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sabato 10 maggio 2025

L'Amicizia -- Antoine de Saint Exupéry

 L’amico è innanzi tutto colui che non giudica.
Egli apre la porta al viandante, alle sue stampelle, al suo bastone deposto in un canto e non gli chiede di danzare per giudicare la sua danza. E se il viandante parla della primavera oramai sopraggiunta, l’amico è colui che riceve dentro di sé la primavera. E se egli racconta l’orrore della carestia nel villaggio dal quale proviene, l’amico soffre con lui la fame. L’amico nell’uomo è la parte destinata a te e che apre per te una porta che forse non aprirebbe mai per nessun’altro.
Il tuo amico è un amico vero, e tutto quello che dice è vero.
L’amico nel tempio, quello che grazie a Dio io sfioro e incontro, è colui che volge verso di me lo stesso mio viso, illuminato dallo stesso Dio, anche se tu sei piovuto dal cielo e io sto costruendo la mia cittadella.
Io ti posso incontrare al di sopra di tutte le nostre divisioni, e posso divenire tuo amico.
Quello che riceverai da me con amore è come un’ambasciatore del mio mondo interiore. Tu lo tratti bene, lo fai sedere e lo ascolti. Ed eccoci felici.
L’amicizia è innanzi tutto una tregua e una grande circolazione dello spirito al di sopra delle divisioni particolari. 
L’ospitalità e la cortesia sono incontri dell’uomo nell’uomo. 
Incontrerai fin troppi giudici per il mondo. Se si tratta di plasmarti in modo diverso e di rafforzarti, lascia questo compito ai nemici. Se ne incaricheranno loro, come la tempesta scolpisce il cedro. Perché Dio quando entri nel suo tempio, non ti giudica più, ma ti accoglie.

- Antoine de Saint Exupéry -




"Non dite “a domani” così, tanto per dire. 
Non dite “a domani” se non volete farvi sentire. 
E neanche “ci vediamo, a presto” per poi sparire. 
Niente cuoricini, baci o “fatti sentire”. 
Non fate promesse se non le sentite, 
se non ci pensate o non le volete. 
Date peso, alle parole. 
Date peso, alle persone."



"Buoni amici, buoni libri e una coscienza sonnacchiosa: questa è la vita ideale..."

- Mark Twain - 





Buona giornata a tutti :-)




sabato 19 aprile 2025

Lamenti del Signore

 Io per te ho flagellato l'Egitto e i primogeniti suoi
e tu mi hai consegnato per esser flagellato.
Popolo mio, che male ti ho fatto?
In che ti ho provocato? Dammi risposta.
Io ti ho guidato fuori dall'Egitto
e ho sommerso il faraone nel Mar Rosso,
e tu mi hai consegnato ai capi dei sacerdoti.
Io ho aperto davanti a te il mare,
e tu mi hai aperto con la lancia il costato
Io ti ho fatto strada con la nube,
e tu mi hai condotto al pretorio di Pilato
Io ti ho nutrito con manna nel deserto,
e tu mi hai colpito con schiaffi e flagelli.
Io ti ho dissetato dalla rupe con acqua di salvezza,
e tu mi hai dissetato con fiele e aceto.
Io per te ho colpito i re dei Cananei,
e tu hai colpito il mio capo con la canna
Io ti ho posto in mano uno scettro regale,
e tu hai posto sul mio capo una corona di spine.
lo ti ho esaltato con grande potenza,
e tu mi hai sospeso al patibolo della croce.



«Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti»
Isaia 53,2-5




...La Croce di Gesù è il segno supremo dell’amore di Dio per ogni uomo, è la risposta sovrabbondante al bisogno che ha ogni persona di essere amata. Quando siamo nella prova, quando le nostre famiglie si trovano ad affrontare il dolore, la tribolazione, guardiamo alla Croce di Cristo: lì troviamo il coraggio per continuare a camminare; lì possiamo ripetere, con ferma speranza, le parole di san Paolo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? 
Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,35.37)....

