domenica 29 settembre 2024

Babij Jar - Asatolij Vasil'evič Kuznecov (Oggi 29 settembre ricordiamo la strage del 1941)

 INTROIBO

Il 28 settembre 1941 i Tedeschi ordinarono agli ebrei di Kiev di presentarsi il giorno successivo nella zona dei Cimiteri pena la fucilazione. Alle prime luci dell'alba del 29 settembre una grande folla si radunò nel luogo stabilito. Le famiglie avevano cotto il pane per il viaggio. Noleggiato carri e calessi. I vecchi procedevano sorreggendosi l’un l’altro. Le madri tenevano in braccio i neonati. Spingevano le carrozzine. Trascinavano sacchi gli ebrei di Kiev, casse e valigie. La folla procedeva come la corrente di un fiume. Sui marciapiedi tedeschi in pattuglia. Questa processione di morte durò tre giorni e tre notti. La città ammutolì. Migliaia di persone, soprattutto vecchi, donne e bambini avanzavano verso Babij Jar. 

Ah Signore quanti bambini. I vecchi presto non ce la facevano più ed erano sorretti dai figli, dai parenti. Avanzavano in silenzio. Come condannati a morte. Poi alla fine della strada, delle scrivanie come in un ufficio postale. C'era un posto di blocco prima di un burrone orrendo. Documenti e oggetti di valore venivano ritirati. Per terra si alzò presto uno strato di carte d’identità, di passaporti. 

I tedeschi obbligavano tutti a spogliarsi. Via i bagagli, i cappotti, le scarpe. In un minuto restavano tutti nudi e indifesi. Non c'era nessuna distinzione fra uomini donne bambini. Poi a tutti sparavano alla nuca e facevano cadere i corpi in un dirupo e tutti si accorsero all'improvviso che cos’era Babij Jar.

da: Babij Jar , editore Adelphi

 

Vostro onore, non riuscivo ancora a comprendere quello che stava succedendo quando imboccai un lungo passaggio tra due file di soldati che tenevano in mano manganelli di gomma e grossi bastoni. Se qualcuno indugiava gli strappavano a forza i vestiti e lo picchiavano a sangue, ubriachi di odio e di rabbia, in una sorta di frenesia incontenibile. Non si vedeva bene che cosa ci fosse oltre quella scoscesa parete sabbiosa ma era da là che provenivano gli spari e le raffiche della mitraglia. Guardai giù e mi vennero delle vertigini e dei conati di vomito nello scorgere un mare di corpi insanguinati, accatastati uno sull’altro, come i pezzetti di un puzzle abbandonati da un bambino capriccioso. Un istante dopo ero in quella vasca di sangue, un odore fetido e nauseante mi costrinse ad intuire che ero ancora viva anche se rischiavo di morire soffocata dai corpi che venivano continuamente catapultati giù insieme a tonnellate di sabbia. Da lontano riuscii a scorgere tedeschi e polizei ucraini che selezionavano e ammucchiavano oggetti, altri uomini in divisa, dopo aver stuprato due ragazze, le pugnalarono velocemente e le gettarono giù nella voragine come fossero bambole di pezza. Le immagini cominciarono a farsi indistinte, immaginai di avere ancora accanto i volti di mio padre e mia madre che mi dicevano: “Bambina mia, andiamo a pagare il nostro ultimo debito a Dio”. Sono trascorsi cinque anni vostro onore, ed io ho provato a raccontare quell’orrore, ho tentato di combattere con i miei demoni e con le mie crisi cardiache, ho denunciato quell’inferno a cui sono miracolosamente scampata ma nessuno mi crede, sento intorno a me lo stesso astio e la stessa antica diffidenza nei confronti degli sporchi giudei e allora… tanto vale confidare i miei incubi solo alle marionette del Teatro di Kiev dove lavoravo come attrice e burattinaia, magari per provare a convincere me stessa che Babij Jar era stato un gioco, una recita di marionette vocianti e pupazzi dipinti di un rosso acceso che, chissà perché, mi avevano turbata e spaventata….- Dina –

da: Babij Jar , editore Adelphi



Sul bordo del dirupo mi strapparono di mano la mia borsa. Mi presero a bastonate e subito avevo il sangue sul cappotto. 

