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mercoledì 27 gennaio 2016

Il genio - Leonard Cohen -

Per te
sarò un ebreo del ghetto
e ballerò
e indosserò calze bianche
sulle mie gambe storte
e fiumi di veleno
attraverseranno la città.
Per te
sarò un giudeo apostata
e dirò al prete spagnolo
del voto di sangue
nel Talmud
e dove sono nascoste
le ossa dei bambini.
Per te
sarò un ebreo bancario
e porterò alla rovina
un vecchio orgoglioso re cacciatore
e terminerò la sua stirpe.
Per te
sarò un ebreo di Broadway
e piangerò nei teatri
per mia madre
e venderò oggetti da mercato
sottobanco.
Per te
sarò un medico ebreo
e cercherò prepuzi
nei bidoni della spazzatura
per ricucirli di nuovo.
Per te
sarò un ebreo di Dachau
e giacerò sul cemento
con gambe storte
gonfio di dolore
e nessuno capirà.


- Leonard Cohen - 




I maschi da una parte e le donne dall’altra, disposti in file diverse.
Quest’ordine colpiva tutti come un fulmine a ciel sereno.
Adesso che si è giunti all’ultima tappa, ormai alla fine del viaggio, ci ordinano di dividere e di separare l’inseparabile.
Di separare ciò che è indissolubile, quanto è stato unito in una sola unità indivisibile.
Nessuno si muove perché non si riesce a credere nell’incredibile.
Non è possibile che l’irreale diventi realtà, fatto.
Ma la grandinata di colpi abbattutasi sulle prime file di persone in piedi fece sì che persino nelle file più remote le famiglie cominciassero a separarsi.[....]
Si riteneva che era l’inizio della conta dei nuovi arrivati a seconda del sesso.
Si intuiva che stava per arrivare il momento più importante, il momento in cui bisogna consolarsi e confortarsi a vicenda.

- Zalmen Gradowski - 
Manoscritto di prigioniero ebreo rinvenuto dopo la guerra nel campo di Auschwitz



Ci trasciniamo nella terra pantanosa e argillosa pieni di paura e ridotti allo stremo.
Stiamo per arrivare alle nostre nuove tombe, così chiamiamo le nostre nuove case.
Prima di trascinarci fino al nuovo posto, facciamo appena in tempo a prendere una boccata d’aria e già alcuni di noi vengono presi a manganellate in testa.
Dalle teste spaccate e dai volti feriti scorre il sangue.
È il benvenuto che viene dato ai nuovi arrivati.
Sono tutti sbalorditi e si guardano intorno per capire dove sono capitati.
Subito ci informano che abbiamo appena avuto un assaggio della vita del campo.
Qui regna una disciplina ferrea.
Ci troviamo nel campo della morte.
È un’isola della morte.
L’uomo non viene qui per vivere ma per trovarvi, prima o poi, la propria morte.
Non vi è posto per la vita nella residenza della morte.

- Zalmen Gradowski -
Manoscritto di prigioniero ebreo rinvenuto dopo la guerra nel campo di Auschwitz



Seicento ragazzi erano stati condotti in pieno giorno, seicento ragazzi ebrei in età dai 12 ai 18 anni, con grandi casacche molto leggere, ai piedi scarpe lacere o zoccoli di legno.
Erano così belli e benfatti che nemmeno quegli stracci erano in grado di deturparli.
Ciò accadeva nella seconda metà di ottobre 1944.
Li avevano portati venticinque SS armate fino ai denti.
Quando furono nel piazzale, il Kommandofuhrer diede l’ordine di spogliarsi.
I ragazzi scorsero il fumo che usciva dal camino e subito capirono che li conducevano a morte.
In preda a un panico selvaggio, cominciarono a correre per il piazzale strappandosi i capelli dalla testa, senza sapere come porsi in salvo.
Molti scoppiarono a piangere disperatamente, si diffuse un terribile lamento.
Per farli spogliare il Kommandofuhrer e il suo aiutante picchiavano senza misericordia quei poveri ragazzi, fino a che il manganello non si ruppe.
Gliene portarono così un altro e continuò a colpirli sulla testa finché la violenza non l’ebbe vinta.

