lunedì 9 ottobre 2017

Dammi la mano - +Cardinale John Henry Newman (memoria liturgica 9 ottobre)


Guidami, luce amabile,
tra l'oscurità che mi avvolge.
Guidami innanzi, oscura è la notte,
lontano sono da casa.
Dove mi condurrai?
Non te lo chiedo, o Signore!
So che la tua potenza
m'ha conservato al sicuro
da tanto tempo,
e so che ora mi condurrai ancora,
sia pure attraverso rocce e precipizi,
sia pure attraverso montagne e deserti
sino a quando sarà finita la notte.
Non è sempre stato così:
non ho sempre pregato
perché tu mi guidassi!
Ho amato scegliere da me il sentiero,
ma ora tu guidami!

 - Beato Cardinale John Henry Newman - 




Conducimi tu, luce gentile
conducimi nel buio che mi stringe;
la notte è scura la casa è lontana,
conducimi tu, luce gentile.

Tu guida i miei passi, luce gentile
non chiedo di vedere assai lontano
mi basta un passo solo il primo passo
conducimi avanti luce gentile.

Non sempre fu così, te ne pregai
perché tu mi guidassi e conducessi
da me la mia strada io volli vedere
adesso tu mi guidi luce gentile.

Io volli certezze dimentica quei giorni,
purché l'amore tuo non m'abbandoni
finché la notte passi, tu mi guiderai,
sicuramente a te luce gentile.

Conducimi tu, luce gentile
conducimi nel buio che mi stringe;
la notte è scura la casa è lontana,
conducimi tu, luce gentile.

 - Beato Cardinale John Henry Newman -
 - Sicilia 1832 -


Buona giornata a tutti. :-)







domenica 8 ottobre 2017

Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua

Un giorno un'insegnante chiese ai suoi studenti di fare una lista dei nomi degli altri studenti nella stanza su dei fogli di carta, lasciando un po' di spazio sotto ogni nome. Poi disse loro di pensare la cosa più bella che potevano dire su ciascuno dei loro compagni di classe e scriverla. Ci volle tutto il resto dell'ora per finire il lavoro, ma all'uscita ciascuno degli studenti consegnò il suo foglio.

Quel sabato l'insegnante scrisse il nome di ognuno su un foglio separato, e vi aggiunse la lista di tutto ciò che gli altri avevano detto su di lui/lei.

Il lunedì successivo diede ad ogni studente la propria lista. Poco dopo, l'intera classe stava sorridendo. 'Davvero?' sentì sussurrare. 'Non sapevo di contare così tanto per qualcuno!' e 'Non pensavo di piacere tanto agli altri' erano le frasi più pronunciate.. Nessuno parlò più di quei fogli in classe, e la prof non seppe se i ragazzi l'avessero discussa dopo le lezioni o con i genitori, ma non aveva importanza: l'esercizio era servito al suo scopo. Gli studenti erano felici di se stessi e divennero sempre più uniti.

Molti anni più tardi, uno degli studenti venne ucciso in Vietnam e la sua insegnante partecipò al funerale. Non aveva mai visto un soldato nella bara prima di quel momento: sembrava così bello e così maturo... La chiesa era riempita dai suoi amici. Uno ad uno quelli che lo amavano si avvicinarono alla bara, e l'insegnante fu l'ultima a salutare la salma. Mentre stava lì, uno dei soldati presenti le domandò 'Lei era l'insegnante di matematica di Mark?'.

Lei annuì, dopodiché lui le disse 'Mark parlava di lei spessissimo' Dopo il funerale, molti degli ex compagni di classe di Mark andarono insieme al rinfresco. I genitori di Mark stavano lì, ovviamente in attesa di parlare con la sua insegnante. 'Vogliamo mostrarle una cosa', disse il padre, estraendo un portafoglio dalla sua tasca. 'Lo hanno trovato nella sua giacca quando venne ucciso. Pensiamo che possa riconoscerlo' Aprendo il portafoglio, estrasse con attenzione due pezzi di carta che erano stati ovviamente piegati, aperti e ripiegati molte volte. L'insegnante seppe ancora prima di guardare che quei fogli erano quelli in cui lei aveva scritto tutti i complimenti che i compagni di classe di Mark avevano scritto su di lui. Grazie mille per averlo fatto, disse la madre di Mark. 'Come può vedere, Mark lo conservò come un tesoro'.

