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venerdì 25 luglio 2025

da: "Vivendo nella carne" - don Luigi Giussani

 "...Per cui l'origine della strozzatura, l'origine dell'aridità, l'origine dell'inutilità del tempo che si usa, che si passa, è data da due cose. 

Prima cosa, la mancanza della fede: "Simone, mi ami tu più di costoro?" e lui per tutta la vita si è sentito ripercuotere da quella domanda: quello era un uomo che viveva la fede. O Zaccheo, che ha vissuto tutta la vita sentendo la ripercussione di quella parola. 
" Zaccheo!" - che gli ha detto quell'individuo, strano o altrimenti estraneo. "Anche se non capisco cosa vogliono dire, però sono parole che mi hai detto tu, o Signore. M'hai detto tu di dirle, me le suggerisci tu, attraverso il tuo corpo che è la Chiesa. E' la compagnia che tu mi hai data che mi suggerisce queste parole, per cui devono essere importanti": già questo ti obbliga a una pietas che altrimenti non conosceresti.
E il secondo fattore (il primo è la mancanza di fede) è la mancanza dell'umano, perchè non si possono dire delle parole che non abbiano senso per la mia esistenza: è un'onta, una vigliaccheria,  è una meschinità, è ripugnante. Invece delle parole potete mettere le azioni della giornata, potete mettere il lavoro della giornata. Per questo dicevo che anche il tagliare le fette nello scantinato semibuio (dove regnano i topi!) può essere una cosa grande. I

n che senso è una cosa grande?
Uno, se non si domanda questo non procede più - come abbiamo detto la prima sera gli Esercizi- non cammina più. Ma con che coraggio ripeti certe cose, se non t'accorgi da che cosa insorgono, che cosa giudicano e come cambiano la tua esperienza? " E', se cambia".

- Don Luigi Giussani -
da:  "Vivendo nella carne", pag. 38-39, ed. La Feltrinelli




"Dunque è stato detto che basta ripetere e si capisce di più.
Certamente questa è un'intuizione vera: ripetere fa capire di più, tant'è vero che bisogna scrivere; dicevano gli antichi ai propri scolari : "Semel scriptum, bis lectum": 
Però non è automatico: tu puoi alzarti e ripetere l'Angelus, ripetere le Lodi, ripetere... senza che niente di te si muova. Si muove, per esempio, soltanto la superficie di te: "Com'è bello questo inno. Nel primo chiarore del giorno"! : soltanto un aspetto cutaneo - come quando c'è un brivido che fa venire i brividi - ma non muove nè la mens, questa profonda misura delle cose, nè l'affectus, e tu resti sempre con i piedi impantanati dove sei.
La ripetizione in questo aggrava il tuo problema, non lo diminuisce: "Ho continuamente ripetuto e non ho mai capito, capisco di meno".
Invece occorre - ho detto- che tu sposti: quando ti alzi, devi spostarti.

Spostare che cosa? Spostare l'attenzione della tua mente, che è tesa al niente o sottesa violentemente da immagini non giudicative, non utili, almeno non necessarie. Da questa distrazione in cui normalmente l'uomo vive, devi
"spostarti" a fissare, da una parte, le grandi parole che sull'esperienza umana sono state dette da Gesù e, dall'altra parte, il sanguinoso bisogno che l'esperienza umana ha di parole consimili."