Mi dissero di spogliarmi e un cane mi morse un braccio mentre cadevo nudo sui primi corpi abbattuti come agnelli. In basso vidi uno strato di corpi su cui gettavano la terra e le persone ancora si muovevano. Mi hanno sparato alla tempia senza uccidermi nel trambusto colossale. Caddi nel vuoto come un sasso. Mi ritrovai sotto un carico di corpi sanguinanti e non potevo muovermi. 

I tedeschi scendevano e sparavano a qualsiasi cosa si muoveva. Avevo una bambina morta sulla faccia. Ero nascosto sotto i suoi capelli rossi. Trattenevo il respiro. Un soldato mi calpestò il petto credendomi morto poi piovve terra per un tempo infinito . Respiravo sotto la schiena di una donna. Poi venne la sera e una luna beffarda splendeva sul massacro. Si sentivano gemiti, lamenti e subito dopo colpi di pistola. Nel silenzio dell'alba strisciai fuori dai corpi come una serpe insanguinata. Ero magro, agile allora tanto che cominciai a risalire il dirupo di corpi aggrappandomi a spalle, teste, braccia. Trovai una catasta di cappotti, ne presi uno militare e mi gettai in un buco aperto in fondo alla collina. Mi nascosi per riprendere le forze. Avevo nelle orecchie la voce di una bambina che diceva -ma perché mi gettate della sabbia negli occhi in questo modo?-

da: Babij Jar , editore Adelphi



Quando mio padre mi disse che saremmo partiti la mia gioia fu grande. Volevo andarmene da Kiev. La gente intorno a me non sorrideva più e non era più un’abitudine guardarsi negli occhi. Passeggiando per le strade della città, mi accorsi che molti mi squadravano, mi osservavano dall’alto verso il basso con una strana espressione che non sono riuscita a decifrare, ma che di sicuro mi metteva una certa angoscia. Così diedi un leggero strattone alla giacca di mio padre e lo guardai negli occhi come per chiedere: “Perché? Cos’ho che non va?”. Lui distolse subito lo sguardo e non rispose. Mi accorsi solo dopo che una lacrima gli aveva rigato la guancia. 
La notizia della partenza aveva acceso un lume di speranza negli occhi di molte persone. Tanti erano euforici. Volevano ripartire da zero in un’altra città. La tristezza che si respirava nel nostro quartiere, adesso si era dissolta del tutto, lasciando spazio alla spensieratezza, ai pianti di gioia. Osservando gli altri appartamenti dalla finestrella della cucina, il naso appiccicato al vetro, mi accorgevo di come l’impazienza crescesse nelle persone in concomitanza con l’ottimismo che nei loro occhi non avevo mai visto e di come ognuno si dedicasse con attenzione e scrupolo alla preparazione dei propri bagagli. 
Io non mi preoccupavo molto di cosa mi sarebbe stato utile, mi soffermavo piuttosto ad immaginare la mia vita nuova di zecca, perciò andò a finire che scaraventai in una borsa le prime cose che mi capitarono sotto mano, per poi tornare ad esaminare i comportamenti altrui. 
Il giorno della partenza era il 29 settembre e noi fummo tra i primi a partire. 
A svegliarci fu il trambusto che c’era per strada: gente che si accalcava per raggiungere la prima fila, amici e parenti che si abbracciavano in segno di riconoscenza e bambini che schiamazzavano e correvano facendo infuriare i genitori. Uscimmo di casa giusto in tempo per avvertire il grido di un soldato vestito di tutto punto e con un fucile a tracolla, il quale ci ordinò di fare silenzio, disporci in file ordinate e seguirlo. Il cuore mi batteva forte per l’emozione. Ci incamminammo con un certo ritmo e col passare dei minuti mi tranquillizzai. Guardavo le persone che mi trovavo intorno: un uomo di mezza età, barba e capelli grigi, con una borsa di cuoio ed un enorme orologio da polso; due giovani innamorati che camminavano mano nella mano, rallentando a volte per scambiarsi carezze e occhiate piene d’amore . 