- Zalmen Lewental - 
Manoscritto di prigioniero ebreo rinvenuto dopo la guerra nel campo di Auschwitz




Il silenzio. Il silenzio di Birkenau.
Il silenzio di Birkenau non assomiglia a nessun altro silenzio: ha in sé le grida di disperazione, le preghiere strangolate di migliaia e migliaia di comunità che il nemico condannò ad essere ingoiate dall’oscurità di una notte infinita, una notte senza nome.
Il tacere degli uomini congelato nel cuore della disumanità.
Silenzio eterno sotto un cielo azzurro.
Silenzio di morte nel cuore della morte…
Nel regno delle ombre che è Auschwitz nessuno cammina lentamente; la morte si getta contro la sua preda.
Non ha tempo, la morte: dev’essere contemporaneamente dappertutto.
La vita, la morte: tutto si unisce in una folle velocità.
Il futuro si limita qui all’attimo che precede la selezione; qui bisogna correre dietro al presente, perché non scompaia del tutto.
Si corre a lavarsi.
Si corre mentre ci si veste.
Si corre alla distribuzione del pane, della margarina, della zuppa.
Si corre all’appello, si corre al lavoro, si corre da un blocco all’altro, alla ricerca di uno sguardo famigliare.
Alla ricerca di una parola di consolazione.
L’abbaiare dei cani… le grida dei carnefici, il rumore dei randelli di gomma che si abbattono sulla nuca dei prigionieri.
Il dolore rende muti gli uomini affamati e deboli; la loro umiliazione pesante come una maledizione.

- Elie Wiesel - 


9 ottobre 1974: muore l'imprenditore tedesco Oskar Schindler. Salvò 1100 ebrei dalla Shoah.


to never  forget!
nicht zu vergessen ... ever!
ne pas oublier ... jamais!
чтобы не забыть ... никогда!
per non dimenticare.... mai!


martedì 19 gennaio 2016

Chi sei, dolce Luce - Edith Stein

"Chi sei, dolce Luce che m'inondi e rischiari la notte del mio cuore?
Tu mi guidi qual mano di una mamma;
ma se mi lasci non più d'un passo solo avanzerei.
Tu sei spazio
che l'esser mio circonda
e in cui si cela.
Se m'abbandoni cado nell'abisso
del nulla,donde all'esser mi chiamasti.
Tu a me vicino più di me stessa,
più intimo dell'intimo mio.
Eppur nessun ti tocca
o ti comprende
e d'ogni nome infrangi le catene:
Spirito Santo - Eterno Amore!"



(Edith Stein)


La forza della donna è la sua vita affettiva. 
- Edith Stein -


Il corpo ha forma solo nella misura in cui è formato e portato dall’interno. 

- Edith Stein -


Dio non ha la sua misura nell'essere che abbraccia tutte le cose; Egli è al di là dell'essere. L'ignoranza diviene dotta nella consapevolezza che ogni categoria dell'esistenza è inadeguata in rapporto a Dio; ed è silenzio liberamente eletto in attesa di verità. 

- Edith Stein - 


È proprio di tutto ciò che è finito il fatto di non potersi comprendere da sé, di rimandare ad un primo essere che deve essere un essere infinito.

- Edith Stein -





Buona giornata a tutti. :-)

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sabato 12 dicembre 2015

da: "Un Natale vero?" - card. Giacomo Biffi -

"Il Natale è una verità:
la verità di Dio che sorprendentemente ci ama 
ed è venuto a farsi uno di noi. 
Dio ormai non ci lascia più; 
non siamo più soli: i compagni, gli amici, i parenti 
ci possono abbandonare.
Ma il Dio che ha tanto amato il mondo 
da dare il suo unico Figlio, 
unito personalmente per sempre alla nostra natura 
di creature fragili e dolenti, 
non ci abbandonerà mai alle nostre tristezze, 
alla nostra inquietudine, 
al nostro peccato. 
Non è una fiaba, è una notizia, 
cioè l'informazione su un fatto avvenuto; 
non è un bel sogno, 
è una realtà ancora più bella 
di ciò che desidereremmo sognare. 
Nessun uomo ormai può sfuggire al suo Creatore, 
che lo insegue, 
lo vuol raggiungere e legare a sè. 
Non possiamo sfuggirgli, 
perché il suo amore corre più veloce di noi."


