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lunedì 1 gennaio 2024

1° gennaio 2024 Divina Maternità della Beata Vergine Maria

 Maria!
Quando Tu forse
avevi altri progetti di vita,
Dio è entrato nella Tua vita
con il Suo progetto speciale.
E Tu, come umile Sua serva,
gli hai generosamente aperto
le porte del Tuo cuore.
Il Tuo esempio mi sprona
a volgermi anch'io verso Il Signore
per dirgli:
“Vieni nei miei sogni
e nei miei progetti,
nelle mie speranze
e nelle mie paure".
Perciò, Signore
entra nelle mie tenebre,
nelle mie angosce
e nelle mie sofferenze.
Entra anche
in quegli angoli
della mia vita
in cui ho amato
più la mia volontà
che la Tua.



L'Annuncio a Maria

Quale dev'essere la nostra risposta al dono supremo? 
Nel rac­conto dell' annunciazione la risposta è formulata attraverso una autodefinizione di Maria: "Io sono la serva del Signore". L'a­spetto di umiltà in quella parola "serva" è stato spesso sottoli­neato e non sempre felicemente, dirottato spesso verso consa­pevoli o inconsce conclusioni antifemminili: l'umiltà, il nascon­dimento, la discrezione devono essere le doti della donna che vuole imitare Maria. 
In realtà il titolo è solenne, è quello che esprime dignità della sposa ed è anche il titolo classico dei per­sonaggi che devono espletare una funzione decisiva nella storia della salvezza: servo del Signore è Abramo, è Mosè, Giosuè, è Davide, sono i profeti e "Servo del Signore" per eccellenza sarà il Messia: Maria ha la coscienza che in lei, donna semplice e co­mune, Dio ha realizzato l'intervento grandioso e definitivo del­la salvezza "attesa da tutte le generazioni". 
Maria afferma, quin­di, la piena coscienza della sua vocazione e del suo destino: E da questo momento in avanti la sua missione è quella di acco­gliere il dono sublime di quel figlio: "avvenga di me quello che hai detto". 
Con questa adesione nella fede e nell'amore Maria diventa l'emblema del vero discepolo di Dio.

- Card. Gianfranco Ravasi - 




«… e gli auguri Nostri riguardano ogni bene; ogni bene migliore; ogni bene desiderabile. Essi attingono alla sorgente di ogni bene, che è Dio; e non temono d'essere troppo abbondanti e troppo audaci. 
Essi osano aspirare anche ai beni più grandi e più difficili! 
Sì, Noi vogliamo con i Nostri voti confortare la speranza di ogni cuore; e la speranza del mondo.
Avrà in quest'anno nuovo il mondo la prosperità necessaria alla sua vita e al suo benessere? 
Noi lo auguriamo, Noi lo speriamo! Avrà il mondo i pensieri ed i propositi di bontà, di giustizia, di onestà, di libertà, di concordia, che lo possono fare migliore e felice? 
Noi lo auguriamo, Noi lo speriamo! E avrà la pace il mondo; la pace sempre così fragile e compromessa, sempre così offesa e minacciata, sempre così desiderabile e necessaria? 
Si, Noi lo auguriamo e Noi lo speriamo!»

- beato Paolo VI, papa
Angelus 1° gennaio 1965



Santa Maria Vergine

Santa Maria Vergine,
non vi è alcuna simile a Te,
nata nel mondo, fra le donne;
Figlia e Ancella dell'altissimo Re,
il Padre Celeste;
Madre del Santissimo Signore nostro Gesù Cristo;
Sposa dello Spirito Santo.
Prega per noi con San Michele Arcangelo,
e con tutte le Virtù dei cieli
e con tutti i Santi,
presso il tuo santissimo Figlio diletto,
nostro Signore e Maestro.

Questa preghiera fa parte dell'Ufficio della Passione del Signore, compilata da S. Francesco, veniva annunciata prima del salmo di ogni ora e recitata per intero alla fine dello stesso salmo.