Pensai: “Chissà se mi innamorerò mai anch’ io…”. Avevamo già percorso tanta strada e qualcuno iniziò ad essere inquieto per il proprio destino. Ad un certo punto lo stesso soldato che ci aveva dato il segnale della partenza ci arrestò e iniziò ad urlare parole al vento che non capivo ma quando mi voltai verso mio padre per chiedergli spiegazioni, era come pietrificato. 

Vidi l’intera folla trasformarsi in un ammasso di scarafaggi che si buttavano l’uno addosso all’altro per cercare una via di fuga da non so che cosa, le madri in lacrime spingevano i figli più lontano possibile gridando loro di fuggire e di non voltarsi mai, di non preoccuparsi per loro perché prima o poi si sarebbero rivisti. Si levò un coro di voci terrorizzate che mandò in frantumi qualcosa dentro di me, una parte remota in fondo al mio stomaco. L’ultima immagine che vedo con chiarezza è mio padre cadere in ginocchio e abbracciarmi come non aveva mai fatto prima. Percepii il battito del suo cuore attraverso la pelle e mi sentii felice un’ultima volta, finché lui non mi fu strappato via insieme alla mia stessa vita. Il nostro viaggio era terminato, eravamo arrivati a destinazione. Ora ne comprendo il significato. Mi mancherai.

da: Babij Jar , editore Adelphi

                                          Monumento in ricordo della strage

Io, Asatolij Vasil'evič Kuznecov, autore di questo libro, nato il 18 agosto 1929 nella città di Kiev. Mia madre è ucraina, mio padre russo. Sul mio passaporto interno era scritto “nazionalità russa”.
Sono cresciuto a Kurenëvka, alla periferia di Kiev, non lontano dal grande burrone il cui nome al tempo era noto solo agli abitanti del posto: Babij Jar.
Come gli altri dintorni di Kurenëvka, era un luogo dei nostri giochi, un luogo, come si dice, della mia infanzia.
Poi di colpo, in un solo giorno, diventò famoso.
Per più di due anni fu zona proibita, con un recinto di spinato ad alta tensione, con un campo di concentramento, dei cartelli ammonivano che si sarebbe aperto il fuoco contro chiunque si fosse avvicinato............

l'autore: Asatolij Vasil'evič Kuznecov


Buona giornata a tutti :-)





venerdì 27 settembre 2024

Supplica alla Madonna della Medaglia Miracolosa

  "Il 27 novembre 1830, che capitava il sabato antecedente alla prima domenica di Avvento, alle cinque e mezzo di sera, facendo la meditazione in profondo silenzio, mi parve di sentire dal lato destro della cappella un rumore come il fruscio di una veste di seta. Avendo volto lo sguardo a quel lato, vidi la Santissima Vergine all'altezza del quadro di San Giuseppe. 

La sua statura era media, e la sua bellezza tale che mi è impossibile descriverla. Stava in piedi, la sua veste era di seta e di color bianco-aurora, fatta, come si dice, à la vierge ("alla vergine"), cioè accollata e con maniche lisce. Dal capo le scendeva un velo bianco sino ai piedi. Aveva i capelli spartiti e una specie di cuffia con un merletto di circa tre centimetri di larghezza, leggermente appoggiato sui capelli. Il viso era abbastanza scoperto; i piedi poggiavano sopra un globo; o meglio, sopra un mezzo globo, o almeno io non ne vidi che una metà (più tardi la Santa confesserà di aver visto sotto i piedi della Vergine anche un serpente color verdastro chiazzato di giallo). Le sue mani, elevate all'altezza della cintura, mantenevano in modo naturale un altro globo più piccolo che rappresentava l'universo. Ella aveva gli occhi rivolti al cielo, e il suo volto diventò risplendente, mentre presentava il globo a Nostro Signore.

