propugnatore delle verità cattoliche 
e della fede di Gesù Cristo,
tesoriere e distributore di grazie e di portenti,
con tutta umiltà e fiducia
vengo ad implorare il tuo patrocinio in vantaggio 

della mia famiglia.
Io la metto oggi nelle tua mani, accanto a Gesù Bambino.
Tu assistila nelle sue temporali necessità;
Tu tieni lungi da essa il calice dei dolori e delle amarezze.
Che se non le potesse sempre e del tutto evitare,
almeno ottienile il merito della pazienza 

e della rassegnazione cristiana.
Soprattutto poi, salvala dall’errore e dal peccato!
Tu sai, o caro Santo, che i tempi che corrono
Sono avvelenati dall’indifferenza e dalla incredulità,
che gli scandali e le bestemmie insolentiscono per ogni dove;
deh! che non ne resti contaminata la mia famiglia;
ma vivendo sempre fedele alla legge di Gesù Cristo, 
e ai dettami della Chiesa Cattolica,
meriti un giorno di ritrovarsi tutta riunita
a godere il premio dei giusti in Paradiso.
Così sia!



Riflessione spirituale di S. Antonio da Padova: «La predica è efficace quando parlano le opere»

«Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. 
La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere.
Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina. […]
Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell’osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino.»

Dai «Discorsi» di sant’Antonio di Padova, sacerdote (I, 226)
Cantarini Simone, il Pesarese. "Sant'Antonio da Padova e San Francesco di Paola", c. 1640. Pinacoteca Nazionale, Bologna.



 “La carità è l’anima della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muore” (Sermones Dominicales et Festivi II, Messaggero, Padova 1979, p. 37)




Preghiera a Sant'Antonio da Padova

Indegno per le colpe commesse di comparire davanti a Dio
Vengo ai tuoi piedi, amorosissimo Sant’Antonio,
per implorare la tua intercessione nella necessità in cui verso.
Siimi propizio del tuo possente patrocinio,
liberami da ogni male, specie dal peccato, 
e impetrami la grazia di (chiedere la grazia)
Caro Santo, sono anch’io nel numero dei tribolati 
che Dio ha commesso alle tue cure, 

e alla tua provvidente bontà.
Sono certo che anche io per mezzo tuo avrò quanto chiedo
e così vedrò calmati i miei dolori, confortate le mie angustie,
asciugate le mie lacrime, ritornato alla calma 

il mio povero cuore.
Consolatore dei tribolati
non negarmi il conforto della tua intercessione presso Dio.
Così sia!


Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 11 giugno 2025

Le mamme anziane

Quando un’anziana morì in una casa di riposo vicino a Dundee, in Scozia, tutti erano convinti che non avesse lasciato nulla di valore.
Ma tra i suoi pochi effetti personali, le infermiere trovarono una lettera. Era un poema. Semplice, sì, ma capace di toccare l’anima. Diceva così:
“Cosa vedete, infermiere?
Cosa vedete davvero, quando mi guardate?
Una vecchia scorbutica, confusa, con lo sguardo perso nel vuoto?
Quella che non risponde, che sputa il cibo, che sembra non capire?
Che perde guanti, scarpe, dignità?
Quella che vi lascia fare tutto: lavarla, vestirla, rimproverarla?
È questo che vedete? È questo che pensate?
Allora aprite gli occhi. Perché quella non sono io.
Io sono la bambina di dieci anni, con mamma e papà, fratelli e sorelle che si vogliono bene.
Sono la ragazza di sedici che sogna l’amore con le ali ai piedi.
Sono la sposa di vent’anni, il cuore pieno di promesse eterne.
La madre di venticinque, con bambini che chiedono guida e amore.
La donna di trent’anni, con la casa piena di risate e legami profondi.
A quarant’anni i figli crescono, ma c’è ancora lui, mio marito, che mi tiene la mano.
A cinquanta tornano le risate: i nipoti giocano sulle mie ginocchia.
Poi arrivano le nuvole. Mio marito non c’è più. Il futuro fa paura.
I figli hanno la loro vita, e io la mia solitudine.
E mi ritrovo qui. Vecchia.
La natura è crudele: il corpo si spegne, il volto si fa ombra.
Eppure, dentro queste rovine, la ragazza vive ancora.
Il mio cuore, anche stanco, sa ancora amare.
Ricordo. Rivivo. Sorrido. Piango.
E accetto che nulla dura per sempre.
Per questo, quando mi guardate, guardate davvero.
Non vedete una vecchia brontolona.
Vedete me.
La prossima volta che incontrate un anziano, non voltatevi.
Guardate negli occhi la sua anima giovane.
E ricordatevi… di non dimenticare mai le vecchiette apparentemente scorbutiche.”**