Con la protezione della Vergine Maria, tanti auguri di Buon Anno a tutti voi, ai sogni che vorrete realizzare, ai buoni propositi ed ai traguardi che vorrete superare.
 
Vi auguro la pace nel cuore, questa è la nostra più grande ricchezza! 

E soprattutto prego affinchè terminino le terribili guerre in atto in tutto il Mondo.

Stefania

giovedì 8 settembre 2022

Purezza e spudoratezza - Card. Ravasi Gianfranco e Preghiera a Maria

Quanto dev'essere costato agli angeli / non prorompere in un canto / perché sapevano: in questa notte si genera la madre / di quell'Uno che presto apparirà! / Dove solitaria sorgeva la masseria di Gioacchino / percepivano, in quello spazio, addensarsi la purità. / Ma a nessuno di loro fu dato di scender laggiù.
Se guardate sul calendario, troverete l'indicazione: «Natività della Beata Vergine Maria» (almeno fino a quando non si leverà qualche esagitato a gridare allo scandalo di una simile "imposizione" confessionale!).
Ho pensato di evocare quell'evento, celebrato in uno degli apocrifi più popolari, il cosiddetto Protovangelo di Giacomo, con l'avvio (un po' semplificato) della lirica Nascita di Maria di un poeta da me molto amato, l'austriaco Rainer Maria Rilke (1875-1926). Egli immagina quella nascita immersa in una notte, per creare un parallelo con quella di suo Figlio, Gesù.
C'è, però, una differenza: gli angeli non vengono inviati a intonare il Gloria, come nella nascita di Cristo. Essi conoscono Maria e il suo destino futuro di «madre di quell'Uno che presto apparirà», fremono e contemplano solo dall'alto questo evento. Nei versi di Rilke c'è un'espressione suggestiva per descrivere la dimensione profonda di ciò che avviene nello spazio modesto della «masseria di Gioacchino», padre della Vergine: «addensarsi la purità».
In Maria si ha l'umanità rinnovata, libera da un'altra densità tenebrosa, quella del peccato. Ora, invece, a creare un gorgo di luce è la «purità», una parola ai nostri giorni obsoleta, anche nelle sue varianti, «castità», «purezza», «innocenza». A tenere banco sui giornali è, invece, la sfrontatezza, la spudoratezza, la volgarità. Sarà ancora possibile far capire che c'è una purezza che non è sinonimo di frigidità ma di limpidità, di virtù, di bellezza, di donazione?

- Card. Ravasi Gianfranco -
 [da Avvenire del 8 settembre 2011]


Madonna dell'umilta', 1440, Beato Angelico

Preeghiera a Maria

Ave Maria, Donna povera e umile,
benedetta dall’Altissimo!
Vergine della speranza, profezia dei tempi nuovi,
noi ci associamo al tuo cantico di lode
per celebrare le misericordie del Signore,
per annunciare la venuta del Regno di Dio
e la piena liberazione dell’uomo. 
Ave Maria, umile serva del Signore,
gloriosa Madre di Cristo!
Vergine fedele, dimora santa del Verbo,
insegnaci a perseverare nell’ascolto della Parola,
a essere docili alla voce dello Spirito,
attenti ai suoi appelli nell’intimità della coscienza
e alle sue manifestazioni negli avvenimenti della storia. 
Ave Maria, Donna del dolore,
Madre dei viventi!
Vergine sposa presso la Croce, Eva novella,
sii nostra guida sulle strade del mondo,
insegnaci a vivere e a diffondere l’amore di Cristo,
a portare con umiltà la nostra croce
e stare con te presso la croce di Cristo
– presso i deboli, i sofferenti, gli emarginati, i poveri
ed a conoscere nel loro volto il volto di Cristo.
Ave Maria, Donna della fede,
prima dei discepoli!
Vergine Madre della Chiesa,
aiutaci a rendere sempre ragione
della speranza che è in noi,
confidando nella bontà dell’uomo
creato da Dio a sua immagine
e nell’ amore del Padre.
Insegnaci a rinnovare il mondo dal di dentro:
nella profondità del silenzio e dell’orazione,
nella gioia dell’amore fraterno,
nella fecondità insostituibile della Croce.
Santa Maria, Madre dei credenti,
prega per noi.
 