 Tutto ad un tratto le sue dita si ricoprirono di anelli, ornati di pietre preziose, le une più belle delle altre, le une più grosse e le altre più piccole, le quali gettavano dei raggi gli uni più belli degli altri questi raggi partivano dalle pietre preziose; le più grosse gettavano raggi più grandi, e le più piccole raggi meno grandi, sicché tutta se ne riempiva la parte inferiore, e io non vedevo più i suoi piedi...". "Mentre io ero intenta a contemplarla, la Santissima Vergine abbassò gli occhi verso di me e intesi una voce che mi disse queste parole: "Questo globo che vedete rappresenta tutto il mondo, in particolare la Francia ed ogni singola persona...". Io qui non so ridire ciò che provai e ciò che vidi, la bellezza e lo splendore dei raggi così sfolgoranti! ... E la Vergine Santissima aggiunse: "Sono il simbolo delle Grazie che io spargo sulle persone che me le domandano", facendomi così comprendere quanto è dolce pregare la Santissima Vergine e quanto Ella è generosa con le persone che La pregano; quante grazie Ella accorda alle persone che gliele cercano e quale gioia Ella prova nel concederle. In quel momento, io ero e non ero... Non so.... io godevo. Ed ecco formarsi intorno alla SS.Vergine un quadro alquanto ovale, sul quale in alto, a modo di semicerchio dalla mano destra alla sinistra di Maria si leggevano queste parole scritte a lettere d'oro: "O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi". Allora si fece sentire una voce che mi disse: "Fate coniare una medaglia su questo modello; tutte le persone che la porteranno, riceveranno grandi grazie specialmente portandola al collo; le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia... ". All'istante mi parve che il quadro si voltasse e io vidi il rovescio della Medaglia. Vi era la lettera M (iniziale del nome Maria) sormontata da una croce senza crocifisso che aveva come base la lettera I (iniziale del nome Iesus, Gesù). Più sotto poi vi erano due cuori, uno circondato da spine (quello di Gesù), l'altro trapassato da una spada (quello di Maria). Dodici stelle infine circondavano il tutto. Poi tutto disparve, come qualcosa che si spegne, ed io sono rimasta ripiena non so di che, di buoni sentimenti, di gioia, di consolazione".

 - santa Caterina Labouré, il 27 novembre del 1830 -

(Da recitarsi alle 17 del 27 novembre, festa della Medaglia Miracolosa, in ogni 27 del mese e in ogni urgente necessità)


O Vergine Immacolata, noi sappiamo che sempre ed ovunque sei disposta ad esaudire le preghiere dei tuoi figli esuli in questa valle di pianto, ma sappiamo pure che vi sono giorni ed ore in cui ti compiaci di spargere più abbondantemente i tesori delle tue grazie. Ebbene, o Maria, eccoci qui prostrati davanti a te, proprio in quello stesso giorno ed ora benedetta, da te prescelta per la manifestazione della tua Medaglia.

Noi veniamo a te, ripieni di immensa gratitudine ed illimitata fiducia, in quest'ora a te sì cara, per ringraziarti del gran dono che ci hai fatto dandoci la tua immagine, affinché fosse per noi attestato d'affetto e pegno di protezione. Noi dunque ti promettiamo che, secondo il tuo desiderio, la santa Medaglia sarà il segno della tua presenza presso di noi, sarà il nostro libro su cui impareremo a conoscere, seguendo il tuo consiglio, quanto ci hai amato e ciò che noi dobbiamo fare, perché non siano inutili tanti sacrifici tuoi e del tuo divin Figlio. Sì, il tuo Cuore trafitto, rappresentato sulla Medaglia, poggerà sempre sul nostro e lo farà palpitare all'unisono col tuo. Lo accenderà d'amore per Gesù e lo fortificherà per portar ogni giorno la propria croce dietro a Lui. 

