sabato 31 agosto 2013

Il Narratore - Jairo Aníbal Niño -


Il tiranno venne un giorno a sapere che tra le montagne viveva un formidabile cantastorie e ordinò al suo ministro della guerra di catturarlo.
I soldati lo acchiapparono mentre navigava su una zattera di giunchi odorosi in un lago color della notte.
Lo condussero in catene al palazzo. Il despota osservò con minuziosa attenzione le sue mani callose, la sua pelle brunita, le sue larghe e forti spalle. Quando lo guardò negli occhi, l'autocrate si sentì turbato. In quello sguardo scoprì qualcosa di simile a un nuotatore dorato e bronzeo nell'acqua della pupilla. 

Ordinò allora all'uomo che raccontasse una storia. Il narratore, minacciato dalle guardie armate, disse con una voce dura da uomo di mare: "Non si può raccontare nessun racconto quando si è incatenati".
Il tiranno fece un cenno con la testa e l'uomo fu liberato dai ferri.
"Racconterò una storia delle terre calde", annunciò il narratore.
Quando cominciò a parlare del viaggio di Fátima Montes e Pedro María Valiente verso il posto dove cresceva il cespuglio dell'allegria, allo scopo di raccogliere i suoi semi e spargere la sua musica e il suo aroma per ogni recesso della fangosa palude, il grande salone del palazzo si trasformò in un luogo in cui scorreva un fiume navigabile e i presenti videro i personaggi della favola viaggiare sotto un cielo d'aironi fino a giungere in un luogo dove s'accamparono, nelle vicinanze di un boschetto d'alberi di guayaba, accanto a delle rosse e succose pere, e s'inumidirono le labbra con la generosa dolcezza delle amarene. Fátima e Pedro stesero una tovaglia bianca sull'erba e apparvero i fiocchi delle focaccine di manioca e come una pioggia d'oro le palline delle uova dei pesci del fiume. Dopo mangiato, Fátima cantò la romanza del povero che s'era innamorato di una principessa molto ricca e molto bella. Triste e adirato per il disprezzo e le crudeltà della nobildonna, una notte in cui la luna si mutò nella pupilla di un cavallo magico, il povero immerse il ritratto della principessa in un bicchiere di vino e se la bevve. In quel preciso istante lei si liquefece nei suoi appartamenti del palazzo e dovette continuare a navigare nelle viscere del povero per tutta la vita. Quando terminò la melodia, nel salone sorse la pelle di fiore di Fátima Montes e s'intravvidero i suoi occhi d'un nero incandescente, mentre serena e tranquilla si coricava accanto al suo amante sulla sabbia del tropico.
Poi scese la notte sul fiume, cedendo il passo a un gigantesco giaguaro farfalla con fattezze umane che avanzava verso la corrente per abbeverarsi. Il giaguaro restò inebetito a guardare il corpo nudo della ragazza, sentì una pioggerella dolce suoi suoi occhi celesti e stupefatto volle palpare il meraviglioso eccitamento che avvertiva per la prima volta nella parte più oscura del petto. Con le sue unghie d'acciaio si fece un taglio profondo e, mentre sveniva, il cuore insanguinato gli galoppava tra gli artigli.
Il despota, affascinato dall'abilità del narratore nel convertire in vita le parole e spinto dalla sua grande cupidigia, esclamò: "Adesso ti ordino di raccontare la storia delle miniere del re Salomone".
L'uomo disse: "Non si può mai lasciare una narrazione a metà. Prima bisogna finire questo racconto".
Il tiranno sguainò la spada e grugnì: "E va bene. Finiscilo. Ma alla svelta".
Il cantastorie replicò: "Lo concluderò e avrà un lieto fine".
Il narratore parlò allora delle battaglie che sostennero Fátima e Pedro contro le colombe di vetro che cavano gli occhi agli uomini per alimentarsi con tutte le figure da essi viste durante la vita, che se ne stanno acquattate nel centro della pupilla, e narrò l'incontro con il fiore canterino e le interminabili notti d'attesa tenendosi ben stretti lungo tutto l'orlo del mondo, fino al giorno in cui giunsero a un cascinale illuminato e lì, in un patio verdemare, trovarono il cespuglio dell'allegria.
Il narratore lasciò che i suoi carcerieri, attratti dalla ingioiellata presenza del cespuglio dell'allegria, entrassero poco a poco nel racconto. 

