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sabato 27 ottobre 2012

San Massimiliano Kolbe – Biografia

Massimiliano Kolbe - al battesimo Raimondo - nasce l'8 gennaio del 1894 a Zdunska Wola non molto lontano da Lodz (Polonia), figlio di Giulio e Maria Dabrowska.

Nella sua adolescenza, si sente affascinato dall'ideale di San Francesco d' Assisi ed entra nel seminario minore dei Francescani conventuali di Leopoli.

Dopo il noviziato è inviato a Roma, al Collegio Internazionale dell'Ordine, per gli studi ecclesiastici. Nell'anno 1915 consegue il diploma in filosofia e nel 1919 in teologia.

Mentre l'Europa è sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale, Massimiliano sogna una grande opera al servizio dell'Immacolata per l'avvento del Regno di Cristo.

La sera del 16 ottobre 1917, fonda con alcuni compagni la "Milizia dell'Immacolata". Il suo fine è la conversione e la santificazione di tutti gli uomini attraverso l'offerta incondizionata alla Vergine Maria.

Nel 1918 è ordinato sacerdote e nel 1919, completati gli studi ecclesiastici, ritorna in Polonia per iniziare a Cracovia un lavoro di organizzazione e animazione del movimento della Milizia dell'Immacolata.

Come strumento di collegamento tra gli aderenti al movimento fonda la rivista "Il Cavaliere dell'Immacolata".

La città dell'Immacolata (Niepokalanow)

Nell'anno 1927 stimolato dal notevole incremento di collaboratori consacrati e dal crescente numero di appartenenti alla M.I., trasferisce il centro editoriale a Niepokalanow, o "Città dell'Immacolata", vicino Varsavia, dove saranno accolti più di 700 religiosi, che si dedicano all'utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale per evangelizzare il mondo.

Nell'anno 1930 con altri quattro frati, parte per il Giappone, dove fonda "Mugenzai no Sono" o "Giardino dell'Immacolata", nella periferia di Nagasaki, e stampa una rivista mariana. Questa "città" rimase intatta quando nel 1945 esplose, a Nagasaki, la bomba atomica.

Nel 1936, rientra in Polonia, sollecitato dalla crescita della comunità religiosa e dall'espansione dell'attività editoriale: undici pubblicazioni di cui un quotidiano di grande ripercussione nella classe popolare con una tiratura 228.560 copie e il Cavaliere con un milione di copie.

Il primo settembre del 1939, scoppia la Seconda Guerra Mondiale. Anche Niepokalanow è bombardata e saccheggiata. I religiosi devono abbandonarla. Gli edifici sono utilizzati come luogo di prima accoglienza per profughi e militari.

Il 17 febbraio 1941 Padre Kolbe è arrestato dalla Gestapo e incarcerato nel carcere Pawiak di Varsavia. Il 28 maggio dello stesso anno è deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, nel quale gli viene assegnato il numero 16670.

I frati lasciano Niepokalanow.

Alla fine di luglio avviene l'evasione di un prigioniero. Come rappresaglia il comandante Fritsch decide di scegliere dieci compagni dello stesso blocco, condannandoli ingiustamente a morire di fame e di sete nel sotterraneo della morte.

Con lo stupore di tutti i prigionieri e degli stessi nazisti, Padre Massimiliano esce dalle file e si offre in sostituzione di uno dei condannati, il giovane sergente polacco Francesco Gajowniezek.

In questa maniera inaspettata ed eroica Padre Massimiliano scende con i nove nel sotterraneo della morte, dove, uno dopo l'altro, i prigionieri muoiono, consolati, assistiti e benedetti da un santo.

Il 14 agosto 1941, Padre Kolbe termina la sua vita con un'iniezione di acido fenico. Il giorno seguente il suo corpo è bruciato nel forno crematorio e le sue ceneri sparse al vento.

Il 10 ottobre 1982, in Piazza San Pietro,Giovanni Paolo II dichiara "Santo" Padre Kolbe, proclamando che "San Massimiliano non morì, ma diede la vita...."

(dal sito web "Missionarie dell'Immacolata Padre Kolbe)

 

sabato 20 ottobre 2012

Angelus Silesius - Biografia


Angelus Silesius nasce a Cracovia nel dicembre del 1624 da una famiglia di luterani ortodossi.

Studia diritto e medicina a Strasburgo. Si laurea a Padova nel 1648 in filosofia e medicina.

In questo periodo legge autori e filosofi cattolici e visita anche molti luoghi cattolici e viene in contatto con molti membri delle varie confessioni presenti allora in Olanda. Sono anni di conflitti interiori sino a che il 12 giugno 1653, nella Chiesa di San Mattia a Breslavia, Johannes si converte alla fede cattolica, prendendo il nome di Angelus Silesius, nome con cui pubblicherà, da quel momento, tutte le sue opere.

