Dall'inizio desidero dirvi di non aspettarvi da me una
lezione formale.
Io sono troppo avanti negli anni per questo tipo di esercizio,
e per molto tempo ho lasciato il regolare contatto con la letteratura
scientifica.
Dunque, posso solo offrirvi alcuni pochi pensieri che mi aiutano
nella preghiera quotidiana. Per questa ragione, pur tenendo come sottofondo
l'intera problematica dell'intercessione, il mio preciso oggetto sarà la
preghiera di intercessione.
Mi baso in particolare su due scritti che costituiscono
la mia principale fonte di ispirazione: la Bibbia Ebraica o Tanach e il Secondo
Testamento, chiamato anche il Nuovo Testamento.
Desidero iniziare con le parole
di Gesù tratte dall'Evangelo di Luca (Lc 10,21): «Ti ringrazio, o Padre,
Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e
agl'intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così è
piaciuto a te».
Testi simili a questo si trovano anche nella Tanach, precisamente in Isaia
29,14: «Perirà la sapienza dei suoi sapienti e scomparirà l'intelligenza degli
intelligenti», o in Isaia 19,11-12: «Certamente stolti sono i prìncipi di
Tanis, i più sapienti dei consiglieri del faraone formano un consiglio stupido.
Come potete dire al faraone: "Io sono discepolo dei sapienti, discepolo di
antichi regnanti"? Dove sono dunque i tuoi sapienti? Ti annuncino e
facciano conoscere ciò che progettò il Signore degli eserciti a proposito
dell'Egitto».
Dietro a queste istanze vi è una opposizione: da una parte, il dotto e il
sapiente che pretendono di capire e, dall'altra, i piccoli e i fanciulli che
sono immagine del popolo pronto ad accettare le cose del regno di Dio con la
semplicità di un bambino.
Nel suo duro linguaggio Paolo afferma: «Poiché,
infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo non conobbe Dio con la sapienza,
piacque a Dio di salvare quelli che credono con la stoltezza della
predicazione» (1 Cor 1,21).
1. Il sapiente e il dotto
Con questa distinzione in mente, consideriamo dapprima il sapiente ed il dotto.
Penso che la preghiera di intercessione è tra le cose che queste persone sono
inclini a considerare come insignificanti e persino assurde.
Anche noi a volte
apparteniamo a questa categoria, quando pensiamo che la preghiera di
intercessione rimanga come sospesa nell'aria senza produrre frutto, o quando la
consideriamo di seconda classe, come devozionale, da compiersi semmai nei
ritagli di tempo.
Certamente il dotto ed il sapiente non obbietteranno al
primitivo significato latino del termine «intercedere», che è «camminare nel
mezzo», pronto ad aiutare ciascuna delle due parti o ad interporsi in favore di
una di loro. Potrebbero anche non obbiettare all'intercessione compiuta da una
persona verso un preciso uomo o donna o gruppo di persone. Vi sono molti esempi
in questo, nell'antica letteratura ed altrettanto nella Bibbia.
Là, ad esempio,
Giuseppe domanda al capo dei coppieri del re d'Egitto di ricordarsi di lui
quando costui sarà uscito di prigione ed a parlare in suo favore al Faraone
(Gen 40,14) (il capo dei coppieri dimenticò poi di compiere ciò quando fu
liberato e reintegrato nel suo lavoro!).
Un uomo ed una donna possono parlare a nome di un altro uomo, o donna che sia,
ad una terza persona affinché quest'ultima cambi i propri progetti e una
sapiente intercessione può aiutare a trovare e a compiere una giusta decisione
o a rovesciare una decisione sbagliata.
Ma Dio non pone in essere decisioni sbagliate, e quindi, quando noi veniamo
alla preghiera di intercessione (cioè «stare alla presenza di Dio per un'altra
persona») domandiamo forse a Lui di intervenire e modificare la situazione di
quell'uomo o donna? Qui il sapiente e il dotto pongono molte obbiezioni. Come
può Dio essere mosso a cambiare il suo modo di pensare e correggere una
decisione sbagliata? La mente di Dio non è forse immodificabile dall'inizio?
