giovedì 30 novembre 2023

Il regalo di Babbo Natale

Babbo Natale partì dal Polo Nord il giorno della vigilia. I folletti quel dì ebbero un gran da fare per finire di preparare i giocattoli e incartarli in bei pacchettini, così da riempire la slitta. 
Finalmente partì. Il viaggio fu abbastanza movimentato e pieno di soste. In una di queste incontrò un ragazzo povero, ma entusiasta del Natale che lo aspettava con ansia. 
A Babbo Natale, quando vide la gioia negli occhi di quel bambino, gli si riempi il cuore di felicità; gli piaceva consegnare i doni soprattutto se come ricompensa riceveva allegria dai bambini. Finalmente, il Buon Vecchio dalla barba bianca, arrivò alle porte della città a bordo della sua tintinnante e scintillante slitta. 
Babbo Natale non vedeva l'ora di consegnare tutti quei regali ai bambini e di godersi la gioia dei loro visetti al momento di scartarli. Incitò le sue renne e a gran velocità entrò allegramente sotto l'arco della porta principale. Era notte fonda. 
Cominciò a vedere qualcosa di strano, non riusciva a distinguere in giro neanche un segno del Natale: non c'erano alberi addobbati, nessuna stella cometa fatta di lampadine, le vetrine erano tutte buie. Quando poi la sua slitta passò sotto le finestre della scuola elementare il suo sbalordimento fu davvero grande; non c'era niente alle finestre, neanche un piccolo disegno. Babbo Natale fu preso dallo sconforto e cominciò a pensare che si fossero dimenticati di lui, ma subito si riprese e bussò ad una porta per chiedere spiegazioni. 
Venne ad aprire un vecchio malandato che lo guardò con occhi assenti e spiegò a Babbo Natale che anche quel giorno avevano subito dei bombardamenti, perché quella città era in guerra e quindi la gente avendo paura di morire si rinchiudeva nei cunicoli più protetti e profondi. 
Per questo i bambini non andavano a scuola e si erano nascosti, e tutte le luci della città erano spente per non farsi vedere dal nemico. A queste parole Babbo Natale si rattristò moltissimo e allo stesso tempo pensò che doveva regalare un po' di felicità. Tirò fuori dal sacco un enorme mantello nero e lo distese sopra la città, coprendola tutta, per nasconderla al nemico. 
Suonò la campana e raccolse ogni abitante in piazza dove addobbò il più grosso albero di Natale, illuminò la città per intero con mille luci e distribuì tanti doni, a piccoli e grandi.

E, come per incanto, anche gli occhi delle persone tornarono a brillare!



L'albero di Natale sei tu quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.

- Papa Francesco -



Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l'anno.

- Charles Dickens -




Tempo di Avvento ...
I doni di Gesù Cristo non ci aspettano solo in un puro “futuro” ma sono presenti già fin dentro il “presente”…

...Uno dei caratteri fondamentali dell'Avvento è "l'attendere", che è nel contempo anche uno "sperare"...
Nella sua vita, l'uomo è l'essere che attende: e che l'uomo sia un essere che attende, mai diviene così palese come nel tempo della malattia e della sofferenza. E allo stesso modo l'attendere è un fardello troppo gravoso da portare quando resta del tutto incerto se sia lecito aspettarsi qualcosa. Ma se il tempo stesso possiede un senso, se in ogni istante è racchiuso qualcosa di peculiare e che ha davvero valore, allora il presentimento di letizia per ciò che di meglio il domani recherà rende ancora più prezioso quanto è già presente, e ci conduce come un'invisibile forza attraverso il fluire del tempo.
L'Avvento cristiano ci vuole insegnare ad attendere proprio in questo modo: esso anzi è la forma specificamente cristiana dell'attendere e dello sperare. I doni di Gesù Cristo, infatti, non ci aspettano solo in un puro "futuro", ma penetrano già fin dentro il presente. Egli è presente già ora, in modo velato, e mi parla in molti modi: attraverso la sacra Scrittura, attraverso l'anno liturgico, attraverso i santi, attraverso gli innumerevoli eventi di ogni giorno, attraverso l'intera creazione...
Io posso rivolgergli la parola, posso elevargli il mio lamento e porre innanzi a lui le mie sofferenze, la mia impazienza e le mie domande, consapevole che egli è sempre lì ad ascoltarmi...

