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venerdì 26 agosto 2016

Ascolta l'eco della tua vita!


C'era una volta un ragazzo che viveva in un piccolo villaggio sulle montagne e ogni mattina conduceva al pascolo il suo gregge di capre.

Un mattino, mentre era su un sentiero nuovo in una valle stretta, gli sembrò di udire rumore di passi e belati di altri animali.
Il ragazzo pensò che ci doveva essere nelle vicinanze un pastore come lui e ne fu felice: gli sarebbe tanto piaciuto avere un amico. Facendo imbuto con le mani davanti alla bocca, gridò: «Chi è là?». Udì una voce che gli rispondeva: «Chi è là? Chi è là? Chi è là?». Le grida venivano da più parti. C'erano tanti pastori sulla montagna? Allora gridò più forte: «Fatevi vedere!». Le voci risposero: «fatevi vedere! Fatevi vedere! Fatevi vedere!». Ma non apparve nessuno.
Il ragazzo gridò ancora: «Perché non venite fuori?». Da tutte le direzioni le voci risposero «Venite fuori! Venite fuori!». Il giovane pastore pensò che volessero prenderlo in giro e si rattristò. Allora urlò in tono arrabbiato: «Chi fa così è proprio scemo!».
Per tutta la montagna rimbombò: «Scemo! Scemo! Scemo!». Allora il povero pastore tornò in fretta al villaggio. Ora aveva paura a tornare sulla montagna: magari quei pastori avrebbe potuto tendergli un tranello e fargli del male!

Il giorno dopo la madre gli chiese: «Che cos'hai, figlio mio? Perché non vuoi portare le capre al pascolo?». Il ragazzo le raccontò tutto.
La madre comprese che non c'era nessuno sulla montagna, soltanto l'eco rimandava al ragazzo le parole che lui stesso aveva gridato.

«Non ti preoccupare, figlio mio», gli disse «Quei pastori non ti vogliono fare alcun male. Hanno solo paura di te e vorrebbero amici. Domani, quando sarai tra le rocce, augura loro il buongiorno e aggiungi qualche frase amichevole! Sono sicura che te la ricambieranno».

Il giorno dopo, quando raggiunse la gola tra i monti, il ragazzo inspirò profondamente e gridò: «Buongiorno!». L'eco rispose: «Buongiorno! Buongiorno! Buongiorno!». Rassicurato, il giovane gridò ancora: «Vorrei essere vostro amico!». L'eco rimbalzo tra le rocce: «Amico! Amico! Amico!».

E' quasi una legge della vita.
Gli altri ti restituiscono sempre l'eco delle tue parole...



- Mi sono pentito spesso di aver parlato, mai di aver taciuto -
La parola è lo specchio dell'anima: tale l'uomo, tale la sua parola.
Tante volte è stato ripetuto il detto che il filosofo austriaco, Ludwig Wittgenstein, ha lasciato nel suo famoso e arduo Tractatus logico-philosophicus (1922): «Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere».
Mai forse un detto è stato smentito nella storia come questo.

- Card. Gianfranco Ravasi -
da: "Il mattutino"



Come dice l’Apostolo: «Preferisco dire cinque parole con la mia comprensione ...  piuttosto che diecimila parole in una lingua sconosciuta »
(1 Cor 14,19).
Prima di ogni altra cosa è necessario purificare la mente e il cuore con queste poche parole, ripetendole incessantemente nel profondo del cuore: « Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me », così la preghiera sale come un inno cantato con comprensione. Ogni principiante, per quanto possa essere ancora pieno di passioni, può offrire questa preghiera grazie alla vigilanza del proprio cuore. Essa poi canterà in lui solo quando sarà stato purificato dalla preghiera spirituale.

  - Paissy Velichkovsky -



Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 24 marzo 2016

«Amico, per questo sei qui!». (Matteo 26,49-50) - Card. Gianfranco Ravasi

"Giuda si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì». E lo baciò. Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». (Matteo 26,49-50)

In quella notte fosca, nell’orto degli Ulivi, detto in aramaico Getsemani (“frantoio per olive”), s’avanza Giuda, il discepolo soprannominato “Iscariota”, forse “uomo di Kariot”, un villaggio meridionale della Terra Santa, oppure – secondo le varie ipotesi interpretative formulate dagli studiosi – deformazione del termine latino sicarius, con cui i Romani bollavano i ribelli al loro potere, o ancora ’ish-karja’, “uomo della falsità”, forse un soprannome negativo assegnatogli successivamente. 

