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venerdì 18 aprile 2025

La deposizione del corpo di Gesù - Emmerick

Anna Katharina Emmerick nacque nel 1774 a Flamske, presso Münster, in Germania, e fin da giovane manifestò una particolare devozione alla passione del Signore. Entrata nel 1802 fra le agostiniane di Agnetenberg, subì non pochi contrasti a motivo degli speciali doni soprannaturali di cui era favorita. Quando, nel 1811, le leggi napoleoniche soppressero il convento, venne accolta in una casa privata a Dülmen. Nel 1812 ricevette le stimmate ai piedi e alle mani. Costretta sempre a letto dalle malattie e da una debolezza continua, conobbe nel 1818 Clemens Brentano (grande scrittore e poeta tedesco) che prese a registrare le visioni-contemplazioni della passione del Signore, di cui la Emmerick, in mezzo a gravi sofferenze, fu a lungo favorita. Tra l'altro, rese noti alcuni particolari geografici e storici non raggiungibili dalla scienza, come ad es. la presunta casa di Maria a Efeso, che fu ritrovata dagli archeologi grazie alle notizie fornite da lei. Morì il 9 febbraio 1824.

Il venerdì santo 30 marzo 1820, mentre suor Anna Katharina Emmerick contemplava la deposizione di Gesù dalla croce, svenne improvvisamente, al punto di sembrare morta. Quando si riebbe, nonostante le sue sofferenze non fossero cessate, così proferì: «Mentre contemplavo il corpo di Gesù steso sulle ginocchia della Madre dissi a me stessa: Guarda come è forte Maria, non ha nemmeno un istante di debolezza!» (Clemens Brentano).
di Anna Katharina Emmerick (nella trascrizione di Clemens Brentano)

