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lunedì 20 febbraio 2023

Mare nostro - Erri De Luca

 Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell'isola e del mondo,
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale.
Accogli le gremite imbarcazioni 
senza una strada sopra le tue onde,
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli,
all'alba sei colore di frumento,
al tramonto dell'uva di vendemmia,
ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste.
Tu sei più giusto della terraferma,
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le vite cadute
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, da abbraccio e bacio in fronte
di madre e padre prima di partire.

- Erri De Luca -



Va’ ad Ahmedabad

Va’ lungo le strade di Baroda,
va’ ad Ahmedabad,
va’ a respirare la polvere
finché non soffochi e stai male
di una febbre che nessun dottore ha mai sentito.
Non me lo chiedere
perché non ti dirò niente
sulla fame e sul dolore.
(…)
E il dolore è
quando cammino per Ahmedabad
perché questo è il luogo
che ho sempre amato
questo è il luogo
che ho sempre odiato
perché questo è il luogo
dove non mi sento mai a casa
questo è il luogo
dove mi sento sempre a casa.
Il dolore è
quando torno ad Ahmedabad
dopo dieci anni
e capisco per la prima volta
che non sceglierei mai
di viverci. Il dolore è
vivere in America
e non essere capaci
di scrivere neanche una cosa
sull’America. (…)
- Sujata Bhatt –

poetessa indiana, 1988
Traduzione di Andrea Sirotti



Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell'acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

 -Mahmoud Darwish -

Kazahri al-Lawzi aw Ab'ad 
(come il fiore di mandorlo o più lontano)



Straniero e fratello

Signore
dammi l'amore per il mio tempo,
per la mia terra,
per la mia gente.
Senza l'amore, la cittadinanza è solo diritti e doveri,
la città solo un posto dove vivere,
le istituzioni solo un'autorità,
la politica solo potere e compromesso,
la nazionalità solo una distinzione tra
chi è dentro e chi è fuori,
il vicino una potenziale minaccia,
il più debole solo zavorra,
il lavoro solo soldi.
Aiutami a comprendere che davanti a Te
nessuno è senza permesso di soggiorno.
Tu, che riveli l'uomo all'uomo,
trasforma lo straniero in fratello,
i confini in porte,
le frontiere in abbraccio.




Buona giornata a tutti. :-)



venerdì 18 marzo 2022

da "I pesci non chiudono gli occhi" - Erri de Luca

Si voltò verso di me. Per istinto volevo girarmi dalla parte opposta, ma una forza imprevista mi girò testa e collo dalla parte sua. Si fermò la parlantina che mi era uscita facile mentre non la guardavo.
Era così bellissima vicina, le labbra appena aperte. Mi commuovono quelle di una donna, nude quando si accostano a baciare, si spogliano di tutto, dalle parole in giù.
 “Chiudi quei benedetti occhi di pesce.”
 “Ma non posso. Se tu vedessi quello che vedo io, non li potresti chiudere.”
 “Da dove ti spuntano questi complimenti, piccolo giovanotto?”
 “Che complimenti? Dico quello che vedo.”
 “Ora basta.” Mi passò le dita sopra gli occhi e poi con quelle dita scese ai lati del naso, passando per la bocca, fino al mento. E mi posò le labbra sulla bocca mezza aperta dalla meraviglia.
“Meraviglia,” dissi quando si staccò, facendolo pianissimo.
 “Questo era tuo. Te lo chiedo ancora, ti piace l’amore?”
 “Be’ sì, se è questo, sì.” Pensai che avrei capito tutti i libri da quel momento in poi.
Se ne aggiunsero ancora, di baci tra le barche. Dopo ognuno mi accorgevo di crescere, più delle ferite. Non chiedeva più di chiudere gli occhi. Vedevo le sue palpebre abbassarsi, e poi serrarsi al momento preciso del contatto di labbra. Mi passò anche le dita tra i capelli, mi studiava la faccia, le spuntava un sorriso e poi di nuovo un bacio. Le mani si facevano carezze.
Restammo seduti di fianco, le ginocchia tirate su. I baci spingevano dai talloni puntati nella sabbia. Risalivano le vertebre fino alle ossa del cranio, fino ai denti. Ancora oggi so che sono il più alto traguardo raggiunto dai corpi. Da lassù, dalla cima dei baci si può scendere poi nelle mosse convulse
dell’amore.
Scorro da molto tempo sopra scritture sacre, senza spunto di fede. Nella lettura gusto l’alfabeto antico, la mia conoscenza avviene nella bocca. L’ebraico antico gira come un boccone tra lingua, saliva, denti e sella di palato. Aperto a ogni risveglio, è un avanzo di manna, prende i gusti desiderati sul momento, come succede ai baci.
La prima coppia umana, creata in un giardino il giorno sesto, ebbe sopra di sé la prima notte sconfinata. A loro insaputa spuntò nei corpi l’appetito, la sete, l’entusiasmo e il sonno. La prima notte, sconosciuta, sembrò a loro il resto del giorno uno, sbriciolato in puntini luce. 
Non sapevano se sarebbe tornato il sole, allora si abbracciarono. Le bocche si trovarono accanto e inventarono il bacio, il primo frutto della conoscenza. Era mercurio quella conoscenza, un liquido sensibile alla temperatura dei corpi. So quella prima volta perché l’ho avuta anch’io quell’ora sulla bocca, nel loro identico istante, su una sabbia di mare, il cielo scoperchiato sulla testa.