Col proposito di rinunciare ai propri beni, costituisce fondazioni in favore di monasteri e di poveri. Nel 1661, probabilmente per sua intercessione, viene revocato l'editto con cui venivano vietate le processioni solenni.

In quello stesso anno, viene ordinato sacerdote e l'anno successivo ottiene l'autorizzazione per la processione pubblica del Corpus Domini. Nel 1671 è ospite presso un monastero cistercense. Nel silenzio della "regola", trova la pace che aveva cercato per molti anni, lontano dalle polemiche e dai duri attacchi che provenivano dai luterani, ex correligionari, con cui si era scontrato spesso.

Negli ultimi anni della sua vita vive nel convento della Chiesa di San Mattia in Breslavia in assoluta povertà, in solitudine e in contemplazione dove muore il 9 luglio 1677 e lì è sepolto.
 

Tutto quello che vuoi, uomo, è già prima in te: è soltanto questione che non sai trarlo fuori.

[Angelus Silesius, Il pellegrino cherubico, a cura di Giovanna Fozzer e Marco Vannini, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1999]

 

venerdì 28 settembre 2012

San Vicenzo de' Paoli, Biografia e preghiera per chiedere la Grazia -


Vincenzo de' Paoli, nome originale Vincent de Paul (1581-1660), fino a quindici anni fece il guardiano di porci per poter pagarsi gli studi. Ordinato sacerdote a 19 anni, nel 1605 mentre viaggiava da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Venne liberato dal suo stesso «padrone», che convertì. Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti. Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti.

Nel 1612 diventò parroco nei pressi di Parigi. E’ stato fondatore e ispiratore di numerose congregazioni religiose come la Congregazione della Missione i cui membri sono comunemente denominati “Lazzaristi”, e insieme a santa Luisa de Marillac,  le Figlie della Carità ricordate come le “Dame della Carità” (1633) e la Società San Vincenzo de’ Paoli comunemente denominata “La San Vincenzo”. Diceva ai sacerdoti di S. Lazzaro: «Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto». Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito «ministro» organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660, Papa Benedetto XIII lo ha proclamato beato il 13 agosto 1729 e papa Clemente XII lo ha canonizzato il 16 giugno 1737. Attualmente il suo corpo è esposto nella Cappella dei Lazzaristi, 95, rue de Sèvres a Parigi. La sua memoria liturgica è il 27 settembre. È considerato il più importante riformatore della carità della Chiesa cattolica. La sua opera ispirò Giuseppe Benedetto Cottolengo, fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Fonte: Avvenire


Preghiera per implorare una Grazia al Santo
 O glorioso S. Vincenzo, celeste patrono di tutte le Associazioni di carità e Padre di tutti i miseri, che in vita vostra non rigettaste mai alcuno che a Voi facesse ricorso, deh! guardate da quanti mali noi siamo oppressi, e venite in nostro aiuto.
Ottenete dal Signore soccorso ai poveri, sollievo agli infermi, consolazione agli afflitti, protezione agli abbandonati, carità ai ricchi, conversione ai peccatori, zelo ai sacerdoti, pace alla Chiesa, tranquillità ai popoli, salute e salvezza a tutti.
Sì, tutti provino gli effetti della vostra pietosa intercessione; sicchè, da voi sollevati nelle miserie di questa vita, possiamo riunirci con voi lassù, dove non vi sarà più nè lutto, nè pianto,nè dolore ma gaudio, gioia e beatitudine eterna. Così sia.

Dagli scritti di S. Vincenzo de' Paoli.


"La Chiesa ha, per misericordia di Dio, un sufficiente numero di persone che vivono nella solitudine; ma ne ha tante che sono inutili, e ancora di più ne ha che la straziano. Il suo grande bisogno è di avere uomini che lavorino per purgarla, illuminarla e unirla al suo Sposo divino".

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"Guardatevi dal voler far troppo. È un'astuzia del diavolo per ingannare le anime buone quella d'incitarle a far più di quello che possono; affinché non possano poi far nulla. Invece lo Spirito di Dio incita dolcemente a fare il bene che ragionevolmente si può fare, così che si possa fare con perseveranza e a lungo".
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"La bontà divina vuole da noi che non facciamo mai del bene in nessun luogo per metterci in evidenza; dobbiamo invece guardare sempre a Dio solo, direttamente e immediatamente e senza secondi fini in tutte le nostre azioni. Ciò mi dà motivo di raccomandarvi due cose.
La prima, che evitiate, quanto vi sarà possibile, di mettervi in mostra.
La seconda che non facciate mai cosa alcuna per rispetto umano.
Riguardo a ciò è giusto in ogni maniera che onoriate per un po' di tempo la vita nascosta di nostro Signore. Non pochi tesori sono racchiusi in essa, poiché il Figlio di Dio dimorò per trent'anni sopra la terra come un povero artigiano prima di manifestarsi al mondo. E così Egli benedice sempre molto di più gli inizi umili che non quelli che fanno grande rumore.
Mi direte forse: Che opinione avrà di noi questa corte e che si dirà di noi a Parigi? Lasciate pensare e dire tutto quello che vorranno, e siate certo che le massime di Gesù Cristo e gli esempi della sua vita non portano mai all'errore e daranno il loro frutto a tempo debito.
Tutto invece riesce male a chi opera con massime contrarie. Questa è la mia fede e questa è la mia esperienza. Considerate anche voi questo come infallibile, e vivete nel massimo nascondimento".