- Papa Benedetto  XVI -
dalla "Via Crucis del 06 aprile 2012"


La colomba di Pasqua 

La colomba è uno dei simboli pasquali per eccellenza tanto da essere diventata anche un dolce della tradizione italiana, con impasto molto simile a quello del panettone natalizio. Nel simbolismo cristiano, la colomba pasquale è segno di pace e fratellanza e sembra abbia origini molto antiche, non ben verificabili. Si narra che questo tipico dolce risalga al periodo medioevale quando i Barbari, sotto il comando del Re Alboino, scesero in Italia per conquistare Pavia. Un assedio di tre anni che terminò con la resa della città lombarda, il giorno della vigilia di Pasqua dell'anno 572. Quando Re Alboino entrò in città, gli andò incontro un artigiano che portava in dono quattro particolari pani a forma di colomba: essi piacquero tanto al Re che promise di rispettare la città (che elesse a capitale del Regno longobardo) e i suoi abitanti. Negli anni ‘30 del Novecento, fu il pubblicitario Dino Villani (che lavorava per la ditta Motta) ad avere l’idea di proporre un dolce per il periodo pasquale. La proposta fu di utilizzare l’impasto dei panettoni, sfruttando gli stessi macchinari già in uso e dando la forma di una colomba, rivestita di glassa all’amaretto e mandorle. Il dolce ebbe un grande successo e da allora è parte della nostra tradizione culinaria.



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it

venerdì 28 marzo 2025

Decalogo per essere amabili

 Sorridi
alla monotonia del dolore quotidiano.
Taci
quando t’accorgi che qualcuno ha sbagliato.
Elogia
chi ha operato il bene.
Partecipa
al gioco dei fanciulli, i prediletti di Dio.
Stringi
cordialmente la mano a chi è nella tristezza.
Parla con dolcezza
agli impazienti e agli importuni.
Guarda
con affetto chi cela un dolore.
Saluta
affabilmente gli umili.
Riconosci
umilmente il tuo torto.
Rammaricati
sinceramente del male fatto.




Finché non si impara ad amare se stessi difficilmente si riesce ad amare gli altri.
Finché non si accetta se stessi difficilmente si accettano gli altri.
Finché non si accolgono le proprie zone d’ombra difficilmente si accolgono quelle altrui.
Finché non si realizza pienamente se stessi difficilmente si riesce a permettere che gli altri realizzino se stessi.

Bruno Scattolin – 
da: "Siamo qui con te"



I segni dentro

La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito.
Quelle gocce giallo miele, non scappano, non scivolano via come l'acqua, non abbandonano l'albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora.
I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita. Anche quelli belli diventano punture. Perché, col tempo, si fanno tristi, sono irrimediabilmente già stati, passati, perduti per sempre.
... indelebili sono rimasti attaccati al tronco.
Come fili di resina emanano profumi, sapori, nostalgie.
Tutto ... ha lasciato un segno dentro di noi ...


- Mauro Corona - 




Buona giornata a tutti.:-)



domenica 23 marzo 2025

Carezza, gesto rivoluzionario - Rosaura Montermini

 ... E per lasciarsi accarezzare è necessario aver riconosciuto la nostra stessa vulnerabilità e dare comunque fiducia all'altro.
Una carezza è il gesto più rivoluzionario del mondo. Offrire e accettare una carezza significa stabilire un ponte tra due persone. Senza parole. 
Esse diventano superflue quando usiamo le carezze: sulla pelle dei bimbi appena nati, sulle labbra di chi amiamo, sul volto di chi è morto a questa vita...
Non possiede carezze Caino, per il quale esiste solo l'individuazione e l'annientamento del nemico.
Caino si permette unicamente sentimenti di rabbia, competizione, gelosia per il fratello.
Abele riesce a esprimere quell'amore che invece Caino reprime, convinto di essere già stato, e per sempre, rifiutato. Teme di non essere abbastanza forte, tiene alta la guardia per non essere più ferito e continua a negarsi il desiderio di dire parole d'affetto, di abbracciare, di accarezzare.
Caino è uomo e donna, la femminilità oggi si è omologata ai maschi nella corsa alla competizione e al potere. 
La civiltà di Caino conosce solo capri espiatori in cui uccidere i propri lati bui e nascosti.
Caino non cerca interlocutori, ma vittime sacrificali da immolare a se stesso e alla propria forza illusoria. Siamo tutti figli di Caino quando neghiamo l'amore, la fiducia, la tenerezza, quando pensiamo sia da deboli ammettere di averne bisogno.
D'altronde, se certi bisogni nascono dal ricordo di una carezza mancata, altri risalgono ad atti con cui abbiamo fatto del male a chi non se lo meritava, né se lo aspettava; qualcuno che abbiamo tradito approfittando della sua fiducia incondizionata. E questo qualcuno siamo spesso noi stessi.