- don Luigi Giussani -
da: "Vivendo nella carne", pag. 42-43, ed. La Feltrinelli



"Il perdono è la misericordia, perchè è Dio, non uomo."
"Comunque, hai sottolineato la caratteristica più stupefacente dell'esperienza cristiana: il trionfo della letizia, il sopravvento della letizia. Non lo dico io, l'ha detto Gesù: "Questo vi ho detto perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena."
Per esempio, il mugugno o il risentimento verso sè stessi perchè si è sbagliato, quando si è sbagliato è sbagliato! - come dice il profeta Osea la dove paragona Dio alla mamma con un bambino - Il bambino sbaglia, la mamma lo abbraccia e lo bacia. Se il bambino dicesse. " Va via, perchè io ho sbagliato", stonerebbe; la mamma risponderebbe: " Ma guarda che io sono mamma, non sono un bambino!
"E' quello che ha risposto Dio al profeta Osea "Sono Dio e non uomo".
Il perdono è la misericordia, perchè è Dio, non uomo.
Ti ringrazio dell'osservazione che hai fatto. Tu hai usato la parola...
Non c'è più tristezza...
Non c'è più tristezza. Ma questo è riverberato e indicato anche nei rapporti umani veri: in un rapporto umano vero di amore non c'è spazio per la tristezza; c'è spazio per il dolore, ma non per la tristezza."

- don Luigi Giussani -
da: "Vivendo nella carne", pag. 112-113, ed. La Feltrinelli



Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 21 luglio 2025

L'elemosina – don Bruno Ferrero

Un giorno di molto tempo fa, in Inghilterra, una donnetta infagottata in un vestito lacero percorreva le stradine di un villaggio, bussando alle porte delle case e chiedendo l'elemosina. Molti le rivolgevano parole offensive, altri incitavano il cane a farla scappare. Qualcuno le versò in grembo tozzi di pane ammuffito e patate marce. Solo due vecchietti fecero entrare in casa la povera donna.
«Siediti un po' e scaldati», disse il vecchietto, mentre la moglie preparava una scodella di latte caldo e una grossa fetta di pane. Mentre la donna mangiava, i due vecchietti le regalarono qualche parola e un po' di conforto.
Il giorno dopo, in quel villaggio, si verificò un evento straordinario. Un messo reale portò in tutte le case un cartoncino che invitava tutte le famiglie al castello del re. L'invito provocò un gran trambusto nel villaggio, e nel pomeriggio tutte le famiglie, agghindate con gli abiti della festa, arrivarono al castello. Furono introdotti in una imponente sala da pranzo e ad ognuno fu assegnato un posto.
Quando tutti furono seduti, i camerieri cominciarono a servire le portate. Immediatamente si alzarono dei borbottii di disappunto e di collera. I solerti camerieri infatti rovesciavano nei piatti bucce di patata, pietre, tozzi di pane ammuffito. Solo nei piatti dei due vecchietti, seduti in un angolino, venivano deposti con garbo cibi raffinati e pietanze squisite. Improvvisamente entrò nella sala la donnetta dai vestiti stracciati. Tutti ammutolirono. «Oggi - disse la donna - avete trovato esattamente ciò che mi avete offerto ieri».
Si tolse gli abiti malandati. Sotto indossava un vestito dorato. Era la Regina.

Un riccone arrivò in Paradiso. Per prima cosa fece un giro per il mercato e con sorpresa vide che le merci erano vendute a prezzi molto bassi. Immediatamente mise mano al portafoglio e cominciò a ordinare le cose più belle che vedeva.
Al momento di pagare porse all'angelo, che faceva da commesso, una manciata di banconote di grosso taglio. 
L'angelo sorrise e disse: "Mi dispiace, ma questo denaro non ha alcun valore".
"Come?", si stupì il riccone.
"Qui vale soltanto il denaro che sulla terra è stato donato", rispose l'angelo.

Oggi, non dimenticare il tuo capitale per il Paradiso.

- don Bruno Ferrero - 
da: Cerchi nell'acqua


Dio in principio si mise da parte, e così ebbe inizio il mondo. 
Questo è il segreto dell'amore: 
mettersi da parte. 
Se puoi, cerca soprattutto 
di metterti da parte. 
Chiedi per te 
solo un piccolo angolo nel tempo. 
Metti confini al tuo volere, 
e guarda come fiorisce un mondo.