Notiamo che questa obbiezione può essere portata a riguardo di ogni preghiera
di petizione, ma essa diventa molto forte nel caso dell'intercessione, che è
preghiera di petizione per altri. Infatti Dio generalmente dona un aiuto con la
libera collaborazione della persona interessata. Quale può essere allora il
senso dell'intrusione di altre persone?
2. I piccoli
Ma contro il sapiente e il saggio stanno i piccoli, che ricevono dall'alto il
dono dell'intercessione e danno grande valore a questo atteggiamento che è lo
stare davanti a Dio per altri.
Esso è presente in molti esempi biblici, da
Abramo che pregò per scongiurare la punizione di Sodoma (Gen 18,22-32), a Mosè
che intercedette per l'intero popolo di Israele (Es 32,11-13), ed anche per un
solo individuo come sua sorella Miriam (Nu 12,13); da Samuele che, nonostante
l'avvenuta rottura col popolo, promise di continuare ad intercedere per esso (1
Sam 12,23), a Davide che pregò per la vita di suo figlio (2 Sam 12,16-17); da
Amos che pregò il Signore Dio di perdonare Giacobbe perché "egli è così
piccolo" (Amos 7,1-6), a Geremia che disse al popolo di pregare per il
benessere della città in cui erano stati deportati (Ger 29,7) e così in molte
altre situazioni.
Se noi potessimo considerare anche la letteratura
intertestamentaria, questi esempi si moltiplicherebbero.
Questa attitudine la sento personalmente di grande interesse perché, dopo molti
anni dedicati allo studio e all'insegnamento e a un ministero pubblico, ho
deciso di vivere gli ultimi giorni della mia vita qui, a Gerusalemme, in una
incessante intercessione per i bisogni delle mie sorelle e dei miei fratelli
della Chiesa di Milano, che ho avuto l'onore di servire come Arcivescovo per
più di ventidue anni, e per tutto il mondo e specialmente per le persone con le
quali vivo, ricordando le parole dell'apostolo Paolo: «I giudei prima, e poi i
greci». La preghiera di intercessione è dunque la mia prima priorità, la mia
principale quotidiana occupazione. Come allora io posso praticarla se è
considerata insignificante ed anche assurda?
Penso che questa sera siamo chiamati ad entrare nel cuore dei piccoli e degli
umili, nel cuore cioè della grande intercessione che abbiamo menzionato or ora,
cosicché possiamo intravedere quanto essi hanno compreso del valore di questa
preghiera.
3. Una rete di relazioni
Parto dallo scritto di una giovane ragazza ebrea, Etty Hillesum, morta ad
Auschwitz nel 1943 all'età di ventinove anni.
All'inizio degli orrori della
Shoah, quando ormai regnava confusione e terrore fra gli Ebrei in Olanda
riguardo alla loro sorte, il giorno 11 di luglio del 1942 (quel giorno era
Shabbat), ella scrisse nel suo Diario: «Se Dio non mi aiuterà più, allora sarò
io ad aiutare Dio».
E il giorno successivo, di domenica, ella scrive una lunga
preghiera nel suo diario, oltre ad altri pensieri: «Cercherò di aiutarti
affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere
nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non
puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dovere aiutare te, e in questo modo
aiutiamo noi stessi... Sembra che tu non possa far molto per modificare le
circostanze attuali ma anch'esse fanno parte di questa vita? E quasi ad ogni
battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a
noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi».
Etty Hillesum scrisse questa pagina quando viveva il difficile passaggio
dall'ateismo alla fede e scopriva a poco a poco lo sconosciuto volto di Dio. Ma
queste parole, che possono creare sospetto alle menti formate in teologia,
contengono una grande verità: Dio vuole farci attenti al nostro prossimo. Dio
vuole non solo chiamarci alla solidarietà, la quale è definita come «un accordo
generale tra tutte le persone di un gruppo o tra gruppi differenti poiché hanno
un comune scopo» (cf. Longman, Dictionary of Contemporary English). Dio vuole
molto più di questo, egli desidera un reale interessarsi degli uni per gli
altri, un aversi a cuore, ad immagine della cura di Dio per ognuno di noi. Egli
è sempre pronto a porre ad ognuno di noi il primordiale interrogativo che fu
posto a Caino: «Dov'è tuo fratello Abele?» (Gen 4,9).
