Visualizzazione post con etichetta papa Francesco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta papa Francesco. Mostra tutti i post

sabato 25 gennaio 2020

Chi è più soggetto alla tentazione - San Giovanni Maria Vianney (curato d'Ars)

"Chi sono dunque coloro che subiscono di più la tentazione? 
Sono senza dubbio gli ubriachi, i mormoratori o gli spudorati che si gettano alla cieca nelle lordure, o l’avaro, che pensa solo ad arricchirsi in ogni modo, direte voi. No, non sono affatto costoro; al contrario, il demonio li disprezza, o meglio, li protegge perché possano fare il male per il maggior tempo possibile, dal momento che più a lungo essi vivranno, più i loro cattivi esempi trascineranno le anime all’inferno. 
Infatti, se il demonio avesse incalzato troppo fortemente questo vecchio impudico, egli, per i suoi vizi, avrebbe accorciato i suoi giorni di quindici o vent’anni e quindi avrebbe avuto meno tempo per indurre a peccare questa vergine, della quale ha violato il fiore della verginità; o questa giovane che ha gettato nel più infame pantano dei peccati contro la purezza. 
Non avrebbe avuto il tempo di iniziare al male quel giovane, che forse vi resterà avviluppato fino alla morte. 
Se il demonio avesse indotto quel ladro a rubare in modo sfrenato, già da tempo sarebbe incorso nel patibolo, e non avrebbe avuto l’opportunità di trascinare qualche altro nel suo vizio. 
Se il demonio avesse sollecitato quest’ubriaco a riempirsi di vino fino all’orlo, già da tempo sarebbe morto nella crapula; invece, prolungando i suoi giorni, riuscirà a trascinare molti altri col suo cattivo esempio. 
Se il demonio avesse tolto la vita a questo musicista o a questo maestro di ballo o a questo cabarettista, quanta gente in loro assenza avrebbe scampato il pericolo, mentre se quelli restano in vita, si dannerà per loro. Sant’Agostino ci insegna che il demonio non tormenta troppo queste persone, ma, al contrario, li disprezza e sputa loro addosso. 
Ma, mi dirai, chi sono dunque quelli che il demonio preferisce tentare? Ascolta attentamente, amico mio. 
Sono proprio coloro che si mostrano più pronti, con l’aiuto di Dio, a sacrificare ogni cosa per la salvezza della loro povera anima; che sanno rinunciare a tutto ciò che, sulla terra, gli altri ricercano con ansia e con ardore. E non è solo un demonio che li tenta, ma sono milioni quelli che gli piombano addosso, per farli cadere nei loro lacci. Eccovi un esempio. 
La storia racconta che San Francesco d’Assisi era riunito un giorno con tutti i suoi religiosi, in un grande campo dove erano state costruite delle piccole capanne di giunchi. San Francesco, vedendo che facevano penitenze così straordinarie, ordinò che gli fossero portati tutti gli strumenti di penitenza, e li ammassò come si fa con la paglia. C’era lì un giovane a cui il buon Dio aveva fatto la grazia di vedere il suo angelo custode. Egli vedeva, da una parte, questi buoni religiosi che non potevano saziarsi mai di fare penitenza, e dall’altra, il suo buon angelo custode, gli fece vedere una assemblea di diciottomila demoni, che tenevano consiglio per trovare il modo di travolgere questi religiosi con la tentazione. 
Ci fu un demonio che disse: “Voi non capite niente; questi religiosi sono troppo umili, (ah! bella virtù!), troppo distaccati da se stessi, troppo attaccati a Dio. Essi hanno un superiore che li guida così bene, che è impossibile poterli vincere. Aspettiamo che il superiore muoia, e allora tenteremo di introdurre in mezzo a loro, dei giovani che non hanno una vera vocazione, e che li spingeranno a rilassarsi, e in tal modo saranno nostri”. Qualche tempo dopo, entrando in città, vide un demonio tutto solo, seduto alla porta della città, per tentare tutti quelli che vi abitavano. 
Il santo giovane chiese al suo angelo custode, perché, per tentare quei religiosi occorrevano tante migliaia di demoni, mentre per una intera città ce n’era solo uno e anche seduto oziosamente. 
Il suo buon angelo gli rispose che la gente del mondo non ha affatto bisogno di tentazioni, perché ci pensa da sola a trascinarsi verso il male, mentre i religiosi si comportano bene, nonostante tutte le trappole e le battaglie che il demonio procura loro."