- Cardinale Giacomo Biffi - 
da: "Un Natale Vero?", Edizioni Studio Domenicano

Giotto -Natività, particolare- Cappella degli Scrovegni, Padova

«Cristo nella mangiatoia [...]. Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro [...]. Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì Egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì Egli dice “sì”. 
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente incomparabile. 
Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. 
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima, lì 
Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua grazia».

- Dietrich Bonhoeffer -



Dal Natale nasce una famiglia. È la festa di oggi: la famiglia di Gesù, santa perché Sua. Non si diventa familiari di Dio per diritto; non è un’eredità; non è mai un possesso. È la famiglia di coloro che lo hanno accolto nella fede, che da lui ricevono il potere di diventare figli di Dio.
È una famiglia larga, di uomini e donne veri, di fratelli più piccoli di Gesù, di peccatori perdonati, di uomini qualsiasi chiamati a seguirlo. È quella discendenza enorme che compone il cielo stellato promesso ad Abramo.
La liturgia ci presenta la Santa Famiglia di Nazareth. Cosa vuole insegnarci? Che il bambino Gesù ne è il centro, il cuore, il motivo dell’amore. Come dire che senza Gesù, e senza averlo preso con sé, non ci sarebbe stata quella famiglia, si sarebbe rotta al suo nascere.
Prendiamo Gesù con noi e saremo salvi. Prendiamo Gesù con noi e sapremo vivere assieme, in famiglia e con gli altri. Accogliamo la parola dell’Angelo, il Vangelo, e sapremo percorrere le vie della vita, sapremo evitare i pericoli, e comunque trovare il nostro Egitto, il nostro rifugio, anche se ci costa.