Tutti gli ex compagni di classe di Mark iniziarono ad avvicinarsi. Charly sorrise timidamente e disse 'Io ho ancora la mia lista. E' nel primo cassetto della mia scrivania a casa'. La moglie di Chuck disse che il marito le aveva chiesto di metterla nell'album di nozze, e Marilyn aggiunse che la sua era conservata nel suo diario. Poi Vicky, un'altra compagna, aprì la sua agenda e tirò fuori la sua lista un po' consumata, mostrandola al gruppo. 'La porto sempre con me, penso che tutti l'abbiamo conservata'. In quel momento l'insegnante si sedette e pianse. Pianse per Mark e per tutti i suoi amici che non l'avrebbero più rivisto.

Ci sono così tante persone al mondo che spesso dimentichiamo che la vita finirà un giorno o l'altro. E non sappiamo quando accadrà. Perciò dite alle persone che le amate e che vi importa di loro, che sono speciali e importanti.

Diteglielo prima che sia troppo tardi. Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua.



Prometti a te stesso

Prometti a te stesso

di essere così forte che nulla potrà disturbare la serenità della tua mente.


Prometti a te stesso

di parlare di bontà, bellezza, amore ad ogni persona che incontri;
di far sentire a tutti i tuoi amici che c'è qualcosa di grande in loro;
di guardare il lato bello di ogni cosa e di lottare perché il tuo ottimismo diventi realtà.


Prometti a te stesso

di pensare solo al meglio, 
di lavorare solo per il meglio, 
di aspettarti solo il meglio, 
di essere entusiasta del successo degli altri come lo sei del tuo.


Prometti a te stesso

di dimenticare gli errori del passato per guardare a quanto di grande puoi fare in futuro,
di essere sereno in ogni circostanza, 
di regalare un sorriso ad ogni creatura che incontri; 
di dedicare così tanto tempo a migliorare il tuo carattere, da non avere tempo per criticare gli altri.


Prometti a te stesso

di essere troppo nobile per l'ira, troppo forte per la paura, troppo felice per lasciarti vincere dal dolore.



Christian L. Larson



Buona giornata a tutti. :-)





sabato 7 ottobre 2017

7 Ottobre 2017 - Solennità del Santo Rosario - Padre Prosper Guéranger

Devozione della Chiesa per Maria
La Liturgia nel corso dell'anno ci ha mostrato più volte che Gesù e Maria sono così uniti nel piano divino della Redenzione che si incontrano sempre insieme ed è impossibile separarli sia nel culto pubblico che nella divozione privata. La Chiesa, che proclama Maria Mediatrice di tutte le grazie, la invoca continuamente per ottenere i frutti della Redenzione che con il Figlio ha acquistati. Comincia sempre l'anno liturgico col tempo di Avvento, che è un vero mese di Maria, invita i fedeli a consacrarle il mese di maggio, ha disposto che il mese di ottobre sia il mese del Rosario e le feste di Maria nel Calendario Liturgico sono così numerose che non passa un giorno solo dell'anno, senza che Maria in qualche luogo della terra sia festeggiata sotto un titolo o sotto un altro, dalla Chiesa universale, da una diocesi o da un Ordine religioso.



La festa del Rosario
La Chiesa riassume nella festa di oggi tutte le solennità dell'anno e, con i misteri di Gesù e della Madre sua, compone come un'immensa ghirlanda per unirci a questi misteri e farceli vivere e una triplice corona, che posa sulla testa di Colei, che il Cristo Re ha incoronata Regina e Signora dell'universo, nel giorno dei suo ingresso in cielo.
Misteri di gioia che ci riparlano dell'Annunciazione, della Visitazione, della Natività, della Purificazione di Maria, di Gesù ritrovato nel tempio; Misteri di dolore, dell'agonia, della flagellazione, della coronazione di spine, della croce sulle spalle piagate e della crocifissione; Misteri di gloria, cioè della Risurrezione, dell'Ascensione del Salvatore, della Pentecoste, dell'Assunzione e dell'incoronazione della Madre di Dio. Ecco il Rosario di Maria.


La Festa del Rosario - Albrecht Dürer, 1506, Národní Galerie di Praga.