La stanza tra le barche fu schiarita dalla luna salita sulla prua di fronte. 
Ci staccammo, le labbra intorpidite. La via verso le case fu alla cieca, perdendola affiancati. A un bivio ci  separammo, sciogliendoci le mani senza necessità di altro saluto. Eva e lo sposo suo, usciti dal giardino, avevano già avuto tutto il bene del mondo. La vita aggiunta dopo, lontano da quel posto, è stata una divagazione.

Adesso e qui sta bene la parola fine, sorella minore di confine e di finestra chiusa.

- Erri de Luca -
da "I pesci non chiudono gli occhi" Feltrinelli Editore



“Nel mio vocabolario personale affido alla parola viaggio uno statuto speciale. Per me è quello che si fa a piedi. È viaggio la scalata, il pellegrinaggio, l’ incolonnamento di migratori sulle piste di Africa e di Oriente, lo scavalcamento di frontiere dei contrabbandieri. 
Viaggio è quello che procede alla velocità del piede umano. 
Il resto non incluso in questo campo, si riduce per me a spostamento con mezzi di trasporto.
Da quando vado in giro e in gita a fare incontri pubblici, schizzando da una destinazione all’altra all’interno di treni e aerei, chiamo spostamenti queste traiettorie da palla di biliardo.

(Erri De Luca)


"Ti amo" è una frase semplicissima. Eppure non riesco a pensare a parole dotate di maggior potere. Non stanchiamoci mai di esprimere il nostro amore, come non ci saziamo mai di sentirlo espresso. 
"Ti amo" è il più potente dei messaggi...pronunciamolo ovunque e ogni qual volta l'amore sia presente. 
"Nel mondo c'è più fame d'amore che di pane"



Buona giornata a tutti :-)

giovedì 10 giugno 2021

Elogio dei piedi - Erri De Luca

Perché reggono l'intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli
e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato.
E chi esce dopo molti anni deve
imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro
se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade
come muli e fare una siepe
davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli  di donna facevano friggere i versi di Puskin.
Perché gli antichi li amavano
e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro
o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre
contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango,
il croccante tiptap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli
nel sedere di qualcuno, viene scrupolo
che il bersaglio non meriti l'appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però
poi quando arriva il punto di morire
scalciano in nome del corpo contro la morte.

- Erri De Luca -





A volte la meta non è l’obiettivo, è il percorso stesso che detta il senso del nostro viaggio. Non bisogna aver fretta di giungere a destinazione, alla propria Itaca, ma bisogna approfittare del viaggio per esplorare il mondo e crescere. 

Indugia nel percorso, goditi il paesaggio, ascolta, gusta, vedi, respira, ama, inebriati di odori e sapori.

Vivi con coraggio, osando, rischiando, pensando che ovunque arriverai ne è valsa la pena.






Quelli che riflettono troppo prima di fare un passo,
trascorreranno tutta la vita su un piede solo.