Un messaggio che va dritto al cuore.
Un promemoria silenzioso, ma potente: ogni ruga nasconde una vita intera.
- autore sconosciuto - 


"Il destino di una mamma è aspettare i figli. 
Li aspetti in gravidanza, li aspetti al ritorno dall'asilo. 
Li aspetti all'uscita di scuola.
Li aspetti quando iniziano la loro vita al ritorno a casa dopo una festa. 
Li aspetti quando rientrano dal lavoro per fargli sempre trovare una minestra calda. 
Li aspetti con amore, con ansia a volte con rabbia che passa subito quando li vedi e puoi abbracciarli.
Fate in modo che la vostra mamma anziana non debba aspettare più.
Fatele visita, amatela, abbracciate colei che vi ha amato come nessun altro farà mai.
Non fatela aspettare, questo si aspetta lei da voi.
Perché invecchiano le membra ma il cuore di una mamma non invecchia mai.
Amatela voi che potete."


Buona giornata a tutti :-)









lunedì 9 giugno 2025

Essere o non essere... - William Shakespeare

 “Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l’ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.
Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell’uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto con due dita di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d’altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l’incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso: e dell’azione perdono anche il nome…” 

- William Shakespeare -

(“Amleto”, atto III scena I)





“Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano,
esattamente come tutti gli altri.” 

- William Shakespeare -



Date parole al vostro dolore 
altrimenti il vostro cuore si spezza.

- William Shakespeare -
Macbeth



Più dolce sarebbe la morte se il mio ultimo sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto, e se così fosse .....mille molte vorrei nascere per mille volte ancor morire.

- William Shakespeare -
da “Amleto”


«Tu sei per i miei pensieri come il cibo per la vita,
 o come per la terra le dolci piogge di primavera,
e per amor tuo sostengo una lotta
come l’avaro con le sue ricchezze:
ora orgoglioso possessore,
e quindi affranto che i tempi ladri gli rubino il suo tesoro;
ora contando solo di stare con te,
e ora preferendo
che anche altri partecipino delle mie conquiste;
qualche volta deliziato della tua vista,
e poco dopo affamato di un tuo sguardo;
non possedendo né cercando altra gioia
che quella che tu dai o che da te io spero.
E così, giorno dopo giorno,
languisco e sono sazio,
di tutto disponendo, e tutto
desiderando.»

- William Shakespeare - 


Buona giornata a tutti :-)






domenica 8 giugno 2025

Il monologo di Giuda - Claudio Chieffo

 Non fu per i trenta denari,
ma per la speranza che
lui quel giorno,
aveva suscitato in me.

Io ero un uomo tranquillo,
vivevo bene del mio,
rendevo anche gli onori alla casa di Dio.
Ma un giorno venne quest'uomo,
parlò di pace e d'amore,
diceva ch'era il Messia, il mio Salvatore.

Per terre arate dal sole,
per strade d'ogni paese,
ci soffocava la folla con le mani tese.
Ma poi passavano i giorni
e il regno suo non veniva,
gli avevo dato ormai tutto e Lui mi tradiva.

Divenne il cuore di pietra
e gli occhi scaltri a fuggire;
m'aveva dato l'angoscia e doveva morire.
appeso all'albero un corpo,
che non è certo più il mio,
ora lo vedo negli occhi: è il figlio di Dio.

 
 
Chagal, doppio ritratto con bicchiere di vino

"La cinta esterna del Cristianesimo
è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; 
ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana
che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini. 
Nella filosofia moderna avviene il contrario:
la cinta esterna è innegabilmente artistica ed emancipata. 
La sua disperazione sta dentro."
 