[...] Vidi la Vergine seduta al suolo sopra una coperta, col dorso appoggiato su alcuni mantelli arrotolati. Aveva il ginocchio destro un poco rialzato, sul quale riposava il santo capo di Gesù, il cui corpo era steso sul sudario. La santa Madre teneva per l'ultima volta tra le braccia le sacre spoglie del Figlio amatissimo, al quale, durante il lungo martirio, non aveva potuto dare alcuna testimonianza d'amore. Ella baciava e adorava quel corpo orribilmente sfigurato e insanguinato, contemplandone le profonde piaghe e i terribili patimenti, mentre Maria Maddalena abbandonava delicatamente il volto sui suoi sacratissimi piedi.
Nel contempo gli uomini si erano ritirati in un piccolo avvallamento a sud-ovest del Calvario per preparare gli oggetti necessari all'imbalsamazione. Cassio e i soldati convertiti erano rimasti a rispettosa distanza in attesa di prestare aiuto. Giovanni si prodigava tra il gruppo degli uomini e quello delle donne, le quali porgevano a questi primi i vasi, le spugne, i lini, gli unguenti, gli aromi e tutto quanto serviva. Fra le donne vidi Maria di Cleofa, Salomè e Veronica. Maria Maddalena stava sempre accanto a Gesù. Maria Heli, seduta, contemplava tutta la scena. Accanto al gruppo delle discepole vidi degli otri e un vaso pieno d'acqua collocato sopra un fuoco a carbone.
Nel suo indicibile dolore la santa Vergine conservava una magnifica prontezza d'animo. Ella non poteva lasciare il corpo di suo Figlio in quel1'orribile stato, perciò incominciò a cancellare le tracce degli oltraggi che aveva sofferti. Con estrema delicatezza gli tolse la corona di spine, aprendola dal lato posteriore, quindi posò la corona vicino ai chiodi.
Servendosi di una specie di tenaglia rotonda, tolse le spine che erano rimaste nel capo del Signore e le mostrò mestamente alle pie donne e ai discepoli. Anche queste vennero raccolte vicino ai chiodi e alla corona; alcune furono conservate a parte. Vidi la Vergine lavare il capo e il volto insanguinato del Signore, passando la spugna bagnata sui suoi capelli per toglierne il sangue raggrumato. Via via che ella detergeva il santo corpo del Figlio, contemplandone le numerose piaghe, aumentavano la compassione e la tenerezza per le immani sofferenze che egli aveva subito. La santa Vergine gli lavò le piaghe del capo, il sangue che riempiva gli occhi, le narici e le orecchie, con una spugna e un piccolo lino steso sulle dita della mano destra. Allo stesso modo gli pulì la bocca semiaperta, la lingua, i denti e le labbra.
Poi la santa Madre suddivise la capigliatura di suo Figlio in tre parti, una per ogni tempia e l'altra dietro il capo. Quando ebbe sgrovigliati i capelli davanti e li ebbe resi lucidi e lisci, li fece passare dietro le orecchie. Una volta ripulito il capo, dopo aver baciato il Figlio sulle guance, passò infine a ripulire il collo, le spalle, il petto, il dorso, le braccia e le sue tenere mani piagate.
La Madonna addolorata lavò e ripulì, ad una ad una, tutte le numerose e orribili piaghe. Allora solamente le fu possibile vedere in tutti i minimi particolari gli spaventosi martiri subiti dal Figlio. Le ossa del petto e le giunture delle membra erano tutte slogate e non si potevano piegare. La spalla conservava la spaventosa ferita della croce e la parte superiore del santissimo corpo era coperta dalle lividure e dalle ferite dello staffile.
Al lato sinistro del petto si trovava una piccola piaga, da cui era uscita la punta della lancia di Cassio; al lato destro si apriva la larga ferita dov'era entrata la lancia che aveva attraversato il cuore da parte a parte.
Maria Maddalena, in ginocchio, aiutava la santa Madre, senza lasciare i piedi del Signore. Li bagnava per l'ultima volta con le sue lacrime, li asciugava con la sua capigliatura e vi appoggiava il suo pallido volto, con il quale, per rispetto, non osava toccare quello di Gesù. Il santissimo corpo, che aveva assunto un colore bianco bluastro, perché dissanguato al suo interno, riposava sulle ginocchia di Maria, la quale, lavati il capo, il petto e i piedi del Piglio, li coprì con un velo e iniziò a passare il balsamo su tutte le sante piaghe. La pie donne, in ginocchio, davanti a lei, le passavano di volta in volta una scatola, dove ella prendeva gli unguenti e i preziosi balsami con cui ungeva le ferite del Figlio.
Maria santissima gli unse anche i capelli, poi prese nella sua mano sinistra entrambe le mani di Gesù e le baciò con profondo rispetto, alla fine riempì con un unguento i larghi buchi prodotti dai chiodi, e lo stesso fece con la profonda piaga del costato.
L'acqua che era servita a lavare le ferite non veniva gettata, ma era raccolta solertemente in otri di cuoio in cui venivano spremute anche le spugne. Vidi Cassio e i soldati attingere acqua alla fontana di Gihon.
Quando la santa Vergine ebbe imbalsamato tutte le ferite, avvolse il sacro capo nei lini, ma senza coprire ancora il santo volto. Ella chiuse gli occhi semiaperti del Signore, lasciando riposare sopra la sua mano; poi gli chiuse anche la bocca, baciò il santo corpo e accostò il suo viso a quello del Figlio. Fu interrotta da Giovanni, che la pregò di separarsi dal corpo del Figlio perché il sabato era vicino e lo si doveva seppellire. Obbediente, ella abbracciò per l'ultima volta le sante spoglie e se ne distaccò con profonda commozione. Dopo averle tolte dal grembo materno, gli uomini portarono le sante spoglie nell'avvallamento del Golgota dove avevano preparato tutto il necessario per l'imbalsamazione. Lasciata di nuovo ai suoi dolori, Maria santissima, con il capo coperto, cadde svenuta tra le pie donne. Maria Maddalena, come se fosse stata derubata del suo amato Sposo, fece qualche passo avanti tenendo le braccia protese verso il corpo del Signore, poi ritornò vicino alla Vergine. Il corpo del Salvatore venne adagiato su un lino lavorato a maglia […]

La passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick
Il volume contiene il racconto della passione del Signore secondo le visioni della Emmerick per la penna dello scrittore Clemens Brentato: dal Cenacolo al Getsemani; la passione, morte e sepoltura; la risurrezione. I personaggi che vi appaiono sono vivi e realistici. L'umile monaca, mistica e stimmatizzata, fra 1'altro rese noti particolari geografici e storici che la scienza e l'archeologia riscontrarono attendibili.
Spiritualità - Maestri. Serie 226D24

 olio dipinto su rame raffigurante la "Deposizione di Cristo", opera databile alla prima metà del XVII secolo e proveniente da un'artista dell'entourage del grande Anton Van Dyck (Anversa 1599 – Londra 1641)

Vittoria! Alleluia!