- Mary Gales Ryian - 


Preghiera per l'ospitalità

Gesù mio, nato in una stalla
perché nella locanda non c'era posto per te e per la tua famiglia,
benedici tutti quelli che offrono ospitalità.
Fa' che abbiano sempre posto per i poveri
e per i viaggiatori in cammino.
Dà loro il coraggio e la forza
di accogliere tutti i loro ospiti
e fa' che ricordino che tutto quello
che avranno fatto per loro l'avranno fatto per te.
Gesù mio, benedici tutti quelli che danno ospitalità.
Lo Spirito Santo dica loro
che saranno bene accetti
e privilegiati nel Regno dei Cieli
che ospita tanta gente,
e soprattutto i più poveri tra i poveri.
Amen.

- Madre Teresa di Calcutta -



Buona giornata a tutti. :-)




martedì 15 luglio 2025

da: "La Forza della ragione" - Oriana Fallaci

 "Il declino dell'intelligenza è declino della Ragione. E tutto ciò che oggi accade in Europa, in Eurabia, ma soprattutto in Italia è declino della Ragione. Prima d'essere eticamente sbagliato è intellettualmente sbagliato. Contro Ragione. Illudersi che esista un Islam buono e un Islam cattivo ossia non capire che esiste un Islam e basta, che tutto l'Islam è uno stagno e che di questo passo finiamo con l'affogar dentro lo stagno, è contro Ragione. Non difendere il proprio territorio, la propria casa, i propri figli, la propria dignità, la propria essenza, è contro Ragione. Accettare passivamente le sciocche o ciniche menzogne che ci vengono somministrate come l'arsenico nella minestra è contro Ragione. Assuefarsi, rassegnarsi, arrendersi per viltà o per pigrizia è contro Ragione. Morire di sete e di solitudine in un deserto sul quale il Sole di Allah brilla al posto del Sol dell'Avvenir è contro Ragione. E contro Ragione anche sperare che l'incendio si spenga da sé grazie a un temporale o a un miracolo della Madonna."

- Oriana Fallaci -
da: "La Forza della ragione", Rizzoli Editore, 2004





Perbacco, su questo pianeta nessuno difende la propria identità e rifiuta d’integrarsi come i musulmani.
Nessuno.
Perché Maometto la proibisce, l’integrazione.
La punisce.
Se non lo sa, dia uno sguardo al Corano.
Si trascriva le sure che la proibiscono, che la puniscono.
Intanto gliene riporto un paio.
Questa, ad esempio: “Allah non permette ai suoi fedeli di fare amicizia con gli infedeli. L’amicizia produce affetto, attrazione spirituale. Inclina verso la morale e il modo di vivere degli infedeli, e le idee degli infedeli sono contrarie alla Sharia. Conducono alla perdita dell’indipendenza, dell’egemonia, mirano a sormontarci. E l’Islam sormonta. Non si fa sormontare”.
Oppure questa: “Non siate deboli con il nemico. Non invitatelo alla pace. Specialmente mentre avete il sopravvento. Uccidete gli infedeli ovunque si trovino. Assediateli, combatteteli con qualsiasi sorta di tranelli.”
In parole diverse, secondo il Corano dovremmo essere noi ad integrarci.
Noi ad accettare le loro leggi, le loro usanze, la loro dannata Sharia.

- Oriana Fallaci -
da: "La Forza della ragione", Rizzoli Editore, 2004




Anzi m’indigno e indignata chiedo a che cosa serva essere cittadini, avere i diritti dei cittadini.
Chiedo dove cessino i diritti dei cittadini e dove incomincino i diritti degli stranieri.
Chiedo se gli stranieri abbiano il diritto di avanzare diritti che negano i diritti dei cittadini, che ridicolizzano le leggi dei cittadini, che offendono le conquiste civili dei cittadini.
Chiedo, insomma, se gli stranieri contino più dei cittadini.
Se siano una sorta di supercittadini, davvero i nostri feudatari.
I nostri padroni.