Preghiera di papa Benedetto XVI alla Veglia di Preghiera 
per la Beatificazione di Giovanni Paolo II al Circo Massimo

Auguri di Buon Compleanno a Gabriele 💗

Buona giornata a tutti :-)

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giovedì 25 marzo 2021

L'Annuncio a Maria - Giancarlo Ravasi

L'Annuncio a Maria
Quale dev'essere la nostra risposta al dono supremo? Nel racconto dell'annunciazione la risposta è formulata attraverso una autodefinizione di Maria: "Io sono la serva del Signore".
L’ aspetto di umiltà in quella parola "serva" è stato spesso sottolineato e non sempre felicemente, dirottato spesso verso consapevoli o inconsce conclusioni antifemminili: l'umiltà, il nascondimento, la discrezione devono essere le doti della donna che vuole imitare Maria.
In realtà il titolo è solenne, è quello che esprime dignità della sposa ed è anche il titolo classico dei personaggi che devono espletare una funzione decisiva nella storia della salvezza: servo del Signore è Abramo, è Mose, Giosuè, è Davide, sono i profeti e "Servo del Signore" per eccellenza sarà il Messia: Maria ha la coscienza che in lei, donna semplice e comune, Dio ha realizzato l'intervento grandioso e definitivo della salvezza "attesa da tutte le generazioni".
Maria afferma, quindi, la piena coscienza della sua vocazione e del suo destino: E da questo momento in avanti la sua missione è quella di accogliere il dono sublime di quel figlio: "avvenga di me quello che hai detto". 
Con questa adesione nella fede e nell'amore Maria diventa l'emblema del vero discepolo di Dio.

- card. Gianfranco Ravasi -



“L’unica cosa che lo Spirito Santo richiede da noi è solo di dargli il nostro tempo, anche se all’inizio esso dovesse sembrare tempo perso. Io non dimenticherò mai la lezione che un giorno mi fu data a questo riguardo. Dicevo a Dio: “Signore, dammi il fervore e io ti darò tutto il tempo che vuoi per la preghiera”.
Nel mio cuore trovai la risposta: “Dammi il tuo tempo e io ti darò tutto il fervore che vuoi nella preghiera.”

- padre Raniero Cantalamessa -


 E' difficile vivere dei tuoi annunci, Dio.

"Il Signore è con te".
Messaggio da ricordare nelle veglie e all'aurora.
Desiderio che Lui cresca e io diminuisca.
Disponibilità totale a lasciarlo crescere, dentro di te.
E dentro ogni uomo che lo riconosca
Emanuele: Dio con noi, ieri, oggi e sempre.
"Come è possibile?"
Eterno dubbio, per chi ha difetti e paure.
Per chi preferisce scegliere le sue rinunce.
E cercar regole esatte e sentieri ben noti.
Per paura di dar "tutto
quanto è indispensabile per vivere."

"E l'angelo partì da lei."
E’ sempre faticoso accettare le partenze.
E credere che è bene che Tu vada.
Perchè verrà uno Spirito consolatore.
E l’Altissimo tutto coprirà: con la sua ombra e potenza.

"Hai guardato l'umiltà della tua serva."
Con uno sguardo che scava fino al punto di giuntura.
Ora siamo noi "schiavi e figli della tua schiava".
Chiamati a fissare lo sguardo del cuore in Te.
In attesa che ci sia possibile vedere.
Il tuo volto che splende, su ogni uomo che cerca la pace.
E nell’attesa, credere.
Che la tua legge è perfetta e rinfranca il cuore.
E che è dentro di noi, non troppo in alto o aldilà del mare.
Fissare lo sguardo. Fino a non veder più.
Nulla intorno. Cose mutevoli e persone che giudicano.
Libertà totale, libertà interiore.
Semplificazione totale, che tutto riduce ad una sola cosa.
In Te siamo, in Te esistiamo.
Che Tu sia tutto in tutti.