- Don Pino Puglisi - 




Buona giornata a tutti. :-)








sabato 12 dicembre 2020

Tratto da "In nome della Madre" di Erri De Luca

« L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse : «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. 
Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». 
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei. »  (Luca 1,26-37)




“Ascoltami, Miriàm. C’è una possibilità. Tu domani vai da sola in campagna con un pretesto, in cerca di qualche erba invernale per fare un decotto. E torni a sera dal campo dicendo di essere stata aggredita e violata lì, di aver gridato, ma senza risposta. E già successo, si sa di altri casi di ragazze che sono riuscite a evitare così l’accusa di adulterio.” 
Guardai Iosef per 1a prima volta. Conosce­vo la sua faccia serena anche sotto le mosche e la fatica. 
Ora vedevo un uomo desolato che provava a governare la situazione progettando menzogne. Quanto dev’essere importante per gli uomini la legge, per ridurli a questo. 
Dissi: “Quell’uomo messaggero è venuto da me a mezzogiorno, porte e finestre aperte, spalancate. Io mi sono trovata in piedi davanti a lui nella mia stanza e non ho pronunciato una sil­laba, non ho neanche risposto al suo saluto, altro che gridi”. 
“Lo so Miriàm, ma ora dobbiamo trovare una soluzione, dare una versione della tua gravidanza fuorilegge. Miriàm, ti amo, ti chiedo questo perché ti credo e voglio salvarti. Miriàm, ti trascineranno alla porta di Nazaret e ti lapideranno. E chiederanno a me di scagliarti contro il primo sasso. 
Lo capisci questo? Lo capisci? La conosci la nostra legge.” E le sue parole si strozzarono per non uscire in grido e farle andare fuori.

Da “In nome della Madre” di Erri De Luca

«Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù. »   


(Matteo 1,18-25)

Quella notte Iosef sognò. Me lo ha raccon­tato in seguito. Sognò un angelo che gli ordi­nava il necessario. 
Al mattino riunì la famiglia e dichiarò la sua decisione; sposava Miriàm alla data prevista di settembre, anche se era incinta. Sotto la tenda della cerimonia si sareb­be vista la mia gravidanza. Non ascoltò ragioni. Fu uno scandalo. 
Il villaggio era contro di lui. “Si è fatto abbindolare da Miriàm, gli ha ri­filato chissà che storia e lui se l’è bevuta.” “Iosef è un ingenuo.” “Iosef non è un uomo.” “Iosef ha infranto la legge.” “Non ha neanche fatto ricorso alla legge delle gelosie.
Poteva almeno farle bere l’ac­qua amara davanti al sacerdote.” “E perché? Non è geloso, se la tiene così, piena di un altro.” “Ma sì, non è dei nostri, non è un galileo, è uno della stirpe di Giuda, è un betlemmita. Se ne tornasse là con la sua adultera e il ba­stardo.” 
Grandinavano insulti sulle sue spalle. Si sta­va facendo lapidare al posto mio. E io non po­tevo stargli vicino, baciargli le mani, farlo sor­ridere, perché sorrideva sempre al mio sorriso. Dovette lasciare la bottega di falegname dov’era il primo aiutante. Ne aprì una sua minuscola con pochi attrezzi presi a credito. Ma era il più bravo tagliatore e la gente doveva per forza rivolgersi a lui. Non parlava con i clienti perché nessuno voleva parlare con lui, solo la breve trattativa sul prezzo e la consegna. 
Al sabato alla casa di preghiera sedevamo nei settori separati degli uomini e delle donne ed eravamo isolati. Dovevamo aspettare. Intanto era tempo di mietitura e in molti aveva­no bisogno di arnesi nuovi. Iosef lavorava molto, i manici delle sue falci erano i migliori. 
Intorno a lui il silenzio cominciò a cedere, i primi saluti in piazza, i complimenti per la qualità dei suoi legni. 
Rispondeva senza orgoglio esenta la cordialità di prima.

Da “In nome della Madre” di Erri De Luca



"La Parola venne dunque nel mondo. La vita eterna si scelse il luogo in un cuore umano. Decise di abitare in questa tenda tremante, le piacque di lasciarsi colpire. Così la sua morte fu cosa decisa. Perché inerme è la fonte della vita"

- Hans Urs von Balthasar - 


A Gesù Bambino

La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!

Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.

Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.

Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.

(Umberto Saba)





Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 17 dicembre 2018

Di chi è la Festa - Erri De Luca

"Nello scasso profondo dei nuclei familiari, Natale arriva come un faro sui cocci e fa brillare i frantumi. Si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo. Per una volta all’anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato. Altri conti e con deficit maggiori si presentano puntuali e insolvibili.
Natale è l’ultima festa che costringe ai conti. Non quelli degli acquisti a strascico, fino a espiare la tredicesima, fino a indebitarsi. I solitari scontano l’esclusione dalle tavole e si danno alla fuga di un viaggio se possono permetterselo, o si danno al più rischioso orgoglio d’infischiarsene. Ma la celebrazione non dà tregua: vetrine, addobbi, la persecuzione della pubblicità da novembre a febbraio preme a gomitate nelle costole degli sparpagliati.
Natale è atto di accusa. Perfino Capodanno è meno perentorio, con la sua liturgia di accatastati intorno a un orologio con il bicchiere in mano. Natale incalza a fondo i... disertori. Ma è giorno di nascita di chi? Del suo contrario, spedito a dire e a lasciare detto, a chi per ascoltarlo si azzittiva.
Dovrebbe essere festa del silenzio, di chi tende l’orecchio e scruta con speranza dentro il buio. Converge non sopra i palazzi e i centri commerciali, ma sopra una baracca, la cometa. Porta la buona notizia che rallegra i modesti e angoscia i re. La notizia si è fatta largo dentro il corpo di una ragazza di Israele, incinta fuorilegge, partoriente dove non c’è tetto, salvata dal mistero di amore del marito che l’ha difesa, gravida non di lui. Niente di questa festa deve lusingare i benpensanti. Meglio dimenticare le circostanze e tenersi l’occasione commerciale. 
Non è di buon esempio la sacra famiglia: scandalo il figlio della vergine, presto saranno in fuga, latitanti per le forze dell’ordine di allora. 
Lì dentro la baracca, che oggi sgombererebbero le ruspe, lontano dalla casa e dai parenti a Nazareth, si annuncia festa per chi non ha un uovo da sbattere in due. 
Per chi è finito solo, per il viandante, per la svestita sul viale d’inverno, per chi è stato messo alla porta e licenziato, per chi non ha di che pagarsi il tetto, per i malcapitati è proclamata festa. Natale con i tuoi: buon per te se ne hai. Ma non è vero che si celebra l’agio familiare.
Natale è lo sbaraglio di un cucciolo di redentore privo pure di una coperta. 
Chi è in affanno, steso in una corsia, dietro un filo spinato, chi è sparigliato, sia stanotte lieto. 
È di lui, del suo ingombro che si celebra l’avvento. 
È contro di lui che si alza il ponte levatoio del castello famiglia, che, crollato all’interno, mostra ancora da fuori le fortificazioni di Natale."

- Erri De Luca - 






Madre mia Maria, conducimi teco nella grotta di Betlemme e fammi inabissare nella contemplazione di ciò che di grande e sublime è per svolgersi nel silenzio di questa grande e bella notte.

- San Pio da Pietrelcina -




Vieni presto Gesù

Ti stiamo aspettando Gesù.
Fa' scendere la tua Parola su di noi.
Abbiamo tanto bisogno di te.
Tocca il nostro cuore, cambia il nostro stile di vita,
rendici più generosi, più autentici, più umani.
Ti stiamo aspettando Gesù.
Ti aspetta questa tua parrocchia.
Ti aspettano le nostre famiglie e i bambini, 
i nostri anziani e gli ammalati.
Vieni presto, Signore Gesù!
Non tardare!
Aiutaci a condividere tra noi il pane del rispetto e dell'amicizia.
Donaci di spezzare con chi è solo il pane di una stretta di una mano;
Donaci di donare il pane della fiducia con chi è nella disperazione.
Gesù, ti stiamo aspettando.
Non tardare.
Amen.

- Don Angelo Saporiti -


Buona giornata a tutti. :)




sabato 30 dicembre 2017

Prontuario per il brindisi di Capodanno – Erri de Luca

Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.