- Oriana Fallaci -
da: "La Forza della ragione", Rizzoli Editore, 2004



















Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 25 giugno 2025

L'aquila che si credeva un pollo - Padre Anthony De Mello

 Un uomo trovò un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia.
L'uovo si schiuse contemporaneamente a quelli della covata e l'aquilotto crebbe insieme ai pulcini.
Per tutta la vita l'aquilotto fece quel che facevano i polli nel cortile, pensando di essere uno di loro.
Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
Trascorsero gli anni e l'aquila divenne molto vecchia.
Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d'aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita. "Chi è quello?", chiese.
"E' l'aquila, il re degli uccelli", rispose il suo vicino. "Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli".
E così l'aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale.

- Padre Anthony De Mello -
fonte: "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" (1990)


Come qualcuno ha detto una volta: "Per ottenere la pace del cuore, dimettetevi dall'incarico di direttore generale dell'universo".
Non sono il direttore generale, ma faccio quello che posso.
Mi immergo e il risultato dipende da Dio, dalla vita, dal destino.

- Padre Anthony De Mello -
Da: Messaggio per un pesciolino che ha sempre sete, Editore Piemme



In che modo pensate che la maggior parte delle persone trascorra la vita? Cercando di fare buona impressione, ecco come.
Assicurandosi di non essere criticata. Tentando di affermarsi. Mi chiedo quanti siano gli essere umani che non sono ossessionati da queste cose, per ventiquattro ore al giorno, consapevolmente o meno.
Pochissimi, oserei dire. Qual è la conseguenza? Che pochissimi vivono davvero.

- Padre Anthony De Mello -
Da: Messaggio per un pesciolino che ha sempre sete, Editore Piemme

giovedì 15 maggio 2025

Italo Calvino da “Prima che tu dica ”

Vorrei portarti con me.
Resisteresti poco, al freddo senza l’afa estiva ma sarebbe un’esperienza diversa, no? Poi ti riporterei indietro, come è giusto che sia. Ma per un po’ ti porterei con me.
Ti racconterei le cose che non avrò il tempo di finire di dirti. Solo per quello, per trovare il modo che duri di più. 

Ti farei guardare il mare freddo, così apprezzeresti il tuo. 
Ti farei una foto e la lascerei nel cassetto per le volte che avrò voglia di guardarti con i capelli scompigliati e il sorriso accennato.
Mangeremmo e dormiremmo poco perché non ci sarebbe il tempo; tutto quello che vorresti cercherei di dartelo. 

Ti farei esprimere un desiderio e lo esaudirei. Solo uno, perché tre non sarei capace.
Ti farei almeno un paio di domande scomode, perché così ti fideresti di me; perché così, se ti telefonassi almeno una volta, sussulteresti un pochino e quando deciderai di andare via, ci sarà almeno una volta in cui vorrai tornare.
Vorrei che ti fossi innamorata di me, per chiedermi di restare. Ma forse tu impieghi tanto per innamorarti e allora è per questo che vorrei portarti con me: per farti innamorare.
Verresti?
No, non verrei. Perché dovrei?
Non credo che mi riporteresti indietro, non voglio che tu faccia di tutto per me. Il suono è simile a quello della tua voce, non della mia: vorrei che lo capissi e te ne rendessi conto. Le tue parole sono esigenti e mi si stringono al cuore. L’unisono tra di noi non funziona. Il moto di due anime in una non esiste. 