Quando si erano ormai addentrati per varie miglia verso il centro del racconto, il cantastorie esclamò: "Fátima Montes e Pedro María Valiente raccolsero i semi che brillavano nelle loro mani come diamanti e non si resero conto che i loro nemici stavano lentamente stringendo l'accerchiamento fatale. All'improvviso, da uno dei semi scaturì una luce che andò crescendo fino a trasformarsi in in un tapiro gigantesco che sprizzava fiamme dalla proboscide e che si scagliò, in difesa di Fátima e Pedro, contro i loro avversari, distruggendoli".
Il cantastorie scorse, in mezzo all'immensa nuvola di polvere del palazzo abbattuto, il tiranno e i suoi sgherri carbonizzati e disse: "Il racconto è finito".
Guardò il cielo stellato, sorrise e si mise in cammino verso le montagne.

(Jairo Aníbal Niño)
Fonte:  "Preguntario", 1998




Una cultura diventa dominante quando il suo contenuto è così sistematicamente veicolato dai mezzi di comunicazione che non è possibile che, per una veloce osmosi, non giunga ad informare inconsapevolmente la mentalità comune.

(Luigi Giussani - Un avvenimento di vita )





Non ci si accorge mai abbastanza presto di quanto non si è indispensabili per il mondo. Che persone importanti crediamo di essere! Immaginiamo di essere i soli ad animare la sfera in cui operiamo; pensiamo che, assenti noi, si fermi ogni cosa: vita, nutrimento e respiro; e non ci accorgiamo che la lacuna che lasciamo si colma molto in fretta, anzi spesso non diventa che il luogo per qualcosa, se non di migliore, per lo meno di più gradevole.

Johann Wolfgang Goethe



Il Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede. E’ proprio il contrario: la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza.
Fede e violenza sono incompatibili!
Fede e violenza sono incompatibili!
Invece fede e fortezza vanno insieme, Il cristiano non è violento, ma è forte. E con che fortezza? Quella della mitezza, la forza della mitezza, la forza dell’amore”.
(Angelus del 18 agosto 2013)




Preghiera della sera


Eterno Padre, io vi offro oggi tutte le virtù, gli atti,
gli affetti del Cuore del vostro caro Gesù.
Accettateli per me e per i suoi meriti;
concedetemi quelle grazie che Gesù vi domanda per me.
Con questi meriti io vi ringrazio di tante misericordie usatemi.
Con questi soddisfo quello che vi debbo per i miei peccati.
Per questi spero ogni grazia da voi, il perdono, la perseveranza, il paradiso,
e sopra tutto il sommo dono del vostro puro amore.
Vedo già che sono io che a tutto pongo impedimento,
ma a ciò ancora voi rimediate.
Io vi prego per amore di Gesù Cristo il quale ha promesso:
 Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis.
Dunque non me lo potete negare. Signore, io non voglio che amarvi,
che donarmi a voi intieramente, 
e non vedermi più ingrato come sono stato sinora.
Guardatemi ed esauditemi;
fate che oggi sia il giorno ch'io tutto mi converta a voi,
per non lasciare mai più d'amarvi.
V'amo, mio Dio, v'amo, bontà infinita;
v'amo, mio amore, mio paradiso, mio bene, mia vita, mio tutto.
Gesù mio, tutto mio; voi mi volete, io vi voglio.

(Sant’Alfonso Maria de Liguori)



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it




venerdì 30 agosto 2013

La trappola per topi

Un topo stava guardando attraverso un buco nella parete, spiando quello che il contadino e sua moglie stavano facendo. Avevano appena ricevuto un pacco e lo stavano scartando tutti contenti.
"Sicuramente conterrà del cibo" pensò il topo.
Ma quando il pacco fu aperto il piccolo roditore rimase senza fiato. Quella che il contadino teneva in mano non era roba da mangiare, era una trappola per topi!
Spaventato, il topo cominciò a correre per la fattoria gridando: "State attenti! C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!".
La gallina, che stava scavando per terra alla ricerca di semi e vermetti, alzò la testa e disse: "Mi scusi, signor Topo, capisco che questo può costituire per lei un grande problema, ma una trappola per topi non mi riguarda assolutamente. Sinceramente non mi sento coinvolta nella sua paura". 

