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martedì 26 dicembre 2023

Preghiera a Gesù Bambino per il Natale del Signore - S. Alfonso Maria de’ Liguori

Mio Gesù, Figlio del Creatore del Cielo e della terra, Tu in una gelida grotta hai una mangiatoia come culla, un po’ di paglia come letto e poveri panni per coprirti.
Gli Angeli Ti circondano e Ti lodano, ma non sminuiscono la tua povertà.
Caro Gesù, Redentore nostro, più sei povero, più Ti amiamo poiché hai abbracciato tanta miseria per meglio attirarci al tuo amore.
Se fossi nato in un palazzo, se avessi avuto una culla d’oro, se fossi stato servito dai più grandi principi della terra, ispireresti agli uomini maggior rispetto, ma meno amore; invece, questa grotta dove giaci, questi rozzi panni che Ti coprono, la paglia su cui riposi, la mangiatoia che Ti serve da culla: oh! tutto ciò attira i nostri cuori ad amarti!
Ti dirò come San Bernardo: “Più Tu diventi povero per me, più sei caro all’anima mia!” Poiché se Ti sei ridotto così, lo hai fatto per arricchirci dei tuoi beni, cioè della tua grazia e della tua gloria.
O Gesù, la tua povertà ha indotto tanti Santi ad abbandonare tutto: ricchezze, onori, corone, per vivere poveri con Te povero.
O mio Salvatore, stacca anche me dai beni terreni, affinché divenga degno del tuo Santo amore e di possedere Te, Bene infinito.
Ti dirò dunque come Sant’Ignazio di Loyola: “Dammi il tuo amore e sarò ricco abbastanza; non cerco altro, Tu solo mi basti, o mio Gesù, mia Vita, mio Tutto! Madre cara, Maria, ottienimi la grazia di amare Gesù e di essere sempre da Lui amato”. Così sia.

- S. Alfonso Maria de’ Liguori -

 
Ve ringrazio de core, brava gente,
pé sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v'odiate,
si de st'amore non capite gnente...
Pé sto amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare 'na voce
sperduta ner deserto, senza ascolto.
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.
 
~Trilussa -


Voce

Natale è un flauto d’alba, un fervore di radici
che in nome tuo sprigionano acuti ultrasuoni.
Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli
in eterno ubriachi di pura solitudine.
Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci
e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:
una voce che smuove e turba anche il cristallo,
il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.

- Marialuisa Spaziani - 


“L’odore dell’inverno” di Anton Čechov

Il tempo dapprincipio fu bello,
calmo. Schiamazzavano i
tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo
faceva un brusio, come se
soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e
nell’aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece
buio e soffiò da oriente un vento
freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono
degli aghetti di ghiaccio.
Il bosco divenne solitario.
Sì, senti l’odore dell’inverno.

Anton Čechov - 


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domenica 20 novembre 2022

La cecala d’oggi - Trilussa

 Una Cecala, che pijava er fresco
all'ombra der grispigno e de l'ortica,
pe' da' la cojonella a 'na Formica
cantò 'sto ritornello romanesco:
- Fiore de pane,
io me la godo, canto e sto benone,
e invece tu fatichi come un cane.
- Eh! da qui ar bel vedé ce corre poco:
- rispose la Formica -
nun t'hai da crede mica
ch'er sole scotti sempre come er foco!
Amomenti verrà la tramontana:
commare, stacce attenta... -
Quanno venne l'inverno
la Formica se chiuse ne la tana.
ma, ner sentì che la Cecala amica
seguitava a cantà tutta contenta,
uscì fòra e je disse: - ancora canti?
ancora nu' la pianti?
- Io? - fece la Cecala - manco a dillo:
quer che facevo prima faccio adesso;
mó ciò l'amante: me mantiè quer Grillo
che 'sto giugno me stava sempre appresso.
Che dichi? l'onestà? Quanto sei cicia!
M'aricordo mi' nonna che diceva:
Chi lavora cià appena una camicia,
e sai chi ce n'ha due? Chi se la leva.

- Trilussa - 

Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle
come farfalle
spensierate? 
Venite da lontano o da vicino
da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso che vi porta via?

Trilussa -


Mattino d'Autunno

Il cielo era tutto sereno:
di mano in mano che il sole s’alzava
dietro il monte si vedeva la sua luce...
Un venticello d’autunno,
staccando dai rami
le foglie appassite del gelso,
le portava a cadere qualche passo
distante dall’albero.