Non vorrei foto di questo momento, né motivi per lasciare che non finisca. È doloroso da ricordare. 
Cosa c’è di poetico in una sensazione moritura? Se lo volessi, non farei in modo che arrivi la fine. Perché è questo il punto: io sto facendo in modo che l’ultimo secondo di tutto accada, capisci? 
Permettimi di dire di no. Permettimi di non esserti accanto. Permettimi di decidere di non esserci come vuoi tu.
Pensare che sia per due, per renderti i pensieri più facili; lo sai che mi stai raccontando una bugia mentre mi chiedi ‘verresti?‘
Certo che lo sai.
Venire? Cosa potrebbe dire? Cosa saremmo?
La mia automobile scivola da sola verso casa mentre rileggo le tue parole. Cerco di trovare interpretazione, tentando di valicare le frasi così come sono – cunei – e trovarci l’intenzione inespressa di dire dell’altro. Cerco titubanze, virgole, mi soffermo sui dettagli. Ma io di dettagli non capisco nulla. Non so come sono fatti, in verità.
Potrei rimanere attaccato alla balaustra a due mani, mangiare tutte le merendine della macchinetta accanto all’ingresso del gate pur di restare a guardare il fiume da un lato e la strada dall’altro.
Fissare l’asfalto fino a farmelo entrare negli occhi e bucarmeli per non vedere la via di casa: questo dovrebbe accadere affinché io vada via da qui e mi rassegni alle tue parole. Credevo di non essere capace di rimanere in silenzio a guardare. Sono solito pensare di me cose molto positive: grande cuore, grande testa, spirito d’iniziativa, forte indipendenza; pensavo di non essere capace di restare a guardare inerme.
È una di quelle circostanze che non si addicono agli spiriti vincenti. È come ammettere di avere un buco scoperto e lasciare che qualcuno ci infili un dito dentro, stracciando carne e tessuti, graffiando vasi, fino a tingere di rosso i vestiti e non poter, così, celare l’affanno.
Eppure io sono un tipo sveglio, non mi lascio abbindolare facilmente; ho sempre saputo tenerle a distanza e prosciugarne il necessario. Ecco, sì: non sono mai andato al di là del necessario con quasi nulla. Solo di foglie d’albero ne ho troppe, perché ne faccio collezione.
Ne ho mangiate molte di merendine della macchinetta ma adesso, alla guida, con le mani poco convinte e smaniose, non ne ricordo il sapore singolo e anche gli incartamenti mi paiono tutti uguali. Non posso distinguere il caramello dal fiordilatte e questi dal cioccolato: ho un solo amalgama appiccicaticcio nella bocca.
Mi sembra strano sentirmi così sopra le righe. Mi sembra strano, ancora, sentire quegli occhi addosso. I tuoi e i miei insieme, che erano altro, lo sono stato lo so, lungo il fiume e poi sono irrimediabilmente scomparsi dopo un battito di ciglia. Un movimento fisiologico ne ha decretato la fine ed io lo vado cercando, adesso, mentre mi dirigo verso casa, seguo la scia per provare a seguirti.
Che pena. Sperare, intendo. È la pena di chi non sa rinunciare.
Non so raccontare una volta in cui tu mi avevi detto di essere felice, in effetti. E nemmeno una volta in cui te l’ho detto io, d’altronde. Non credo minimamente di esserti venuto incontro per davvero, con foga ed eccitazione, per abbracciarti di sorpresa.
Non mi viene in mente la prima volta che t’ho visto. So quand’è, con precisione, perché io ero al bancone di un bar con una ragazza che mi piaceva molto. E che ho abbracciato con slancio e voluto tante di quelle volte da essermene invaghito e addirittura innamorato a un certo punto.
Ricordo d’averti preso in consegna nella mia mente, ma non d’averti visto. Non so nemmeno com’eri vestita. 

So solo che ti sei passata una mano tra i capelli, il gesto più comune che si possa recuperare nella memoria. Eppure io l’ho registrato. In realtà potrebbe essere falso. Potrei aver traslato la mano di un altro sulla tua e adesso cucirti addosso un movimento che non t’è appartenuto.
Avevi un braccialetto che si compra al mare, di quelli di cotone colorato, che dicono porti fortuna e poi, un giorno, si spezzi per far avverare un desiderio. Di quelli che hanno tutti, eccetto me, poiché io non li sopporto: rimangono bagnati per ore, dopo la doccia, ed umidi sulla pelle.
Mi sono chiesto quale potesse essere il tuo desiderio. 