- Card. Joseph Ratzinger - 
da:  "Licht, dans uns leuchtet" 





Buona giornata a tutti. :-)



martedì 28 novembre 2023

Dammi oggi, il pane quotidiano... – Ernesto Olivero

 Dammi oggi, il pane quotidiano...

Il pane della speranza,
per dare speranza.
Il pane della gioia,
da poter spartire.
Il pane dell'intelligenza,
per varcare l'impossibile.
Il pane del sorriso,
da trasmettere agli altri.
Il pane della misericordia,
perché possa ricevere e dare perdono.
Il pane del dolore,
da condividere.
Il pane della grazia,
per non attaccarmi al male.
Il pane della fraternità,
per diventare una cosa sola con i miei fratelli.
Il pane del tempo,
per conoscerTi.
Il pane del silenzio,
per amarTi.

- Ernesto Olivero - 


La vita di Carla…..
(Carezza di Giovanni  Paolo II – 2000 insieme ad Ernesto Olivero, fondatore del SerMiG)
fonte: http://www.cantogesu.it/Home/



“Non regalateci mimose quest’anno,
non abbiamo di che festeggiare
quando l’umanità si prepara alla guerra.

Non abbiamo più orgoglio per i diritti acquisiti
quando siamo mortificate nei valori più nostri
l’accoglienza, la pace, la vita!

Non regalateci cuori finti,
da appendere al collo
regalateci il sorriso di bambini strappati alla fame,
regalateci acqua pulita per i villaggi del deserto!

Non regalateci parole retoriche al femminile,
regalateci concrete speranze di pace,
regalateci un futuro sereno per i nostri figli.

Quando potremo di nuovo respirare aria pulita
e le nostre bandiere sventoleranno di gioia,
oggi sarà finalmente la festa delle donne
che hanno scelto la pace.”

- Rosanna Tabasso - 


Buona giornata a tutti :-)