(S. Giovanni M. Vianney)



Gli spiriti cattivi si manifestano in tutt’altro modo che gli Angeli: irradiano una luce torbida, come un riflesso, sono pigri, stanchi, sognanti, malinconici, arrabbiati, selvaggi, rigidi e passivi, oppure leggermente mobili e passionali. Ho notato che questi spiriti sprigionano gli stessi colori che avvolgono gli uomini durante le sensazioni dolorose, provenienti da situazioni di sofferenze estreme e travagli dell’anima. 
Sono gli stessi colori che avvolgono i martiri durante la trasfigurazione della gloria del martirio. 
Gli spiriti cattivi hanno visi affilati, violenti e penetranti, si insinuano nell’animo umano come fanno gli insetti quando sono attratti da determinati odori, sulle piante o sui corpi. 
Questi spiriti penetrano dunque negli animi risvegliando negli esseri ogni genere di passione e pensieri materiali. 
Il loro scopo è di separare l’uomo dall’influsso divino gettandolo nelle tenebre spirituali.


- Beata Anna Caterina Emmerick - 




«Dio sempre ci perdona! Non si stanca di perdonare! Noi dobbiamo non stancarci di andare a chiedere perdono. ‘Ma, padre, a me dà vergogna andare a dire i miei peccati…’. Ma, guarda, le nostre mamme, le nostre donne dicevano che è meglio diventare una volta rosso e non mille volte giallo! E tu diventi rosso un volta, ti perdona i peccati e avanti. Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i vescovi: tutti siamo peccatori. Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché il Papa anche è un peccatore! E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono. A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio…. Sì, come dicevo prima, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono a nome della Chiesa».


- Papa Francesco all'Udienza Generale del 20 novembre 2013 - 




“L’anima si trascina nel peccato come uno straccio trascinato nel fango. Nel peccato la nostra anima è rognosa, marcia. Fa pena. Noi commettiamo i peccati come si beve un bicchiere d’acqua, senza timori, né rimorsi, affondiamo in questo fango, vi marciamo come talpe, per mesi, per anni!
Una persona che è nel peccato è sempre triste. Anche se all’esterno ostenta allegria e felicità. E’ tutta una finzione, una sceneggiata. Non c’è niente che la possa appagare in profondità. Questi poveri peccatori saranno dunque sempre infelici, in questo mondo e nell’altro”.