È la prima cosa su cui mi sono interrogato guardandoti quella volta e pensandoti i giorni successivi. Se tu avessi un desiderio sopra tutti, se fosse legato a quel braccialetto o a un sentimento. Ho sentito il bisogno di saperlo, come se fosse il tuo nome.
Avevi anche un anello costoso. Sottile, ma prezioso. Un anello facile, che non sorprende se lo regali. Non so perché l’avessi notato. Niente a che vedere coi tuoi occhi, mi rendo conto. A chiunque avessi chiesto di te nei giorni seguenti, continuavo a dire di non avere in mente i tuoi occhi: eppure sono meravigliosi. Non mi viene un’altra parola in mente. Dovrei inventarla ma non sono capace, tu lo sai. Posso fartelo intuire ma non so spiegarlo.
Non capisco perché non me li sono incollati addosso. Avevo notato di te solo i dettagli peggiori fra tutti gli altri; ciononostante ti cercavo già il giorno dopo. Mentre passeggiavo sotto casa tua, nelle sere a seguire, speravo di notare i tuoi movimenti alla finestra oppure con chi saresti uscita. 

Desideravo vederti da sola, che, una volta sull’uscio, ti guardassi intorno e vedendomi rimanessi piacevolmente compiaciuta.
Avrei voluto essere io nei tuoi sogni, a ispirare i tuoi sonni e farti felice. 

Ma lo so di non potere. Eppure questa consapevolezza non m’ha fatto smettere di volerti portare via con me.
Non capisco. Non capisco cosa vuoi dire. Mi pare assurdo che tu pensi di poter amarmi. Quanto abbiamo passato insieme? Non capisco perché tu voglia portarmi con te. Non sai nulla.
Ti ho rubato anche un sorriso triste quella sera.È andata così: io ti ho guardata per un momento, mentre ti passavi le mani nei capelli, e stavi sorridendo, ma non alla persona con cui parlavi. Sorridevi, rivolta verso il basso come per un pensiero veloce da far svanire. E, rivolto di nuovo il tuo volto verso l’alto, ti ho sorpresa triste, come se quel pensiero felice andasse celato.
Sorridi solo quando qualcuno o qualcosa ti fa ridere, ma non dovresti. A me piace, ma non dovresti. La felicità pare si auguri a tinte pastello e così mi tocca fare, con te, adesso: cercare di farti togliere dal viso i tuoi sorrisi tristi, come ho sempre fatto, d’altronde.
Potremmo essere in giro a passeggiare in una città qualunque, col caldo, mano nella mano e io dovrei accorgermi del tuo sorriso triste e allora darti un bacio o prenderti il viso e farti fare una smorfia che mimi la gioia. Sorrideresti e il mio desiderio di felicità per te sarebbe compiuto. La verità è che i tuoi sorrisi tristi a me piacciono, perché a te stanno bene, perché li sai trattare, li sai adoperare e mettere in fila senza che rompano le righe. Se lo facessi io sarei penoso.
Questo è il punto: faccio pensieri e desidero cose
 nuove.Non importa cosa so. Per la prima volta, non importa.
Non so da dove vengono o come si chiamino e non potrei spiegarle a nessuno eccetto te, con un po’ di tempo, con un po’ di pause, con quei silenzi che non saprei riempire, all’inizio. Ma potrei imparare.
Sono un pessimo romantico, lo ammetto. È per questo che non sono riuscito a farti innamorare. Lo so che è così. Ho immaginato che potessi bastare io, con i miei modi normali e l’aria spavalda. Fintamente sicura. E del tempo, per spiegarti quello che manca, per farti vedere che ne sarebbe valsa la pena, alla fine.
Ho provato, che dire, a farmi scegliere. Ho sperato. Dovevo. Era una possibilità, capisci? Come fare a metterla via, a dimenticarla. Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo. Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me. È l’idea che almeno una volta succeda, no? Hai presente? Quell’idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l’avverti non puoi far finta di niente se hai un po’ di senno.
Come un sibilo fluttuante e sinuoso.
A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me.
E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro.
Verresti?

- Italo Calvino -
 da “Prima che tu dica ” ,Mondadori ed.