Il celebre gesto del bacio che egli compie è divenuto un emblema del tradimento, e Gesù, secondo il Vangelo di Luca, reagisce tristemente: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?» (22,48). 
Matteo, invece, registra solo una reazione secca da parte di Cristo.


In greco si ha soltanto ef’ ho párei, che significa: «Per questo sei qui!», in pratica, «fa’ quello che hai deciso di fare». Ma questa frase, simile a un soffio, è introdotta da un amaro hetáire, “amico”. L’evangelista, però, riferirà uno sbocco inatteso di quel gesto, a distanza di poche ore da questo scarno dialogo tra l’ex discepolo e il suo Maestro: Giuda, infatti, restituito ai mandanti il prezzo del tradimento, travolto dal rimorso, s’impiccherà (27,5). 

Forse egli aveva vissuto una delusione interiore rispetto al sogno di diventare il seguace del Messia politico liberatore dal potere oppressivo imperiale e per questo aveva tradito, ritrovandosi però alla fine interiormente sconvolto. 
Noi ora ci poniamo una domanda più teologica. Se il tradimento era iscritto nel disegno di Dio che comprendeva la morte salvifica del Figlio, quale responsabilità poteva ricadere su chi ne doveva essere lo strumento di attuazione?
Non è forse vero che Gesù aveva dichiarato che «nessuno [dei discepoli] sarebbe andato perduto tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura» (Giovanni 17,12)? 
La questione è delicata: da un lato, c’è la libertà efficace di Dio che opera nella storia e nel mondo; d’altro lato, c’è la libertà della persona umana di Giuda. Questa seconda libertà è stata sollecitata in Giuda da Satana, come aveva ribadito lo stesso Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!», si legge nel Vangelo di Giovanni (6,70), e lo stesso evangelista nota che, dopo l’ultima cena con Gesù nel Cenacolo, «Satana entrò in Giuda...; il diavolo gli aveva messo in cuore di tradire» (13,2.27). E aggiungerà che alla base del tradimento c’era la cupidigia del denaro (12,4-6). La volontà di Giuda si era, quindi, esercitata liberamente, cedendo alla tentazione diabolica. 

Come, invece, si è manifestata la libertà di Dio, espressa nella frase «perché si adempisse la Scrittura» usata da Gesù per collocare l’evento del tradimento in un altro disegno superiore? Questa formula vuole semplicemente indicare che anche la libertà umana con le sue follie e vergogne può essere inserita in un disegno divino superiore. Giuda opta coscientemente e responsabilmente per il tradimento aderendo a Satana, e Dio inserisce questo atto umano infame nel suo progetto libero ed efficace di redenzione. Dio non è, quindi, preso in contropiede dalla scelta del traditore; egli la rispetta e non la blocca, ma la riconduce all’interno del disegno salvifico che si attuerà proprio con la morte di Cristo.


- Card. Gianfranco Ravasi - 
da: "Famiglia Cristiana blog", 16 agosto 2012




Se altro non hai in te che il peccato e la malvagità, la stanchezza della vita e tutta l'umana pena, le tue mani innalzino al cielo queste tristi cose perché la Misericordia le ha ricevute come di più nella sua Cena.
E se non hai più  neanche la forza dell'offerta e della preghiera, se tutto in te non è che assenza ed abbandono, accetta in silenzio che un altro si carichi di te e ti assuma perché l'offerta e l'offerente siano un sol dono.

- Daniel Rops - 




Egli è stato trafitto per i nostri delitti, 
schiacciato per le nostre iniquità. 
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; 
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.




"Maria di Nazareth, icona della Chiesa nascente, è il modello di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono che Gesù fa di sé stesso nell’Eucaristia."

- papa Benedetto XVI -



Dipinto: Rogier van der Weyden, La Deposizione dalla Croce,
particolare, 1435-38


Dalle Tue ferite scaturisce la mia libertà, ad ogni istante....


"Il mistero della Croce e della Risurrezione ci assicura però che l'odio, la violenza, il sangue, la morte non hanno l'ultima parola nelle vicende umane. E' di Cristo la vittoria definitiva e da Lui dobbiamo ripartire, se vogliamo costruire per tutti un futuro di autentica pace, giustizia e solidarietà".