- Stefania Perna -


annunciazione del Beato Angelico

Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 22 ottobre 2020

Dopo tanti anni - card. Gianfranco Ravasi

 Dopo tanti anni avere ancora tante cose da dirsi, dalle più futili alle più gravi, senza andare a sceglierle, senza il desiderio di meravigliare o di essere ammirati. 

Che meraviglia! 

È  accaduto spesso anche a me, come a molti miei lettori, d’incontrare coppie anziane che hanno alle spalle anche mezzo secolo di matrimonio, che hanno attraversato prove di ogni genere, ma che conservano intatta la gioia di stare insieme, di condividere piccole e grandi cose, di sentirsi completi solo se l’altro è accanto a sé. 

Li vediamo passeggiare nei parchi cittadini sostenendosi con premura reciproca, pronti a condividere non solo le parole ma anche i silenzi. 

E’ questa la “meraviglia” che dipinge lo scrittore francese François Mauriac (1885-1970) nel suo Diario. Una meraviglia ben diversa e grandiosa del rispetto a quella delle nozze di divi, calciatori o principi, alonate di pubblicità, di ricchezza, di sguaiata allegria. Si è talora pessimisti ai nostri giorni riguardo al matrimonio e alla sua tenuta, e anche a ragione. Ma questo accade perché esso non è costruito sulle fondamenta rocciose, a cui alludeva Gesù in una celebre parabola, bensì sulla sabbia dell’immediatezza dei sentimenti, dei contatti dei corpi, della superficialità delle relazioni. 

Eppure sono tante le coppie serie e generose che testimoniano le parole di Mauriac con la loro vita. Anzi, in quella pagina lo scrittore continuava con un’altra osservazione che è consolante (basta solo aver occhi attenti per trovarne conferma): «L’amore coniugale che persiste attraverso mille vicissitudini, mi sembra il più bello dei miracoli, benché sia anche il più comune». 

Da “Mattutino” di Gianfranco Ravasi  

Avvenire  20 ottobre 2005


“L’amore coniugale, unico ed indissolubile, che persiste nonostante le tante difficoltà del limite umano, è uno dei miracoli più belli”
- papa Francesco -


Buona giornata a tutti. :-)







domenica 5 aprile 2020

Non una dieta né astinenza triste. Purificarsi per essere più liberi di Gianfranco Ravasi