C'era un Uomo che perdeva sangue nel giardino degli ulivi,
ma un traditore, baciandolo, rivelò l'amore
di cui quell'Uomo era capace.
C'era un uomo in silenzio davanti all'adultero Erode,
ma il silenzio del condannato sconfisse l'eloquenza del peccatore.
C'era un uomo sapiente davanti al debole Pilato,
ma fu invano che i flagellatori aggredirono la verità.
C'era un Uomo di bene che portava una croce
tra le grida di quelli del sinedrio e le lacrime delle pie donne,
ma l'affetto della madre rese più leggero il suo cammino.
C'era un uomo che moriva sulla croce, ma il suo volto pieno di luce,
fu risposta d'amore alla crudeltà dei suoi boia.
Si udì un grido di dolore uscire dal petto ferito:
«Padre, perdona loro».
La voce si perse nel vento,
ma spaccò il velo del tempio rivelando l'unità nell'amore.
Ci furono segni di fallimento nell'ultimo sospiro del crocefisso,
ma un grido di fede esplose dal petto del centurione romano.
Ci furono tenebre che dominavano la terra,
mentre il buon ladrone entrava nella vera luce.
Ci fu un corpo inerte fra le braccia di una donna piena di vita,
prima che un sepolcro prestato accogliesse il redentore dell'umanità.
All'improvviso dal sepolcro sbocciò la vita,
ed il risuscitato riempì di festa la terra redenta.
La notte fuggì spaventata facendo sorgere l'eterna aurora.
C'erano apostoli tremanti, quando il Cristo apparve,
ma divennero intrepidi eroi dopo la sua ascensione.
Ci fu un tempo di paura a metter in fuga gli amici,
ma lo Spirito di Cristo vinse per sempre la barriera del timore.
La notte tragica cedette così il posto alla risurrezione.
È la storia di un condannato che era giudice dei vivi e speranza dei morti.
C'era una volta un unico Cristo che predicava la Buona Novella,
ma Egli si moltiplicò in ognuno di noi,
e fece di ogni giorno della Chiesa una nuova Pentecoste.

 - Vito Groppelli - 

 

Fra’ Bartolomeo: Pietà con i Santi Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, Pietro e Paolo, cm. 158 x 199, Galleria Palatina, Firenze 


Silenzio ...



martedì 15 aprile 2025

Ernest Hello - Frere Roger Schutz


Qui sul serio impariamo.

Quaggiù l’amore richiama sempre il dolore. Non è possibile amare, amare sul serio, amare totalmente, senza esporsi con questo ai morsi della sofferenza. E, anzi, la misura dell’amore è proprio data dalla disponibilità a patire per chi si ama. 

La croce perciò è sì misteriosa conseguenza del male che si annida nei nostri cuori, ma prima ancora è il prodigio dell’amore di Gesù verso il Padre e verso di noi. 

Impariamo che cosa voglia dire davvero amare: non vuol dire abbandonarsi a facili svenevolezze e a impegni puramente verbali, non vuol dire cercare il proprio appagamento nel possesso della persona amata; vuol dire essenzialmente donarsi, anche quando la donazione significa rinuncia, fatica, immolazione. 

Impariamo che, se diventa espressione dell’amore, perfino la più umiliante delle sofferenze è preziosa, ricca di senso, carica di una grazia che è sempre rinnovatrice. 

Impariamo che anche la morte, quando è sperimentata, in conformità con la volontà del Padre, come il punto estremo e più alto della carità, diventa non solo il passaggio obbligato a una condizione più gioiosa e più intensa, ma anche l’inizio, la ragione, la fonte della vittoria della vita. 