Rosaura Montermini
da: Agenda dei giorni Nonviolenti



Perché a volte ci vuole il coraggio di essere davvero felici, di raccogliere un momento ordinario e trasformarlo in epico. 
Ci vuol coraggio a ridere di gusto di fronte a questa vita, ci vuole forza per scartare il negativo e portar dentro solo il meglio, conservare solo l'essenza della gioia. 
E quel coraggio ce l'abbiamo dentro, è tutta una questione di scelta!

(Anton Vanligt)



Mai come in questi giorni queste affermazioni del Papa sono gradite da chi tutti i giorni è in trincea contro le deviazioni dell'ideologia gay e gender che sta provando ad infettare l'educazione dei nostri figli passando attraverso la scuola.

"Con i bambini e i giovani non si può sperimentare!"

Papa Francesco

Quant'è importante che ogni bambino venuto al mondo sia accolto dal calore di una  famiglia! 
Non importano le comodità esteriori: Gesù è nato in una stalla e come prima culla ha avuto una mangiatoia, ma l'amore di Maria e di Giuseppe gli ha fatto sentire la tenerezza e la bellezza di essere amati. 
Di questo hanno bisogno i bambini: dell'amore del padre e della madre. 
E questo che dà loro sicurezza e che, nella crescita, permette la scoperta del senso della vita. 

Dal Magistero di papa Benedetto XVI



Buona giornata a tutti. :-)

domenica 9 marzo 2025

Ogni volta che l'avete fatto a me - Monaci Benedettini Silvestrini

 La Quaresima è tempo di preghiera, di silenzio e di ascesi, ma renderemo vane queste attività dello spirito se ci allontanassimo da coloro con i quali condividiamo normalmente la nostra giornata. 
La liturgia odierna ci viene incontro, ponendoci davanti al giudizio ultimo, inappellabile, nel quale saremo valutati sui nostri gesti di sensibilità nei confronti degli altri. "Avevo fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere". 
L'uomo deve imitare, nel suo comportamento verso gli altri, l'amore di Dio. Non si tratta solo di una buona opera o di qualche cosa che noi facciamo in modo eccezionale. 
Il discorso di Gesù è molto più ampio. Sullo sfondo c'è il Regno di Dio verso il quale la storia cammina... la nostra storia sacra. 
Il Cristo da amare e servire lo incontriamo nel fatto concreto, quotidiano, così come si presenta, non in modo accomodato, non altrove. Da quando è divenuto uomo, si è fatto nostro fratello, uomo come noi e bisognoso come noi, non c'è altro modo di raggiungerlo e di amarlo. "Ogni volta che avete fatto queste cose ai miei fratelli, l'avete fatto a me". 
Il nostro agire raggiunge una valenza religiosa, di santità non per quello che facciamo, ma per volere di Cristo che accoglie per sé i nostri poveri gesti, compiuti nel servizio fraterno. Non ci sfugga la magnanimità di Dio per tutti gli uomini, sue creature. In confronto che cos'è l'opera delle nostre mani? Eppure chi agisce da lode a Dio e chi riceve l'ottiene dalla Provvidenza divina, che ha mosso per mezzo dello Spirito all'atto caritatevole. 
Allora bisogna credere che il problema di chi ci vive accanto, a cui possiamo portare rimedio con l'amore, anche con un semplice "bicchiere d'acqua fresca", è il segreto della storia umana.

- Monaci Benedettini Silvestrini -



...Per intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua e prepararci a celebrare la Risurrezione del Signore - la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico - che cosa può esserci di più adatto che lasciarci condurre dalla Parola di Dio? 
Per questo la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e decisivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui...