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domenica 26 novembre 2023

L'ora dei Santi viene sempre - Georges Bernanos

 La comunione dei santi...Chi tra di noi è sicuro di appartenervi? E se ha questa fortuna quale parte ha in essa? Chi sono i ricchi e i poveri di questa comunità sorprendente? Chi sono quelli che danno e chi sono quelli che ricevono? Quante sorprese!
Oh certo, niente pare meglio regolato, più strettamente ordinato, gerarchizzato, equilibrato della vita esterna della Chiesa. Ma la sua vita interiore trabocca di prodigiose libertà, vorrei quasi dire di divine stravaganze dello spirito, dello spirito che soffia dove vuole.
Quando si pensa alla severa disciplina che mantiene quasi implacabilmente al posto stabilito ogni membro di questo grande corpo ecclesiastico, dal più modesto vicario fino al Santo Padre coi suoi privilegi, coi suoi titoli, direi quasi col suo vocabolario particolare, non sono forse delle stravaganze quelle promozioni improvvise, talvolta troppo improvvise, di oscure religiose, di semplici laici o anche di mendicanti divenuti bruscamente patroni, protettori, dottori della Chiesa universale?
Oh, non si tratta di opporre la Chiesa visibile alla Chiesa invisibile.
La Chiesa visibile non è soltanto la gerarchia ecclesiastica: siete voi, sono io, perciò non sempre è gradita, anzi qualche volta è stata anche molto sgradita, come nel secolo XV, al tempo del Concilio di Basilea...
In questi casi siamo naturalmente tentati di rammaricarci che non sia la Chiesa invisibile, ci si rammarica che un cardinale sia riconoscibile da lontano per la sua bella cappa scarlatta, mentre un santo, durante la vita, non si distingue per nessun abito particolare...
Lo so: questa che sembra una battuta, per molte anime invece è un pensiero torturante.
Ma non è giusto ragionare come se la Chiesa visibile e la Chiesa invisibile fossero due chiese, la Chiesa visibile è quello che noi possiamo vedere della Chiesa invisibile e questa parte visibile della Chiesa invisibile varia con ognuno di noi. Perché noi conosciamo tanto meglio l'umano che c'è in lei quanto meno siamo degni di conoscere il divino che c'è in lei. 
Diversamente, come spieghereste una bizzarria come questa: che i più qualificati a scandalizzarsi dei difetti, delle deformazioni, delle difformità della Chiesa visibile, voglio dire i Santi, siano proprio quelli che non se ne lamentano mai?
La Chiesa visibile è ciò che ognuno di noi può vedere della Chiesa invisibile, secondo i propri meriti e la grazia di Dio. E' troppo bello dire vorrei vedere ben altro , non quello che vedo. Certo, se il mondo fosse il capolavoro di un architetto scrupoloso della simmetria o di un professore di logica, di un Dio deista insomma, la Chiesa allora ci darebbe lo spettacolo della perfezione, dell'ordine. In essa la Santità sarebbe il primo privilegio del comando e ogni grado della gerarchia corrisponderebbe a un grado superiore di santità, fino al più santo di tutti, il nostro Santo Padre.
Ma dai! Vorreste una chiesa così? E vi sentireste a vostro agio?
Non fatemi ridere! Invece che sentirvi a vostro agio rimarreste sulla soglia di questa congregazione di superuomini, rigirando il vostro berretto tra le mani come uno straccione alla porta del Ritz o del Claridge.
La Chiesa è una casa di famiglia, una casa paterna, e nelle case di famiglia c'è sempre un po' di disordine, le sedie mancano d'un piede, i tavoli sono macchiati d'inchiostro e i barattoli di marmellata si vuotano da soli nelle dispense, queste cose le so, ne ho esperienza...

La casa di Dio è una casa di uomini, non di superuomini.
I cristiani non sono dei superuomini. E neanche i santi sono dei superuomini. Anzi meno che mai i santi, che sono i più umani tra gli umani! 
I santi non sono sublimi, non hanno bisogno del sublime, piuttosto il sublime avrebbe bisogno di loro! 
I santi non sono degli eroi alla maniera degli eroi di Plutarco. 
Un eroe ci dà l'illusione di essere al di là dell'umanità, il santo non sta al di là dell'umanità: la assume, si sforza di realizzarla il meglio possibile.
Capite la differenza? Il santo si sforza di accostarsi quanto più vicino può al suo modello Gesù Cristo, cioè a colui che è stato perfettamente uomo, con una semplicità perfetta fino al punto da sconcertare gli eroi rassicurando gli altri, perché Cristo non è morto soltanto per gli eroi, è morto anche per i vili.
Quando i suoi amici lo dimenticano i suoi nemici non lo dimenticano. Voi sapete che i nazisti non cessarono mai di opporre alla santissima agonia di Cristo nell'orto degli ulivi la morte gioiosa di tanti giovani hitleriani. E' che Cristo vuole sì aprire ai suoi martiri la strada gloriosa di un trapasso senza paura ma vuole anche precedere ognuno di noi nelle tenebre dell'angoscia mortale. La mano ferma, impavida può all'ultimo passo non appoggiarsi alla spalla di Cristo...Ma la mano che trema è sicura di incontrare la sua.