Non c’è, per la nostra esistenza cristiana, lezione più alta e più rilevante, più difficile e più benefica di questa che ci viene dal Crocifisso.


cardinale Biffi

(Venerdì santo 1990)


Caravggio.  L'incoronazione di spine


Fa' il mio cuore ricco di amore

Fa' il mio cuore come il cuore del Figlio tuo; così largo e così ricco di amore; che i miei fratelli... che uno almeno, nella mia vita, venga per questa via, a comprendere che tu lo ami. Dio del mio Signore Gesù Cristo, che io ti possa trovare nel suo cuore

- Karl Rahner - 

Tu sei il silenzio, ed. Queriniana


Buona giornata a tutti :-)


www.leggoerifletto.it




lunedì 14 aprile 2025

Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo - Centro Missionario Diocesano, Verona

          Amico, io vado in cerca di una croce.
Vedi, ho un Cristo senza croce,
l’ho acquistato presso un antiquario.
Mutilato e bellissimo. Ma non ha croce.
Per questo mi si è affacciata un’idea.
Forse tu hai una croce senza Cristo.
Quella che tu solo conosci.
Tutti e due siete incompleti.
Il mio Cristo non riposa perché gli manca una croce.
Tu non sopporti la croce, perché le manca Cristo.
Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo.
Ecco la soluzione: perché non li uniamo e li completiamo?
Perché non dai la tua croce vuota a Cristo?
Ci guadagneremo tutt’e due. Vedrai.
Tu hai una croce solitaria vuota, gelata, paurosa, senza senso: una croce senza Cristo.
Ti capisco: soffrire è illogico.
Non comprendo come hai potuto sopportare così a lungo.
Una croce priva di Cristo è una tortura,
il principio logico della disperazione.
Hai il rimedio tra le mani. Non soffrire più solo.
Su, dammi questa croce vuota e solitaria. Dammela.
Ti darò in cambio questo Cristo mutilato,
senza riposo, né croce.
La tua croce non è più solamente tua;
è anche e nello stesso tempo la croce di Cristo.
Su, prendi la tua croce, amico; la tua croce con Cristo.
Non sarai più solo a soffrire.
La porterete in due, il che vuol dire dividerne il peso.
E finirai per abbracciare e amare la tua croce,
una volta che Cristo sarà in essa.

- Centro Missionario Diocesiano, Verona - 



Preghiera a Tommaso - Paolo Curtaz

Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro comune amico Giovanni ti abbia soprannominato "didimo", cioè gemello: davvero mi assomigli. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che –come te- non si sono ancora arresi al Signore.
Tommaso, patrono degli sconfitti, prega per noi. 
Quando ci scandalizziamo dell'incoerenza della Chiesa, quando ci sembrano troppo grosse le sue fragilità, quando non ci sembra possibile che tanta gloria sia affidata a tanta povertà, prega per noi. 
Facci capire che uno dei modi per riconoscere la presenza del risorto, misterioso ospite delle nostre vite, ora, è anche la sofferenza. 
Facci comprendere che anche una vita sconfitta può incontrare la gloria del risorto, che il grande popolo dei perdenti ha un patrono e un Signore. 
Tommaso, nostro gemello, aiutaci ad osare anche quando sembra inutile, a fissare lo sguardo altrove quando la pesantezza della vita e del peccato ci schiantano a terra, a lavorare per la costruzione del Regno sapendo che il mondo è già salvo, ma non lo sa.

-  Paolo Curtaz -

 “Incredulità di San Tommaso” Michelangelo Merisi da Caravaggio
È conservato alla Bildergalerie nel parco di Sanssouci a Potsdam.


Discernimento nella gioia

Una delle regole fondamentali per il discernimento degli spiriti potrebbe essere dunque la seguente: dove manca la gioia, dove l'umorismo muore, qui non c'è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo. 

E viceversa: la gioia è un segno della grazia. Chi è profondamente sereno, chi ha sofferto senza per questo perdere la gioia, costui non è lontano dal Dio del vangelo, dallo Spirito di Dio, che è lo Spirito della gioia eterna.