Buona giornata a tutti. :-)








lunedì 24 settembre 2012

San Pio da Pietrelcina - biografia


Francesco Forgione nasce a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina.

Diventa sacerdote sette anni dopo.

Il 10 agosto 1910. Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale.

Il 20 settembre 1918 il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni.

Muore il 23 settembre 1968, a 81 anni.

Dichiarato venerabile nel 1997 e beatificato nel 1999, è canonizzato nel 2002. Quando muore, il 23 settembre 1968, a 81 anni, le stimmate scompaiono dal suo corpo e, davanti alle circa centomila persone venute da ogni dove ai suoi funerali, ha inizio quel processo di santificazione che ben prima che la Chiesa lo elevasse alla gloria degli altari lo colloca nella devozione dei fedeli di tutto il mondo come uno dei santi più amati dell’ultimo secolo. “Farò più rumore da morto che da vivo”, aveva pronosticato lui con la sua solita arguzia.

Quella di Padre Pio è veramente una “clientela” mondiale.

Perché tanta devozione per questo san Francesco del sud?
Padre Raniero Cantalamessa lo spiega così: “Se tutto il mondo corre dietro a Padre Pio – come un giorno correva dietro a Francesco d’Assisi - è perché intuisce vagamente che non sarà la tecnica con tutte le sue risorse, né la scienza con tutte le sue promesse a salvarci, ma solo la santità.

Che è poi come dire l’amore”.
 
Invocazione a San Pio

O Padre Pio, luce di Dio,
prega Gesù e la Vergine Maria per me
e per tutta l'umanità sofferente. Amen.
(3 volte)

 
Sono tutto di ognuno. Ognuno può dire: «Padre Pio è mio». Io amo tanto i miei fratelli di esilio. Amo i miei figli spirituali al pari dell'anima mia e più ancora. Li ho rigenerati a Gesù nel dolore e nell'amore. Posso dimenticare me stesso, ma non i miei figli spirituali, anzi assicuro che quando il Signore mi chiamerà, io gli dirò: «Signore, io resto alla porta del paradiso; vi entro quando ho visto entrare l'ultimo dei miei figli».
Soffro tanto per non potere guadagnare tutti i miei fratelli a Dio. In certi momenti sto sul punto di morire di stretta al cuore nel vedere tante anime sofferenti senza poterle sollevare e tanti fratelli alleati con satana.

- San Pio da Pietrelcina -
 
 
Prega e spera
non agitarti.
L'agitazione non giova a nulla.
Dio è misericordioso
e ascolterà la tua preghiera.

(San Pio da Pietrelcina )


 
Non temere le avversità perché esse mettono l'anima ai piedi della croce e la croce la mette alle porte del cielo, dove troverà colui che è il trionfatore della morte, che la introdurrà negli eterni gaudi. - San Pio da Pietrelcina -
 
Se Dio ci togliesse tutto quello che ci ha dato, rimarremmo con i nostri stracci.
Tra i segni miracolosi che gli vengono attribuiti troviamo le "stigmate" che avrebbe portato per 50 anni (20 settembre 1918 - 23 settembre 1968), il dono della bilocazione, la profezia e la scrutazione dei cuori e delle coscienze (capacità di leggere nei cuori e nella mente delle persone) (carisma noto come cardiognosi). Tra i molti miracoli che gli vengono attribuiti c'è quello della guarigione del piccolo Matteo Pio Colella di San Giovanni Rotondo, sul quale è stato celebrato il processo canonico che ha portato poi alla elevazione agli altari di San Pio.
Tra i racconti di presunta bilocazione che lo avrebbero visto protagonista c'è quello fornito da Luigi Orione, secondo il quale nel 1925, mentre si trovava in piazza San Pietro per i festeggiamenti in onore di Teresa di Lisieux, gli sarebbe apparso inaspettatamente Padre Pio da Pietrelcina, che in realtà non si mosse mai dal convento che lo ospitava dal 1918 sino alla morte
 


 

 

 