- Santo Curato d'Ars -





giovedì 19 dicembre 2019

Lettera ai bambini (1994) - san Giovanni Paolo II, papa

Cari bambini!
Nasce Gesù.
Tra pochi giorni celebreremo il Natale, festa intensamente sentita da tutti i bambini in ogni famiglia. Quest'anno lo sarà ancora di più, perché è l'Anno della Famiglia. Prima che esso finisca, desidero rivolgermi a voi, bambini del mondo intero, per condividere con voi la gioia di questa suggestiva ricorrenza.
Il Natale è la festa di un Bambino, di un Neonato. È perciò la vostra festa! Voi l'attendete con impazienza e ad essa vi preparate con gioia, contando i giorni e quasi le ore che mancano alla Santa Notte di Betlemme.
Mi pare di vedervi: voi state preparando in casa, in parrocchia, in ogni angolo del mondo il presepe, ricostruendo il clima e l'ambiente in cui il Salvatore è nato. 
È vero! Nel periodo natalizio la stalla con la mangiatoia occupa nella Chiesa il posto centrale. E tutti si affrettano a recarvisi in pellegrinaggio spirituale, come i pastori nella notte della nascita di Gesù. Più tardi saranno i Magi a venire dal lontano Oriente, seguendo la stella, fino al luogo dove è stato deposto il Redentore dell'universo.
Ed anche voi, nei giorni di Natale, visitate i presepi, fermandovi a guardare il Bambino deposto sulla paglia. Fissate sua Madre, San Giuseppe, custode del Redentore. Contemplando la Santa Famiglia, pensate alla vostra famiglia, quella in cui siete venuti al mondo. Pensate alla vostra mamma, che vi ha dato alla luce e al vostro papà. Essi si prendono cura del mantenimento della famiglia e della vostra educazione. Compito dei genitori infatti non è soltanto quello di generare i figli, ma anche di educarli sin dalla loro nascita.
Cari bambini, vi scrivo pensando a quando anch'io molti anni fa ero bambino come voi. Allora anch'io vivevo l'atmosfera serena del Natale, e quando brillava la stella di Betlemme andavo in fretta al presepe insieme con i miei coetanei, per rivivere ciò che avvenne 2000 anni fa in Palestina. Noi bambini esprimevamo la nostra gioia prima di tutto col canto. 
Quanto sono belli e commoventi i canti natalizi, che nella tradizione di ogni popolo si intrecciano intorno al presepe! Quali pensieri profondi vi sono contenuti, e soprattutto quale gioia e quale tenerezza essi esprimono verso il divino Bambino venuto al mondo nella Notte Santa!
Pure i giorni che seguono la nascita di Gesù sono giorni di festa: così, otto giorni dopo, si ricorda che, come voleva la tradizione dell'Antico Testamento, al Bambino fu dato un nome: fu chiamato Gesù. 
Dopo quaranta giorni, si commemora la sua presentazione al Tempio, come avveniva per ogni figlio primogenito d'Israele. In quell'occasione ebbe luogo un incontro straordinario: alla Madonna, giunta al Tempio col Bambino, venne incontro il vecchio Simeone, che prese tra le braccia il piccolo Gesù e pronunciò queste parole profetiche: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2, 29-32). Poi, rivolgendosi a Maria, sua madre, aggiunse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. 
E anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2, 34-35). Così dunque, già nei primi giorni della vita di Gesù, risuona l'annuncio della Passione, alla quale un giorno sarà associata anche la Mamma, Maria: il Venerdì Santo Ella starà silenziosa sotto la Croce del Figlio. Del resto, non dovrà trascorrere molto tempo dalla nascita prima che il piccolo Gesù si trovi esposto ad un grave pericolo: il crudele re Erode ordinerà di uccidere i bambini al di sotto dei due anni, e per questo egli sarà costretto a fuggire con i genitori in Egitto.
Voi conoscete certo molto bene questi eventi legati alla nascita di Gesù. 
Ve li raccontano i vostri genitori, i sacerdoti, gli insegnanti, i catechisti, ed ogni anno li rivivete spiritualmente nel periodo delle feste natalizie, insieme a tutta la Chiesa: voi quindi sapete di questi aspetti drammatici dell'infanzia di Gesù.
Cari amici! Nelle vicende del Bimbo di Betlemme potete riconoscere le sorti dei bambini di tutto il mondo. Se è vero che un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e dell'intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo, in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è causata in qualche modo dagli adulti?
Gesù dona la Verità.
Il Bambino, che a Natale contempliamo deposto nella mangiatoia, col passar degli anni crebbe. A dodici anni, come sapete, si recò per la prima volta, insieme a Maria e Giuseppe, da Nazaret a Gerusalemme in occasione della Festa di Pasqua. Lì, confuso tra la folla dei pellegrini, si staccò dai genitori e, insieme con altri suoi coetanei, si pose in ascolto dei dottori del Tempio, quasi per una «lezione di catechismo». Le feste in effetti erano occasioni adatte per trasmettere la fede ai ragazzi dell'età, più o meno, di Gesù. Avvenne però che, durante tale incontro, l'Adolescente straordinario, giunto da Nazaret, non solo pose delle domande assai intelligenti, ma egli stesso cominciò a dare delle risposte profonde a coloro che lo stavano ammaestrando. Le domande e più ancora le risposte sbalordirono i dottori del Tempio. Era lo stesso stupore che, in seguito, avrebbe accompagnato la predicazione pubblica di Gesù: l'episodio del Tempio di Gerusalemme non era che l'inizio e quasi il preannuncio di ciò che sarebbe avvenuto alcuni anni più tardi.
Cari ragazzi e ragazze, coetanei di Gesù dodicenne, non vi tornano alla mente, a questo punto, le lezioni di religione che si svolgono in parrocchia ed a scuola, lezioni alle quali siete invitati a prender parte? Vorrei allora porvi alcune domande: qual è il vostro atteggiamento di fronte alle lezioni di religione? Vi fate coinvolgere come Gesù dodicenne al Tempio? Siete diligenti nel frequentarle a scuola e in parrocchia? Vi aiutano in questo i vostri genitori?