- papa Benedetto XVI -
da: "Il Dio di Gesù Cristo"




Sorgi,risplendi,poichè la tua luce é giunta, e la gloria del Signore é spuntata sopra di te! (Isaia 60,1)



Buona giornata a tutti :-)

domenica 31 marzo 2024

Un'alba a colori di gioia - Madre Anna Maria Cànopi

Oggi possiamo ancora dirci con gioia: Il Signore è risorto! 
È veramente risorto! Sono trascorsi due millenni da quando se lo dicevano le pie donne e gli apostoli, stupiti e ancora come in sogno, come chi piange e ride insieme davanti a una notizia incredibilmente bella.
Tu eri la Gioia nel cuore del Padre, la purissima gioia dell’essergli Figlio e sei venuto come sorriso divino a dissipare le nostre umane tristezze. 
Annunzio di gioia il tuo concepimento nel grembo verginale di Maria, evento di gioia la tua nascita a Betlemme, notizia di gioia il tuo evangelo. 
Prezzo di gioia fu la tua croce e gioia per sempre la tua resurrezione. 
Il Signore risorto ci comunica la sua vita, la sua pace, la sua gioia. 
Tutta la creazione ne è coinvolta, non soltanto l’uomo; tutti gli elementi del cosmo sono investiti dell’energia divina irrompente dal sepolcro di Cristo. In Cristo risorto tutto il mondo viene purificato. La gioia pasquale è il canto della vita nuova, della santità dei figli di Dio.
La gioia del Risorto è la fonte della nostra pace. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: - Pace a voi!- Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: - Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,19-22).
La scena è stupenda e commovente: Gesù appare ai discepoli riuniti insieme; li abbraccia con il suo sguardo, dà loro il saluto di pace, infonde in essi lo Spirito santo, fa vedere e toccare le sue piaghe, i segni della sua crocifissione. Entra attraverso le porte chiuse, anche quelle del loro cuore assorbito dalla tristezza e paralizzato dalla paura. Facendosi riconoscere ravviva in loro la fede e la speranza, suscitando grande gioia. Anche oggi Gesù è vivo e sta in mezzo a noi mostrandoci i segni del suo amore.
La gioia dei discepoli è la nostra gioia. 
È la gioia che fa ardere il cuore. … Due discepoli erano in cammino … Verso il tramonto il grande, infaticabile Pellegrino del mondo si accompagnò ai due discepoli sulla strada di Emmaus. 
Essi non avevano nella loro bisaccia che una pesante riserva di tristezza: egli subito la vide, vi mise sopra le mani per dissolverla, per far vedere che era roba vecchia da buttare via. 
E tanto vi riuscì che, arrivati ad Emmaus, invece di tristezza poterono offrire anche a lui pane di festa. Fu però soltanto quando egli scomparve che lo riconobbero e capirono donde veniva quell’ardore che andava crescendo nel loro cuore mentre lo ascoltavano. Questa sembra una storia di quel lontano giorno, invece è sempre la nostra attualità. 
La fede, infatti, conosce fin troppo la malinconia del “giorno che declina” e si tira dietro spesso una fiacca speranza. Il sostegno della presenza di quel Compagno di viaggio ci è indispensabile. Signore, con cuore di pellegrini, lungo le strade di questo mondo, aneliamo alla tua presenza di pace e di gioia. Dissetaci fin d’ora con quell’acqua viva che tu solo sai donare; diventeremo così, per altri assetati, fontane di villaggio per una sosta di pace e di ristoro.
Vieni incontro a noi lungo i sentieri dei nostri umani smarrimenti, entra a porte chiuse da noi e alita sui nostri volti la fragranza del tuo Spirito; allora vivremo anche noi da risorti, annunziando con gioia a tutti gli uomini che tu sei l’unico nostro Salvatore. 
Concedici di camminare sulle piste della fede con accesa nel cuore la stella della speranza come chi sa di andare sicuro verso l’aurora. Allora tu, radiosa stella del mattino, brillerai nell’intimo del nostro cuore e noi, figli della resurrezione, staremo in bianche vesti, con volti raggianti di gioia, alla tua gloriosa presenza esultando per il trionfo dell’ Amore.