Storia della festa

La festa del Rosario fu istituita da san Pio V, in ricordo della vittoria riportata a Lepanto sui Turchi. E', cosa nota come nel secolo XVI dopo avere occupato Costantinopoli, Belgrado e Rodi, i Maomettani minacciassero l'intera cristianità. 
Il Papa san Pio V, alleato con il re di Spagna Filippo II e la Repubblica di Venezia, dichiarò la guerra e Don Giovanni d'Austria, comandante della flotta, ebbe l'ordine di dar battaglia il più presto possibile. Saputo che la flotta turca era nel golfo di Lepanto, l'attaccò il 7 ottobre dei 1571 presso le isole Echinadi. 
Nel mondo intero le confraternite del Rosario pregavano intanto con fiducia. 
I soldati di Don Giovanni d'Austria implorarono il soccorso del cielo in ginocchio e poi, sebbene inferiori per numero, cominciarono la lotta. 

Dopo 4 ore di battaglia spaventosa, di 300 vascelli nemici solo 40 poterono fuggire e gli altri erano colati a picco mentre 40.000 turchi erano morti. L'Europa era salva.
Nell'istante stesso in cui seguivano gli avvenimenti, San Pio V aveva la visione della vittoria, si inginocchiava per ringraziare il cielo e ordinava per il 7 ottobre di ogni anno una festa in onore della Vergine delle Vittorie, titolo cambiato poi da Gregorio XIII in quello di Madonna del Rosario.




Il Rosario

L'uso di recitare Pater e Ave Maria risale a tempi remotissimi, ma la preghiera meditata del Rosario come noi l'abbiamo oggi è attribuita a san Domenico. 

E' perlomeno certo che egli molto lavorò con i suoi religiosi per la propagazione del Rosario e che ne fece l'arma principale nella lotta contro gli eretici Albigesi, che nel secolo XIII infestavano il sud della Francia.
La pia pratica tende a far rivivere nell'anima nostra i misteri della nostra salvezza, mentre con la loro meditazione si accompagna la recita di decine di Ave Maria, precedute dal Pater e seguite dal Gloria Patri. 

A prima vista la recita di molte Ave Maria può parere cosa monotona, ma con un poco di attenzione e di abitudine, la meditazione, sempre nuova e più approfondita, dei misteri della nostra salvezza, porta grandiosità e varietà. D'altra parte si può dire che nel Rosario si trova tutta la religione e come la somma di tutto il cristianesimo.
Il Rosario è una somma di fede: riassunto cioè delle verità che noi dobbiamo credere, che ci presenta sotto forma sensibile e vivente. Le espone unendovi la preghiera, che ottiene la grazia per meglio comprenderle e gustarle.
Il Rosario è una somma di morale: Tutta la morale si riassume nel seguire e imitare Colui, che è " la Via, la Verità, la Vita " e con la preghiera dei Rosario noi otteniamo da Maria la grazia e la forza di imitare il suo divino Figliolo.
Il Rosario è una somma di culto: Unendoci a Cristo nei misteri meditati, diamo al Padre l'adorazione in spirito e verità, che Egli da noi attende e ci uniamo a Gesù e Maria per chiedere, con loro e per mezzo loro, le grazie delle quali abbiamo bisogno.
Il Rosario sviluppa le virtù teologali e ci offre il mezzo di irrobustire la nostra carità, fortificando le virtù della speranza e della fede, perché "con la meditazione frequente di questi misteri l'anima si infiamma di amore e di riconoscenza di fronte alle prove di amore che Dio ci ha date e desidera con ardore le ricompense celesti, che Cristo ha conquistate per quelli che saranno uniti a Lui, imitando i suoi esempi e partecipando ai suoi dolori. In questa forma di orazione la preghiera si esprime con parole, che vengono da Dio stesso, dall'Arcangelo Gabriele e dalla Chiesa ed è piena di lodi e di domande salutari, mentre si rinnova e si prolunga in ordine, determinato e vario nello stesso tempo, e produce frutti di pietà sempre dolci e sempre nuovi" (Enciclica Octobri mense del 22 settembre 1891).
Il Rosario unisce le nostre preghiere a quelle di Maria nostra Madre. "Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi poveri peccatori". 