(Gilbert Keith Chesterton)


Ascoltare e capire tutte le lingue dell'uomo 
è come conoscere e capire il cuore dell'uomo

- Congdon Pentecoste -


 
La pesca miracolosa, vetrata di R.Roberto Alabiso
 
Antidoto alla cronaca politica

“I processi storici sono creati ed interrotti di continuo dall’iniziativa dell’uomo, da quell’ initium che l’uomo è in quanto agisce. Di conseguenza, non è per nulla superstizioso, anzi è realistico cercare quel che non si può nè prevedere nè predire, esser pronti ad accogliere, aspettarsi, dei “miracoli” nel campo politico. E quanto più la bilancia pende verso la catastrofe, tanto più l’atto compiuto in libertà appare miracoloso; la salvezza, infatti, non è automatica: automatico è il processo che conduce alla catastrofe, e che deve quindi sembrare in ogni caso irresistibile”.

- Hannah Arendt -


Preghiera della sera
 
Ti prego, Signore,
proteggimi in questa notte.
Tu sei per me il vero riposo:
concedimi di dormire in pace.
Veglia su di me,
allontana ogni minaccia
e guidami nelle tue vie.
Signore,
tu sei il mio custode,
resta con me, Signore.
Amen


Buona giornata a tutti :-)


sabato 7 giugno 2025

La sera fiesolana - Gabriele D'Annunzio

 […] Laudata sii pel tuo viso di perla,

o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l’acqua del cielo!

Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pini dai novelli rosei diti
che giocano con l’aura che si perde,
e su ’l grano che non è biondo ancóra
e non è verde,
e su ’l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.

Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora! […]

- Gabriele D'Annunzio -
da Alcyone


Si vive per anni accanto a un essere umano, senza vederlo.
Un giorno ecco che uno alza gli occhi e lo vede.
In un attimo non si sa perchè,
non si sa come, qualcosa si rompe:
una diga tra due acque.
E due sorti si mescolano,
si confondono e precipitano.

- Gabriele D’Annunzio -

                                                                                 



La parola è una cosa profonda, in cui per l'uomo d'intelletto son nascoste inesauribili ricchezze.

- Gabriele d'Annunzio -




Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 5 giugno 2025

Lettera a Josefa, mia nonna di José Saramago

Hai novant’anni. Sei vecchia, piena di acciacchi. Mi dicono che sei stata la più bella ragazza del tuo tempo e io ci credo. Non sai leggere. Hai le mani grosse e deformate, i piedi induriti. Hai portato sulla testa tonnellate di stoppie e le­gna, laghi d’acqua. Hai visto nascere il sole ogni giorno. Con tutto il pane che hai ammassato si potrebbe imbandire un banchetto universale. Hai allevato persone e bestie, ti sei messa i maialini nel letto quando il freddo minacciava di gelarli. Mi hai raccontato storie di apparizioni e di lupi mannari, vecchie questioni di famiglia, di un morto ammazzato. Trave della tua casa, fuoco del tuo focolare, sette volte incinta, sette volte hai partorito.

Non sai niente del mondo. Non ti intendi di politica, né di economia, né di letteratura, né di filosofia, né di religione. Hai ereditato un centinaio di parole pratiche, un vocabolario elementare. Con questo sei vissuta e vivi. Sei sensibile alle catastrofi e anche ai fatti di strada. Nutri grandi odi per ragioni che non ricordi più, e grandi dedizioni basate sul nulla. Vivi. Per te, la parola Vietnam è appena un suono barbaro che non si confà al tuo cerchio di una lega e mezza di raggio. Della fame sai qualcosa: hai già visto una bandiera nera issata sul campanile della chiesa (me lo hai raccontato tu, o avrò sognato che me lo raccontavi?). Porti con te il tuo piccolo bozzolo di interessi. E, tuttavia, hai gli occhi chiari e sei allegra. Il tuo riso è un fuoco d’artificio colorato. Come te, non ho mai visto ridere nessuno.