- Erri De Luca -
in: 'L'ospite incallito'




Deo Gratias

• Buon anno! 
• Speriamo il prossimo sia migliore!! 
• e già … 
Troppe volte nell'anno che sta terminando i desideri sono stati frustrati, l'orizzonte si è rivelato evanescente come un'illusione ottica, un miraggio. 
Su cosa si fonda allora l'augurio di un anno migliore? 
L'incognito, sconosciuto futuro potrà essere più propizio? Anche io ho fatto fatica in quest'anno. 
Ogni giorno è stata una piccola o grande battaglia. 
Piccole o grandi conquiste; piccole e grandi sconfitte. Cos'è andato come immaginato? pochissimo. 
Cos'è durato? Quasi nulla. Ho goduto di un sorriso e di una smorfia del mio bimbo. Tante volte forse, tanti attimi. Ma non sono riuscito a trattenerli, sono scomparsi. Ho realizzato lavori ben fatti, previsto impegni e scenari che sarebbero accaduti, ma tutto è passato e nuovi impegni sono venuti, altri lavori da realizzare. Incontri imprevisti, amici ritrovati ed altri nuovi. Insieme al dolore ed alla malattia di persone care. Già miei coetanei non sono più in questo mondo; o più giovani. 
Di che essere grati? Ecco, questo mi è accaduto: di essere sostenuto in tanta fatica. Grato per quelle persone che in alcuni momenti sono state faro di certezza: davanti alla propria, di fatica; o malattia, o imminenza di morte. Persone o momenti che hanno gettato luce su un divenire, su un futuro, carico di incognite. Incognite dolorose per la contraddittorietà con la sete di vita, con aspirazioni e impegni rimasti incompiuti. 
Amici pieni di certezza ragionevole che indicano un Tu a cui rivolgersi. 
Un Tu di cui parla la Storia, un Tu incontrato nella storia quotidiana. 
Questa è la gratitudine per il tempo trascorso e la speranza per quello a venire. L'aumento della certezza. Di un Destino buono che mi attende, attraverso le fatiche, le contraddizioni ed i limiti. 
Questo il guadagno di un anno. Deo Gratias.

- Daniele Salanitro -



Eccomi. 
Senza alcun desiderio di ringraziare. Al declinare di un anno di cui non so vedere la fine. All'inizio di un altro che vorrei non venisse. Potrei sforzarmi di trovare parole, non mi riesce difficile. E di fingere, confezionando l'assenza dentro un involucro colorato. Ed edificante.
Invece, semplicemente, non ce la faccio. Non posso cantare. A meno che le lacrime riescano a tessere un'armonia che non so percepire.
Canterai tu il Te Deum, anche per me, amico mio.
Perché tu sai meglio di me, ora come sempre, perché e per chi oggi dovrei rendere grazie.
E io, una volta ancora, ascolterò la voce del tuo silenzio.

- Franca Negri - 



Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 21 novembre 2016

Maniera - Erri De Luca

Accosto la fronte alla tua, si toccano,
dico: “È una frontiera”.
Fronte a fronte: frontiera,
mio scherzo desolato, ci sorridi.
Col naso ci riprovo, tocco il naso,
per una tenerezza da canile:
“E questa è una nasiera”, dico
per risentire casomai
un secondo sorriso, che non c’è.
Poi tu metti la mano sulla mia
e io resto indietro di un respiro.
“E questa è una maniera”, mi dici.
“Di lasciarsi?”, ti chiedo. “Sì, così”.

- Erri De Luca - 
da: "L'ospite incallito" Einaudi Editore




C’è il verbo snaturare, ci dev’essere pure innaturare,
con cui sostituisco il verbo innamorare
perché succede questo: che risento il corpo,
mi commuove una musica, 

passa corrente sotto i polpastrelli,
un odore mi pizzica una lacrima, sudo, arrossisco,
in fondo all’osso sacro scodinzola 

una coda che s’è persa.
Mi sono innaturato: è più leale.
M’innaturo di te quando t’abbraccio.

- Erri De Luca -



Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. 
Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto su un gradino mentre gli altri ballano (p. 25-26)

- Erri De Luca -
Da: “Tu, mio”, editore Feltrinelli


Buona giornata a tutti. :-)