- Papa Benedetto XVI - 
























Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 28 agosto 2015

Da: “Paura dell'infinito” - Dietrich Bonhoeffer -

La paura è in un certo qual modo il nostro principale nemico. Essa si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente finché egli crolla improvvisamente, senza opporre resistenza e privo di forza.
Corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo. 
Quando l’essere umano in pericolo tenta di aggrapparsi alle corde, queste si spezzano, ed egli, indifeso e disperato, si lascia cadere tra le risate dell’inferno. Allora la paura lo guarda sogghignando e gli dice: ora siamo soli, tu e io, e ora ti mostro il mio vero volto.
Chi ha conosciuto e si è abbandonato a questo sentimento in un’orribile solitudine — la paura di fronte a una grave decisione, la paura di un destino avverso, la preoccupazione per il lavoro, la paura di un vizio a cui non si può più opporre resistenza e che rende schiavi, la paura della vergogna, la paura di un’altra persona, la paura di morire — sa che è soltanto una maschera del
male, una forma in cui il mondo ostile a Dio cerca di ghermirlo. 
Non c’è nulla nella nostra vita che ci renda evidente la realtà di queste forze ostili al Creatore come questa solitudine, questa fragilità, questa nebbia che si diffonde su ogni cosa, questa mancanza di vie di uscita e questa folle agitazione che ci assale quando vogliamo uscire da questa terribile disperazione. 
Avete mai visto qualcuno assalito dalla paura? Il suo viso è orribile quando è bambino e continua a essere spaventoso anche da adulto: quella fissità dello sguardo, quel tremore animalesco, quella difesa supplichevole. 
La paura fa perdere all’uomo la sua umanità. Non sembra più una creatura di Dio, ma del diavolo; diventa un essere devastato, sottomesso.
Abbiamo paura della quiete. Siamo così abituati all’agitazione e al rumore, che il silenzio ci appare minaccioso e lo rifuggiamo. 
Passiamo da un’attività all’altra per non dover stare soli, per non essere costretti a guardarci allo specchio. Ci annoiamo, a tu per tu con noi stessi. Spesso le ore che siamo costretti a trascorrere in solitudine ci sembrano le più tristi e le meno fruttuose. 
Ma non abbiamo soltanto il timore di noi e di scoprirci; temiamo molto di più l’Onnipotente. Vorremmo evitare che disturbi la nostra tranquillità e ci smascheri, creando un rapporto esclusivo a due per poi disporre di noi secondo la sua volontà. 
Questo incontro misterioso ci preoccupa e cerchiamo di sottrarci a questa esperienza. Ci teniamo alla larga dal pensiero di Dio, per evitare che Egli arrivi inaspettatamente e ci rimanga troppo vicino. Sarebbe terribile doverlo guardare negli occhi e doversi giustificare. Dal nostro volto potrebbe scomparire per sempre il sorriso. Potrebbe, per una volta, accadere qualcosa di molto serio a cui non siamo più abituati.
Questa paura è una caratteristica della nostra epoca. Viviamo con l’ansia di essere improvvisamente avvolti e manovrati dall’infinito. 
Allora preferiamo vivere in società, andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore.
Nell’Apocalisse di san Giovanni leggiamo: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio» (14, 7). «Temete Dio», invece delle cose che vi fanno paura. 
Non temete il futuro, non temete gli altri uomini. 
Non temete la violenza e la forza, anche se possono privarvi dei vostri beni e della vostra vita. 
Non temete i potenti di questo mondo. 
Non temete nemmeno voi stessi. 
Non temete i peccati. 
Morirete a causa di tutti questi timori. 
Liberatevi da queste paure, ma temete Dio e soltanto Lui, che ha autorità su tutti i poteri terreni. Davanti a Lui deve provare timore tutta la Terra.
Può darci la vita o privarcene. Tutto il resto non ha importanza, solo il Signore conta. 
Che cosa ci chiederà il Padre nell’ultimo giorno? Soltanto una cosa: «Avete creduto al Vangelo e gli avete ubbidito?». Non domanderà se eravamo tedeschi o ebrei, se eravamo nazisti oppure no, e nemmeno se facevamo parte della Chiesa confessante, se eravamo persone influenti e di successo, se possiamo vantarci di grandi opere, se eravamo rispettati oppure malvagi, insignificanti, inutili e sconosciuti. Il nostro unico giudice sarà il Vangelo. 
Perché io sono proprio io? Che cosa sono davvero? Chi sono?
Perché esisto? Da dove arrivo? Qual è il mio fine? Cosa ne sarà di me? 
Sono queste le domande che l’umanità si pone da sempre. L’uomo si sente aggredito da una forza superiore, da tutto un mondo, dal suo stesso io; allora comincia a indagare, a cercare, ad arrovellarsi e procede di scoperta in scoperta, sentendosi sempre più inquieto. Di fronte a se stesso viene colto da una grande paura. Per la prima volta è toccato dalla miseria dell’essere umano e il cuore si contrae nella consapevolezza della sua mancanza di libertà. A questo punto reclama una cosa soltanto: la liberazione dal demone delirio e dal suo dominio, la redenzione. 
Come posso salvare il mio io? Come posso diventare libero? Come posso dare una forma a ciò che non ne ha e organizzare ciò che è privo di coerenza?
Come posso dominare il caos?
In ogni tempio greco antico erano riportate queste parole: «Conosci te stesso!». Solo in questo modo diventerai padrone del tuo io. È un’esperienza che può fare ognuno di noi: nessuno riesce realmente a conoscersi nel corso della sua vita. Siamo e rimaniamo ignoti a noi stessi, soltanto Dio è in grado di vedere davvero dentro di noi.
Se ci lambicchiamo il cervello ci procuriamo soltanto grandi tormenti: sappiamo bene che questo atteggiamento conduce alla disperazione e non al sollievo. 
Quindi è necessario percorrere un’altra via: non quella della conoscenza di sé, ma il dominio e la formazione di sé attraverso la volontà.
Perché il problema della debolezza è così importante? 
Hai mai visto nel mondo un mistero più grande dei poveri, dei vecchi, dei malati. 
Hai mai pensato a come appare la vita a uno storpio, a un infermo senza speranza, a una persona sfruttata, a un nero in un ambiente di bianchi, a un intoccabile? Se lo hai fatto, riesci a sentire che in quei casi l’esistenza ha un significato diverso da quello che le attribuisci tu? Comprendi che anche tu, comunque, appartieni alla categoria degli sfortunati, perché anche tu sei un essere umano come loro, perché sei forte e non debole, perché in tutti i tuoi pensieri avvertirai la loro fragilità? Non ci siamo resi conto che non potremo mai essere felici finché questo universo della debolezza, da cui forse finora siamo stati risparmiati ci rimane estraneo e sconosciuto, distante, finché lo teniamo lontano dalla nostra portata, in modo consapevole o inconsapevole?
Che cosa significa debolezza nel nostro mondo? Sappiamo che fin dai primi tempi fu rimproverato al cristianesimo di rivolgere il suo messaggio ai deboli: era considerato la religione degli schiavi, di quelli che soffrono di complessi di inferiorità; si diceva che dovesse il suo successo alla massa di
disperati dei quali ha esaltato la condizione di miseria. È stato proprio l’atteggiamento nei confronti del problema del male nel mondo che ha attirato simpatie oppure odio per questa confessione. Ha sempre prodotto l’opposizione forte e sdegnata di una filosofia aristocratica che esaltava la forza e il potere, in contrapposizione con i nuovi valori di rifiuto della violenza ed esaltazione dell’umiltà.
Anche nella nostra epoca siamo testimoni di questa lotta. Il cristianesimo resiste o fallisce con la sua protesta rivoluzionaria contro l’arbitrio e la superbia del potente, con la sua difesa del povero.
Credo che i cristiani facciano troppo poco, e non troppo, per rendere chiaro questo concetto. 
Si sono adattati troppo facilmente al culto del più forte. Dovrebbero dare molto più scandalo, scioccare molto più di quanto facciano ora.