- Papa Benedetto  XVI - 
dal "Messaggio per la Quaresima 2011" 




La Quaresima è come un lungo "ritiro", durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del Maligno e trovare la verità del nostro essere. Un tempo, possiamo dire", di "agonismo" spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza. 

- Papa Benedetto XVI – 

Angelus 21 Febbraio 2010




Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete

Che io sappia
di essere piccolo come Zaccheo,
Signore Gesù,
- piccolo di statura morale -
ma dammi un po' di fantasia
per trovare il modo
di alzarmi un poco da terra
spinto dal desiderio di vederti passare,
di conoscerti e di sapere chi sei tu per me.
Signore Gesù,
fa' che io mi riconosca
nel primo dei pubblicani, dei peccatori,
quanto al disonesto accumulare
tante cose di mio gusto,
tante false sicurezze;
fa' che io mi riconosca fra i pubblicani,
ma mettimi in cuore una sana inquietudine,
almeno un po' di curiosità
per cercare te!
Signore Gesù,
so che devi passare dalle mie parti,
dove sono io,
tu devi passare di qui: sei venuto apposta!
Ti prego, fammi trovare un albero,
fammi trovare qualcuno
che io ritenga più alto,
migliore di me,
per valermi della sua statura
e cercare di vedere te,
soprattutto per farmi vedere da te,
e sentirmi da te chiamare per nome.
Che stupore!
Come mi conosci? Chi ti ha parlato di me?
Signore Gesù, ti prego, dimmi che oggi
ti vuoi fermare da me in casa mia,
come ospite, come amico che non parte più.
Vieni, Signore Gesù,
a riempire di gioia la mia vita
liberandomi dal peso ingombrante
di ciò che sono
e di ciò che possiedo da solo.
Sì, soprattutto liberandomi
dal peso ingombrante
di ciò che sono - o che ritengo di essere -
e di ciò che egoisticamente possiedo.
Vieni a darmi l'entusiasmo di essere povero
nel cuore e ricco soltanto di te.
Io sono sicuro che mi ascolti,
perché sei già venuto a cercarmi,
e mi hai trovato come tesoro che era perduto;
mi hai riacquistato a prezzo di te stesso...
Tu per me hai fatto questo,
per me che nemmeno ti conoscevo.
Sono piccolo, meschino.
Signore Gesù, pastore grande, pastore buono,
sollevami sulle tue spalle per farmi vedere
anche il volto del Padre.
Che io sappia innalzarmi
soltanto facendomi sollevare da te
che per questo sei venuto:
per i piccoli che ti desiderano
e che ti protendono le braccia
per farsi sollevare da te
fino al cuore dell'eterno Padre
da cui sei venuto a rivelare l'infinito amore.
Allora ogni giorno vivrò con gioia
Il mio incontro con te
- la mia Pasqua - e sarò un continuo grazie,
un "amen-alleluia" senza fine.

Madre Anna Maria Cànopi, Sergio Stevan
Oggi vengo a casa tua, Milano, Paoline, 2000, pagg.8-10


Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 5 marzo 2025

Otto consigli sulla confessione offerti da san Francesco di Sales

 Prima di realizzare una confessione, bisogna essere consapevoli di quello che diremo.
Come sappiamo, la confessione è il sacramento della Riconciliazione. 
Prima di confessarci, dobbiamo essere consapevoli di ciò che diremo, ovvero dobbiamo compiere uno sforzo per ricordare tutti i peccati commessi, sia volontariamente che involontariamente, nella nostra vita (esame di coscienza).
Occorre come ripercorrere la nostra vita alla luce della Parola di Dio, dei comandamenti dell’Amore di Dio, e non solo le cose avvenute dopo l’ultima confessione, ma anche quelle che non abbiamo detto per omissione o dimenticanza.

Ecco 8 buoni consigli lasciatici da un grande santo di Dio: san Francesco di Sales. Speriamo che siano di vostro aiuto.