«Finché so che al mondo c’è qualcuno che fa dei giochi di prestigio solo per amore del gioco, finché so che c’è una donna che ama la lettura per la lettura, posso convincermi che il mondo continua… E ogni sera anch’io m’abbandono alla lettura, come quella lontana lettrice sconosciuta».

- Italo Calvino -
da: “Se una notte d’inverno un viaggiatore”


"Quello che veramente ognuno di noi è ed ha, è il passato; quello che siamo e abbiamo è il catalogo delle possibilità non fallite, delle prove pronte a ripetersi.
Non esiste un presente, procediamo ciechi verso il fuori e il dopo, sviluppando un programma stabilito con materiali che ci fabbrichiamo sempre uguali. 
Non tendiamo a nessun futuro, non c'è niente che ci aspetta, siamo chiusi tra gli ingranaggi d'una memoria che non prevede altro lavoro che il ricordare se stessa."
- Italo Calvino -



Buona giornata a tutti. :-)


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domenica 30 marzo 2025

È sempre colpa degli altri! - Anthony De Mello

 Una delle cose essenziali della vita umana, e a cui purtroppo molti cercano di sottrarsi, è la responsabilità personale.
Ogni volta che diciamo: «Non è stata colpa mia»; «È stato lui che ... »; «Sono stato costretto a ... »; «Non ho potuto far altrimenti...», cerchiamo scuse per giustificare la nostra condotta irresponsabile.
Se ho capito chi sono, se ho la piena consapevolezza dei miei diritti e dei miei doveri, se non dò all'opinione o al giudizio altrui un valore superiore alla "mia" opinione e al "mio"giudizio, ecco che non mi troverò più a dover dare la colpa agli altri.
Se ho fiducia nella mia capacità di discernimento, ecco che sarò pienamente convinto di ogni mia azione.
Se giudico l'operato o il pensiero altrui un errore, cioè contrario ai miei principi, ecco che non mi farò coinvolgere, ma avrò la forza morale di rifiutare ciò che altri vorrebbero impormi ..
Essere responsabili è la chiave per una vita consapevole e appagante.

Come il bambino, dopo aver lavorato a lungo con i suoi cubetti, ammira alla fine la sua opera dicendo orgogliosamente: «L'ho fatto tutto da solo», così anche noi dobbiamo sforzarci di operare su noi stessi, sulla nostra coscienza, sulla nostra psiche, per convincerci che la nostra vita è nelle nostre mani. Rendiamoci finalmente conto che la scelta è solo nostra.
Se voglio smettere di fumare, è inutile che io dica: «Però mi calma i nervi», oppure: «Nel mio ambiente tutti fumano. Mi è impossibile smettere». In questo modo cerco di togliermi di dosso la responsabilità di scelta, scaricandola su altri fattori.
«Volere è potere», dice il vecchio adagio. Ed è verissimo. Finché mi limito a dire: «Tenterò, farò del mio meglio, vedrò se ci riesco ... », non otterrò mai niente di positivo. «Tenterò» equivale a «non voglio», o «non mi sento all'altezza», oppure «non ho il coraggio di scelta definitiva».
Troviamolo, questo coraggio, e vedremo come la nostra esistenza assumerà una colorazione diversa.
Via il grigio del "ma", del "però".
Se metto il bicchiere sull'orlo del tavolo, è facile che cada a terra. Dopo sarà inutile prendersela col tavolo o col bicchiere, o magari con la corrente d'aria o la vibrazione di un treno di passaggio che ne hanno causato la caduta fisica.
La responsabilità è solo mia, in quanto stava a me prevedere quanto sarebbe potuto accadere e quindi poggiate il latte in mezzo al tavolo e non sull'orlo, o in frigorifero, o berlo direttamente.
Tutto quanto "ci circonda" può servire a rendere la nostra vita più comoda, più utile o più piacevole. Dobbiamo però fare attenzione a usare con criterio quanto è a nostra disposizione.
L'automobile può farci viaggiare velocemente accorciando le distanze, può condurci in cima a una vetta evitandoci  la fatica della scalata. Può essere però anche strumento di rovina e morte se non sappiamo usarla con prudenza o se, peggio ancora, volontariamente la rendiamo artefice della nostra distruzione. Possiamo fare lo stesso con la ricchezza, con l'amore, con la bellezza, col potere.