Vorrei concludere con un pensiero che mi ha sempre accompagnato in questa conversazione come il filo del tessitore che corre sotto la trama.
Quelli che incontrano tanta difficoltà a capire la nostra fede hanno un'idea troppo imperfetta della dignità eminente dell'uomo nella creazione, non lo mettono al suo posto nella creazione, al posto a cui Dio lo ha elevato per potervi discendere.
Noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio perché siamo capaci di amare.
I santi hanno il genio dell'amore. E questo genio non è come quello dell'artista, che appartiene a un piccolo numero di privilegiati. Sarebbe più esatto dire che il santo è l'uomo che sa trovare in sé, sa far sgorgare dalle profondità del suo essere, l'acqua di cui Cristo parlava alla samaritana: chi ne berrà non avrà mai sete...
In ognuno di noi c'è la cisterna profonda aperta sotto il cielo. Certo, la superficie è ancora ingombra di detriti, di rami spezzati, di foglie putride da cui sale un odore di morte. Su questa superficie brilla una specie di luce fredda e dura che è quella dell'intelligenza ragionatrice. Ma al di sotto dello strato malsano, l'acqua è subito tanto limpida e tanto pura. Ancora un po' più addentro e l'anima si ritrova nel suo elemento natale, infinitamente più puro dell'acqua più pura: quella luce increata che avvolge tutta quanta la creazione: in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini.

La fede che alcuni di voi si lamentano di non conoscere è in voi, riempie la vostra vita interiore, è quella stessa vita interiore mediante la quale ogni uomo, ricco o povero, ignorante o dotto, può entrare in contatto col divino, cioè con l'amore universale, di cui tutta la creazione è l'inesauribile zampillamento. Contro questa vita interiore cospira la nostra inumana civiltà con la sua attività delirante, col suo furioso bisogno di distrazione e con quell'abominevole dissipazione di energie spirituali degradate attraverso cui si disperde la sostanza stessa dell'umanità.

All'inizio vi dicevo che lo scandalo della creazione non sta nella sofferenza ma nella libertà. Avrei potuto dire benissimo: nell'amore. 
Se le parole avessero conservato il loro significato, direi che la creazione è un dramma dell'amore. I moralisti considerano la santità come un lusso. 
Invece è una necessità. Finché la carità non si era troppo raffreddata nel mondo, finché il mondo ha avuto la sua parte di santi, alcune verità si son potute trascurare ma esse oggi riappaiono come la roccia durante la bassa marea.
La santità, i santi alimentano quella vita interiore senza cui l'umanità si degraderà fino a morire. 
E' nella propria vita interiore che l'uomo trova le risorse necessarie per sfuggire alla barbarie o a un pericolo peggiore della barbarie: la schiavitù bestiale del formicaio totalitario. Certo, si potrebbe credere che questa non è l'ora dei santi, che l'ora dei santi è passata. 
Ma io dico che l'ora dei santi viene sempre.

- Georges Bernanos - 
Fonte: dal discorso alle Piccole Sorelle di Charles De Foucauld, Algeria, 1947


La dignità di Dio. Anche nei suoi confronti, così come succede tra noi, negandogli l'ossequio dovuto gli si fa ingiuria. Chiunque occupi un rango elevato ha diritto a un particolare rispetto, tanto che verrebbe considerato traditore del re quell'uomo che gli rifiutasse un atto di riverenza. Ebbene, vi sono taluni che si comportano così di fronte a Dio [negandogli l'adorazione]. 

«Hanno sostituito la gloria di Dio incorruttibile, con immagini di uomini mortali» (Rm I, 23), il che spiace a lui, sommamente, avendo proclamato per bocca di Isaia: «Io sono il Signore; questo è il mio nome: non darò la mia gloria a nessun altro, né agli idoli l'onore che è dovuto a me» (Is 42, 8).

 - S. Tommaso d'Aquino - 


Preghiera per la sera

Accogli le parole che dalla mia anima
e dal mio cuore salgono a te,
o ineffabile, che parli nel silenzio.
Ti supplico che io non mi inganni
nella conoscenza della nostra natura più vera;
chinati verso di me e rendimi forte
ed io farò risplendere questa grazia sui miei fratelli che sono figli tuoi.
La mia anima appartiene allo Spirito Santo.
Per questo credo e confesso la mia fede 
da cui ricevo luce e vita.
Sei degno di lode, o Padre.
Il tuo servo vuol santificarsi con te,
secondo la possibilità che tu gli hai dato.
A te la gloria, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.