Gesù dodicenne fu così preso da quella catechesi nel Tempio di Gerusalemme che, in un certo senso, dimenticò persino i propri genitori. Maria e Giuseppe, incamminati insieme ad altri pellegrini sulla strada del ritorno verso Nazaret, si resero conto ben presto della sua assenza. Lunghe furono le ricerche. Ritornarono sui loro passi e soltanto il terzo giorno riuscirono a trovarlo a Gerusalemme nel Tempio. «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2, 48). Com'è strana la risposta di Gesù e come fa riflettere! «Perché mi cercavate? - egli disse - Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). Era una risposta difficile da accettare. L'evangelista Luca aggiunge semplicemente che Maria «serbava tutte queste cose nel suo cuore» (2, 51). In effetti, era una risposta che si sarebbe resa comprensibile solo più tardi, quando Gesù, ormai adulto, avrebbe iniziato a predicare, dichiarando che per il suo Padre celeste era disposto ad affrontare ogni sofferenza e persino la morte sulla croce.
Da Gerusalemme Gesù tornò con Maria e Giuseppe a Nazaret, ove visse loro sottomesso (cf. Lc 2, 51). Circa questo periodo, prima dell'inizio della predicazione pubblica, il Vangelo nota soltanto che Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52).
Cari ragazzi, nel Bambino che ammirate nel presepe sappiate vedere già il ragazzo dodicenne che nel Tempio di Gerusalemme dialoga con i dottori. Egli è lo stesso uomo adulto che più tardi, a trent'anni, comincerà ad annunciare la parola di Dio, si sceglierà i dodici Apostoli, sarà seguito da moltitudini assetate di verità. Egli confermerà ad ogni passo il suo straordinario insegnamento con i segni della potenza divina: restituirà la vista ai ciechi, guarirà i malati, risusciterà persino i morti. E tra i morti richiamati alla vita ci sarà la dodicenne figlia di Giairo, ci sarà il figlio della vedova di Nain, restituito vivo alla madre in pianto.
È proprio così: questo Bambino, ora appena nato, una volta diventato grande, come Maestro della Verità divina, mostrerà uno straordinario affetto per i bambini. Dirà agli Apostoli: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite», e aggiungerà: «Perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio» (Mc 10, 14). Un'altra volta, agli Apostoli che discutevano su chi fosse il più grande metterà davanti un bambino e dirà: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18, 3). In quella occasione pronuncerà anche parole severissime di ammonimento: «Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18, 6).
Quanto importante è il bambino agli occhi di Gesù! Si potrebbe addirittura osservare che il Vangelo è profondamente permeato dalla verità sul bambino. Lo si potrebbe persino leggere nel suo insieme come il «Vangelo del bambino».
Che vuol dire infatti: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli»? Non pone forse Gesù il bambino come modello anche per gli adulti? Nel bambino c'è qualcosa che mai può mancare in chi vuol entrare nel Regno dei cieli. Al cielo sono destinati quanti sono semplici come i bambini, quanti come loro sono pieni di fiducioso abbandono, ricchi di bontà e puri. Questi solamente possono ritrovare in Dio un Padre, e diventare a loro volta, grazie a Gesù, altrettanti figli di Dio.
Non è questo il principale messaggio del Natale? Leggiamo in san Giovanni: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (1, 14); ed ancora: «A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (1, 12). Figli di Dio! Voi, cari ragazzi, siete figli e figlie dei vostri genitori. 
Ebbene, Dio vuole che tutti siamo suoi figli adottivi mediante la grazia. 
Sta qui la vera fonte della gioia del Natale, della quale vi scrivo al termine ormai dell'Anno della Famiglia. Rallegratevi di questo «Vangelo della divina figliolanza». In questa gioia portino abbondanti frutti le prossime feste natalizie, nell'Anno della Famiglia.
Gesù dona se stesso
Cari amici, incontro indimenticabile con Gesù è senz'altro la Prima Comunione, giorno da ricordare come uno dei più belli della vita. L'Eucaristia, istituita da Cristo la vigilia della sua passione durante l'Ultima Cena, è un sacramento della Nuova Alleanza, anzi, il più grande dei sacramenti. In esso il Signore si fa cibo delle anime sotto le specie del pane e del vino. I bambini lo ricevono solennemente una prima volta - nella Prima Comunione, appunto - e sono invitati a riceverlo in seguito il più spesso possibile per rimanere in intima amicizia con Gesù.
Per accostarsi alla Santa Comunione, come sapete, occorre aver ricevuto il Battesimo: questo è il primo dei sacramenti e il più necessario per la salvezza. È un grande avvenimento il Battesimo! Nei primi secoli della Chiesa, quando a ricevere il Battesimo erano soprattutto gli adulti, il rito si concludeva con la partecipazione all'Eucaristia ed aveva la solennità che oggi accompagna la Prima Comunione. Successivamente, quando s'incominciò a dare il Battesimo soprattutto ai neonati - è il caso anche di molti fra voi, cari bambini, che infatti non ricordate il giorno del vostro Battesimo - la festa più solenne fu spostata al momento della Prima Comunione. Ogni ragazzo e ogni ragazza di famiglia cattolica conosce bene questa consuetudine: la Prima Comunione è vissuta come una grande festa di famiglia. In quel giorno, insieme con il festeggiato, in genere si accostano all'Eucaristia i genitori, i fratelli, le sorelle, i parenti, i padrini, talora anche gli insegnanti e gli educatori.
Il giorno della Prima Comunione è inoltre una grande festa nella parrocchia. Ricordo come fosse oggi quando, insieme con i miei coetanei, ricevetti per la prima volta l'Eucaristia nella chiesa parrocchiale del mio paese. Si suole fissare quest'evento nelle foto di famiglia, perché non venga dimenticato. Tali istantanee seguono in genere la persona per il resto degli anni. Col passare del tempo, si rivive, sfogliandole, l'atmosfera di quei momenti; si torna alla purezza e alla gioia sperimentate nell'incontro con Gesù, fattosi per amore Redentore dell'uomo.