1.- Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni e, se puoi, ogni volta fai la Comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli…
2.- Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.
3.- Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo meccanico, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. 
Ti spiego meglio il perché: dicendo questo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. 
Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza. Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; cerca di capire bene il motivo!
4.- Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ha spinto a commetterli.
5.- Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine.
6.- Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via. Dì se sei caduto molte volte in questa mancanza, perché la durata aumenta il peccato, perché c’è grande differenza tra una vanità passeggera e quella che si è stabilita nel nostro cuore da qualche tempo. Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!
7.- Bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.
8.- Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.
“La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato” 

- San Francesco di Sales - 
(1608). Introduzione alla vita devota. La santa confessione (capitolo XIX)



Cercate di fare bene oggi senza pensare al giorno seguente, poi, il giorno seguente, cercate di fare lo stesso. 

- San Francesco di Sales - 




“La tradizione vostra dei cappuccini è una tradizione di perdono”, ha esordito il Papa. E richiamando i Promessi Sposi di Manzoni, ha aggiunto: “Oggi ci sono tanti bravi confessori ed è perché si sentono peccatori come il nostro fra’ Cristoforo: sanno che sono grandi peccatori. Davanti alla grandezza di Dio chiedono: ascolta e perdona. Perché sanno pregare, così sanno perdonare”….
“Io – ha detto Francesco a braccio – vi parlo come fratello e in voi vorrei parlare a tutti i confessori in quest’anno della misericordia: il confessionale è per perdonare e se tu non puoi dare l’assoluzione per favore non bastonare”. La gente, infatti, “viene a cercare pace per la sua anima”, perciò è necessario “che trovi un padre che dia pace, e gli dica: Dio ti vuole bene…”.

- papa Francesco ai frati cappuccini -
Messa in Basilica Vaticana, 9 febbraio 2016


 Nei Vangeli si parla più di misericordia che di peccato e bisogna ritrovare l'idea che l'incontro sacramentale tra il presbitero e il penitente non è come quello che si attua in tribunale, ma ha un carattere intimo e raro come gli incontri di tenerezza e di amore.  

-fratel Michael Davide -
da: "Vivere il perdono"


Buona giornata a tutti. :-)











lunedì 13 gennaio 2025

Lasciati accendere!

 Un vecchio aneddoto recita di una candela riottosa che non voleva ardere. Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi.
Tutte le candele dell’armadio inorridirono.
Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita!
Tutte le candele desiderano essere messe sul lucerniere e ardere ed illuminare la stanza quando le ombre della sera scendono rivestendo con una fitta coltre di buio le case degli uomini.
Tutte, eccetto quella giovane candela rossa e dorata, che ripeteva ostinatamente: «No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accese, in un attimo ci consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella, e soprattutto intera!». 
«Se non bruci è come se fossi già morta senza essere vissuta» replicò un grosso cero, che aveva già illuminato molte notti. «Tu sei fatta di cera e stoppino, ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente felice». 
«No, grazie tante» rispose la candela rossa. «Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che ti brucia». 
«La vita non è fatta di parole e non si può capire con le parole, bisogna passarci dentro» continuò il cero. «Solo chi impegna il proprio essere cambia il mondo e nello stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che solitudine, buio e freddo avanzino, avvolgeranno il mondo». 
«Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?». 
«Certo» ribadì il cero. «Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati. Siamo i cavalieri della luce». 
«Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore». 
«Sì, ma solo così possiamo vincere il buio della notte e il gelo del mondo» concluse il cero. 
Così anche la candela rossa e dorata si lasciò accendere. 
Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformò in luce la sua bellezza, come dovesse sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. 
La cera e lo stoppino si consumarono piano piano, ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era bruciata. 
«Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa». 

«Signore, fa’ di me una lampada: brucerò me stesso, ma avrò dato luce agli
 altri».



"L'allegria non ha mai nuociuto alla santità" (S. Filippo Neri)




"Tutti dicono: “Ma tutti fanno così, perché non io?”
No, io no, perché voglio vivere secondo Dio.
Sant’Agostino una volta ha detto: “I cristiani sono quelli che non hanno le radici in giù come gli alberi, ma hanno le radici in su, e vivono questa gravitazione non nella gravitazione naturale verso il basso”.

Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad accettare questa missione di vivere come dispersi, come minoranza, in un certo senso; di vivere come stranieri e tuttavia di essere responsabili per gli altri e, proprio così, dando forza al bene nel nostro mondo."