Per questo il Signore spesso non mostra il suo volto, ma splende nell'aiuto
dato ad un altro. Ciò è chiaramente espresso nella parabola dell'ultimo
giudizio, nel vangelo di Matteo (25,31.46), dove il Signore dice a quelli che
hanno aiutato il prossimo: «Tu l'hai fatto a me» (25,40).
Egli è presente in
ogni opera amorevole, in tutti i gesti di perdono, nell'impegno di coloro che
lottano contro la violenza, l'odio, la carestia, la sofferenza e via di
seguito.
Come dice Sant'Agostino: «Non rattristatevi o lamentatevi perché nasceste in un
tempo dove non potete più vedere Dio nella carne. Egli infatti non ti tolse
questo privilegio. Come egli dice: Qualunque cosa voi fate ai miei fratelli,
l'avete fatta a me».
Coloro che hanno il dono dell'intercessione vedono la luce di Dio nel volto di
ogni essere umano. In altre parole noi possiamo dire che costoro considerano il
mondo come una grande rete di relazioni (nel linguaggio dei computers il web),
dove ciascuno è dipendente dagli altri.
Tutto ciò è espresso con forza nelle parole dello staretz Zosima, una delle
figure chiave del capolavoro di Dostoevskij, I fratelli Karamazov.
Queste sono
le parole di padre Zosima: «Amate il popolo di Dio. Noi non siamo più santi
della gente del mondo perché siamo venuti qui e ci siamo chiusi fra queste
mura, ma anzi chiunque è venuto qui, già per il fatto di esserci venuto, ha
riconosciuto in se stesso di essere peggiore della gente del mondo e di ogni
uomo sulla Terra? E quanto più a lungo vivrà un monaco fra le sue quattro mura,
tanto più profondamente dovrà rendersene conto.
Poiché in caso contrario non
valeva la pena che venisse quaggiù. Ma quando riconoscerà non solo di essere
peggiore di tutta la gente del mondo, ma anche di essere colpevole di fronte a
tutti gli uomini, sulla Terra intera, di tutti i peccati universali e
individuali, solo allora sarà raggiunto il fine della nostra unione.
Giacché
sappiate, miei cari, che ciascuno di noi è colpevole di tutto e per tutti sulla
Terra, questo è indubbio, non solo a causa della colpa comune originaria, ma
ciascuno individualmente, per tutti gli uomini e per ogni uomo sulla Terra.
Questa consapevolezza è il coronamento della vita di un monaco e anzi di ogni
uomo sulla Terra.
Poiché i monaci non sono uomini diversi dagli altri, ma sono
soltanto come dovrebbero essere tutti sulla Terra. Unicamente allora il nostro
cuore si abbandonerà a un amore infinito, universale, che non conosca mai
appagamento.
Allora ciascuno di noi avrà la forza di conquistare con il suo
amore il mondo intero e di purificare con le proprie lacrime tutti i peccati?».
Ed egli così conclude: «Non siate superbi. Non siate superbi con i piccoli, non
siate superbi nemmeno con i grandi. Non odiate chi vi respinge e disonora, chi
vi ingiuria e calunnia. Non odiate gli atei, né i cattivi maestri e i
materialisti, neppure i malvagi fra loro ? per non parlare dei buoni giacché ve
ne sono molti di buoni, specialmente ai nostri tempi.
Ricordateli così nella
vostra preghiera: "Salva, o Signore, tutti coloro per i quali nessuno
prega, salva anche quelli che non ti vogliono pregare".
E aggiungete anche:
"Non per orgoglio ti prego, o Signore, perché anch'io sono un vile peggio
di tutto e di tutti?"».