Per quanti bambini nella storia della Chiesa l'Eucaristia è stata fonte di forza spirituale, a volte addirittura eroica! Come non ricordare, ad esempio, ragazzi e ragazze santi, vissuti nei primi secoli ed ancora oggi conosciuti e venerati in tutta la Chiesa? Sant'Agnese, che visse a Roma; sant'Agata, martirizzata in Sicilia; san Tarcisio, un ragazzo ben a ragione chiamato martire dell'Eucaristia, perché preferì morire piuttosto che cedere Gesù, che portava con sé sotto le specie del pane.
E così lungo i secoli, sino ai nostri tempi, non mancano bambini e ragazzi tra i santi e i beati della Chiesa. Come nel Vangelo Gesù manifesta particolare fiducia nei bambini, così la Mamma sua, Maria, non ha mancato di riservare ai piccoli, nel corso della storia, la sua materna premura. Pensate a santa Bernardetta di Lourdes, ai fanciulli di La Salette e, nel nostro secolo, a Lucia, Francesco e Giacinta di Fatima.
Vi parlavo prima del «Vangelo del bambino»: non ha avuto esso in questa nostra epoca un'espressione particolare nella spiritualità di santa Teresa di Gesù Bambino? È proprio vero: Gesù e la sua Mamma scelgono spesso i bambini per affidare loro compiti grandi per la vita della Chiesa e dell'umanità. Ne ho nominato solo alcuni universalmente conosciuti, ma quanti altri meno noti ne esistono! Il Redentore dell'umanità sembra condividere con loro la sollecitudine per gli altri: per i genitori, per i compagni e le compagne. Egli attende tanto la loro preghiera. Che potenza enorme ha la preghiera dei bambini! Essa diventa un modello per gli stessi adulti: pregare con fiducia semplice e totale vuol dire pregare come sanno pregare i bambini.
Ed arrivo ad un punto importante di questa mia Lettera: al termine ormai dell'Anno della Famiglia, è alla vostra preghiera, cari piccoli amici, che desidero affidare i problemi della vostra e di tutte le famiglie del mondo. 
E non soltanto questo: ho ancora altre intenzioni da raccomandarvi. 
Il Papa conta molto sulle vostre preghiere. Dobbiamo pregare insieme e molto, affinché l'umanità, formata da diversi miliardi di esseri umani, diventi sempre più la famiglia di Dio, e possa vivere nella pace. Ho ricordato all'inizio le indicibili sofferenze che tanti bambini hanno sperimentato in questo secolo, e quelle che molti di loro continuano a subire anche in questo momento. Quanti, anche in questi giorni, cadono vittime dell'odio che imperversa in diverse regioni della terra: nei Balcani, ad esempio, ed in alcuni paesi dell'Africa. Proprio meditando su questi fatti, che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini e ragazzi, di farvi carico della preghiera per la pace. Lo sapete bene: l'amore e la concordia costruiscono la pace, l'odio e la violenza la distruggono. 
Voi rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore: per questo il Papa è certo che non respingerete la sua richiesta, ma vi unirete alla sua preghiera per la pace nel mondo con lo stesso slancio con cui pregate per la pace e la concordia nelle vostre famiglie.
Lodate il nome del Signore!
Permettete, cari ragazzi e ragazze, che al termine di questa Lettera ricordi le parole di un Salmo che mi hanno sempre commosso: Laudate pueri Dominum! Lodate, fanciulli del Signore, lodate il nome del Signore. Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre. Dal sorgere del sole al suo tramonto sia lodato il nome del Signore! (cf. Sal 112/113, 1-3). Mentre medito le parole di questo Salmo, mi passano davanti agli occhi i volti dei bambini di tutto il mondo: dall'oriente all'occidente, dal settentrione al mezzogiorno. È a voi, piccoli amici, senza differenze di lingua, di razza o nazionalità, che dico: Lodate il nome del Signore!
E poiché l'uomo deve lodare Dio prima di tutto con la vita, non dimenticatevi di ciò che Gesù dodicenne disse a sua Madre e a Giuseppe nel Tempio di Gerusalemme: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). L'uomo loda Dio seguendo la voce della propria vocazione. Dio chiama ogni uomo e la sua voce si fa sentire già nell'anima del bambino: chiama a vivere nel matrimonio oppure ad essere sacerdote; chiama alla vita consacrata o forse al lavoro nelle missioni... Chi sa? Pregate, cari ragazzi e ragazze, per scoprire qual è la vostra vocazione, per poi seguirla generosamente.
Lodate il nome del Signore! I bambini di ogni Continente, nella notte di Betlemme, guardano con fede al neonato Bambino e vivono la grande gioia del Natale. Cantando nelle loro lingue, lodano il nome del Signore. Così per tutta la terra si diffondono le suggestive melodie del Natale. Sono parole tenere, commoventi che risuonano in tutte le lingue umane; è come un festoso canto elevato da tutta la terra, che s'unisce a quello degli Angeli, messaggeri della gloria di Dio, sopra la stalla di Betlemme: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Il Figlio prediletto di Dio si presenta tra noi come un neonato; intorno a Lui i bambini di ogni Nazione della terra sentono su di sé lo sguardo colmo d'amore del Padre celeste e gioiscono perché Dio li ama. L'uomo non può vivere senza amore. Egli è chiamato ad amare Dio e il prossimo, ma per amare veramente deve avere la certezza che Dio gli vuole bene.
Dio vi ama, cari ragazzi! Questo voglio dirvi al termine dell'Anno della Famiglia e in occasione di queste feste natalizie che sono in modo particolare le vostre feste.
Vi auguro che esse siano gioiose e serene; vi auguro di fare in esse una più intensa esperienza dell'amore dei vostri genitori, dei fratelli, delle sorelle e degli altri membri della vostra famiglia. 
Quest'amore poi si estenda all'intera vostra comunità, anzi a tutto il mondo, grazie proprio a voi, cari ragazzi e bambini. 
L'amore allora raggiungerà quanti ne hanno particolare bisogno, specialmente i sofferenti e gli abbandonati. 
Quale gioia è più grande di quella portata dall'amore? 
Quale gioia è più grande di quella che tu, Gesù, porti a Natale nell'animo degli uomini, e particolarmente dei bambini?