 
 

martedì 18 settembre 2012

Bukowki Henry Charles - Biografia


Henry Charles Bukowski (nato in Germania nel 1920, morto a San Pedro nel 1994). Ha scritto sei romanzi, centinaia di racconti e migliaia di poesie, per un totale di oltre sessanta libri. Il contenuto di questi tratta della sua vita, caratterizzata da un rapporto morboso con l'alcol, con il sesso e da rapporti tempestosi con le persone.  I genitori di Bukowski si conobbero in Germania, ove il padre svolgeva il servizio militare. Alla fine della prima guerra mondiale, l’economia tedesca era al collasso così la famiglia Bukowski si trasferì negli States. Charles aveva due anni. La vita negli States non era facile, erano gli anni della depressione economica e la sua situazione familiare era travagliata. Un infanzia difficile a causa del forte accento tedesco, e di un padre violento e disoccupato. Nell’adolescenza le idee politiche di Henry andarono dal nazismo al comunismo. Nel 1938 si diplomò alla L.A. High School, subito dopo cominciò a lavorare come magazziniere, ma era un mestiere che non sopportava e così dopo essersi licenziato, lasciò casa andando a vivere in squallide camere in affitto. Cambiava città di continuo, New Orleans, San Francisco, St. Louis, Philadelphia, perché sempre al centro di risse. Nel 1944 all’inizio della seconda guerra mondiale fu arrestato per renitenza alla leva, e fece un paio di settimane di carcere, ma poi, un test psico-fisico lo considerò non adatto al servizio militare. Una volta uscito dal carcere, però, la sua vita non cambiò: ritrovato spesso in condizioni disperate a causa dell’alcolismo, scommettitore, frequentatore di bordelli. Sempre nel 1944 riuscì ad inviare i suoi racconti a delle riviste popolari. Il suo primo racconto  “Aftermath of a Lengthy Rejection Slip” fu pubblicato sulla rivista Story. Non riuscendo a sfondare come scrittore lavorò una decina di anni  presso la poste di Los Angeles, si sposò, ebbe una figlia e divorziò.
La sua lapide recita: “Don't Try” (Non provare), una frase che usa in una delle sue poesie, consigliando gli aspiranti scrittori e poeti riguardo l'ispirazione e la creatività.
Bukowski spiega la frase in una lettera del 1963:
«Qualcuno in uno di questi posti... mi chiese: "Cosa fai? Come scrivi, come crei?" Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l'immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po'. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico. »
La sua anima trovò pace solo con la morte.

lunedì 17 settembre 2012

François Xavier Nguyên Van Thuân Cardinale - Biografia


François Xavier Nguyên Van Thuân (Huê, Viêt Nam 17 aprile 1928 - Roma lunedì 16 settembre 2002). Cardinale vietnamita, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace.
Aveva 74 anni. La storia della sua vita ha la freschezza degli antichi atti dei martiri. Eppure è modernissima. Anticipatrice.  Nel 1975, Nguyên Van Thuân era da pochi giorni arcivescovo coadiutore di Saigon,  quando la città cadde in potere dei comunisti del nord. Subito fu messo in prigione. Visse in prigione per tredici anni, senza giudizio né sentenza. Da Saigon fu prima trasferito in catene a Nha Trang. Quindi al campo di rieducazione di Vinh-Quang, sulle montagne. Passò momenti durissimi, come il viaggio su una nave con 1500 prigionieri affamati e disperati. Poi il lungo isolamento, durato nove anni. C'erano due guardie solo per lui. In carcere non poté portare con sé la Bibbia. Allora raccolse tutti i pezzetti di carta che trovava e compose un minuscolo libro sul quale trascrisse più di 300 frasi del Vangelo che ricordava a memoria. Celebrava messa ogni giorno con il palmo della mano a far da calice, con tre gocce di vino e una goccia d'acqua. Il vino se l´era procurato così. Appena arrestato gli avevano permesso di scrivere una lettera per chiedere ai parenti le cose più necessarie. Domandò allora un po' di medicina per digerire. I famigliari compresero il significato vero della richiesta e gli mandarono una bottiglietta con il vino della messa e con l'etichetta: «medicina contro il mal di stomaco». Le briciole di pane consacrato le conservava in pacchetti di sigarette. Era in isolamento ad Hanoi quando una ufficiale della polizia gli portò un piccolo pesce che lui avrebbe dovuto cucinare. Il pesce era avvolto in due pagine dell'"Osservatore Romano", che la polizia usava requisire quando arrivava per posta. Senza farsi notare egli lavò bene quei due fogli e li fece asciugare al sole, conservandoli quasi come una reliquia. Nell'isolamento della prigione, quelle due pagine erano per lui un segno di unione con Roma e la cattedra di Pietro. Durante l'isolamento era solito dire la messa intorno alle 3 del pomeriggio, l'ora di Gesù sulla croce. Tutto da solo, cantava la messa in latino, in francese e in vietnamita. Cantava anche gli inni come il Te Deum, il Pange Lingua, il Veni Creator Spiritus. La sua bontà, il suo amore anche per i nemici, colpiva non poco le guardie. Sulle montagne di Vinh Phù, nella prigione di Vinh Quang, chiese una volta a una guardia il permesso di tagliare un pezzetto di legno a forma di croce. E quello lo accontentò. In un'altra prigione chiese alla guardia un pezzo di filo elettrico. Temendo che volesse suicidarsi, l'agente si spaventò. Ma Nguyen Van Thuân gli spiegò che voleva fare semplicemente una catenella per portare la sua croce. Dopo tre giorni la guardia ricomparve con un paio di pinze e insieme composero una catenella. Da quella croce e da quella catena Nguyen Van Thuân non si separò più. Le portò sempre al collo, anche dopo la sua liberazione, avvenuta il 21 novembre 1988. E anche dopo il suo esilio forzato a Roma, nel 1991, e la sua nomina a cardinale, da parte del Santo Padre Giovanni Paolo II il 21 febbraio 2001, Diacono di Santa Maria della Scala.
E sempre con quella povera croce sul petto morì lunedì 16 settembre a Roma.