Certamente questa interdipendenza, questa profonda e necessaria
interconnessione, per cui ognuno di noi è vincolato a tutti gli altri, è una
profondo mistero spirituale, che sarà manifestato nella sua pienezza
nell'ultimo giorno, quando la realtà di questo mondo sarà resa chiara a tutte
le nazioni; quando?
Ricordando le parole del profeta Isaia?
Il Signore
«distruggerà su questo monte il velo posto sulla faccia di tutti i popoli» (Is
25,7), allora noi potremo capire quanto tutto è stato tessuto e tenuto insieme
dal Signore di tutti e che noi abbiamo formato insieme un grande web di
relazioni reciproche.
Oggi noi siamo chiamati a riconoscere poco alla volta questa mutua
appartenenza, che caratterizza tutti i nostri atti, secondo il comandamento:
«Tu amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lev 19,18).
Noi siamo chiamati ad
osservare questo comandamento non solo attraverso le nostre azioni, ma anche
nella preghiera di intercessione.
4. La preghiera di intercessione
Come spiegare ciò? Abbiamo visto che Dio stesso mostra nella Bibbia quanto egli
abbia a cuore la preghiera di intercessione. Ma in questa preghiera noi non
stiamo tentando di cambiare la mente di Dio.
Secondo la comune interpretazione teologica, il significato della preghiera di
petizione e di quella di intercessione, non è di ottenere un cambiamento della
volontà di Dio, ma di far sì che la creatura abbia parte ai doni di Dio.
Dio ci
concede di desiderare quanto egli vuole donarci.
Ma noi abbiamo notato che vi è molto di più. Vi è il fatto di una mutua
responsabilità, che deve essere espressa non solo attraverso l'agire, ma anche
per mezzo della preghiera. Dio ci vuole gli uni per gli altri, egli desidera
che mostriamo per gli altri interesse, compassione, carità, mutuo aiuto, amore
in ogni cosa. Dio vuole creare una grande unità nell'umanità, attraverso
l'essere gli uni per gli altri, come Lui è misteriosamente in se stesso un
perpetuo dono di sé.
Così una piena comunione è realizzata tra gli esseri umani. Coloro che possono
fare qualcosa per gli altri nel senso fisico, materiale, sono chiamati a farlo.
Tutti gli altri sono invitati a unire la loro preghiera in una grande
intercessione. Perciò la risposta soddisfacente riguardante la necessità della
preghiera di intercessione sta nel mistero del piano di Dio, che vuole questa
profonda comunione tra tutti i suoi figli. E Dio lo vuole perché egli è così,
colui che dà se stesso, che ha cura degli altri, che li ama fino alla morte
(cf. Gv 13,1).
Certamente l'intercessione presuppone che la persona che la compie sia accetta
al Signore, sia in un certo qual senso suo amico, come è detto di Abramo, a cui
Dio non volle nascondere nulla di quanto stava per fare (cf. Gen 18,17).
L'intercessore è qualcuno che sceglie di vivere secondo il progetto di Dio, che
spera fermamente che esso si verifichi anche negli altri. È una persona che ha
cura realmente dei suoi fratelli e delle sue sorelle e desidera che essi vivano
secondo la volontà di Dio. Perciò la presenza di molti intercessori è anche un
mezzo per realizzare una comunità che corrisponda al piano di Dio e promuovere
il lavoro di riconciliazione tra individui, popoli, culture e religioni e tra
l'uomo e il suo Dio.
Queste sono alcune delle ragioni per cui mi sento inclinato alla preghiera di
intercessione. Naturalmente so bene che la mia preghiera è molto povera, pigra,
spesso piena di distrazioni. Ma non di meno la considero come un piccolo
rigagnolo, che fluisce dentro il grande fiume che è l'intercessione della
Chiesa e delle persone buone di tutta l'umanità.
Questo grande fiume di intercessione fluisce e si immerge, per me come
cristiano, nel grande oceano dell'intercessione di Cristo, che «vive sempre per
intercedere» a nostro favore (cf. Eb 7,25; Rom 8,34). Così la mia piccola
intercessione è parte di un grande oceano di preghiera in cui il mondo viene
immerso e purificato.