- Dietrich Bonhoeffer - 

in “L'Osservatore Romano” del 9 aprile 2015
Scritti inediti di Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, sono appena apparsi nel volume dal titolo "La fragilità del male" (Milano, Piemme, 2015, pagine 176, Stralcio dal primo capitolo)





"I figli di Dio non devono avere quaggiù altra patria che l’universo intero. Con la totalità delle creature ragionevoli che ha contenuto e contiene e conterrà, il nostro amore deve avere la stessa estensione attraverso tutto lo spazio.
Ogni qual volta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Crisna, Budda, Il Tao ecc. il Figlio di Dio ha risposto inviandogli lo spirito Santo e lo Spirito Santo ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizi
one religiosa, ma dandogli luce e nei migliori dei casi la pienezza della luce all’interno di tale tradizione.
Poiché in occidente la parola Dio, nel suo significato corrente, disegna una persona, quegli uomini nei quali l’attenzione, la fede e l’amore si applicano quasi esclusivamente al perfetto impersonale di Dio, possono credere e dirsi atei, sebbene l’amore soprannaturale abiti nella loro anima.
Costoro sono sicuramente salvati e si riconosce dal loro atteggiamento verso le cose di quaggiù, quelli che possiedono allo stato puro l’amore per il prossimo e l’accettazione dell’ordine del mondo compresa la sventura, costoro sono tutti sicuramente salvati, anche se vivono e muoiono in apparenza atei". 

- Simone Weil -



"Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi.
Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.
In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi." 

- Giacomo Leopardi - 





Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.

(Primo Levi)


Titolo della poesia "11 febbraio 1946". 
Fa parte della raccolta "Ad ora incerta"


Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 14 agosto 2015

Vorrei morire al suo posto - San Massimiliano Maria Kolbe -

Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo.

"Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c'è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. 

Un uomo esce dalle fila - numero 16.670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli."
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico." 

Padre Massimiliano Kolbe - n° 16.670

Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.



un po di biografia: http://leggoerifletto.blogspot.it/2012/10/san-massimiliano-kolbe-biografia.html


"Mia amata Mamma, verso la fine del mese di maggio sono giunto con un convoglio ferroviario nel campo di Auschwitz. Da me va tutto bene. Amata Mamma, stai tranquilla per me e per la mia salute, perché il buon Dio c'è in ogni luogo e con grande amore pensa a tutti e a tutto."