- San Giovanni Paolo II, papa - 




Buona giornata a tutti. :-)
www.leggoerifletto.it







venerdì 1 gennaio 2016

Divina Maternità della Beata Vergine Maria

Maria!
Quando Tu forse
avevi altri progetti di vita,
Dio è entrato nella Tua vita
con il Suo progetto speciale.
E Tu, come umile Sua serva,
gli hai generosamente aperto
le porte del Tuo cuore.
Il Tuo esempio mi sprona
a volgermi anch'io verso Il Signore
per dirgli:
“Vieni nei miei sogni
e nei miei progetti,
nelle mie speranze
e nelle mie paure".
Perciò, Signore
entra nelle mie tenebre,
nelle mie angosce
e nelle mie sofferenze.
Entra anche
in quegli angoli
della mia vita
in cui ho amato
più la mia volontà
che la Tua.



L'Annuncio a Maria

Quale dev'essere la nostra risposta al dono supremo? 
Nel rac­conto dell' annunciazione la risposta è formulata attraverso una autodefinizione di Maria: "Io sono la serva del Signore". L'a­spetto di umiltà in quella parola "serva" è stato spesso sottoli­neato e non sempre felicemente, dirottato spesso verso consa­pevoli o inconsce conclusioni antifemminili: l'umiltà, il nascon­dimento, la discrezione devono essere le doti della donna che vuole imitare Maria. 
In realtà il titolo è solenne, è quello che esprime dignità della sposa ed è anche il titolo classico dei per­sonaggi che devono espletare una funzione decisiva nella storia della salvezza: servo del Signore è Abramo, è Mosè, Giosuè, è Davide, sono i profeti e "Servo del Signore" per eccellenza sarà il Messia: Maria ha la coscienza che in lei, donna semplice e co­mune, Dio ha realizzato l'intervento grandioso e definitivo del­la salvezza "attesa da tutte le generazioni". 
Maria afferma, quin­di, la piena coscienza della sua vocazione e del suo destino: E da questo momento in avanti la sua missione è quella di acco­gliere il dono sublime di quel figlio: "avvenga di me quello che hai detto". 
Con questa adesione nella fede e nell'amore Maria diventa l'emblema del vero discepolo di Dio.

- Card. Gianfranco Ravasi - 





«… e gli auguri Nostri riguardano ogni bene; ogni bene migliore; ogni bene desiderabile. Essi attingono alla sorgente di ogni bene, che è Dio; e non temono d'essere troppo abbondanti e troppo audaci. 
Essi osano aspirare anche ai beni più grandi e più difficili! 
Sì, Noi vogliamo con i Nostri voti confortare la speranza di ogni cuore; e la speranza del mondo.
Avrà in quest'anno nuovo il mondo la prosperità necessaria alla sua vita e al suo benessere? 
Noi lo auguriamo, Noi lo speriamo! Avrà il mondo i pensieri ed i propositi di bontà, di giustizia, di onestà, di libertà, di concordia, che lo possono fare migliore e felice? 
Noi lo auguriamo, Noi lo speriamo! E avrà la pace il mondo; la pace sempre così fragile e compromessa, sempre così offesa e minacciata, sempre così desiderabile e necessaria? 
Si, Noi lo auguriamo e Noi lo speriamo!»

- beato Paolo VI, papa
Angelus 1° gennaio 1965




Santa Maria Vergine

Santa Maria Vergine,
non vi è alcuna simile a Te,
nata nel mondo, fra le donne;
Figlia e Ancella dell'altissimo Re,
il Padre Celeste;
Madre del Santissimo Signore nostro Gesù Cristo;
Sposa dello Spirito Santo.
Prega per noi con San Michele Arcangelo,
e con tutte le Virtù dei cieli
e con tutti i Santi,
presso il tuo santissimo Figlio diletto,
nostro Signore e Maestro.


Questa preghiera fa parte dell'Ufficio della Passione del Signore, compilata da S. Francesco, veniva annunciata prima del salmo di ogni ora e recitata per intero alla fine dello stesso salmo.



Con la protezione della Vergine Maria, tanti auguri di Buon Anno a tutti voi, ai sogni che vorrete realizzare, ai buoni propositi ed ai traguardi che vorrete superare. 
Vi auguro la pace nel cuore, questa è la nostra più grande ricchezza!


Buona giornata a tutti.
Stefania

www.leggoerifletto.it








domenica 23 febbraio 2014

Signore insegnaci a non amare noi stessi - Raoul Follereau -


Signore insegnaci a non amare noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri,
ad amare quelli che nessuno ama.