- Alessandro Manzoni - 


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domenica 30 ottobre 2022

Il giovane ramo

C'era una volta un giovane ramo di un grande albero.
Era nato in primavera, tra il tepore dell'aria e il canto degli uccelli.
In mezzo all'aria, alle lunghe giornate estive, al sole caldo, alle notti frizzanti, trascorse i suoi primi mesi di vita.
Era felice: aveva foglie bellissime, e, poi, erano sopraggiunti fiori colorati ad adornare e, dopo ancora, grandi frutti succosi di cui tutti gli uccelli del cielo potevano nutrirsi.
Ma un giorno cominciò a sentirsi stanco: era settembre...

I frutti si staccarono, le foglie cominciarono a cambiare colore divenivano sempre più pallide...
Addirittura, di tanto in tanto il vento se ne portava via qualcuna.
Venne la pioggia e poi l'aria fredda, e il ramo si sentiva sempre peggio: non capiva cosa stesse succedendo.
In pochi giorni e in poche notti si trovò spoglio, infreddolito, completamente solo.
Rimase così qualche tempo fin quando non capì che non poteva far altro che mettersi a cercare i suoi fiori, le sue foglie, i suoi frutti per poter di nuovo stare insieme a loro.
"Devo darmi da fare" disse risoluto tra sé e sé.
Cominciò allora, a chiedere aiuto a tutti i suoi amici.

Si rivolse dapprima al Mattino: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sai dove le posso trovare?".
Il Mattino rispose "Ci sono alberi che ne hanno tante, prova a chiedere a loro".
Si rivolse a quegli alberi: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sapete dirmi dove le posso trovare?".
Gli alberi risposero: "Noi le abbiamo sempre avute, prova a chiedere agli alberi uguali a te".
Si rivolse ai rami spogli come lui.
"Abbiamo tanto freddo anche noi, non sappiamo cosa dirti...", gli risposero.
Queste parole lo fecero sentire meno solo.
Si disse che, se avesse ritrovato le foglie, sarebbe subito corso dai suoi simili a rivelare il luogo in cui si trovavano.

Continuò la sua ricerca e chiese al Vento.
"Io le foglie le porto solo via è la pioggia che le fa crescere", disse il Vento a gran voce.

Si rivolse alla Pioggia.
"Le farò crescere a suo tempo", gli disse la pioggia tintinnando.

Si rivolse allora al Tempo.
"Io so tante cose", gli disse con voce profonda.
"Il Tempo aggiusta tutto, non ti preoccupare occorrono tanti giorni e tante notti".

Si rivolse alla Notte, ma la Notte tacque e lo invitò a riposare.
Si sentiva infatti molto stanco.
Mentre stava per addormentarsi uno gnomo passò di là.
Al vedere quel ramo così spoglio e infreddolito, dal freddo e dalle intemperie si fermò e un po' preoccupato, gli chiese cosa stesse succedendo. Il ramo gli raccontò tutta la sua storia.
Lo gnomo stette con lui, si fermò nel suo silenzio, lo ascoltò, sentì il suo dolore.
Allora il ramo parlò ancora e disse :"Mi è sembrato di chiudere gli occhi e dopo averli riaperti non ho più trovato le mie foglie, non sono stato più capace di vederle".

Lo gnomo pensò a lungo, poi capì: si tolse gli occhiali e li posò sul naso del ramo, spiegandogli che erano occhiali magici che servivano per guardare dentro di sè.
Il ramo, allora, apri bene gli occhi e... meraviglia...
Vide che dentro di sé qualcosa si muoveva, sentiva un rumore, vedeva qualcosa circolare provò ad ascoltare, guardò a fondo: era linfa, linfa viva che si muoveva in lui.
Incredulo disse allo gnomo ciò che vedeva.
Lo gnomo gli spiegò che le foglie, i fiori, e i frutti, nascono grazie alla linfa oltre che al caldo sole, all'aria di primavera e alla pioggia.
"Se hai linfa dentro di te hai tutto", gli disse, "Non occorre chiedere più nulla a nessuno ma insieme all'acqua, alla luce, all'aria, agli altri rami, le foglie rinasceranno: le hai già dentro".

Il ramo, immediatamente si sentì più forte, rinvigorì: aveva la linfa in sé, non doveva più chiedere consigli, gli bastava lasciar vivere la linfa che circolava in lui.

- anonimo, dal web - 



Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle,
come tante farfalle 
spensierate? 
Venite da lontano
o da vicino? 
Da un bosco 
o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso 
che vi porta via?