Buona giornata a tutti :-)


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venerdì 24 novembre 2023

da “Pensieri nella solitudine” e "Un grano di sale" di Thomas Merton (1915-1968)

Meditare vuol dire pensare. Eppure una buona meditazione è molto più che ragionare o pensare. Molto più che degli «affetti», molto più che una serie di «atti» per cui si passa.
Nella preghiera meditativa si pensa e si parla non soltanto con la mente e con le labbra, ma in certo senso con tutto il proprio essere. La preghiera non è quindi esattamente una serie di parole, o un seguito di desideri che nascono nel cuore — è il volgere a Dio nel silenzio, nell’attenzione e nell’adorazione, il corpo, la mente e lo spirito. Ogni buona meditazione è una conversione di tutto il nostro essere a Dio.
Non si può quindi entrare nella meditazione, intesa in questo senso, senza una specie di slancio interiore. Per slancio non intendo qualche cosa che turbi, ma un interrompere la solita routine, un liberare il cuore dalle cure e dalle preoccupazioni della vita di ogni giorno. La ragione per la quale tanta poca gente si applica davvero all’orazione mentale è precisamente perché ci vuole questo slancio interiore, e di solito non si è capaci di compiere lo sforzo che esso richiede. Può darsi che si manchi di generosità, o anche di guida e di esperienza, e si va avanti per una strada sbagliata. Ci si turba, ci si mette in agitazione con sforzi violenti per raggiungere il raccoglimento e si va a finire in una specie di incapacità. Dopo di che, ci si accontenta di una serie di routines che aiutano a passare il tempo, o ci si rilassa in uno stato di semicoma che, si spera, può essere giustificato col nome di contemplazione.
Ogni direttore spirituale sa quanto sia difficile e sottile poter determinare esattamente il punto di confine tra l’ozio interiore e i primi, impercettibili inizi della contemplazione passiva. Ma in pratica, al presente, si è detto abbastanza sulla contemplazione passiva per dare ai pigri l’opportunità di rivendicare il privilegio di «pregare non facendo nulla».
Non esiste una cosa come una preghiera nella quale «non si faccia nulla», o «non accada niente», anche se vi può essere benissimo una preghiera in cui non si sente, non si percepisce o non si pensa nulla.

Un grano di sale, Thomas Merton (27)


Che cosa significa conoscere e sperimentare il mio «nulla»?
Non basta che mi distolga con disgusto dalle mie illusioni, colpe ed errori, che da essi mi separi come se non mi appartenessero e come se fossi diverso da quello che sono. Questo genere di annientamento di sé è soltanto una terribile illusione, una pretesa umiltà che nel dire «non sono nulla» intende in effetto affermare vorrei essere diverso da quel che sono».
Tutto questo può derivare da un’esperienza della nostra deficienza ed incapacità, ma non può produrre nessuna pace in noi. Per conoscere davvero il nostro «nulla» dobbiamo pure amarlo. E non possiamo amarlo se non vediamo che è buono. Non possiamo vedere che è buono se non lo accettiamo.
Una esperienza soprannaturale della nostra contingenza è una umiltà che ama e apprezza soprattutto il nostro stato di incapacità morale e metafisica nei confronti di Dio. Per amare così il nostro «nulla» non dobbiamo ripudiare niente di ciò che è nostro, niente di quello che abbiamo, nulla di ciò che siamo. Dobbiamo vedere e riconoscere che è tutta roba nostra e che è buona: buona nella sua entità positiva, perché ci viene da Dio: buona nella nostra deficienza, perché ogni nostra incapacità, persino la nostra miseria morale e spirituale, attira verso di noi la misericordia di Dio.
Per amare il nostro nulla dobbiamo amare in noi tutto ciò che l’orgoglioso ama quando ama se stesso. Ma dobbiamo amarlo proprio per l’opposta ragione.