Questa è l'ora tua, o Maria, l'ora della tua bontà inesauribile, della tua misericordia trionfante, l'ora in cui facesti sgorgare per mezzo della tua Medaglia, quel torrente di grazie e di prodigi che inondò la terra. Fai, o Madre, che quest'ora, che ti ricorda la dolce commozione del tuo Cuore, la quale ti spinse a venirci a visitare e a portarci il rimedio di tanti mali, fai che quest'ora sia anche l'ora nostra: l'ora della nostra sincera conversione, e l'ora del pieno esaudimento dei nostri voti.
Tu che hai promesso, proprio in quest'ora fortunata, che grandi sarebbero state le grazie per chi le avesse domandate con fiducia: volgi benigna i tuoi sguardi alle nostre suppliche. Noi confessiamo di non meritare le tue grazie, ma a chi ricorreremo, o Maria, se non a te, che sei la Madre nostra, nelle cui mani Dio ha posto tutte le sue grazie? Abbi dunque pietà di noi.

Te lo domandiamo per la tua Immacolata Concezione e per l'amore che ti spinse a darci la tua preziosa Medaglia. O Consolatrice degli afflitti, che già ti inteneristi sulle nostre miserie, guarda ai mali da cui siamo oppressi. Fai che la tua Medaglia sparga su di noi e su tutti i nostri cari i tuoi raggi benefici: guarisca i nostri ammalati, dia la pace alle nostre famiglie, ci scampi da ogni pericolo. Porti la tua Medaglia conforto a chi soffre, consolazione a chi piange, luce e forza a tutti.

Ma specialmente permetti, o Maria, che in quest'ora solenne ti domandiamo la conversione dei peccatori, particolarmente di quelli, che sono a noi più cari. Ricordati che anch'essi sono tuoi figli, che per essi hai sofferto, pregato e pianto. Salvali, o Rifugio dei peccatori, affinché dopo di averti tutti amata, invocata e servita sulla terra, possiamo venirti a ringraziare e lodare eternamente in Cielo. Cosi sia. 

Salve Regina

 

Parigi era allora devastata da un’epidemia di colera. Dopo qualche resistenza, la medaglia fu realizzata da un orafo di Parigi e furono tante le guarigioni e le grazie di conversione che in pochissimi anni fu necessario coniarne milioni di copie. Il quotidiano La France, nel 1835, già sosteneva che quel piccolo oggetto sacro era diventato «uno dei più grandi segni della fede, degli ultimi tempi». 

E quando, nel 1854, Pio IX definirà il dogma dell’Immacolata Concezione, riconoscendo che «era una verità tenacemente custodita nel cuore dei fedeli», potrà fondarsi anche sul fatto che c’erano già almeno dieci milioni di cristiani che ne portavano sul cuore la medaglia miracolosa.



«Non temono così un numeroso esercito i nostri nemici visibili, come tremano spaventate le aeree potenze al sentir pronunziare il nome di Maria; dappertutto dove l'odono spesso proferito, divotamente invocato; dappertutto dove vedono imitate le virtù di colei che ne è insignita: esse scompaiono e si dileguano come cera ai raggi del sole ».

(S. Bernardo 


"La tua anima, infatti, non discese agli inferi;

la tua carne non vide la corruzione.

Il tuo corpo immacolato e totalmente bello non rimase nella terra,

al contrario,

tu siedi sul trono nel regno celeste come regina,

signora, dominatrice, la Madre di Dio, 
la vera genitrice di Dio Assunta" .