Alza la tua manina, divino Bambino,
e benedici questi tuoi piccoli amici,
benedici i bambini di tutta la terra!

san Giovanni Paolo II, papa
Dal Vaticano, 13 dicembre 1994





L’attesa è quanto di più «bambino» noi possiamo immaginare. 
È questa che riluce nel mondo quando esso si desta dopo le tenebre della notte o dopo l’orda pesante di un temporale, di un malanimo, di una fatica. 
Anche nella fatica più greve, l’attesa, dal di dentro, scioglie il cuore. 
Questo perché l’attesa ci rende inesorabilmente e finalmente veri: siamo niente e tutto ci è dato e ci è stato promesso. 
Egli, l’Essere, ha fatto alleanza con noi ed è fedele alla sua alleanza. Stamattina, nel tratto percorso da quando ci siamo svegliati, che cosa abbiamo atteso? E adesso cosa attendiamo? È questa la novità, la luce, l’avvenimento che la no­stra libertà deve introdurre nell’opacità greve delle co­se, si tratti di sconfitta o si tratti di presunzione ap­parentemente vittoriosa. Sia la riuscita sia lo scacco debbono essere dal di dentro sciolti dalla forza fanciullesca dell’attesa, dalla forza del cuore fanciullo, del cuore originale.

- Luigi Giussani - 





Noi siamo amati da Dio "prima" ancora di venire all’esistenza! 
Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha "creati dal nulla" (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.