Ti sto davanti, e non capisco. Sono della tua carne e del tuo sangue, ma non capisco. Sei venuta al mondo e non ti sei curata di sapere che cos’è il mondo. Arrivi alla fine della vita e il mondo, per te, è ancora quel che era quando nascesti: un interrogativo, un mistero inaccessibile, una cosa che non fa parte della tua eredità. Cinquecento parole, un fazzoletto di terra di cui si fa il giro in cinque minuti, una casa di tegole e pavimento di terra battuta. Stringo la tua mano, passo la mia mano sul tuo viso rugoso e sui tuoi capelli bianchi, rovinati dal peso dei fardelli — e continuo a non capire. Sei stata bella, dici, e vedo bene che sei intelligente. Perché allora ti hanno rubato il mondo? Chi te lo ha rubato? Ma questo forse lo capisco io, e ti direi il come, il perché e il quando se solo sapessi scegliere delle mie innumerevoli parole quelle che tu potresti comprendere. Però ormai non ne vale la pena. Il mondo continuerà senza di te e senza di me. Non ci saremo detti l’un l’altro quel che più importava.

Non ce lo saremo detto, davvero? Io non ti avrei dato, perché le mie parole non sono le tue, il mondo che ti era dovuto. Resto con questa colpa di cui non mi accusi — ed è ancora peggio. Ma perché, nonna, perché ti siedi sulla soglia della porta, aperta sulla notte stellata e immensa, sul cielo di cui nulla sai e nel quale mai viaggerai, sul silenzio dei campi e degli alberi attoniti, e dici, con la tranquilla serenità dei tuoi novant’anni e il fuoco della tua adolescenza mai perduta:

« Il mondo è così bello,

e io ho tanta pena di morire! »

E’ questo che non capisco

ma la colpa non è tua.

- José Saramago -

da - Di questo mondo e degli altri - 

Foto di Rüveyda

“Non è vero, come dicono,

che le difficoltà rendono forti.

No, le difficoltà rivelano chi è forte.

Ci permettono di scoprire una forza

che non avremmo saputo di avere.

Ma non fortificano, stancano.

E le persone forti sono stanche,

anche se ce la fanno.”

- Antonio Dikele Distefano - 


Buona giornata a tutti :-)









martedì 3 giugno 2025

Francesco - Alda Merini

 Anch'io ho avuto
un'annunciazione,
anch'io ho avuto
una lunga gravidanza di fede,
anch'io devo partorire il mio vero Dio,
anch'io sono una femmina
congiunta a quel maschio
che chiamo martirio.
Anch'io sono cieco delle mie lacrime,
perciò, fratelli ricchi,
guardate a un povero
che non è diventato conte
ma che vi chiede
un po' di mangime
per la sua musica,
per poter innalzare la lingua
fino alla lode di Dio.
Tutte le creature
cantano la lode di Dio,
tutte le creature
non fanno che vivere
per volontà del Signore.
Anch'io sono vivo
solo grazie alla sua carità
e sono nudo e sofferente così,
finché rimarrà solo un filo di voce
per legarmi alle caviglie
del mio Signore morente.

(Alda Merini)


Mi piace il verbo sentire

Sentire il rumore del mare,
sentirne l’odore.
Sentire il suono della pioggia
che ti bagna le labbra,
sentire una penna
che traccia sentimenti su un foglio bianco.
Sentire l’odore di chi ami,
sentirne la voce e sentirlo col cuore.
Sentire è il verbo delle emozioni,
ci si sdraia sulla schiena del mondo
e si sente.

- Alda Merini -



A pelle si sentono cose a cui le parole non sanno dare nome. 

- Alda Merini - 





La Vergine

Non avete veduto le farfalle
Con che leggera grazia
Sfiorano le corolle in primavera?
Con pari leggerezza
Limpido aleggia sulle cose tutte
Lo sguardo della vergine sorella
Non avete veduto quand’è notte
Le vergognose stelle
Avanzare la luce e ritirarla?...
Così, timidamente, la parola
Varca la soglia
Del suo labbro al silenzio costumato.
Non ha forma la vesta ch’essa porta,
la luce che ne filtra
ne disperde i contorni, il suo bel volto
non si sa ove cominci, il suo sorriso
ha la potenza di un abbraccio immenso.

Alda Merini

15 novembre 1947


Buona giornata a tutti :-)