Tutte cose splendide, se sappiamo usarle nel modo opportuno, per il fine vero per il quale ci sono state date.
(padre Anthony De Mello)




Volete cambiare il mondo? 
Che ne dite di cominciare da voi stessi? 
Che ne dite di venire trasformati per primi? 
Ma come si ottiene il cambiamento? 
Attraverso l'osservazione. 
Attraverso la comprensione. 
Senza interferenze o giudizi da parte vostra. 
Perché quel che si giudica non si può comprendere. 

- Padre Anthony de Mello -
da: "Messaggio per un’aquila che si crede un pollo"


La  Gratitudine e la Carità
Una volta Dio diede una festa in onore di tutte le virtù, grandi e piccole, umili ed eroiche. Si riunirono tutte in Paradiso in una grande sala splendidamente decorata e cominciarono subito a divertirsi perché si conoscevano bene; alcune erano anche imparentate fra loro. 
All'improvviso Dio notò due belle virtù che a quanto pare non si conoscevano affatto e si trovavano piuttosto a disagio insieme. 
Allora ne prese una per mano e la presentò ufficialmente all'altra. «Gratitudine», disse, «questa è Carità». 
Ma Dio non aveva ancora fatto in tempo a voltarsi dall'altra parte che esse si erano già separate. Così da allora corre voce che neppure Dio riesca a mettere insieme la gratitudine con la carità.

- Padre Anthony de Mello - 
Tratto da “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’oriente” Ed. Paoline 1988



Un rabbino chiese al suo allievo che cosa lo angustiasse. 
"La mia povertà", rispose. 
"Vivo in un tale stato di indigenza che quasi non riesco a studiare e pregare". 
"In questo preciso momento", spiegò il rabbino, "il modo migliore per pregare e studiare è quello di accettare la vita esattamente come si presenta".

- Padre Anthony de Mello - 
Tratto da “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’oriente” Ed. Paoline 1988




Buona giornata a a tutti. :-)







venerdì 28 marzo 2025

Decalogo per essere amabili

 Sorridi
alla monotonia del dolore quotidiano.
Taci
quando t’accorgi che qualcuno ha sbagliato.
Elogia
chi ha operato il bene.
Partecipa
al gioco dei fanciulli, i prediletti di Dio.
Stringi
cordialmente la mano a chi è nella tristezza.
Parla con dolcezza
agli impazienti e agli importuni.
Guarda
con affetto chi cela un dolore.
Saluta
affabilmente gli umili.
Riconosci
umilmente il tuo torto.
Rammaricati
sinceramente del male fatto.




Finché non si impara ad amare se stessi difficilmente si riesce ad amare gli altri.
Finché non si accetta se stessi difficilmente si accettano gli altri.
Finché non si accolgono le proprie zone d’ombra difficilmente si accolgono quelle altrui.
Finché non si realizza pienamente se stessi difficilmente si riesce a permettere che gli altri realizzino se stessi.

Bruno Scattolin – 
da: "Siamo qui con te"



I segni dentro

La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito.
Quelle gocce giallo miele, non scappano, non scivolano via come l'acqua, non abbandonano l'albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora.
I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita. Anche quelli belli diventano punture. Perché, col tempo, si fanno tristi, sono irrimediabilmente già stati, passati, perduti per sempre.
... indelebili sono rimasti attaccati al tronco.
Come fili di resina emanano profumi, sapori, nostalgie.
Tutto ... ha lasciato un segno dentro di noi ...


- Mauro Corona - 




Buona giornata a tutti.:-)