- Papa Benedetto XVI -




Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti alla mia pagina YouTube:






venerdì 15 novembre 2019

Preghiera di un settantacinquenne

Signore,
non permettere che io divenga uno di quei vecchi brontoloni, sempre pronti a lamentarsi e a diventare tristi e insopportabili a tutti.
Conservami il sorriso,  anche se la mia bocca è un po' sdentata.
Conservami il buon umore che riporti le cose, la gente e me stesso, ognuno al proprio posto.
Fai di me, Signore,  un anziano sorridente: , conservami un cuore aperto. 
Fa' di me un cuore  generoso,  che sappia dividere i suoi quattro soldi con chi non ne ha, e i fiori del suo giardino con chi terra non ha.
Non permettere che io diventi l'uomo del passato, parlando sempre del suo buon vecchio tempo, quando non faceva mai freddo e disprezzando il tempo dei giovani, quando continuamente fuori piove.
Fa' di me, Signore, un anziano che non ha mai dimenticato la sua giovinezza e che sa rinnovare la giovinezza degli altri.
Signore, io ti domando semplicemente che la mia ultima stagione sia bella, perché possa portare la testimonianza alla tua bellezza.


Amen.
Fonte: Breviario della Terza età, don Ferdinando Bay, Ed. Salcom, gennaio 1989, pagina 7






“La coerenza di quest’uomo, la coerenza della sua fede, ma anche la responsabilità di lasciare un’eredità nobile, un’eredità vera. Noi viviamo in un tempo nel quale gli anziani non contano. E’ brutto dirlo, ma si scartano, eh? Perché danno fastidio. Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile”.


- Papa Francesco -


“Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando papà e mamma non c’erano a casa e anche avevano idee strane, che la politica di quel tempo insegnava, sono state le nonne quelle che hanno trasmesso la fede. Quarto comandamento: è l’unico che promette qualcosa in cambio. E’ il comandamento della pietà. Essere pietoso con i nostri antenati. Chiediamo oggi la grazia ai vecchi Santi – Simeone, Anna, Policarpo e Eleazaro – a tanti vecchi Santi: chiediamo la grazia di custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni”.

- papa Francesco - 


Buona giornata a tutti :-)


iscriviti alla mia pagina YouTube:


martedì 12 novembre 2019

La scelta – don Bruno Ferrero

Un uomo si sentiva perennemente oppresso dalle difficoltà della vita e se ne lamentò con un famoso maestro di spirito.

"Non ce la faccio più! Questa vita mi è insopportabile".

Il maestro prese una manciata di cenere e la lasciò cadere in un bicchiere pieno di limpida acqua da bere che aveva sul tavolo, dicendo: "Queste sono le tue sofferenze".
Tutta l'acqua del bicchiere s'intorbidì e s'insudiciò.
Il maestro la buttò via.
Il maestro prese un'altra manciata di cenere, identica alla precedente, la fece vedere all'uomo, poi si affacciò alla finestra e la buttò nel mare.
La cenere si disperse in un attimo e il mare rimase esattamente com'era prima.
"Vedi?" spiegò il maestro. "Ogni giorno devi decidere se essere un bicchiere d'acqua o il mare".

Troppi cuori piccoli, troppi animi esitanti, troppe menti ristrette e braccia rattrappite.
Una delle mancanze più serie del nostro tempo è il coraggio. Non la stupida spavalderia, la temerarietà incosciente, ma il vero coraggio che di fronte ad ogni problema fa dire tranquillamente: "Da qualche parte certamente c'è una soluzione ed io la troverò".


- don Bruno Ferrero -
Fonte: "Il segreto dei pesci rossi", Elledici ed.




"Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. 
Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. 
Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. 
Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. 
Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. 
Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. 
Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali." 

- Papa Francesco - 

Da “Gaudete et exsultate”



Ci sazieremo, Signore, contemplando il Tuo Volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.





Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it

iscriviti alla mia pagina YouTube. Grazie!!!

https://www.youtube.com/channel/UCyruO4BCbxhVZp59h8WGwNg

lunedì 11 novembre 2019

Dio è più grande del nostro peccato - papa Francesco e La preghiera di perdono – Padre Emiliano Tardif

Dio è più grande del nostro peccato. Non dimentichiamo questo: Dio è più grande del nostro peccato! "Padre, io non lo so dire, ne ho fatte tante, grosse!". Dio è più grande di tutti i peccati che noi possiamo fare. Dio è più grande del nostro peccato. Lo diciamo insieme? Tutti insieme: "Dio è più grande del nostro peccato!". Un'altra volta: "Dio è più grande del nostro peccato!". Un'altra volta: "Dio è più grande del nostro peccato!". E il suo amore è un oceano in cui possiamo immergerci senza paura di essere sopraffatti: perdonare per Dio significa darci la certezza che lui non ci abbandona mai. Qualunque cosa possiamo rimproverarci, lui è ancora e sempre più grande di tutto (cfr 1 Gv 3,20), perché Dio è più grande del nostro peccato...
Dio non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella; ma lo cancella proprio dalla radice, non come fanno in tintoria quando portiamo un abito e cancellano la macchia. No! Dio cancella il nostro peccato proprio dalla radice, tutto! Perciò il penitente ridiventa puro, ogni macchia è eliminata ed egli ora è più bianco della neve incontaminata. Tutti noi siamo peccatori. È vero questo? Se qualcuno di voi non si sente peccatore che alzi la mano... Nessuno! Tutti lo siamo.