- Trilussa -

Buona giornata a tutti :-)

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domenica 2 ottobre 2022

Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia e altre poesie autunnali - Ada Negri

Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
che s’imbeve di te sin nelle fibre
che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
So che annunci l’inverno: che fra breve
quella foglia cadrà, fatta colore
della ruggine, e al fango andrà commista,
ma le radici nutrirà del tronco
per rispuntar dai rami a primavera.
- Ada Negri - 
Alberi di betulla in autunno - Gustav Klimt


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

- Gabriele D’Annunzio - 
 La pioggia nel pineto (Alcyone, 1902-03)

Autunno di Giuseppe Arcimboldo - 1572
 
Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle,
come tante farfalle
spensierate?
Venite da lontano
o da vicino?
Da un bosco
o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso
che vi porta via?

 - Trilussa -
Monet - Autunno ad Argenteuil - (1840-1926)

Buona giornata a tutti :-)





sabato 11 dicembre 2021

La candela e altre poesie - Trilussa

Davanti ar Crocifisso d'una Chiesa
una Candela accesa
se strugge da l'amore e da la fede.
Je dà tutta la luce,
tutto quanto er calore che possiede,
senza abbadà se er foco
la logra e la riduce a poco a poco.
Chi nun arde nun vive. Com'è bella
la fiamma d'un amore che consuma,
purchè la fede resti sempre quella!
Io guardo e penso. Trema la fiammella,
la cera cola e lo stoppino fuma...
- Trilussa -




La libbertà de pensiero – Trilussa

Un gatto bianco, ch’era presidente
der circolo der Libbero Pensiero
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch’era contraria a li principi sui.
“Giacché nun badi a li fattacci tui,
- je disse er Gatto bianco inviperito -,
rassegnerai le proprie dimissione
e uscirai da le file der partito:
che qui la poi pensà libberamente
come te pare a te, ma a condizzione
che t’associ a l’idee der presidente
e a le proposte de la commissione!”
- “E’ vero, ho torto, ho aggito malamente…” -
Rispose er Gatto nero.
E pe’ restà ner Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.

- Trilussa -




Le conseguenze dei vostri atti vi prenderanno per i capelli anche se nel frattempo sarete diventati migliori.

- Friedrich Nietzsche -




Il tuo prossimo non è chi conosci, chi ti è amico o parente.
Il tuo prossimo è chiunque abbia bisogno di te.

- Jean Vanier -




Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 30 novembre 2020

All’ombra e La Solitudine - Trilussa

Mentre me leggo er solito giornale
spaparacchiato all'ombra d'un pajaro,
vedo un porco e je dico. Addio, majale!
vedo un ciuccio e je dico. Addio, somaro!

Forse ‘ste bestie nun me caperanno,
ma provo armeno la soddisfazzione
de potè di' le cose come stanno
senza paura de finì in priggione.

- Trilussa -

Fonte : Giove e le bestie, 1932






La solitudine - Trilussa

Quand'ero ragazzino, mamma Mia
Me diceva: "Ricordati fijolo,
Quando te senti veramente solo
Tu prova a recità 'n' Ave Maria
L'anima tua de sola spicca er volo
E se solleva, come pe' maggia".
Ormai so' vecchio, er tempo m'è volato;
da un pezzo s'è addormita la vecchietta,
Ma quer consijo nun l'ho mai scordato.
Come me sento veramente solo
Io prego la Madonna benedetta
E l'anima da sola pija er volo!

(Trilussa)


Preghiera a Maria, Madonna del Divino Amore

O Maria, Tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza.

Noi ci affidiamo a Te, Salute dei malati, che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù, mantenendo ferma la tua fede.

Tu, Salvezza del popolo romano, sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché, come a Cana di Galilea, possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova.

Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione. Amen.

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.


Buona giornata a tutti. :-)

Voglia di preghiera:  leggoerifletto

Sono presente anche su YouTube, il nome del canale: LeggoeRifletto






 




sabato 25 marzo 2017

Le penne d’oca - Trilussa

Un’Oca, dispiacente
perché la gente la trattava male,
se lagnò con un Ciuccio,
un Somarello piuttosto attempatello.
– A sentì l’omo, l’Oca è l’animale
più stupido, più scemo, più imbecille;
nun s’aricorda che le poesie
de Dante, Ariosto, Tasso e d’antri mille
so’ uscite tutte da le penne mie?
– Percui – disse er somaro – è ’na fortuna
d’avé in mano un ucello accusì raro!
Famme er piacere, impresteme ’na penna,
perché, per quanto poco me n’intenna,
chi lo sa che pur’io non ciarieschi
a fanne quarchiduna?
E je le strappò tutte,
una per una,
pe’ scrive li
sonetti romaneschi!

- Trilussa - 



Quella vecchietta cieca che incontrai... mi disse: - "Se la strada non la sai ti accompagno io, che la conosco... 
- La cieca, allora, mi pigliò la mano e sospirò: - Cammina". - 
Era la Fede. 

- Trilussa -


Buona giornata a tutti. :-)