«Abbà Eulogio diceva al suo discepolo: Figlio, poco alla volta, esercitati a restringere il tuo ventre, grazie al digiuno. 
Infatti, come un otre disteso diventa più sottile, così ugualmente il ventre quando riceve molto cibo. Ma se ne riceve poco, si riduce ed esige sempre poco». 
Questa parabola dei Padri del deserto egiziano illustra in modo pittoresco la genesi ascetica del digiuno. 
Da questa radice universale si è ramificata una prassi religiosa che ha i suoi vertici nel Kippur ebraico, la grande giornata penitenziale, totale astensione alimentare, sessuale e lavorativa, nel Ramadan islamico, uno dei "cinque pilastri" della fede musulmana, e soprattutto nell'ininterrotta tradizione cristiana. 
La secolarizzazione moderna ha ridotto questo atto spirituale prima ancora che corporale alla dieta o alla platealità di certi digiuni politici più spettacolari che genuini o, peggio ancora, al dramma dell'anoressia. 
In realtà tutte le grandi religioni sono fermamente convinte che digiunare è un atto di sua natura simbolico, nel senso più genuino del termine. 
Pensiamo solo alla lapidaria e incisiva dichiarazione di Isaia: «È questo il digiuno che il Signore vuole: sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne» (58, 6-7). 
Oppure si pensi all'ironia di Gesù nei confronti di un'astinenza meramente ritualistica che ti fa «assumere un'aria malinconica, sfigurare la faccia» a cui egli oppone paradossalmente «il profumarsi la testa e il lavarsi il viso» (Matteo 6, 16-17) perché il digiuno non sia farsa ma decisione intima che esprime autodisciplina, liberazione dal consumismo, dall'egoismo, dalla logica del possesso, dalle false necessità, ma anche purificazione dello spirito, controllo di sé, dominio dei sensi. 
Gli stessi Padri del deserto non esitavano a dichiarare che «è meglio bere vino con umiltà che bere acqua con orgoglio». 
Lo stesso islam con la voce di uno dei suoi grandi maestri mistici, al-Ghazali (1058-1111), ammoniva che il vero digiuno è astenersi dai peccati della lingua e degli altri membri, anzi è liberarsi da «tutto ciò che non è Dio». 
Persino la tradizione indù con Gandhi - che aveva dimostrato anche l'efficacia "politica" del digiuno - si muoveva in questa linea: «Il digiuno non ha senso se non educa alla sobrietà e se non è accompagnato da un costante desiderio di autodisciplina. Colui che ha soggiogato i sensi è il primo e più importante tra gli uomini. Tutte le virtù risiedono in lui». 
È, in questa luce, che il digiuno per la pace voluto da Giovanni Paolo II assume un segno universale esteriore perché l'umanità ne riscopra il valore esistenziale ultimo di purificazione da quel male estremo che è l'odio, la violenza, la guerra e ritrovi la purezza della fraternità solidale, della condivisione e dell'amore. Un'arma non offensiva che si erge contro le armi degli eserciti con una sua potenza trascendente, personale e sociale.

- cardinale Gianfranco Ravasi - 



Nel Salmo 50 (51), che è una supplica penitenziale, noi troviamo il senso di Dio e il senso del peccato, l’orrore per il male commesso e la speranza del perdono di Dio, la miseria umana e la misericordia divina.
La supplica penitenziale è espressione di un cammino penitenziale: la penitenza scaturisce dal pentimento, è legata alla "conversione", produce una progressiva purificazione del cuore, è funzionale alla carità: «Beato colui che digiuna per nutrire il povero» (Origene).
La vita cristiana è una penitenza permanente perché è una conversione continua e perché Cristo ha detto a chi vuol seguirlo di «prendere ogni giorno la propria croce». 
Il valore della penitenza è di estrema attualità: la pratica della penitenza oggi promuove una cultura alternativa all’edonismo imperante; costituisce un rimedio all’attuale fragilità della persona che non è stata educata al sacrificio; educa alla tolleranza, alla capacità di «portare gli uni i pesi degli altri»; riforma la società dell’opulenza educando alla sobrietà, all’apertura ai bisogni dell’altro, al "digiuno" del cibo sovrabbondante, delle parole inutili, degli spettacoli fatui, delle spese superflue. 
Di questa penitenza abbiamo bisogno.

- Mons. Giuseppe Greco - 


Buona giornata a tutti. :-)






domenica 8 dicembre 2019

L’ora di grazia universale da recitarsi l’8 Dicembre alle 12:00

Così disse la Madonna l´8 dicembre 1947 a Pierina Gilli a Montichiari (BS):
« Desidero che ogni anno, il giorno 8 Dicembre, si pratichi a mezzogiorno 
l´Ora di Grazia universale; con questa pratica si otterranno numerose grazie spirituali e corporali … 
Sia riferito al più presto possibile al Sommo Padre della Chiesa Cattolica Papa Pio XII che desidero che quest´Ora di Grazia sia conosciuta ed estesa a tutto il mondo. 
Quelli che non potranno recarsi nelle rispettive chiese, otterranno da me le grazie pregando anche nelle loro case.»