Ripetiamo con rispetto il saluto dell'Angelo e umilmente aggiungiamo la supplica della confidenza filiale. Se la divinità, anche se incarnata e fatta uomo, resta capace di incutere timore, quale timore potremmo avere di questa donna della stessa nostra natura, che ha in eterno il compito di comunicare alle creature le ricchezze e le misericordie dell'Altissimo? Confidenza filiale. Sì, perché l'onnipotenza di Maria viene dal fatto di essere Madre di Gesù, l'Onnipotente, e ha diritto alla nostra confidenza, perché è nello stesso tempo nostra Madre, non solo in virtù del testamento dettato da Gesù sulla Croce, quando disse a Giovanni: "Ecco tua Madre", e a Maria: "Ecco tuo figlio", ma ancora perché nell'istante dell'Incarnazione, la Vergine concepì, insieme con Gesù, tutta l'umanità, che egli incorporava a sè.
Membri del Corpo mistico di cui Cristo è il capo, siamo stati formati con Gesù nel seno materno della Vergine Maria e vi restiamo fino al giorno della nostra nascita alla vita eterna.
Maternità spirituale, ma vera, che ci mette con la Madre in rapporti di dipendenza e di intimità profondi, rapporti di bambino nel seno della Madre.
Qui è il segreto della nostra devozione per Maria: è nostra Madre e come tale sappiamo di poter tutto chiedere al suo amore, perché siamo suoi figli!
Ma, se la madre, appunto perché madre, pensa necessariamente ai suoi figli, i figli, per l'età, sono facili a distrarsi e il Rosario è lo strumento benedetto che conserva la nostra intimità con Maria e ci fa penetrare sempre più profondamente nel suo cuore.
Strumento divino il Rosario che la Vergine porta in tutte le sue apparizioni da un secolo in qua e che non cessa di raccomandare. Strumento della devozione cattolica per eccellenza, in cui l'umile donna senza istruzione e il sapiente teologo sono a loro agio, perché vi trovano il cammino luminoso e splendido, la via mariana, che conduce a Cristo e, per Cristo, al Padre.
Così considerato il Rosario realizza tutte le condizioni di una preghiera efficace, ci fa vivere nell'intimità di Maria e, essendo essa Mediatrice, suo compito è di condurci a Dio, di portare le nostre preghiere fino al cuore di Dio. Per Maria diciamo i Pater, che inquadrano le decine di Ave Maria, e, siccome quella è la preghiera di Cristo e contiene tutto ciò che Dio volle che noi gli chiedessimo, noi siamo sicuri di essere esauditi.


Messaggio di gioia

Questo messaggio è un messaggio di gioia. La gioia mancava nel mondo da molto tempo: era sparita dopo il primo peccato. Tutta l'economia dell'Antico Testamento e tutta la storia dell'umanità portavano un velo di tristezza, perché era continuamente presente all'uomo la coscienza di una inimicizia nei suoi rapporti con Dio, che doveva ancora essere espiata. Il messaggio è preceduto da un saluto pieno di gioia e da una parola pacifica, carezzevole: Ave. Questo Ave, primo elemento del messaggio, detto una volta verrà poi ripetuto per l'eternità.


La fede di Maria


La fede di Maria fu perfetta e non dubitò della verità divina neppure nel momento in cui chiedeva all'Angelo come si poteva compiere il messaggio. Gabriele rivelò il modo verginale della concezione promessa, sollecitando il consenso della Vergine per l'unione ipostatica, perché, per l'onore della Vergine e per l'onore della natura umana, Dio voleva avere da Maria il posto che avrebbe occupato nella sua creazione. E allora fu pronunziata con libertà e con consapevolezza la parola, che farà eco fino all'eternità: "Io sono l'umile ancella dei Signore: sia fatto secondo la sua volontà" (Dom Delatte: Opere citate).