E, detto questo, si rimise al lavoro per procurarsi il pranzo.
Il topo continuò a correre gridando: "State tutti attenti! C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!". 

Casualmente incontrò il maiale che gli disse con aria accattivante: "Sono veramente dispiaciuto per lei, signor Topo, veramente dispiaciuto, mi creda. ma non c'è assolutamente nulla che io possa fare".
Ma il topo aveva già ripreso a correre verso la stalla dove una placida mucca ruminava, sonnecchiando, il suo fieno.
"Una trappola per topi? - gli disse - E lei crede che costituisca per me un grave pericolo?". Fece una risata e riprese a mangiare tranquillamente.
Il topo, triste e sconsolato, ritornò alla sua tana preparandosi a dover affrontare la trappola tutto da solo.
Proprio quella notte, in tutta la casa si sentì un fortissimo rumore, proprio il suono della trappola che aveva catturato la sua preda. 

La moglie del contadino schizzò fuori dal letto per vedere cosa c'era nella trappola ma, a causa dell'oscurità, non si accorse che nella trappola era stato preso un grosso serpente velenoso. Il serpente la morse.
Subito il contadino, svegliato dalle urla di lei, la caricò sulla macchina e la portò all'ospedale dove venne sottoposta alle prime cure. 

Quando ritornò a casa, qualche giorno dopo, stava meglio ma aveva la febbre alta. Ora tutti sanno che quando uno ha la febbre non c'è niente di meglio che un buon brodo di gallina. E così il contadino andò nel pollaio e uccise la gallina trasformandola nell'ingrediente principale del suo brodo.
La donna non si ristabiliva e la notizia del suo stato si diffuse presso i parenti che la vennero a trovare e a farle compagnia. 

Allora il contadino pensò che, per dare da mangiare a tutti, avrebbe fatto meglio a macellare il suo maiale. E così fece.
Finalmente la donna guarì e il marito, pieno di gioia, organizzò una grande festa a base di vino novello e bistecche cotte sul barbecue. 

Inutile dire quale animale fornì la materia prima.

Morale: la prossima volta che voi sentirete qualcuno che si trova davanti ad un problema e penserete che in fin dei conti la cosa non vi riguarda, ricordatevi che quando c'è una trappola per topi in casa tutta la fattoria è in pericolo.

"Quando senti suonare la campana non chiederti per chi suona.
Essa suona anche per te".


(Ernest Hemingway)




L'uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi.

- Albert Einstein -




"Chiunque consideri la propria e l'altrui vita come priva di significato è non soltanto infelice ma appena degno di vivere."

Albert Einstein




Forse è questo ciò che impedisce di trovar la pace. Troppe parole. 

- Hermann Hesse -




Buona giornata a tutti :-)



giovedì 29 agosto 2013

In prigione, per Cristo - card. François Xavier Nguyen van Thuan -

Gesù,
ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta,
sono stato arrestato.
Trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang
quattrocentocinquanta chilometri di distanza
in mezzo a due poliziotti,
ho cominciato l'esperienza di una vita di carcerato.
Tanti sentimenti confusi nella mia testa: tristezza, paura, tensione,
il mio cuore lacerato
per essere allontanato dal mio popolo.
Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura:
«E stato annoverato tra i malfattori
- et cum iniquis deputatus est» (Lc 22,37).

Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi, Saigon, Phanthiet, Nhatrang:
con tanto amore verso i miei fedeli,
ma nessuno di loro sa che il loro Pastore sta passando,
la prima tappa della sua Via crucis.
Ma in questo mare di estrema amarezza,
mi sento più che mai libero. Non ho niente con me,
neanche un soldo, eccetto il mio rosario
e la compagnia di Gesù e Maria.
Sulla strada della prigionia ho pregato:
«Tu sei il mio Dio e il mio tutto ».

Gesù,
ormai posso dire come san Paolo:
«Io Francesco, a causa di Cristo, ora sono in prigione
- ego Franciscus, vinctus Jesu Christi pro vobis» (Ef 3,1).
Nel buio della notte
in mezzo a questo oceano di ansietà, d'incubo,
piano piano mi risveglio:

«Devo affrontare la realtà ».
«Sono in prigione,
se aspetto il momento opportuno
per fare qualcosa di veramente grande,
quante volte nella vita mi si presenteranno
simili occasioni?
No, afferro le occasioni che si presentano ogni giorno,
per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario ».