Vergine Immacolata, Madre di Grazia, Rosa Mistica, a onore del Tuo Divin Figlio, ci prostriamo davanti a Te per implorare da Dio misericordia: non per i nostri meriti, ma per la tua bontà del tuo Cuore materno, chiediamo aiuti e grazie, sicuri che ci esaudirà.

– Ave Maria

Madre di Gesù, Regina del S.Rosario, e Madre della Chiesa. Corpo mistico di Cristo, impetriamo per il mondo riarso dalle discordie il dono dell´unità e della pace e tutte quelle grazie che possono convertire i cuori di tanti tuoi figli!

– Ave Maria

Rosa Mistica, Regina degli Apostoli, fa´ fiorire attorno agli Altari Eucaristici numerose vocazioni religiose e sacerdotali che, con la santità della vita e lo zelo ardente per le anime possano estendere il Regno del tuo Gesù in tutto il mondo! Ricolma pure noi dei tuoi favori celesti!

– Salve Regina

Rosa Mistica Madre della Chiesa, prega per noi!

– Con approvazione Ecclesiastica –

Annunciazione
Affresco  Cappella Ravacaldi
Cattedrale  di Parma, Italy

Quale dev'essere la nostra risposta al dono supremo?  Nel rac­conto dell'annunciazione la risposta è formulata attraverso una autodefinizione di Maria: "Io sono la serva del Signore". L'a­spetto di umiltà in quella parola "serva" è stato spesso sottoli­neato e non sempre felicemente, dirottato spesso verso consa­pevoli o inconsce conclusioni antifemminili: l'umiltà, il nascon­dimento, la discrezione devono essere le doti della donna che vuole imitare Maria.

In realtà il titolo è solenne, è quello che esprime dignità della sposa ed è anche il titolo classico dei per­sonaggi che devono espletare una funzione decisiva nella storia della salvezza: servo del Signore è Abramo, è Mosè, Giosuè, è Davide, sono i profeti e "Servo del Signore" per eccellenza sarà il Messia: Maria ha la coscienza che in lei, donna semplice e co­mune, Dio ha realizzato l'intervento grandioso e definitivo del­la salvezza "attesa da tutte le generazioni".

Maria afferma, quin­di, la piena coscienza della sua vocazione e del suo destino: E da questo momento in avanti la sua missione è quella di acco­gliere il dono sublime di quel figlio: "avvenga di me quello che hai detto".

Con questa adesione nella fede e nell'amore Maria diventa l'emblema del vero discepolo di Dio.

- Card. Gianfranco Ravasi -



Memorare

Ricordati, o piissima Vergine Maria,
che non si è mai udito al mondo
che alcuno sia ricorso alla tua protezione,
abbia implorato il tuo aiuto,
abbia chiesto il tuo soccorso,
e sia stato abbandonato.
Animato da tale fiducia,
a te ricorro, o Madre, Vergine delle vergini;
a te vengo, dinnanzi a te mi prostro, peccatore pentito.
Non volere, o Madre del Verbo,
disprezzare le mie preghiere,
ma ascoltami benevola ed esaudiscimi.
Amen.

Buona giornata a tutti. :-)


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venerdì 25 ottobre 2019

O Dio, mandaci dei matti!! - Louis Joseph Lebret

"L'appartenenza non è un insieme casuale di persone, non è un consenso a un'apparente aggregazione, l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé."

Non ci crederete, ma a mandarmi questa citazione desunta da una canzone di Giorgio Gaber (appunto "La canzone dell'appartenenza") sono le suore Clarisse dal loro convento di clausura di Rimini. Spero mi perdoneranno se le evoco esplicitamente, ma lo faccio anche per demolire il mito che dietro le grate incombano solo silenzio e rinuncia, negazione e rigore.