da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1150-1156

Madonna del Rosario - Lorenzo Lotto - 1539

Preghiera alla Vergine del Rosario

Ti saluto, o Maria, nella dolcezza del tuo gioioso mistero e all'inizio della beata Incarnazione, che fece di te la Madre dei Salvatore e la madre dell'anima mia. 
Ti benedico per la luce dolcissima che hai portato sulla terra.
O Signora di ogni gioia, insegnaci le virtù che danno la pace ai cuori e, su questa terra, dove il dolore abbonda, fa che i figli camminino nella luce di Dio affinché, la loro mano nella tua mano materna, possano raggiungere e possedere pienamente la meta cui il tuo cuore li chiama, il Figlio del tuo amore, il Signore Gesù.
Ti saluto, o Maria, Madre del dolore, nel mistero dell'amore più grande, nella Passione e nella morte del mio Signore Gesù Cristo e, unendo le mie lacrime alle tue, vorrei amarti in modo che il mio cuore, ferito come il tuo dai chiodi che hanno straziato il mio Salvatore, sanguinasse come sanguinano quelli del Figlio e della Madre. 
Ti benedico, o Madre del Redentore e Corredentrice, nel purpureo splendore dell'Amore crocifisso, ti benedico per il sacrificio, accettato al tempio ed ora consumato con l'offerta alla giustizia di Dio del Figlio della tua tenerezza e della tua verginità, in olocausto perfetto.
Ti benedico, perché il sangue prezioso che ora cola per lavare i peccati degli uomini, ebbe la sua sorgente nel tuo Cuore purissimo. 
Ti supplico, o Madre mia, di condurmi alle vette dall'amore che solo l'unione più intima alla Passione e alla morte dell'amato Signore può far raggiungere.
Ti saluto, Maria, nella gloria della tua Regalità. 
Il dolore della terra ha ceduto il posto a delizie infinite e la porpora sanguinante ti ha tessuto il manto meraviglioso, che si addice alla Madre dei Re dei re e alla Regina degli Angeli. 
Permetti che levi i miei occhi verso di te durante lo splendore dei tuoi trionfi, o mia amabile Sovrana, e diranno i miei occhi, meglio di qualsiasi parola, l'amore del figlio il desiderio di contemplarti con Gesù nell'eternità, perché tu se!, Bella, perché sei Buona, o Clemente, o Pia, o Dolce Vergine Maria!




venerdì 6 ottobre 2017

Umiltà - don Bruno Ferrero

Quando morì il califfo, il trono rimase temporaneamente vuoto. 
Sfacciatamente, un povero mendicante ci si sedette sopra. 
Il gran visir ordinò alle guardie di acciuffare il pezzente macchiatosi di un tale sacrilegio, ma quest'ultimo rispose: 
"Ma io sono al di sopra del califfo!". 
"Come osi dire una cosa del genere!",  esclamò stupefatto il gran visir. 
"Al di sopra del califfo c'è solo il Profeta". 
"Infatti io sono al di sopra del Profeta", proseguì il mendicante imperturbabile. 
"Cosa? Come ti permetti, miserabile! 
Al di sopra del Profeta c'è solo Dio!», 
"lo sono anche al di sopra di Dio". 
"Miscredente!", urlò il gran visir sull'orlo di una crisi apoplettica. 
"Guardie! Sbudellate subito quel furfante. Al di sopra di Dio c'è niente!". 
"Infatti, io sono niente!"
. 

"Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime" (Matteo 11,29).




L'Avviso 

La strada che portava alla chiesa attraversava il paese. La vecchietta la percorreva ad occhi bassi biascicando qualche preghiera mentre di sottecchi guardava la gente, come tutti i giorni. «Giovinastri... Ubriaconi... Svergognata... Sporcizia... Fannullone... ».
Affrettava il passo per trovare la pace della preghiera. 

Quel giorno arrivò alla porta della chiesa e la trovò chiusa. Bussò. Niente da fare. Vide un biglietto attaccato con del nastro adesivo. Lo lesse. Diceva: «Io sono lì fuori».

- don Bruno Ferrero -




«Tu dici di amarmi e te ne resti lì seduto a braccia conserte? 

Mangi, bevi, ti metti comodo per leggere le parole che io ho dette, piangi ricordando che io sono stato crocifisso; poi, te ne vai a letto e ti addormenti... Non hai vergogna? È così che mi ami? 
Questo tu lo chiami amore? Su, alzati!». 
Mi alzai di scatto e gettandomi ai suoi piedi esclamai: «Perdono, Signore, perdono! Comanda e ubbidirò». 
«Prendi il tuo bastone – mi disse Cristo – e va’ a trovare gli uomini, non temere di parlar loro.Va’ a dir loro che ho fame, che busso alle porte, tendo la mano e grido: fate la carità, cristiani!» 

- N. Kazantzakis -



Buona giornata a tutti. :-)