da “Pensieri nella solitudine” di Thomas Merton (1915-1968) – 31 – 


Sciupiamo la nostra vita di preghiera se stiamo di continuo a esaminarla e a ricercarne i frutti in una pace che non è niente altro che un processo psicologico. La sola cosa da cercare nella preghiera contemplativa è Dio: e Lo cerchiamo con successo quando siamo ben convinti che non Lo possiamo trovare se Egli non si mostra a noi, e che d’altra parte non ci avrebbe ispirato di cercarlo se non Lo avessimo già trovato.

Più siamo contenti della nostra povertà, più siamo vicini a Dio perché allora l’accettiamo in pace, non aspettando nulla da noi, ma tutto da Dio.
La povertà è la porta della libertà, non perché si resti imprigionati nell’ansietà e nella costrizione che tale povertà implica necessariamente, ma perché non trovando in noi nulla che sia fonte di speranza, vediamo di non possedere niente che valga la pena di difendere. Non vi è in noi nulla di particolare che meriti di essere amato. Perciò usciamo da noi stessi e ci riposiamo in Colui che è tutta la nostra speranza.

da “Pensieri nella solitudine” di Thomas Merton (1915-1968) – 31 


Buona giornata a tutti :-)


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mercoledì 22 novembre 2023

“La paura del silenzio” – Cardinale Carlo Maria Martini

 Non c’è attività duratura e intelligente di costruzione della città senza una radice contemplativa, che è la capacità di silenzio, di deserto interiore, di pausa, in cui si riceve la Parola di Dio, la si ascolta e quindi si costruisce anche dal punto di vista intellettuale una certa visione del mondo.
Cosicché il fare non sia determinato solo dalle urgenze, dalle necessità, ma sia ritmato da questo progetto che nasce da un ascolto della Parola e da un atteggiamento di deserto, di silenzio contemplativo. 
Quanto maggiori sono le responsabilità di una persona, tanto più si devono trovare ogni giorno più lunghe ore di silenzio contemplativo. 
Bisogna cercarlo, e lottare per averlo, per non farsi travolgere dalle cose, dalla valanga di parole dette a vanvera, di giudizi affrettati. 
Il silenzio è sempre difficile.
Il silenzio bianco ancor di più: il silenzio nero è pura assenza di suoni, quello bianco è sintesi di tutti i colori. Ed è questo che bisogna imparare a esercitare. Superare, guardare in faccia la paura del silenzio, nella quale emergono alcuni mostri interiori, per imparare che si possono esorcizzare e si può dare loro un senso.

- Cardinale Carlo Maria Martini -




"La loquacità è la cattedra della vanagloria, dalla quale essa usa mettersi in vista e far pompa di sé. 
La loquacità è indice dell'ignoranza, la porta della maldicenza, il battistrada della scurrilità, il manutengolo della menzogna.
Essa distrugge la compunzione, provoca l'accidia, precorre la sonnolenza, dissipa la meditazione, disperde il raccoglimento, raffredda il fervore, dissolve l'orazione".

- San Giovanni Climaco -
un padre della Chiesa



Non si è mai parlato tanto come nella nostra epoca. 
Mai una valanga imponente di parole vuote, inutili e prive di senso si è abbattuta sulla testa della gente. 
Tutti vogliono "partecipare". Ma pochi hanno qualcosa da dire perché pochi sono capaci di silenzio e di sforzo di riflessione.




 Che cosa vuoi di più, o anima, e che cos'altro cerchi fuori di te, dal momento che dentro di te hai le tue ricchezze, le tue delizie, la tua soddisfazione, la tua sazietà e il tuo regno, che è il tuo Amato, che la tua anima desidera e cerca? 