- Madre Anna Maria Cànopi - 

Fonte:  Il vangelo della gioia, Paoline Editoriale Libri, Milano 2001 


E' Pasqua
Con te, Signore risorto,
prendo la strada della vita:
lascio la morte delle parole cattive
per aprirmi all'amicizia;
lascio l'oscurità delle bugie
per essere limpido e sincero;
lascio i pugni e le canzonature
e tendo la mano per chiedere perdono;
allontano l'egoismo dalle mie mani
e dal mio cuore;
credo in te, Signore della vita,
che hai sconfitto la morte.
Con te, Signore,
cammino già sulla strada della vita!
Con te, Signore risorto,
cammino su una strada di resurrezione!

- Charles Singer  - 


Carissimi amici ed amiche tanti auguri di Buona Pasqua!!!!
Stefania




sabato 30 marzo 2024

“La luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5) - Cardinale Joseph Ratzinger

“La luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5)
 
Del racconto della creazione la Chiesa, nella Veglia pasquale, ascolta soprattutto la prima frase: “Dio disse: «Sia la luce!» (Gen 1,3). Il racconto della creazione, in modo simbolico, inizia con la creazione della luce....
Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell'amore. La materia prima del mondo è buona, l'essere stesso è buono. E il male non proviene dall'essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il “no”.
 
A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l'eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. 
“Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal sepolcro.
La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L'amore è più forte dell'odio. La verità è più forte della menzogna. 
Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio.
Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. 
Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. 
Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. 
Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi. Ma come può avvenire questo? Come può tutto questo giungere fino a noi così che non rimanga solo parola, ma diventi una realtà in cui siamo coinvolti? 
Mediante il Sacramento del battesimo ... il Signore dice a colui che lo riceve: Fiat lux – sia la luce. Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi. Cristo ti prende per mano. D'ora in poi sarai sostenuto da Lui e entrerai così nella luce, nella vita vera.
 
- Cardinale Joseph Ratzinger - 


O Signore Gesù, o vivere per amarti,
o morire per non più offenderti.
Creatore degli Angeli e Signore delle Potenze, apri la mia mente in preda al dubbio e muovi la mia lingua, perché io lodi il tuo purissimo nome, così come una volta hai fatto udire e parlare il sordomuto, che invocandoti così disse:
Gesù, meraviglioso, Meraviglia degli Angeli;
Gesù, fortissimo, Liberazione dei Progenitori;
Gesù, dolcissimo, Lode dei Patriarchi;
Gesù, gloriosissimo, Sostegno dei Re;
Gesù, desideratissimo, tu che hai realizzato l’annuncio dei Profeti;
Gesù, mirabile, Firmamento dei martiri;
Gesù, mitissimo, Soavità dei monaci;
Gesù, misericordiosissimo, Dolcezza dei Sacerdoti;
Gesù, pietosissimo, Continenza di quanti digiunano;
Gesù, dilettissimo, gioia dei giusti;
Gesù, nobilissimo, Saggezza delle Vergini;
Gesù, sempiterno, Salvezza dei peccatori;
Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me. Amen.



 Il silenzio attonito davanti alla morte del Maestro e Signore, 

è il silenzio adorante e commosso della Chiesa-Sposa raggiunta dal dono d'amore dell'Agnello-Sposo, 

è il silenzio della fede, carico di speranza nell'attesa della Risurrezione.


Chiniamo il capo e aspettiamo in preghiera......  
il Signore non si farà attendere......

 