Padre Kolbe in una lettera alla mamma



“Dalla Divina Maternità scaturiscono tutte le grazie concesse alla Santissima Vergine Maria, e la prima di tali grazie è l'Immacolata Concezione. 
Questo privilegio deve starle particolarmente a cuore, se a Lourdes Ella stessa volle chiamarsi: "Io sono l'Immacolata Concezione". 
Con questo nome, tanto gradito al cuore, desideriamo chiamarla anche noi.„

- Padre Massimiliano Kolbe -


Vergine tutta Santa

Vergine Immacolata, 
scelta tra tutte le donne 
per donare al mondo il Salvatore, 
serva fedele del mistero della Redenzione, 
fa’ che sappiamo rispondere alla chiamata di Gesù 
e seguirlo sul cammino della vita 
che conduce al Padre. 
Vergine tutta santa, strappaci dal peccato 
trasforma i nostri cuori. 
Regina degli apostoli, rendici apostoli! 
Fa’ che nelle tue sante mani 
noi possiamo divenire strumenti docili 
e attenti per la purificazione 
e santificazione del nostro mondo peccatore. 
Condividi con noi la preoccupazione 
che grava sul tuo cuore di Madre, 
e la tua viva speranza
che nessun uomo vada perduto. 
Possa, o Madre di Dio, 
tenerezza dello Spirito Santo, 
la creazione intera celebrare con te
la lode della misericordia e dell’amore infinito.

- San Massimiliano Kolbe - 



Buona giornata a tutti. :-)








giovedì 2 luglio 2015

Essendo un amante della libertà... - Albert Einstein

Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania, guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità.
Ma le università vennero zittite.
Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà.
Ma anche loro, come le università vennero ridotti al silenzio, soffocati nell'arco di poche settimane.
Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità.
Io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa prima, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l'ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo confessare che ciò che io una volta disprezzavo, ora lodo incondizionatamente. »

(Albert Einstein)
Fonte: dichiarazione di Albert Einstein pubblicata da Time magazine,
23 dicembre 1940, pag. 40



"Senza la religione l’umanità si troverebbe oggi ancora allo stato di barbarie.
E’ stata la religione che ha permesso all’umanità di progredire in tutti i campi."

- Albert Einstein - 


La strage di Rignano sull'Arno

Nella foto la famiglia di Robert Einstein cugino di Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica nel 1921. Albert si trasferì in America a causa delle persecuzioni antisemite che già imperversavano in Germania e in Europa. Quando Adolf Hitler salì al potere nel gennaio 1933, Einstein era professore ospite all'Università di Princeton.
Nello stesso anno i nazisti promulgarono "La Legge della Restaurazione del servizio Civile" a causa della quale tutti i professori universitari ebrei furono licenziati e durante gli anni trenta fu condotta una campagna da parte di professori tedeschi (premi Oscar) che etichettò i lavori di Einstein come "fisica ebraica", in contrasto con la "fisica tedesca" o "ariana".

Il 3 agosto 1944, nel corso della II^ guerra mondiale, a Rignano sull’Arno, Firenze, Italy, avvenne la strage della famiglia Einstein, nota anche come strage di Rignano e strage del Focardo. Dopo un sommario e violento interrogatorio furono fucilate tre donne: Cesarina (detta Nina) Mazzetti, Luce ed Annamaria (detta Cicì) Einstein, rispettivamente moglie e figlie di Robert Einstein, cugino del celebre scienziato Albert Einstein.
La casa fu data a fuoco, mentre Lorenza, Paola e l'altra cugina, Anna Maria Bellavite furono rinchiuse in una stanza buia e risparmiate dalla furia omicida. Dal suo rifugio nei boschi della vallata, Robert vide le fiamme e, scoprendo la strage della sua famiglia tentò vanamente il suicidio.
La mattina del 4 agosto 1944, tra le fiamme di Villa Il Focardo, un foglio attaccato a un albero: “Abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei.” In realtà Cesarina Mazzetti, figlia di un pastore protestante, non era ebrea e così le due figlie. L'unica loro colpa era di portare il nome degli Einstein.
Robert Einstein si tolse la vita il 13 luglio 1945 in occasione di quello che avrebbe dovuto essere il giorno del suo 32º anniversario di matrimonio con Nina. Fu sepolto accanto alla sua famiglia nel cimitero della Badiuzza.

Albert Einstein rinunciò alla cittadinanza tedesca e svizzera e restò negli Stati Uniti fino alla morte.


Buona giornata a tutti. :-)