Gesù,
io non aspetterò, vivo il momento presente, colmandolo di amore.
La linea retta è fatta di milioni di piccoli punti uniti uno all'altro.
Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi e di minuti uniti uno all'altro.
Dispongo perfettamente ogni singolo punto
e la linea sarà retta.
Vivo con perfezione ogni minuto
e la vita sarà santa.
Il cammino della speranza è lastricato di piccoli passi di speranza.
La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza.
Come tu, Gesù, che hai fatto sempre ciò che piace al Padre tuo.
Ogni minuto voglio dirti:
Gesù, ti amo,
la mia vita è sempre una «nuova ed eterna alleanza» con te.
Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa:
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo...


Residenza obbligatoria
a Cây-Vông (Nhatrang, Centro Viet Nam),
16 agosto 1975,
all'indomani dell'Assunzione di Maria


(card. François Xavier Nguyen van Thuan)



Preghiera per la canonizzazione del Servo di dio Card. Van Thuan





"Non lasciarti scoraggiare dai fallimenti. Se hai cercato di fare la volontà di Dio, ogni fallimento può essere un successo ai suoi occhi, perchè questo è il modo che Dio ha scelto. 
Guarda all'esempio di Gesù sulla Croce."

- Servo di Dio Card. Van Thuan -



Foto dell'Esequie del Card. Van Thuan, in data 16 Settembre 2002



"Saremo giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente i più deboli e bisognosi. Certo, dobbiamo sempre tenere ben presente che noi siamo giustificati, siamo salvati per grazia, per un atto di amore gratuito di Dio che sempre ci precede; da soli non possiamo fare nulla.
La fede è anzitutto un dono che noi abbiamo ricevuto.
Ma per portare frutti, la grazia di Dio richiede sempre la nostra apertura a Lui, la nostra risposta libera e concreta.
Cristo viene a portarci la misericordia di Dio che salva. A noi è chiesto di affidarci a Lui, di corrispondere al dono del suo amore con una vita buona, fatta di azioni animate dalla fede e dall’amore”.

Papa Francesco


mercoledì 28 agosto 2013

tratto da "Lettera a mia figlia (sull' amore e la vita al tempo del dolore)" - Antonio Socci


«Mentre ancora parlava, dalla casa del capo
della sinagoga vennero a dirgli: “Tua figlia
è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”.
Ma Gesù, udito quanto dicevano,
disse al capo della sinagoga: “Non temere,
continua solo ad aver fede!”. […] Presa la
mano della bambina, le disse: “Talità
kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico,
alzati!”. Subito la fanciulla si alzò.»
Mc 5,35-43
Carissima Caterina,
c’è sempre un immenso struggimento in ciò che un padre vorrebbe dire a una figlia e ancora di più nel nostro caso perché quello che ci è accaduto e che viviamo ha ingigantito tutti i sentimenti e ora non riescono più a stare dentro le parole.
E nemmeno dentro ai silenzi.
È difficile per tutti, in questi casi, aprire il proprio cuore perché quei sentimenti straripano fuori alla rinfusa e cozzano fra loro.
E lo è per me specialmente, perché conosco la tua assoluta refrattarietà a questo tipo di confessioni e dichiarazioni.

Che certo tu, per sottrarti alla commozione, bolleresti – con un incurante sorriso – come «enfatiche».
Tu che ridendo mi «ordini» sempre di volerti bene stando zitto. Hai ragione. Ma voglio abbracciarti egualmente con la gioia di queste parole, perché quel giorno atroce pensai…

“Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai nulla può giovare” (1). 