-  Card. Carlo Maria Martini -
da: "Il Dio nascosto" Ed. Centro Ambrosiano




Buona giornata a tutti. :-)



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lunedì 20 novembre 2023

Che cos'è la vita

 Un caldo giorno d'estate, verso la metà della giornata, il bosco fu avvolto, da un profondo silenzio!
Gli uccelli piegarono la testa, sotto l'ala...
Tutto, riposava!
Solo il fringuello, alzò il capo, e domandò:
«Che cos'è, la vita?».
Tutti furono colpiti, da questa difficile domanda. Una rosa, che aveva appena messo fuori un bocciolo, e dispiegato un petalo, dopo l'altro, disse:
«La vita, è sbocciare!».
Una farfalla che, dal mattino, non si era fermata, e volava felice, da un fiore all'altro, assaggiando, qua, e là, disse:
«La vita, è tutta gioia, e sole!».
Una formica, che si affannava a trascinare una pagliuzza, lunga dieci volte lei, disse:
«La vita, è lavoro, e stanchezza!».
Un'ape, affaccendata a caricare nettare, da un fiore, ronzò:
«La vita, è un miscuglio di lavoro, e di piacere!».
Il discorso diventava sapiente, e la talpa, messa fuori la testa, dalla terra, disse:
«La vita, è un combattimento, nell'oscurità!».
La gazza, che vive per giocare brutti tiri, al prossimo, osservò:
«Ma che razza, di discorsi! dovremmo chiedere il parere, di persone intelligenti!».
Si accese, allora, una vivace disputa, finché fu interrogata una pioggerellina sottile, che sentenziò:
«La vita, è fatta di lacrime: nient'altro, che lacrime!».
Poco lontano, rombava il mare , le onde si alzavano, imponenti, e si abbattevano, con veemenza inaudita, contro le rocce, e gli scogli: poi, indietreggiavano, quasi, per riprendere forza, e tornare ad assalire il granito, delle rive! Anche le onde, espressero il loro parere:
«La vita, è una sempre inutile lotta, verso la libertà!».
Nel vasto cielo azzurro, un'aquila reale tracciava i suoi cerchi e, fieramente, esultò:
«La vita, è conquistare le altezze!».
Un salice flessuoso intervenne:
«La vita, è sapersi piegare, sotto le bufere!».
Cadde la notte , un gufo espresse il suo parere:
«La vita, è approfittare dell'occasione, mentre tutti gli altri dormono!».
Per un po', ci fu un grande silenzio Un giovane, che tornava a casa, a notte fonda, sbottò:
«La vita, è una continua ricerca della felicità, e una catena di delusioni!».
Finalmente, sorse una fiammeggiante aurora. Si dispiegò, in tutta la sua gloria, e disse:
«Come io, l'aurora, sono l'inizio, del giorno, che viene, così, la vita è l'inizio, dell'eternità!».
Dio ha mille anni, per fare un giorno; io ho solo un giorno, per fare qualcosa di eterno: oggi!”



 Qualunque ora lieta il dio ti abbia concesso, tu accettala con riconoscenza e non rinviare a domani le cose belle, di modo che dovunque tu sia di te si dica che sei vissuto bene.  

- Orazio -
(Epistole)


La sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. 

- Papa Francesco - 



La volontà di Dio è verità d’amore ..

...Alla fine la gloria di Dio, la sua signoria, la sua volontà è sempre più importante e più vera che il mio pensiero e la mia volontà. Ed è questo l’essenziale nella nostra preghiera e nella nostra vita: apprendere questo ordine giusto della realtà, accettarlo intimamente; confidare in Dio e credere che Egli sta facendo la cosa giusta; che la sua volontà è la verità e l’amore; che la mia vita diventa buona se imparo ad aderire a quest’ordine. Vita, morte e risurrezione di Gesù sono per noi la garanzia che possiamo veramente fidarci di Dio. È in questo modo che si realizza il suo Regno...

- Papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia del 05 Aprile 2009" 




Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 18 novembre 2023

Ode alla pace - Pablo Neruda

                                              Sia pace per le aurore che verranno,
pace per il ponte, pace per il vino,
pace per le parole che mi frugano
più dentro e che dal mio sangue risalgono
legando terra e amori con l’antico canto;
e sia pace per le città all’alba
quando si sveglia il pane,
pace al libro come sigillo d’aria,
e pace per le ceneri di questi
morti e di questi altri ancora;
e sia pace sopra l’oscuro ferro di Brooklyn, al portalettere
che entra di casa in casa come il giorno,
pace per il regista che grida al megafono rivolto ai convolvoli,
pace per la mia mano destra 

che brama soltanto scrivere il nome
Rosario, pace per il boliviano segreto come pietra
nel fondo di uno stagno, pace perché tu possa sposarti;
e sia pace per tutte le segherie del Bio-Bio,
per il cuore lacerato della Spagna,
sia pace per il piccolo Museo
di Wyoming, dove la più dolce cosa
è un cuscino con un cuore ricamato,
pace per il fornaio ed i suoi amori,
pace per la farina, pace per tutto il grano
che deve nascere, pace per ogni
amore che cerca schermi di foglie,
pace per tutti i vivi,
per tutte le terre e le acque.
Ed ora qui vi saluto,
torno alla mia casa, ai miei sogni,
ritorno alla Patagonia, dove
il vento fa vibrare le stalle
e spruzza ghiaccio
l’oceano. Non sono che un poeta
e vi amo tutti, e vago per il mondo
che amo: nella mia patria i minatori
conoscono le carceri e i soldati
danno ordini ai giudici.
Ma io amo anche le radici
del mio piccolo gelido paese.
Se dovessi morire mille volte,
io là vorrei morire:
se dovessi mille volte nascere,
là vorrei nascere,
vicino all’araucaria selvaggia,
al forte vento che soffia dal Sud.
Nessuno pensi a me.
Pensiamo a tutta la terra, battendo
dolcemente le nocche sulla tavola.
Io non voglio che il sangue
torni ad inzuppare il pane, i legumi, la musica:
ed io voglio che vengano con me
la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio,
il fabbricante di bambole
e che escano a bere con me il vino più rosso.
Io qui non vengo a risolvere nulla.

Sono venuto solo per cantare
e per farti cantare con me.

- Pablo Neruda -



- Fammi contare le tue cicatrici. –
- Perchè? –
- Perchè così posso vedere quante volte hai avuto bisogno di me e io non c’ero. 



L’attrasse a sé e le cercò le labbra.

Fu un bacio casto, tiepido, lieve tuttavia ebbe l’effetto di una scossa tellurica nei loro sensi. Entrambi percepirono la pelle dell’altro prima mai così precisa e vicina, la pressione delle loro mani, l’intimità di un contatto anelato fin dagli inizi del tempo. 
Li invase un calore palpitante nelle ossa nelle vene nell’anima, qualcosa che non conoscevano o che avevano del tutto scordato, perché la memoria della carne è fragile. Tutto scomparve intorno ed ebbero coscienza solo delle labbra unite che prendevano e ricevevano. 

L’ardore di quel bacio non li abbandonò per molti giorni e riempì di fantasmi delicati le loro notti, lasciando il ricordo sulla pelle, come una bruciatura. 

La gioia di quell’incontro li rapiva, facendoli levitare per strada, li spingeva a ridere senza motivo apparente, li risvegliava concitati nel mezzo di un sonno. Si toccavano le labbra con la punta delle dita ed evocavano esattamente la forma della bocca dell’altro.

- Isabel Allende – 
da: "D’amore e ombra"




Di notte sogno che tu ed io siamo due piante che son cresciute insieme con radici intrecciate… 
e che tu conosci la terra e la pioggia come la mia bocca, perché di terra e di pioggia siamo fatti.

- Pablo Neruda - 




Buona giornata a tutti. :-)