Signore, facci soffrire della sofferenza altrui.
Facci la grazia di capire che ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da Te,
ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame
senza aver meritato di morire di fame,
che muoiono di freddo
senza aver meritato di morire di freddo.

Signore, abbi pietà
di tutti i poveri del mondo
Abbi pietà dei lebbrosi,
ai quali Tu così spesso hai sorriso
quand'eri su questa terra;
pietà dei milioni di lebbrosi,
che tendono verso la tua misericordia
le mani senza dita,
le braccia senza mani...

E perdona a noi di averli,
per una irragionevole paura, abbandonati.
E non permettere più, Signore,
che noi viviamo felici da soli.

Facci sentire l'angoscia
della miseria universale,
e liberaci da noi stessi.
Così sia!


(Raoul Follereau)



"Quando il cuore si eleva a percepire che tutto è dono,
quando fa tale scoperta,
allora gli uomini non s'inventano più,
non inventano più se stessi,
non si fingono,
non debbono immaginarsi,
ma finalmente sono".

- Don Luigi Giussani -



" Sì, Gesù, fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico.
Fammi agire sempre come fosse l’ultima azione che faccio. 
Fammi soffrire sempre come fosse l’ultima sofferenza che ho da offrirti. Fammi pregare sempre come fosse l’ultima possibilità,
che ho qui in terra, di colloquiare con te."

- Chiara Lubich -



La rondine e la piuma



Certo, sia la rondine sia la piuma si librano nell'aria, ma la differenza è netta: la rondine sceglie la traiettoria, naviga contro il vento opponendogli il suo petto carenato; la piuma, invece, è sospinta da ogni corrente d'aria, è succube a ogni soffio. Una domanda s'impone: e noi come siamo? Siamo rondini libere e sicure o piume agitate da ogni brezza e variabilità?


(Card. Gianfranco Ravasi, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico)



Buona giornata a tutti :-)







sabato 11 gennaio 2014

La pietra azzurra - don Bruno Ferrero -

Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio. 
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno di quegli oggetti esposti. Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri. 
"E' per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?". 
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: "Quanti soldi hai?". 
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina. 
"Bastano?" disse con orgoglio. "Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa.
Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi". 
L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio. 
"Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione". 
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo. 
Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò: 
"Questa collana è stata comprata qui?". 
"Si, signorina". 
"E quanto è costata?" 
"I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me". 
"Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!". 
Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza. 
"Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva".



(don Bruno Ferrero)
Dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo” di Bruno Ferrero




Una vera amicizia e un amore autentico non ti fanno più dire "Io" ma "Noi", perché sentimenti e vita si intrecciano in una comunione di affetti, di pensieri, di scelte, di ideali. Ed è per questo che quando l'altro muore, tu senti "una grande pena", come afferma Davide, perché è stata amputata una parte di te stesso. 


- Cardinale Gianfranco Ravasi -


Diffida di ogni gioia che non derivi dalla gratitudine.

- Theodor Haecker -


Dobbiamo sempre ricordare che non è il nostro fare più o meno esasperato che compie il miracolo della fede, bensì il consentire attraverso di noi il fare del Signore, il non ostacolarlo e anzi favorire la sua attrattività. 
Lui fa nascere figli di Abramo dalle pietre (cfr Lc 3,8), Lui dobbiamo collocare sempre più al cuore della nostra attività e delle nostre relazioni, Lui riconoscere come il senso vero di ogni iniziativa catechetica e di ogni sforzo per rinnovarla, Lui soprattutto la Presenza palpitante di una liturgia meno pragmatica e sciattamente didascalica, perché meglio capace di far incontrare il Signore, non noi. 
È nella cura ai sacramenti, a partire da quelli dell’iniziazione cristiana, che parrocchie e diocesi mettono in gioco il permanere della loro cattolicità. 
Non abbiamo un prodotto da imporre – come ci avvertiva il Messaggio finale del Sinodo – ma una Persona, una presenza, un’amicizia che cambia la vita. 