Una volta, di passaggio per una conferenza in quella città, sono stato accolto da loro con festosità e con mille attenzioni: la separatezza della clausura è in realtà un orizzonte ben più popolato di presenze e di voci di quanto lo siano le nostre case rumorose. E le parole di Gaber sono proprio la spiegazione profonda di un'esperienza, spesso ignota a chi vive in una folla, muovendosi in spazi immensi e in mezzo a tante cose.
Infatti per avere una presenza autentica, per vivere in pienezza le relazioni, per scoprire vicende vere non è sufficiente e neppure necessario aggregarsi e incontrarsi: quanti giovani sono soli, pur vivendo in un branco, quante solitudini nelle città sono a folla, quanti contatti si fermano alla pelle, quanti rapporti si trascinano stancamente e senza ardore.
Ecco, allora, la vera appartenenza che altro non è se non la genuina declinazione del vero amore: «Avere gli altri dentro di sé», come carne della tua carne, pensiero dei tuoi pensieri, parte della tua stessa vita.
Le suore di clausura spesso, senza che noi lo sappiamo, ci portano con loro, strappandoci dalla nostra superficialità, custodendoci dai rischi del male, offrendoci a Dio, anche se noi siamo distratti e protesi verso gli idoli.

- Cardinale Gianfranco Ravasi -
Fonte: "Mattutino, Avvenire 4 gennaio 2007


Bisogna inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana e mariana, in ogni lingua, in ogni luogo, per affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore che ha trovato nella stampa la più potente alleata; fasciare il mondo di carta scritta con parole di vita per ridare al mondo la gioia di vivere. 

- San Massimiliano Maria Kolbe -


A noi mancano matti, o Signore,
ma di quelli che sappiano amare
con opere e non con parole,
di quelli che siano totalmente a disposizione del prossimo.

A noi mancano matti, o Signore,
mancano temerari, appassionati,
persone capaci di saltare
nel vuoto insicuro, sconosciuto
e ogni giorno più profondo della povertà;
di quelli che non utilizzano il prossimo per i loro fini.

Ci mancano questi matti, o mio Dio!
Matti nel presente,
innamorati di una vita semplice,
liberatori del povero,
amanti della pace,
liberi da compromessi,
decisi a non tradire mai,
disprezzando le proprie comodità
o la propria vita,
totalmente decisi per l'abnegazione,
capaci di accettare tutti i tipi di incarichi,
di andare in qualsiasi luogo per ubbidienza,
e nel medesimo tempo liberi, obbedienti,
spontanei e tenaci,
allegri, dolci e forti.

Dacci questo tipo di matti,
o mio Signore!!!


- Louis Joseph Lebret - 


Louis-Joseph Lebret nacque a Minihic, nei pressi di Saint-Malo, in Bretagna, il 26 giugno 1897. Prese parte alla Prima Guerra Mondiale come ufficiale di marina. Nel 1923, sentendo la chiamata alla vita religiosa, lasciò la marina e entrò nell’Ordine domenicano. Negli anni successivi all’ordinazione, si sensibilizzò alla situazione dei piccoli pescatori bretoni, colpiti dalla crisi economica di quegli anni, aiutandoli a fronteggiarla e fornendo loro gli strumenti per un’analisi critica della realtà socio-economica, in vista di un’alternativa che vedesse finalmente l’economia al servizio dell’uomo. Sviluppando questa visione, creò nel 1941 l’istituto Economia e Umanesimo. A partire dal 1947, riconosciuto internazionalmente per la serietà dei suoi studi, venne ripetutamente invitato in diversi paesi del Sud del mondo per offrire il suo contributo ad uno sviluppo globale, armonizzato e autopropulsivo. Negli anni '60 il papa Paolo VI lo chiamò a Roma come perito al Concilio Vaticano II e lo volle come sue maggior collaboratore nella redazione della sua enciclica sullo sviluppo dei popoli, la Populorum Progressio. Padre Lebret morì a Parigi il 20 luglio 1966.

Buona giornata a tutti. :-)