domenica 19 agosto 2012

San Tommaso Moro - Biografia


Secondogenito di sei figli, Thomas More (italianizzato in Moro) nacque a Londra nel 1477 (o 1478). Fin da fanciullo, ricevette un'ottima educazione e manifestò immediatamente una straordinaria inclinazione per gli studi. Quando il celebre umanista Erasmo da Rotterdam si recò in Inghilterra, i due si incontrarono: ne nacque un'amicizia intensa e duratura, frutto di una profonda sintonia umana e culturale. Intorno ai ventiquattro anni More volle valutare la propria vocazione per la vita monastica, alla quale preferì lo stato matrimoniale, e qualche anno più tardi sposò la diciassettenne Jane Colt. Intanto, cominciò per lui anche una brillante carriera politica, che inizialmente lo vide membro della Camera dei Comuni. Tra il 1505 e il 1509 ebbe quattro figli.Nel frattempo Thomas continua a coltivare i suoi elevatissimi interessi culturali, traducendo opere di autori classici, e continua pure a manifestare grandi capacità politico-amministrative, tanto che gli vengono affidati compiti e cariche sempre più importanti. Nel 1511, persa la moglie, si risposa con la quarantenne Alice Middleton. Nel 1516 scrive Utopia, il suo celebre capolavoro, e cinque anni dopo è nominato cancelliere dello Scacchiere e vice-tesoriere d'Inghilterra; nel 1523 è eletto speaker della camera dei Comuni.

Nel 1532 si verifica una brusca svolta nella sua vita pubblica: in pieno disaccordo con il re Enrico VIII, che vuole divorziare da Caterina d'Aragona per sposare Anna Bolena, Thomas si dimette dalla carica di cancelliere.
È nel 1534 che si consuma il suo radicale distacco dal sovrano: obbedendo alla propria coscienza, More si rifiuta di accettare l'Atto con cui Enrico VIII si dichiara capo della Chiesa inglese; da fedele cattolico, egli non può avallare quello che nei fatti è un vero e proprio scisma.
Viene incarcerato; non perde la sua serenità, anche grazie alle amorevoli cure di cui lo circonda la figlia Margaret, e trascorre il tempo della prigionia componendo scritti ascetici. Non cede neppure di fronte ai giudici che lo interrogano cercando di piegare in ogni modo la sua volontà.
È condannato e il 6 luglio del 1535 viene decapitato.
Papa Leone XIII lo beatificò nel 1886 e Pio XI lo canonizzò nel 1935.
«Moro, da buon cristiano, aveva la salda convinzione che le radici del male affondano troppo nella natura umana perché si possa annullarle con una semplice trasformazione dell'organizzazione economica della società. [...] Le sue analisi giungono alla conclusione che le radici dei mali dell'Europa del sedicesimo secolo si nutrono di un terreno fertile, qual è una società avida di guadagno, ma soprattutto ricevono linfa e alimento dall'inesauribile torrente del peccato». (J. H. Hexter)