- Cardinale Angelo  Bagnasco -


"Chi non crede nei miracoli, non è realista"


- Audrey Hepburn -



Buona giornata a tutti :-)







domenica 24 novembre 2013

In prigione per Cristo -Cardinale Van Tuan Francois Xavier -


Mi chiamo Francesco Nguyen Van Thuan e sono vietnamita, ma in Tanzania e in Nigeria i giovani mi chiamano Uncle Francis; così è più semplice chiamarmi zio Francesco, o meglio solo Francesco.
Fino al 23 aprile 1975 sono stato, per 8 anni, vescovo di Nhatrang, nel centro del Viet Nam, la prima diocesi che mi è stata affidata, dove mi sentivo felice, e verso la quale conservo sempre la mia predilezione. Il 23 aprile 1975 Paolo VI mi ha promosso arcivescovo coadiutore di Saigon. Quando i comunisti sono arrivati a Saigon, mi hanno detto che questa nomina era frutto di un complotto tra il Vaticano e gli imperialisti, per organizzare la lotta contro il regime comunista. Tre mesi dopo, sono stato chiamato al Palazzo presidenziale per esservi arrestato: era il giorno dell' Assunzione della Beata Vergine, 15 agosto 1975.
Quella notte, su una strada lunga 450 km che porta al luogo della mia residenza obbligatoria, tanti pensieri confusi vengono alla mia mente: tristezza, abbandono, stanchezza, dopo 3 mesi di tensioni. .. 
Ma nella mia mente sorge chiara una parola che disperde tutto il buio, la parola che monsignor John Walsh, vescovo missionario in Cina, pronunciò quando fu liberato dopo 12 anni di prigionia: «Ho passato la metà della mia vita ad aspettare ». E verissimo: tutti i prigionieri, incluso io stesso, aspettano ogni minuto la liberazione. Ma poi ho deciso: «Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore».
Non è una ispirazione improvvisa, ma una convinzione che ho maturato in tutta la vita. Se io passo il mio tempo ad aspettare, forse le cose che aspetto non arriveranno mai. La sola cosa che sicuramente arriverà è la morte.

Nel villaggio di Cày Vong, dove sono stato assegnato con residenza obbligatoria, sotto la sorveglianza aperta e nascosta della polizia « confusa» tra il popolo, giorno e notte mi sentivo ossessionato dal pensiero: Popolo mio! Popolo mio che amo tanto: gregge senza pastore! Come posso entrare in contatto con il mio popolo, proprio nel momento in cui hanno più bisogno del loro pastore? Le librerie cattoliche sono state confiscate, chiuse le scuole; le suore, i religiosi insegnanti vanno a lavorare nei campi di riso. La separazione è uno shock che distrugge il mio cuore.
«Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore; ma come?».

Una notte, viene una luce: «Francesco, è molto semplice, fai come san Paolo quando era in prigione: scriveva lettere a varie comunità ». La mattina seguente, nell'ottobre 1975, ho fatto segno a un ragazzo di 7 anni, Quang, che ritornava dalla Messa alle 5, ancora nel buio: «Di' a tua mamma di comprare per me vecchi blocchi di calendari ». Nella tarda sera, di nuovo al buio, Quang mi ha portato i calendari, e tutte le notti di ottobre e di novembre del 1975 ho scritto al mio popolo il mio messaggio dalla cattività. Ogni mattina, il ragazzo veniva a raccogliere i fogli per portarli a casa e far ricopiare il messaggio dai suoi fratelli e dalle sue sorelle. Ecco come è stato scritto il libro Il cammino della speranza, pubblicato in 8 lingue: vietnamita, inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, coreano, cinese.
La grazia di Dio mi ha dato l'energia per lavorare e per continuare, anche nei momenti più disperati. Ho scritto il libro di notte, in un mese e mezzo, perché avevo paura di non poterlo terminare: temevo di essere trasferito in un altro luogo. Quando sono arrivato al numero 1001 ho deciso di fermarmi: sono come le «mille e una notte »...