Lo stesso grande scrittore della fine del diciannovesimo secolo che ho citato
prima, Dostoevskij, ci ha dato nello stesso libro una commovente descrizione
della preghiera di intercessione. Lo staretz Zosima dice a un giovane:
«Ragazzo, non scordare la preghiera. Nella tua preghiera, se è sincera,
trasparirà ogni volta un nuovo sentimento e una nuova idea che prima ignoravi e
che ti ridarà coraggio; e comprenderai che la preghiera educa. Rammenta poi di
ripetere dentro di te, ogni giorno, anzi ogni volta che puoi: "Signore,
abbi pietà di tutti coloro che oggi sono comparsi dinanzi a te". Poiché a ogni
ora, a ogni istante migliaia di uomini abbandonano la loro vita su questa Terra
e le loro anime si presentano al cospetto del Signore e quanti di loro lasciano
la Terra in solitudine, senza che lo si venga a sapere, perché nessuno li
piange né sa neppure se abbiano mai vissuto. Ma ecco che forse, dall'estremo
opposto della Terra, si leva allora la tua preghiera al Signore per l'anima di
questo morente, benché tu non lo conosca affatto né lui abbia conosciuto te.
Come si commuoverà la sua anima, quando comparirà timorosa dinanzi al Signore,
nel sentire in quell'istante che vi è qualcuno che prega anche per lei, che
sulla Terra è rimasto un essere umano che ama pure lei. E lo sguardo di Dio
sarà più benevolo verso entrambi, poiché se tu hai avuto tanta pietà di
quell'uomo, quanto più ne avrà Lui, che ha infinitamente più misericordia e più
amore di te. Egli perdonerà grazie a te».
5. Sommario in 6 punti
Possiamo ora sintetizzare ciò che abbiamo cercato di dire.
1. La preghiera di intercessione appare come un non senso per le persone che
guardano solo a questo mondo e che misurano ogni cosa col metro dell'efficienza
materiale e del frutto visibile.
2. La preghiera di intercessione è un dono dello Spirito di Dio che lavora per
l'unità del piano divino per l'umanità. Questa preghiera è pregna di
significato e potente nella sua dinamica, specialmente nel campo della
riconciliazione tra gli uomini e tra l'uomo e il suo Dio.
3. La preghiera di intercessione è una conseguenza della legge della mutua
appartenenza e della mutua responsabilità.
Guarda all'unità del genere umano proponendo a ciascuno l'invito a partecipare
alle difficoltà e ai drammi di ogni essere umano e a cooperare al piano di Dio
per questo universo.
4. La preghiera di intercessione non consiste soltanto nel raccomandare a Dio
le intenzioni di molta gente, ma anche nel domandare il perdono dei peccati
dell'umanità e di ogni singola persona.
5. La preghiera di intercessione è una espressione della struttura dell'essere.
In essa il primato non è quello della persona che è preoccupata della propria
identità e benessere, ma quello della persona-in-relazione, che è ha a cuore il
bene-essere degli altri. In questo modo nasce un sistema di relazioni
attraverso il quale alcune persone possono portare i pesi degli altri e
soffrire per essi. Questa legge è molto misteriosa e perciò non sempre
considerata, ma è uno dei pilastri del piano di Dio. Da questa struttura
dell'essere deriva anche la possibilità e il valore di un vero dialogo
interreligioso, dove ciascuno accetta di riconoscere non soltanto il valore
dell'altro, ma anche di soppesare con pace le critiche che vengono fatte alla
propria tradizione.
6. Da tutto questo deriva la necessità e l'urgenza della preghiera di
intercessione. Essa è necessaria perché corrisponde all'intimo dell'Essere
divino e porta in questo mondo l'immagine del mondo a venire e del grande
mistero che sarà rivelato alla fine dei tempi. È urgente, perché la necessità
dell'umanità di superare oggi la violenza è terribilmente pressante e chiama
all'azione tutta la gente di buona volontà.
- cardinale Carlo Maria Martini -
Lectio a Gerusalemme
20 gennaio 2008
Buona giornata a tutti. :-)