Mentre oggi che sei tornata, oggi che ci sei stata restituita, su ogni alba trovo scritto il tuo nome, per me ogni sole a mezzogiorno brilla con i tuoi occhi, ogni brezza mi ricorda il tuo pianto, ogni notte fa riecheggiare il tuo canto e il tuo sorriso illumina e cura tutte le mie ferite.
No, la Felicità non si è scordata di noi. È sulla strada, sta tornando, ci ha già fatto arrivare i suoi messaggeri e io su ali d’aquila andrò a cercarla affinché non si attardi.
Perché affretti il suo passo chiederò ai venti di aiutarne il cammino, alle stelle di segnarle la via, incaricherò la luna di non farla assopire, alla primavera domanderò di vestirla a festa.
Colui che ha promesso, Colui a cui sei cara, manterrà la Sua parola, perché essa non può fallire, è stabile più della terra, certa più della luce del sole. Perché è già realtà.
Supplicherò tutte le schiere degli angeli perché la loro Regina ci renda pronti e degni. Perché affretti i giorni della consolazione.
Mentre noi – che apprendemmo un po’ di umiltà dal dolore – impariamo ora la saggezza dal tuo silenzio, Caterina, la fede dal tuo coraggio, la speranza dalla tua allegria, la carità dalla tua pazienza.
Tua mamma un giorno ti ha detto: «Cate, sei un mito, per me. Sei il mio mito!». E tu sai di esserlo per tutti noi. Sei il nostro orgoglio e la nostra forza.
Non finirò mai di ringraziare il Cielo per averci dato una figlia come te. E per averti ridonata a noi quando sembrava che ci fossi stata tolta.
Io ho riempito il mondo del tuo nome, l’ho scritto in cielo e in terra, sui libri e nei cuori, lo scriverò su ogni fiore che spunterà la prossima primavera e lo farò sussurrare al mare.
E sono certo che...

“Il piu bello dei mari e quello che non navigammo.
[…] I piu belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di piu bello
non te l’ho ancora detto” (2).


il tuo babbo


(1) Wystan Hugh Auden, Blues in memoria, in La verità, vi prego, sull’amore, Adelphi 1994.

(2) Nazim Hikmet, Il più bello dei mari, in Poesie d’amore, Mondadori 2002

Fonte: "Lettera a mia figlia (sull' amore e la vita al tempo del dolore)", Antonio Socci, Rizzoli Editore



"L'unica cosa importante quando ce ne andremo, saranno le tracce d'amore che avremo lasciato."


- Albert Schweitzer - 



Allegoria della Fede di Vermeer

No, la fede non è questo. La fede comporta scegliere Dio come criterio-base della vita, e Dio non è vuoto, Dio non è neutro, Dio è sempre positivo, Dio è amore, e l’amore è positivo! 
Dopo che Gesù è venuto nel mondo non si può fare come se Dio non lo conoscessimo. Come se fosse una cosa astratta, vuota, di referenza puramente nominale; no, Dio ha un volto concreto, ha un nome: Dio è misericordia, Dio è fedeltà, è vita che si dona a tutti noi.

Papa Francesco



"Solo il dolore insegna cos’è la vita senza il dolore."

- Stefano Benni -



Ricordatevi questo: seguire Gesù non è neutro, seguire Gesù significa coinvolgersi, perché la fede non è una cosa decorativa, è forza dell’anima!

- Papa Francesco -







martedì 27 agosto 2013

Una sbarra tra i ricchi e i poveri (3) - don primo Mazzolari -



Estratto dall' antologia Il prete di "Adesso" (Roma, Rogate, 2009, pagine 141, euro 12) a cura di Leonardo Sapienza.

Il sacerdote, pur avendo lo sguardo sulla condizione dell'uomo, che è di comune e irrimediabile povertà finché si rimane sul piano delle cose che "oggi sono e domani non sono" (cfr. Matteo, 6, 30) e che anche quando sono "ingombrano invece di saziare", si inserisce in questo momento esterrefatto del peccato, che separa gli uomini in ricchi e poveri.
Il suo ufficio non è quello di far ricchi i poveri o poveri i ricchi con accorgimenti legali o di ordine economico-sociale.
Che vi sia chi lo tenti questo lavoro di equità, è buona e doverosa cosa specialmente per un cristiano che non voglia rinnegare la fraternità. Ed è pure buona cosa che il sacerdote inviti e suggerisca tale sforzo, che entra nei normali doveri della società cristiana; ma la sua propria funzione è di portar via il peccato, che crea le disuguaglianze e ogni male. "Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che porta via i peccati del mondo" (cfr. Giovanni, 1, 36).
Se va via il peccato dal nostro cuore, si fa anche l'"eguaglianza" e i vasi comunicano. E siccome il peccato è purtroppo un retaggio comune, patrimonio tanto dei ricchi come dei poveri, dato che il male è dentro di noi, e il "bicchiere va lavato dal di dentro", il sacerdote deve predicare agli uni e agli altri:  ai ricchi che fanno del possedere il "mammona", ai poveri che misconoscono la loro grande dignità per il solo fatto che non ha contropartita immediata.
Da secoli, da quando Cristo ci ha mandato "a predicare la buona novella ai poveri" (cfr. Luca, 4, 18) ci troviamo in questo poco comodo ufficio. 