 - Papa Benedetto XVI -




"Chi sono io per prendermi cura degli altri? Questa affermazione, vi ricordate, chi l’ha fatta per primo? Caino. «Sono forse io colui che deve nutrire suo fratello?» Questa affermazione criminale, questa frase di morte è un peccato che viene dall’infanzia delle persone che crescono in un modo di pensare egoistico inculcato in loro, sono uomini e donne educati in questo modo."

Jorge Mario Bergoglio, Omelia nella solennità di san Raimondo Nonnato, Buenos Aires, 31 agosto 2005



Buona giornata a tutti :-)



domenica 3 novembre 2024

Sulla vita e sulla morte

                                  Signore Gesù, sono qui dinanzi a te, in salute.
Sento la vita palpitare dentro di me,
e gioisco infinitamente contemplando il creato,
ascoltando il canto degli uccelli,
sperimentando la tenerezza di quanti mi circondano.
Il futuro si apre dinanzi come una ricca pianura
nella quale seminare i miei progetti,
realizzare i miei sogni, raccogliere le mie opere.
E, benché ne senta difficoltà,
faccio uno sforzo su me stesso per accettare che la mia vita finirà,
e che un giorno dovrò dar conto delle mie parole e delle mie azioni.
In quel giorno mi chiederai il più costoso ma il più bel sacrificio,
il sacrificio di tutto ciò che mi hai dato sulla terra.
Ma, in compenso, tu ti consegnerai a me interamente,
e secondo le tue promesse mi darai il centuplo
di quanto ho sacrificato per te.
Sin da ora, Signore, nel pieno uso della mia libertà,
con tutta la lucidità della mia mente,
con tutta la forza della mia volontà, ti presento,
come fascio di fiori appena colto,
i miei affetti e i miei sogni, le mie opere e i miei progetti.

Nelle tue mani pongo l'offerta della mia vita:
accetto la sua fine, quando e come vorrai.
Ti chiedo solo un dono: la tua grazia e la tua amicizia.





Vita e morte non sono due estremi lontani l’uno dall’altro. 
Sono come due gambe che camminano insieme, ed entrambe ti appartengono. In questo stesso istante stai vivendo e morendo allo stesso tempo. Qualcosa in te muore a ogni istante. 
Nell’arco di settant’anni la morte arriverà a compimento. 
In ogni istante continui a morire, e alla fine morirai davvero.

- Osho -



Ognuno che perdiamo prende una parte di noi;
Uno spicchio alla fine rimane,
Che come la luna, una torbida notte,
È chiamato dalle maree.

- Emily Dickinson - 
























Il cardinale Schuster diceva che il purgatorio è come un corso di esercizi spirituali: uno riflette, pensa, vede le cose sbagliate che ha fatto, gli dispiace, si purifica. Mi piace pensare che il nostro purgatorio, il purgatorio di ciascuno, sia quello di vedere tutte le stupidaggini che abbiamo fatto nella vita. Ce ne verrà un tale rossore che ci purifica e ci manda in Paradiso... 
Mi è congeniale in questo senso la descrizione dantesca delle anime “che vanno a farsi belle”. 

- Card. Giacomo Biffi - 



Avvenga di me secondo la tua parola.
Per i nostri morti
questo si è attuato definitivamente.
Essi sono nella dolce casa
per cui l'uomo nasce,
alla quale l'uomo è chiamato.
Adesso vedono il rapporto
che c'è fra quella dolce casa
definitiva ed eterna
e il segno fragile,
ma reale di essa,
che è la compagnia in cui sono vissuti.
E chiedono a noi,
dopo l'esperienza fatta,
di essere generosi, vigili, sensibili,
impegnati senza paura del sacrificio nel vivere
questo anticipo della dolce casa
a cui siamo incamminati.
Ci supplicano di poter dire
con maggiore verità quello che cantiamo sovente:
"Troppo perde il tempo chi ben non t'ama".
Essi lo sanno.
Senza paragone più che prima.
E per questo ci incitano che
"avvenga di noi secondo la sua parola".
Ci aiutano a dire l' Angelus
con profondità di attenzione,
come raramente ci avviene
per la distrazione che ci consuma.
(don Luigi Giussani)


Buona giornata a tutti. :-)