- San Giovanni Damasceno - 

Omelia I sulla Dormizione: PG 96, 719 

 

Immacolata Concezione (1767 - 1769)
Giambattista Tiepolo 
Museo Del Prado, Madrid, Spagna



Buona giornata a tutti :-)

mercoledì 25 settembre 2024

Gli alieni - Charles Bukowski

 Puoi non crederci
ma ci sono persone
che attraversano la vita
senza attriti o
angosce.
Persone che vestono bene, mangiano
bene, dormono bene.
Persone appagate della
loro vita familiare.
Persone che hanno i loro momenti di
afflizione
ma tutto sommato
non ne sono disturbate
e in genere stanno
benissimo.
E quando muoiono
si tratta di una morte
pacifica, di solito
nel sonno.

Puoi non crederci
ma persone del genere
esistono davvero.

Ma io non sono uno di
loro.
Oh no, io non sono uno
di loro,
non ci sono neppure vicino
ad essere
uno di
loro

ma loro sono


ed io sono
qua.


(Charles Bukowski)

The Aliens
You may not believe it
but there are people
who go through life with
very little
friction or
distress.
they dress well, eat
well, sleep well.
they are contented with
their family
life.
they have moments of
grief
but all in all
they are undisturbed
and often feel
very good.
and when they die
it is an easy
death, usually in their
sleep.
you may not believe
it
but such people do
exist.

but i am not one of
them.
oh no, I am not one of them,
I am not even near
to being
one of
them.
but they
are there

and I am
here




L'essere umano non può definirsi da solo, l' IO esiste perchè si confronta con un Tu, non ti puoi aggiustare da solo perchè qualora il tuo cervello non funzionasse ti aggiusteresti male, ma siccome sei tu a giudicarti saresti sempre a posto secondo te. Un occhio non si vede da solo, un dente da solo non si morde, una mano da sola non si accarezza, un cervello da solo non si giudica, abbiamo bisogno dell'altro per conoscerci fino infondo. Una mente sana e lucida non si nega ad aprirsi, a mettersi in gioco, a fidarsi; siamo esseri relazionali, nati da una relazione e fatti per scoprire il meglio di sè nel dialogo e il confronto con l'altro.



Solo un testa di cazzo ha una risposta per ogni domanda e una sporta di consigli.

- Charles Bukowski, Rosso come un giaggiolo

Buona giornata a tutti :-)

lunedì 23 settembre 2024

Autunno e altre poesie - Salvatore Quasimodo

 Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.

- Salvatore Quasimodo -



S' ode ancora il mare

Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.

- Salvatore Quasimodo -




Ti cammino sul cuore, 
ed è un trovarsi d’astri 
in arcipelaghi insonni.

- Salvatore Quasimodo -



In alto c'è un pino distorto;
sta intento ed ascolta l'abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d'uccelli notturni,
nell'ora più alta risuona
d'un battere d'ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
Sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.

- Salvatore Quasimodo -



Se mi desti t'ascolto, 
e ogni pausa è cielo in cui mi perdo,
serenità d'alberi a chiaro della notte. 

- Salvatore Quasimodo -



Buona giornata a tutti. :-)

sabato 21 settembre 2024

Fammi un ritratto del sole e altre poesie - Emily Dickinson

                                                         Fammi un ritratto del sole
così che io possa appenderlo in camera mia
e possa fingere di scaldarmi
mentre gli altri lo chiamano “Giorno”!
Disegnami un pettirosso su un ramo
così che io possa ascoltarlo mentre dormo
e quando cesserà il lavoro nei campi
anch’io deporrò la mia illusione.
Dimmi se è vero che fa caldo a mezzogiorno
se sono i ranuncoli quelli che volano
o le farfalle quelle che fioriscono.

Poi, manda via il gelo dai prati
e scaccia la ruggine dagli alberi
dammi l’illusione che ruggine e gelo
non debbano più tornare!