Moro scrisse alcune significative opere contro Lutero e la Riforma protestante, nelle quali difese con forza i dogmi e la tradizione della Chiesa cattolica. Da questi scritti emerge la figura di un grande polemista e apologeta cattolico, che riafferma la retta concezione dei rapporti tra libertà e grazia, che ribadisce la validità dei sette Sacramenti, che sostiene il valore delle opere in unione con la fede, che sottolinea con forza e convinzione la grande importanza del culto della Beata Vergine Maria e dei santi. Moro è un fedelissimo figlio della Chiesa e soltanto a essa riconosce l'autorità di interpretare la Sacra Scrittura. E proprio per rimanere fedele alla «sua» Chiesa, Moro fu pronto a morire: piuttosto che piegarsi di fronte allo scisma e all'arroganza del re, che voleva schiacciare la Chiesa stessa, egli accettò serenamente la morte, dopo aver eroicamente considerato propizia al raccoglimento la detenzione inflittagli dal re. Non casualmente, prigioniero nella Torre di Londra, Moro lavora a un toccante e intenso Dialogo del conforto contro le tribolazioni e a un'accorata Esposizione della Passione del Signore, e alla devota figlia Margherita che lo va a visitare confida: «Credo, Meg, che coloro che mi hanno messo in questo posto pensino di avermi causato un grosso dispiacere, ma in fede mia ti assicuro, mia buona e cara figlia, che se non fosse stato per mia moglie e per voi miei cari ragazzi (di cui sento la forte responsabilità), non avrei esitato a rinchiudermi già da molto tempo in una camera altrettanto stretta, anzi forse ancora più stretta».Ricorda «Della morte non mi importa [...] ciò che mi importa più di tutto è di non commettere ingiustizia o empietà. [...] badate bene, o cittadini, che non è questa la cosa più difficile, ossia sfuggire alla morte, ma che è molto più difficile sfuggire alla malvagità. Infatti la malvagità corre molto più veloce della morte. E ora che sono lento e vecchio, sono stato raggiunto da colei che è più lenta, mentre i miei accusatori, che sono abili e pronti, sono stati raggiunti da colei che è più veloce, dalla malvagità».(Platone, Apologia di Socrate, 32 c-d; 39 a-b)


sabato 11 agosto 2012

Santa Chiara Vergine - Biografia


Ha appena dodici anni Chiara, nata nel 1194 dalla nobile e ricca famiglia degli Offreducci, quando Francesco d'Assisi compie il gesto di spogliarsi di tutti i vestiti per restituirli al padre Bernardone. Conquistata dall'esempio di Francesco, la giovane Chiara sette anni dopo fugge da casa per raggiungerlo alla Porziuncol
a. Il santo le taglia i capelli e le fa indossare il saio francescano, per poi condurla al monastero benedettino di S.Paolo, a Bastia Umbra, dove il padre tenta invano di persuaderla a ritornare a casa. Si rifugia allora nella Chiesa di San Damiano, in cui fonda l'Ordine femminile delle «povere recluse» (chiamate in seguito Clarisse) di cui è nominata badessa e dove Francesco detta una prima Regola. Chiara scrive successivamente la Regola definitiva chiedendo ed ottenendo da Gregorio IX il «privilegio della povertà». Per aver contemplato, in una Notte di Natale, sulle pareti della sua cella il presepe e i riti delle funzioni solenni che si svolgevano a Santa Maria degli Angeli, è scelta da Pio XII quale protettrice della televisione. Erede dello spirito francescano, si preoccupa di diffonderlo, distinguendosi per il culto verso il SS. Sacramento che salva il convento dai Saraceni nel 1243. (Avvenire)

Martirologio Romano: Memoria di santa Chiara, vergine, che, primo virgulto delle Povere Signore dell’Ordine dei Minori, seguì san Francesco, conducendo ad Assisi in Umbria una vita aspra, ma ricca di opere di carità e di pietà; insigne amante della povertà, da essa mai, neppure nell’estrema indigenza e infermità, permise di essere separata.