venerdì 29 marzo 2024

La circonvallazione del Calvario – Don Tonino Bello

 «Abbiamo inquadrato la croce nella cornice della sapienza umana, ma non ce la siamo piantata nel cuore ».
Vi dispiace se, per più di una volta, fermerò la vostra attenzione sul « legno dolcissimo » della croce che noi, come dice Claudel, non siamo chiamati a piallare, ma sul quale siamo chiamati a salire?
Ascoltatemi, allora. E perdonatemi se parlo con immagini: è perché si fissi più profondamente nell’anima lo spessore dei nostri tradimenti.
Se è vero che la croce è l’unità di misura di ogni impegno cristiano, dobbiamo fare attenzione a un grosso pericolo che stiamo correndo: quello che san Paolo, scrivendo ai Corinzi, chiama l’evacuazione della croce.
Che non significa disprezzo della croce, o rifiuto della croce, o irrisione della croce. No.
Non c’è nessuno di noi che non parli con eloquenza del «legno santo», o che in Quaresima non canti con tutta l’anima il «Vexilla regis», o che nel venerdì santo non intoni l’inno alla «Crux fidelis ».
La croce rimane sempre al centro delle nostre prospettive. 
Ma noi vi giriamo al largo. Troppo al largo. 
Prendiamo una extramurale lontanissima dal colle dove essa s’innalza. 
E’ come quando, in viaggio, si sfiora una città passando dalla tangenziale. Mentre l’automobile corre sulla strada, si dà ogni tanto un’occhiata ai campanili che si ergono e alle torri che svettano. Ma poi tutto finisce lì.
Purtroppo la nostra vita cristiana non incrocia il Calvario. 
Non s’inerpica sui tornanti del Golgota. 
Passa di striscio dalle pendici del luogo del cranio.
Come i Corinzi anche noi, la croce, l’abbiamo «inquadrata» nella cornice della sapienza umana, e nel telaio della sublimità di parola.
L’abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. 
Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte. 
Le rivolgiamo inchini e incensazioni in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi della sua logica.
L’abbiamo isolata, sia pure con tutti i riguardi che merita. E’ un albero nobile che cresce su zolle recintate. 
Nel centro storico delle nostre memorie religiose. 
All’interno della zona archeologica dei nostri sentimenti. Ma troppo lontano dalle strade a scorrimento veloce che battiamo ogni giorno.
Dobbiamo ammetterlo con amarezza. Abbiamo scelto la circonvallazione e non la mulattiera del Calvario.
Abbiamo bisogno di riconciliarci con la croce e di ritrovare, sulla carta stradale della nostra esistenza paganeggiante, lo svincolo giusto che porta ai piedi del condannato!

(+don Tonino Bello)
Fonte: Alla finestra della speranza di don Tonino Bello




Dobbiamo impegnarci in scelte di percorso, in tabelle di marcia: non possiamo parlare di pace indicando le tappe ultime e saltando le intermedie! 

Se non siamo capaci di piccoli perdoni quotidiani fra individuo e individuo, tra familiari, tra comunità e comunità... è tutto inutile! 

La pace non è soltanto un pio sospiro, un gemito favoloso, un pensiero romantico... è, soprattutto, prassi.

+Don Tonino Bello



Il cristiano è colui che non fa mai prevalere il lamento sulla danza, nel senso che lascia emergere le ragioni della speranza anche dove sono percettibili i segni della morte.
Però deve volgere costantemente lo sguardo, con occhio critico e realista, anche sui flutti che insidiano l'arca della vita.

- +don Tonino Bello - 




L’ingresso in Gerusalemme

L’ingresso in Gerusalemme…
Essi pensavano: "Ecco il trionfo!"
e lui invece sapeva "Ecco la mia fine!". 
Questo isolamento appartiene
essenzialmente alla sofferenza di Cristo,
come sofferenza dell’anima:
questa solitaria consapevolezza
di comprendere tutti i segni
contrariamente all’apparenza!...
Cristo sente nel giubilo l’inizio della fine.
Ma a che serve spiegare simili cose agli uomini?
Essi forse le imparano a memoria
come una filastrocca, senza comprenderle.
Per comprenderle, bisogna essere
profondamente iniziati alle sofferenze,
essere uomini amanti del silenzio;
sì, tanto amanti del silenzio
da aver oramai capito che le chiacchiere,
le scemenze, l’affaccendarsi hanno sempre il sopravvento.

(Soren Kierkegaard)

Il mistero della Passione, Antologia dal diario, a cura di Tito Di Stefano



"Il Calvario è lo scrigno nel quale si concentra tutto l’amore di Dio. 

La Croce è la manifestazione, è l’epifania più alta dell’Amore di Dio per noi. Ha mandato Suo Figlio sulla Croce perché ci togliesse i peccati, ci redimesse, ci rendesse puri. 

Il Calvario non è soltanto la fontana della carità, non è soltanto l’acquedotto della speranza, ma è anche la sorgente della fede".

(+ don Tonino Bello)


Oggi è giorno di dolore, preghiera e digiuno.