- Emily Dickinson - 


Temo un uomo di poche parole –
temo un uomo che tace –
l’arringatore – posso superarlo –
il chiacchierone – posso intrattenerlo –
ma di colui che pondera
mentre gli altri spendono tutto ciò che hanno –
di quest’uomo diffido –
temo ch’egli sia grande.
- Emily Dickinson - 

Dipinto “Autunno” di Kandinskij


“Se avessimo le ali
per fuggire la memoria
molti volerebbero.
Abituati a esseri più lenti
gli uccelli con sgomento...
scruterebbero la folla
di persone in fuga
dalla mente dell’uomo”

- Emily Dickinson -


Buona giornata a tutti. :-)

giovedì 19 settembre 2024

A Messa perchè è bello - Nardo Masetti

Per secoli e secoli abbiamo insistito sul fatto che "perdere la Messa alla domenica è peccato mortale". Naturalmente lo scopo era quello di far sì che i fedeli vi partecipassero in massa. Risultato statistico di presenze visibili: circa il 15%. Se avessimo insistito maggiormente sopra un diverso aspetto, avremmo potuto ottenere una percentuale almeno del 16%? Secondo me sì.

La gente ha sempre pagato le tasse mal volentieri e purtroppo molti, quando lo possono fare impunemente, non le pagano. Il presentare la Messa esclusivamente come una tassa settimanale da pagare al buon Dio, non credo che funzioni: le statistiche dicono che ci sono molti evasori.

Oggi in particolare c'è il culto del bello. La televisione e i mass media in genere ci portano in casa persone giovani, belle, ben vestite, prodotti di bellezza... Solo noi cristiani praticanti dobbiamo trangugiare cose indigeste, pur di arrivare un giorno in paradiso? Ma il nostro non è il Dio della bellezza (guardare il microcosmo e il macrocosmo)? Perché allora non mettiamo spesso in risalto l'aspetto estetico della fede cristiana, ed in particolare la bellezza della Celebrazione Eucaristica?

Noi andiamo a Messa, perché è bello trovarci in udienza ufficiale e personale allo stesso tempo davanti al nostro Dio. E' bello sentirci perdonati da lui; è bello ascoltare la sua voce, che ci incoraggia, che ci indica la strada giusta fra le tante equivoche che ci sono proposte. E' bello trovarci assieme a tutta la Chiesa terrena e celeste, come anticipo di quell'unione beatificante ed eterna che ci attende. E' bello prendere con noi nel cammino difficile della settimana, quel meraviglioso Dio che ci ama al punto da lasciarsi mangiare da noi...

Se provassimo ad insistere per secoli e secoli... forse la percentuale dei fedeli alla Messa domenicale potrebbe anche raggiungere il... %.

- Mardo Masetti - 


Meditazione e ritorno al mondo 

Ogni giorno porta al cristiano molte ore di solitudine in mezzo ad un mondo non cristiano. Questo è il tempo della verifica. Esso è la prova della bontà della meditazione personale e della comunione cristiana. La comunità ha reso gli individui liberi, forti, adulti, o li ha resi invece dipendenti, non autonomi? Li ha condotti un po' per mano, per far loro imparare di nuovo a camminare da soli, o li ha resi paurosi e insicuri?… Qui si tratta di decidere se la meditazione personale ha portato il cristiano in un mondo irreale da cui si risveglia con spavento, nel ritornare al mondo terreno del suo lavoro, o se viceversa lo ha fatto entrare nel vero mondo di Dio, che permette di affrontare la giornata dopo aver attinto nuova forza e purezza. Si è trattato di un'estasi spirituale per brevi attimi, cui poi subentra la quotidianità, o di un radicarsi essenziale e profondo della Parola di Dio nel cuore?… Solo la giornata potrà deciderlo… Ognuno deve sapere che anche il momento in cui è isolato ha una sua retroazione sulla comunione. Nella sua solitudine egli può dilacerare e macchiare la comunione o viceversa rafforzarla e santificarla….