La sera della domenica delle Palme (1211 o 1212) una bella ragazza diciottenne fugge dalla sua casa in Assisi e corre alla Porziuncola, dove l’attendono Francesco e il gruppo dei suoi frati minori. Le fanno indossare un saio da penitente, le tagliano i capelli e poi la ricoverano in due successivi monasteri benedettini, a Bastia e a Sant’Angelo.
Infine Chiara prende dimora nel piccolo fabbricato annesso alla chiesa di San Damiano, che era stata restaurata da Francesco. Qui Chiara è stata raggiunta dalla sorella Agnese; poi dall’altra, Beatrice, e da gruppi di ragazze e donne: saranno presto una cinquantina.
Così incomincia, sotto la spinta di Francesco d’Assisi, l’avventura di Chiara, figlia di nobili che si oppongono anche con la forza alla sua scelta di vita, ma invano. Anzi, dopo alcuni anni andrà con lei anche sua madre, Ortolana. Chiara però non è fuggita “per andare dalle monache”, ossia per entrare in una comunità nota e stabilita. Affascinata dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, la ragazza vuole dare vita a una famiglia di claustrali radicalmente povere, come singole e come monastero, viventi del loro lavoro e di qualche aiuto dei frati minori, immerse nella preghiera per sé e per gli altri, al servizio di tutti, preoccupate per tutti. Chiamate popolarmente “Damianite” e da Francesco “Povere Dame”, saranno poi per sempre note come “Clarisse”.
Da Francesco, lei ottiene una prima regola fondata sulla povertà. Francesco consiglia, Francesco ispira sempre, fino alla morte (1226), ma lei è per parte sua una protagonista, anche se sarà faticoso farle accettare l’incarico di abbadessa. In un certo modo essa preannuncia la forte iniziativa femminile che il suo secolo e il successivo vedranno svilupparsi nella Chiesa.
Il cardinale Ugolino, vescovo di Ostia e protettore dei Minori, le dà una nuova regola che attenua la povertà, ma lei non accetta sconti: così Ugolino, diventato papa Gregorio IX (1227-41) le concede il “privilegio della povertà”, poi confermato da Innocenzo IV con una solenne bolla del 1253, presentata a Chiara pochi giorni prima della morte.
Austerità sempre. Però "non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la robustezza del granito". Così dice una delle lettere (qui in traduzione moderna) ad Agnese di Praga, figlia del re di Boemia, severa badessa di un monastero ispirato all’ideale francescano.
Chiara le manda consigli affettuosi ed espliciti: "Ti supplico di moderarti con saggia discrezione nell’austerità quasi esagerata e impossibile, nella quale ho saputo che ti sei avviata". Agnese dovrebbe vedere come Chiara sa rendere alle consorelle malate i servizi anche più umili e sgradevoli, senza perdere il sorriso e senza farlo perdere. A soli due anni dalla morte, papa Alessandro IV la proclama santa.
Chiara si distinse per il culto verso l'Eucarestia. Per due volte Assisi venne minacciata dall'esercito dell'imperatore Federico II che contava, tra i suoi soldati, anche saraceni. Chiara, in quel tempo malata, fu portata alle mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento: i suoi biografi raccontano che l'esercito, a quella vista, si dette alla fuga.

Assisi, 1193/1194 - Assisi, 11 agosto 1253

Autore: Domenico Agasso

giovedì 22 marzo 2012

Dio non è autore del male - frère Roger di Taizé -

Alcuni si dicono: se Dio esistesse, non permetterebbe le guerre, l’ ingiustizia, la malattia, l'oppressione, neppure per un solo essere umano; se Dio esistesse impedirebbe all'uomo di commettere il male.

Quasi tremila anni fa il profeta Elia si reca un giorno nel deserto per ascoltare Dio. Si scatenano gli elementi: dapprima un uragano, poi un terremoto ed infine un fuoco violento. Ma Elia capisce che Dio non si trova nello scatenarsi degli elementi naturali.

Tutto poi si placa ed Elia percepisce Dio nel mormorio d'una brezza leggera. Ed è colpito da questa toccante realtà: la voce di Dio si trasmette all'uomo spesso in un soffio di silenzio.

È una delle prime volte della storia in cui si registra questa limpida intuizione: Dio non terrorizza nessuno con mezzi violenti.
Dio mai è autore del male, dei sismi naturali, delle guerre, delle disgrazie terrene.

Né la sofferenza, né la miseria degli uomini sono volute da Dio.

Dio non  s'impone. Ci lascia liberi di amare o di non amare, di perdonare o di rifiutare il perdono. Ma Dio non assiste mai passivamente  ai dolore degli esseri umani.

Soffre  con l'innocente,
in Dio, c'è una sofferenza del Cristo.

(frère Roger di Taizé)


Roger Louis Schutz, detto frère Roger  (1915-2005) di origine svizzera è stato il  fondatore della comunità monastica ecumenicaed  internazionale di Taizè.

Figlio di un pastore protestante rimase lui stesso protestante per tutta la vita

Durante la seconda guerra mondiale si fermò nel villaggio di Taizè (in Borgogna). Questo villaggio era vicinissimo alla linea di demarcazione che divideva in due la Francia ed era adatto per accogliere i rifugiati che fuggivano la guerra. Lì creò una comunità i cui valori fondamentali erano la semplicità e la benevolenza del cuore, nella fedeltà al Vangelo. Cominciò quindi ad accogliere e ad aiutare i profughi della guerra, soprattutto ebrei. In considerazione del fatto che gli ospiti avevano fedi diverse , Roger pregava da solo nella sua stanza. Nell’autunno del 1942 dovette fuggire perchè la Gestapo aveva individuato il villaggio. Vi ritornò del 1944 con alcuni fratelli che avevano iniziato insieme a lui una vita comune che continuarono a Taizé. Nel 1945 creò a Taizè un’associazione che si faceva carico dei ragazzi rimasti orfani a causa della guerra.

Di domenica, poi, i fratelli accoglievano anche dei prigionieri di guerra tedeschi internati in un campo vicino a Taizé. Poco alla volta qualche altro giovane venne ad unirsi ai primi fratelli e il giorno di Pasqua 1949  si impegnarono tutti al celibato, alla vita comune e alla semplicità di vita.