Né i poveri ci ascoltano, né i ricchi ci ascoltano:  e ciò che ancor più ci umilia, par che abbiano lor buone ragioni tanto questi che quelli. 
I ricchi dicono:  è coi poveri contro di noi:  adula i poveri per averli in mano contro di noi. I poveri dicono:  tiene coi ricchi perché sono i più forti e lo foraggiano.
Non è raro il caso che ricchi e poveri si mettan d'accordo, come Erode e Pilato, per farlo tacere (cfr. Luca, 23, 12).
A sua volta il prete, che è un uomo, cioè un pover'uomo, come ognuno se non di più, può essere preso dalla tentazione di togliersi da questa scomoda e assurda condizione, spostandosi verso destra o verso sinistra, e non per motivi volgari, ma dietro pretesti magistralmente ragionati. "I ricchi sono irriverenti, mangiapreti, irreligiosi, senza cuore". "I poveri, socialisti, bolscevichi, materialisti, atei...".
E in una vicenda che è spirituale, si finisce con alleati e mezzi di tutt'altro genere.
Ma i ricchi, che son più accorti, ci fanno la corte volentieri, e noi ci caschiamo dentro nell'inganno:  con loro contro i poveri. 

D'onde le sequele di accuse e di pregiudizi che ben conosciamo e che fortunatamente non meritiamo, ma che tengono lontano ricchi e poveri dalla strada buona.
Il Regno dei Cieli non è a destra né a sinistra, né coi poveri né coi ricchi, finché ricchi e poveri si differenziano soltanto per quello che hanno, non per quello che sono. 

Tra questi due fronti, che il peccato ha innalzato e che il peccato tiene in piedi, ci sta, crocifisso, il sacerdote:  crocifisso tra due ladroni, uno buono l'altro un po' meno, ma ladroni entrambi.
Questo è il suo grande e tremendo destino, aggravato dal fatto, che mentre lui ha mani e piedi inchiodati, i suoi compagni, che son legione, muovono mani e piedi, e tiran sassi e calci, l'uno contro l'altro; ma tanto i sassi come i calci finiscono contro il crocifisso che sta di mezzo e fa da sbarra. 

Il prete è una sbarra che ha il cuore, e il colpo, venga da destra o da sinistra lui lo riceve nel cuore, e non può ricambiarlo, neanche lamentarsi. 
Oscilla soltanto, ed è per grande carità:  ma gli altri dicono che parteggia perché se viene colpito a destra oscilla verso sinistra e viceversa. 
E così perde anche l'onore. 
(Fine)
(don Primo Mazzolari)
(dal periodico "Adesso", n. 5, 1° marzo 1953)
(©L'Osservatore Romano - 8 aprile 2009)

La prima parte: http://www.leggoerifletto.blogspot.it/2013/08/una-sbarra-tra-i-ricchi-e-i-poveri-don.html
La seconda parte: http://www.leggoerifletto.blogspot.it/2013/08/una-sbarra-tra-i-ricchi-e-i-poveri-2.html




«In molti Paesi poveri permane e rischia di accentuarsi l'estrema insicurezza di vita, che è conseguenza della carenza di alimentazione: la fame miete ancora moltissime vittime tra i tanti Lazzaro ai quali non è consentito, come aveva auspicato Paolo VI, di sedersi alla mensa del ricco epulone. Dare da mangiare agli affamati (cfr Mt 25, 35.37.42) è un imperativo etico per la Chiesa universale, che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesù».

(Enciclica "Caritas in veritate", dato a Roma, presso San Pietro, il 29 giugno, solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, dell'anno 2009, quinto del mio Pontificato)







Il dolore è l'unica cosa nostra. E' sui segni dei chiodi, che non sono pochi nella nostra vita, su cui si fermerà l'attenzione del Padre celeste, il quale darà pace a questa sofferenza che s'acquieta soltanto nel gran porto della misericordia di Dio!