 - Dietrich Bonhoeffer - 

da: Vita comune



Calmati 

Se la tua fede vacilla, calmati: Dio ti guarda.
Se tutto sembra finire, calmati: Dio rimane.
Se sei nella tristezza, calmati: Dio è la consolazione.
Se il peccato ti opprime, calmati: Dio perdona.
Se hai i nervi tesi, calmati: Dio è pazienza.
Se nessuno ti comprende, calmati: Dio ti conosce.
Se urgono scelte importanti, calmati: Dio ti guida.
Se sei smarrito, calmati: Dio ti vede.
Se sei in difficoltà, calmati: Dio è provvidente.
Se la malattia ti logora, calmati: Dio guarisce.
Se la croce è pesante, calmati: Dio ti sostiene.
Se la morte ti spaventa, calmati: Dio è risurrezione.
Dio è sempre con noi, ci ama e ci ascolta.


Buona giornata a tutti :-)







martedì 17 settembre 2024

Le parole non dette - Kahlil Gibran

 Disse un filo d'erba
a una foglia d'autunno:

«Fai un tale rumore, cadendo!
disperdi tutti i miei sogni
invernali».

Rispose, indignata, la foglia:
«Tu che sei nato in basso
e in basso vivi!
Piccola cosa stizzosa e senza suono!
tu non vivi nella regione
più elevata dell'aria
e non distingui la musica dei canti».
Poi la foglia d'autunno
e si addormentò.
E quando venne la primavera si svegliò
ed era un filo d'erba.

E quando venne l'autunno e il sonno invernale
fu sopra di lei,
e su di lei
per tutta l'aria intorno
presero a cadere le foglie,
brontolò tra sé: «Queste foglie d'autunno!
Fanno un tale rumore!
Disperdono tutti i miei sogni
invernali».
Giacque sulla terra.

Kahlil Gibran - 

Le parole non dette; Ed. Paoline, pag. 263-264

Paulo Ghiglia (Firenze, 5 marzo 1905 – Roma, 19 novembre 1979)
Viale alberato - Olio su cartone - Dimensione cm 54 x 43,5

Il miracolo

In un campo ho veduto una ghianda: sembrava così morta, inutile.

E in primavera ho visto quella ghianda mettere radici e innalzarsi, giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire: eppure questo miracolo si produce mille migliaia di volte nel sonno di ogni autunno e nella passione di ogni primavera.
Perché non dovrebbe prodursi nel cuore dell'uomo?

Kahlil Gibran-


Buona giornata a tutti :-)


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domenica 15 settembre 2024

Compagni di volo - don Tonino Bello

 Voglio ringraziarti, Signore per il dono della vita;
ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore,
che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta,
forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me;
per questo mi hai dato la vita:
perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te,
perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ ebrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia
Di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito
di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, 
per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello 
che è rimasto con l’ala ,
l’unica ala inesorabilmente impigliata
nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te;
soprattutto per questo fratello sfortunato,
dammi, o Signore, un’ala di riserva.

 - Don Tonino Bello - 


Coltivate la bellezza del vostro sguardo. 
Non potete immaginare quanta luce 
questa bellezza dà
a chi è triste,
quanta voglia di vivere 
produce uno sguardo generoso 
su una persona che è triste.

- don Tonino Bello - 

                                                                                  


Dio me lo sento
come un padre dolcissimo,
col quale non è difficile confidarmi.
Sento di non aver soggezione di lui.
Anche quando sbaglio, mi sembra più facile 
chiedergli scusa con un sorriso di implorazione 
che con un percuotimento di petto.
Me lo sento vicino, comunque, tantissimo.
Devo, però, dire che spesso mi dimentico di lui
e me ne dispiace, 
soprattutto la sera quando mi addormento.
Ma lo chiamo ugualmente:
tanto sono certo del suo perdono.

- don Tonino Bello -

                                                                                   

 
Non abbiamo il diritto
di annunciare e attendere 
un altro mondo,
se non ci saremo impegnati
a far sì che un mondo altro 
si affermi sulla terra.

- don Tonino Bello - 


Non abbiate paura 
di innamorarvi adesso, 
di incantarvi adesso,
di essere stupiti adesso,
di entusiasmarvi adesso, 
di guardare troppo in alto adesso, 
di sognare adesso.

- don Tonino Bello - 





Buona giornata a tutti. :-)

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