Frère Roger morì accoltellato da una squilibrata, il 16 agosto 2005, durante la preghiera pubblica serale.



Buona giornata a tutti. :-)

martedì 13 settembre 2011

La gioia dell’Amicizia – San Giovanni Crisostomo -

Un amico fedele
è un balsamo nella vita,
è la più sicura protezione.

Potrai raccogliere tesori d’ogni genere
ma nulla vale quanto un amico sincero.

Al solo vederlo, l’amico suscita nel cuore
una gioia che si diffonde in tutto l’essere.

Con lui si vive un’unione profonda
che dona all’animo gioia inesprimibile.

Il suo ricordo ridesta la nostra mente
e la libera da molte preoccupazioni.

Queste parole hanno senso
solo per chi ha un vero amico;
per chi, pur incontrandolo tutti i giorni,
non ne avrebbe mai abbastanza.


(San Giovanni Crisostomo)


“Gloria a Dio in tutto: non smetterò di ripeterlo, sempre dinanzi a tutto quello che mi accade!”(Lettere a Olimpia, 4).


"Crisostomo”, vale a dire “bocca d'oro”, fu il soprannome dato a Giovanni a motivo del fascino suscitato dalla sua arte oratoria. Nato ad Antiochia in una data non precisabile tra il 344 e il 354.L'attività di Giovanni fu apprezzata e discussa: evangelizzazione delle campagne, creazione di ospedali, Il suo zelo e il suo rigore furono causa di forti opposizioni alla sua persona. Scrisse delle omelie contro i giudei utilizzate nei secoli come pretesto per le discriminazioni e persecuzioni contro gli ebrei. Organizzò processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili alla ricchezza. Proprio a causa del suo rigore venne deposto illegalmente da un gruppo di vescovi, ed esiliato,  venne richiamato quasi subito dall'imperatore Arcadio. Ma due mesi dopo Giovanni era di nuovo esiliato, prima in Armenia, poi sulle rive del Mar Nero. Qui il 14 settembre 407, Giovanni morì. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo a Costantinopoli.

E’ stato il secondo Patriarca di Costantinopoli. E’ commemorato come Santo dalla Chiesa Cattolica e dalla Chiesa Ortodossa. Viene venerato dalla Chiesa Copta. E’ uno dei 33 Dottori della Chiesa Cattolica. In Oriente si incontrano molti monasteri a lui dedicati. Papa Giovanni XXIII pose il Concilio Vaticano II sotto la sua protezione.

Attualmente nel calendario romano la sua festa è celebrata il 13 settembre.




Buona giornata a tutti. :-)

giovedì 4 agosto 2011

Padre Tardif Emiliano - Biografia

EmilianoTardif  (1928 – 1999) canadese, sacerdote della congregazione dei Missionari del Sacro Cuore, fondatore del Rinnovamento carismatico cattolico.
A partire dal 1955 esercitò il suo mandato soprattutto nella Repubblica Domenicana.
Qui conobbe il Rinnovamento Carismatico e inizialmente ne fu un grande critico.
Ammalatosi di tubercolosi  tornò in Canada per le cure. Nel 1973 dopo la visita di un gruppo di amici del movimento carismatico cattolico che avevano pregato nella sua camera d’ospedale, p. Tardiff guarì in modo inaspettato e scoprì di aver ricevuto il dono straordinario della guarigione.
Fu fondatore delle Comunità Servi di Cristo Vivo del Rinnovamento Cattolico dedicata all’adorazione eucaristica e alla formazione dei laici.
Era conosciuto soprattutto per le sue qualità di predicatore e  possedeva il “dono della conoscenza”. Conosciuto in tutto il mondo per le sue "Messe di guarigione", durante le quali veniva a conoscenza ed annunciava le guarigioni che Dio realizzava tra i presenti ed anche nelle persone assenti. Nelle sue predicazioni padre Emiliano annunciava la potenza di Dio, invitando ciascuno a riscoprire nella propria vita l'azione dello Spirito Santo. Delle liturgie di p. Tardif colpiva  l'estrema sobrietà. All’estrema sobrietà delle sue Messe facevano da contrasto gli eventi clamorosi che accadevano attorno a lui.
Padre Tardif era ben consapevole del pericolo del miracolismo, della ricerca esasperata della guarigione. Per questo motivo in ogni luogo del mondo le riunioni di preghiera si svolgevano sempre secondo uno schema fisso: catechesi, messa, processione con il Santissimo Sacramento, preghiera di guarigione.
Caposaldo della stessa era il capitolo di S. Marco "E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno" che applicava alla lettera al termine delle sue stupende omelie. Morì d’infarto a Cordoba in Argentina, dove stava tenendo  un corso di esercizi spirituali a 300 sacerdoti. Era l’8 giugno 1999 aveva appena compiuto 71 anni.