Primo Mazzolari


“Credo nello Spirito. L’uomo si vanta di seminare la morte e di fare il deserto. La nostra grandezza la misuriamo con la morte! Essa è davvero l’opera delle nostre mani, il capolavoro del nostro orgoglio. Facciamo concorrenza a Satana, in opposizione allo Spirito che fa vivere ogni cosa, che nasconde la vita nel più piccolo seme e la libertà nel cuore dell’ultimo uomo. Lo Spirito non ha granai, non ha banche, industria pesante, eserciti, aviazione, marina, clientele… non ha niente e muove tutto, e dove l’uomo è passato distruggendo, egli, in silenzio, fa rigermogliare ogni cosa. Per lui ho una famiglia che si dilata fino agli estremi confini della terra, annuncio di un regno che sospira anche nei cuori dei tiranni. Non ci sono separazioni né disuguaglianze né ingiustizie in questa famiglia, che sta come le pietra che gli fa da sostegno, e che continua a camminare dietro il Pellegrino che lo guida… 
“Credi tu questo?” “Sì, o Signore, io credo… ma tu aiuta la mia poca fede” 

Don Primo Mazzolari-Da il Quindicinale ADESSO, fondato nel 1949.



Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 26 agosto 2013

Maria, vorrei che il mio “sì” fosse - Paul Claudel -

Maria, vorrei che il mio “sì” fosse
semplice come il tuo, che non avesse astuzie mentali. 

Vorrei che il mio “sì” come il tuo, 
non mi mettesse al centro ma a servizio. 

Vorrei che il mio “sì” al disegno di un altro,
come il tuo, volesse dire soffrire in silenzio. 

Vorrei che il mio “sì”, come il tuo, 
volesse dire tirarsi indietro per far posto alla vita. 

Vorrei che il mio “sì”, come il tuo, 
racchiudesse una storia di salvezza. 
Ma il mio peccato, il mio orgoglio,
la mia autosufficienza, dicono un “sì” ben diverso.

Il tuo sguardo su di me , Maria, 
mi aiuti ad essere semplice, 
una che si dimentica, 
una che vuole perdersi nella
disponibilità di chi sa di esistere, 
da sempre, soltanto come un pensiero d’amore. 
Amen. 

(Paul Claudel)









Il matrimonio costituisce la società, il vincolo superiore ad ogni altro: per sua natura prevede la comunione dei beni dell’uno con l’altro. Pertanto se Dio ha dato alla Vergine in sposo Giuseppe, glielo ha dato pure a compagno della vita, testimone della verginità, tutore dell’onestà, ma anche perché partecipasse, mercé il patto coniugale, all’eccelsa grandezza di lei.

Leone XIII, Enciclica "Quamquam pluries" (sulla devozione a San Giuseppe)

Madonna by Giovanni Battista Todeschini (1857 - 1938)
The prayer, song in late summer

Soft and blue are thy robes, my Mother,
Azure and clear as an angel's eyes -
Let me hide in them, oh, my Mother -
Radiant Queen of the summer skies!
Softly piled on the far horizon
Smoky white clouds drifting here and there;
These the border on your blue mantle -
Mother most holy...
Virgin most fair!
Deep and blue and wide is the ocean -
Deep as the call of its peace to me;
Jeweled and shining...
Thy veil, my Mother?
Thy silvered veil, oh Star of the sea?
 
fonte: Edith M. Stoney Press, 1946.; Robert, Cyril. Mary Immaculate: God's Mother and Mine.; Poughkeepsie, NY: Marist




Anche Maria ha conosciuto il martirio della croce: il martirio del suo cuore, il martirio dell’anima.
Lei ha sofferto tanto, nel suo cuore, mentre Gesù soffriva sulla croce. La Passione del Figlio l’ha vissuta fino in fondo nell’ anima. E’ stata pienamente unita a Lui nella morte, e per questo le è stato dato il dono della risurrezione. Cristo è la primizia dei risorti, e Maria è la primizia dei redenti, la prima di «quelli che sono di Cristo». E’ nostra Madre, ma anche possiamo dire è la nostra rappresentante, è la nostra sorella, la nostra prima sorella, è la prima dei redenti che è arrivata in Cielo.

Papa Francesco, Omelia Giovedì, 15 agosto 2013




Se avessi continuato a ricevere soltanto consensi, avrei dovuto chiedermi  se stessi veramente annunciando il Vangelo. 


Papa Benedetto XVI
Buona giornata a tutti. :-))