Noi peccatori, con il perdono, diventiamo creature nuove, ricolmate dallo spirito e piene di gioia. 
Ora una nuova realtà comincia per noi: un nuovo cuore, un nuovo spirito, una nuova vita. Noi, peccatori perdonati, che abbiamo accolto la grazia divina, possiamo persino insegnare agli altri a non peccare più. 
"Ma Padre, io sono debole, io cado, cado". "Ma se cadi, alzati! Alzati!". Quando un bambino cade, cosa fa? Solleva la mano alla mamma, al papà perché lo faccia alzare. 
Facciamo lo stesso! Se tu cadi per debolezza nel peccato, alza la tua mano: il Signore la prende e ti aiuterà ad alzarti. 
Questa è la dignità del perdono di Dio! 
La dignità che ci dà il perdono di Dio è quella di alzarci, metterci sempre in piedi, perché Lui ha creato l'uomo e la donna perché stiano in piedi.

- Papa Francesco -
Udienza Generale del 30 marzo 2016



Il dominio di sé, la mitezza, la castità, la solidità di carattere, la pazienza insieme alle altre virtù sono le armi date da Dio per resistere alle prove ed aiutarci nel combattimento spirituale. 
Addestrandoci in esse e mantenendoci pronti alla pugna (pronti alla lotta ndr), nessun contrasto, per quanto aspro, grave, devastatore e intollerabile ci apparirà invincibile. 
Chi non possiede saggezza, mai pensa che ogni vicissitudine è per condurci al bene; la prova, manifesta le nostre virtù e ci rende degni di essere coronati da Dio.

- Sant’Antonio Abate -


"The Descent from the Cross" (c. 1435) [Detail of woman crying]
By Rogier van der Weyden, from Netherlands (1399 - 1464)
Museo del Prado [Northern Renaissance; Flemish School

Signore Gesù Cristo, oggi Ti chiedo di poter perdonare tutte le persone della mia vita.
So che Tu me ne darai la forza.
Ti ringrazio perché Tu mi ami più di quanto io non ami me stesso; 
e perché Tu vuoi la mia felicità più di quanto non la desideri io.
Signore Gesù, voglio essere liberato dal risentimento, dall'amarezza e Ti chiedo in particolare di concedermi la grazia di perdonare quella persona che mi ha fatto soffrire più di ogni altra.
Ti domando di poter perdonare....... colui/colei..... 
che considero il mio più grande .......nemico/nemica......., 
la persona che dicevo di non voler più perdonare 
e che mi riesce così difficile perdonare.

- Padre Emiliano Tardif -


Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti e seguimi su mio canale YouTube:











martedì 5 novembre 2019

Le cose che non hai fatto – don Bruno Ferrero

Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai? 
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.
Ma tu non sei tornato.

Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.
Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte.

- don Bruno Ferrero -




“Quelli che mormorano, impareranno la lezione” (Is. 29)



“Non possiamo lamentarci sempre, come gente che non ha speranza” 

- Santa  Teresina -



“Io penso tante volte che noi quando succedono cose difficili,… corriamo questo pericolo di chiuderci nelle lamentele. E il Signore anche in questo momento è vicino a noi, ma non lo riconosciamo. E cammina con noi. Ma non lo riconosciamo… sembra più sicuro il lamento! 
E’ come una sicurezza: questa è la mia verità, il fallimento. Non c’è più speranza…
“Le lamentele sono cattive… perché ci tolgono la speranza. Non entriamo in questo gioco di vivere dei lamenti ma se qualcosa non va rifugiamoci nel Signore, confidiamoci con Lui:.
Non mangiamo lamentele, perché queste tolgono la speranza, tolgono l’orizzonte e ci chiudono come con un muro. E da lì non si può uscire. Ma il Signore ha pazienza e sa come farci uscire da questa situazione”….


- Papa Francesco -  
3 aprile 2013




Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it

iscriviti al mio canale YouTube: 

https://www.youtube.com/channel/UCyruO4BCbxhVZp59h8WGwNg