Nel 1980, in residenza obbligatoria a Giangxa, nel Viet Nam del Nord, ho scritto, sempre di notte e in segreto, il mio secondo libro, Il cammino della speranza alla luce della Parola di Dio e del Concilio Vaticano II, poi il mio terzo libro, I pellegrini del cammino della speranza:
« Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore ».
Gli apostoli avrebbero voluto scegliere la via facile: « Signore, lascia andare la folla, così che possa procurarsi il cibo... ». Ma Gesù vuole agire nel momento presente: «Date loro da mangiare voi stessi» (Lc 9,13). Sulla croce, quando il ladrone gli ha detto: «Gesù, ricordati di me, quando verrai nel tuo regno », egli ha risposto: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,42-43). Nella parola« oggi» sentiamo tutto il perdono, tutto l'amore di Gesù.
Padre Massimiliano Kolbe viveva questo radicalismo quando ripeteva ai suoi novizi: « Tutto, assolutamente, senza condizione ». Ho sentito Dom Helder Camara dire: «La vita è imparare ad amare ». Una volta, Madre Teresa di Calcutta mi ha scritto: «L'importante non è il numero di azioni che facciamo, ma l'intensità di amore che mettiamo in ogni azione ».
Come attingere questa intensità di amore nel momento presente? Penso che devo vivere ogni giorno, ogni minuto come l'ultimo della mia vita. Lasciare tutto ciò che è accessorio, concentrarmi soltanto sull'essenziale. Ciascuna parola, ciascun gesto, ciascuna telefonata, ciascuna decisione è la cosa più bella della mia vita, riservo a tutti il mio amore, il mio sorriso; ho paura di perdere un secondo, vivendo senza senso...
Ho scritto nel libro Il cammino della speranza: «Per te, il momento più bello è il momento presente (cfr. Mt 6,34; Gc 4,13-15). Vivilo appieno nell' amore di Dio. La tua vita sarà meravigliosamente bella se sarà come un cristallo formato da milioni di tali momenti. Vedi come è facile?» (CS, n. 997).
Carissimi giovani, nel momento presente Gesù ha bisogno di voi. Giovanni Paolo II vi chiama, insistente, ad affrontare le sfide del mondo di oggi: « Viviamo in un' epoca di grandi trasformazioni, nella quale tramontano rapidamente ideologie che sembravano dover resistere a lungo all'usura del tempo e nel pianeta si vanno ridisegnando confini e frontiere. L'umanità si ritrova spesso incerta, confusa e preoccupata (Mt 9,36), ma la parola di Dio non tramonta; percorre la storia e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa (Mt 24,35). La fede della Chiesa è fondata su Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre (Eb 13,8)» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 2).


(cardinale Van Tuan Francois Xavier)


Secondo il Progetto della prestigiosa Università di Cambridge: “Investigare l'Ateismo”, “gli atei hanno fatto appello alla scienza in difesa della loro ateismo fin dalla circolazione a partire dalla metà del XVII secolo di manoscritti dichiaratamente atei. Tuttavia, come l'esperto tedesco sull'ateismo Winfried Schroeder ha dimostrato che il rapporto tra l'inizio del moderno ateismo e la scienza, tendeva a mettere in difficoltà , piuttosto che rafforzare, le tesi del neonato ateismo " (Università di Cambridge)

Sotto l' ateismo di stato militante abbracciato dall'Unione Sovietica, i comunisti atei erano irrevocabilmente in opposizione al Big Bang come origine dell'universo, poiché contraddiceva la loro visione del mondo materialista. Gli atei cosmologi occidentali come Fred Hoyle, inoltre, non hanno accettato il Big Bang, ma invece hanno preferito un modello che non ha avuto una sola epoca della creazione e che quindi eliminerebbe la necessità di un Creatore .

Un altro esempio è la genetica mendeliana, che delinea la trasmissione dei caratteri ereditari da organismi genitori alla loro prole, e cio' trova conferma a livello molecolare nella decifrazione del codice genetico. Alla fine del 1940 , Stalin abolì la genetica mendeliana in tutta l'Unione Sovietica , approfittando del fatto che il suo fondatore, Gregor Johann Mendel, era un prete cristiano cattolico, con il risultato di screditare la scienza. 

D' altra parte, vale la pena ricordare la succinta “formulazione” di C.S. Lewis ' presa da [Alfred North] Whitehead,: “Gli uomini divennero scientifici perché si aspettavano di trovare leggi in natura e che si aspettavano di trovare leggi in natura perché credevano in un datore di tali leggi".


"Ogni Paese, non solo il mio, 
ha bisogno di pace.
La pace nasce dal cuore
e per raggiungerla 
bisogna sradicare la fonte dell'odio 
che è la paura"

Aung San Suu Kyi,
premio Nobel per la pace 
in udienza dal Papa 29 ottobre 2013


"La fede dei semplici è la vera saggezza 
Questa saggezza vera della fede semplice, 
che non si lascia divorare dalle acque, 
è la forza della Chiesa"

Don Giacomo Tantardini
citando BenedettoXVI ad un convegno organizzato da FidesVita 
nell’ottobre del 2010 a San Benedetto del Tronto.
pubblicato da: "Piccole note"



Non siamo totalmente soli davanti alle decisioni fondamentali dell'esistenza. C'è, infatti, la grazia di un Dio che non abbandona la sua creatura, pur esigendo da lei un'adesione libera e non costretta. 

- Cardinale Gianfranco Ravasi -



Buona giornata a tutti :-)