giovedì 5 ottobre 2017

Il lupo alla porta della ferita - Jean Vanier -

Il nostro cuore e il nostro spirito fan così presto a credere di avere ragione! 
E’ così difficile accettare di avere torto e non solo, ma che siano anche persone che amiamo e altre che non amiamo. 
Veniamo all’Arca per amare e scopriamo di odiare quella persona; non la vogliamo, non vogliamo vederla, non riusciamo a guardarla negli occhi.
E’ così che nascono dentro di noi e all’interno della nostra comunità ogni sorta di sentimenti che spesso ci si rifiuta di riconoscere: la collera, l’odio, l’angoscia, il rifiuto dell’altro. 
E’ la scoperta del lupo che c’è in ognuno di noi. Nel più intimo di noi stessi abbiamo una parte molto vulnerabile, quella legata all’amore e alla tenerezza, una parte che viene facilmente ferita.
Il grande tesoro del bambino è la fiducia. 
Ma se il bambino viene ferito nella fiducia e nell’amore, è obbligato a proteggersi per non soffrire troppo. 
Per questo, fin dalla nostra prima infanzia, abbiamo creato dei meccanismi di difesa nei confronti della vita relazionale.
La relazione la si desidera e nello stesso tempo la si teme. 
Se ti avvicini troppo a me rischi di violare la mia intimità, diventi un pericolo per me. 
Se ti allontani troppo da me, se non mi saluti più quando mi incontri per la strada, mi fai star male. 
L’amore è nello stesso tempo ciò che più cerco e ciò che più temo. Viviamo tutti questo mistero del cuore umano che ha sete e che ha paura. Così abbiamo costruito ogni sorta di protezione attorno al nostro cuore. 
Abbiamo messo il lupo, la nostra aggressività, alla porta della nostra ferita e della nostra vulnerabilità.
Ma il lupo può rivoltarsi contro di noi e allora cadiamo nella depressione. Ci colpevolizziamo perché ci sentiamo dei buoni a nulla; nessuno può amarci e nello stesso tempo ci sentiamo incapaci di amare. Allora tutte le forze di aggressione si ritorcono contro di noi […]
Siamo stati tutti feriti; ecco perché abbiamo creato questo mondo d’indipendenza, di successo individuale nel quale ci si chiude agli altri. Ma è in questa ferita profonda che Dio si manifesta, perché se la comunità è un luogo di sofferenza è anche un luogo di crescita e di guarigione.
Conoscere se stesso, come dice Socrate, conoscere il modo con il quale si agisce e si reagisce, significa diventare saggi ed avere la possibilità di crescere. 
A scuola e all’Università si imparano molte cose, ma è in famiglia e in comunità che si impara a sconoscersi e ad amare. 
La comunità è il luogo dei passaggi verso l’amore. 
E questi passaggi non sono facili: il passaggio dall’egoismo e dal litigio all’amore e all’unità, il passaggio dalla paura alla fiducia, il passaggio dalla vanagloria alla gloria di Dio.

Jean Vanier -
tratto da: "Lettera della tenerezza di Dio", EDB ; pp. 10-11





Il povero ci disturba perché ci chiede qualcosa che non vorremmo.
Vivere un’alleanza con il povero significa mettersi in comunione con lui e diventare vulnerabili, significa perdere la propria libertà per acquistare una nuova libertà, quella dell’Amore.
Il povero è pericoloso perché chiama al cambiamento, ad una trasformazione, ad una conversione radicale.

(Estratto da “Lettera della tenerezza di Dio - Jean Vanier)




«In passato ho viaggiato moltissimo, ma da quattro anni ho deciso di fermarmi nella mia comunità, anche perché mi accorgo che sto diventando più fragile. 
Ultimamente vivo con un ragazzo psicotico grave: rido molto insieme con lui ed ho scoperto che essere fragili è super! 
Auguro a tutti di invecchiare: ognuno di noi nasce fragile, un piccolo bambino, e anche Gesù lo è stato. 
Siamo nati per vivere e anche per morire: non possiamo avere paura della morte, milioni di persone l’hanno già fatto prima di noi, non è un problema! La mia vocazione è sempre stata quella di essere felice, camminando insieme con i poveri e i deboli di tutto il mondo».

Jean Vanier -
da un'intervista del 31 gennaio 2013    






mercoledì 4 ottobre 2017

4 ottobre 2017 - Scritti e preghiere - San Francesco d’Assisi

Lo stesso [fra Leonardo] riferì che un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli Angeli], chiamò frate Leone e gli disse: “Frate Leone, scrivi”. Questi rispose: “Eccomi, sono pronto”.
“Scrivi – disse – quale è la vera letizia”. “Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell’Ordine, scrivi: non è vera letizia.
Così  pure che sono entrati nell’Ordine tutti i prelati d’Oltr’Alpe, arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d’lnghilterra; scrivi: non è vera letizia.
E se ti giunge ancora notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: in tutte queste cose non è la vera letizia”.
“Ma quale è la vera letizia?”.
“Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, alI’estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d’acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: “Chi è?”. Io rispondo: “Frate Francesco”. E quegli dice: “Vattene, non è ora decente questa, di andare in giro, non entrerai”. E poiché io insisto ancora, I’altro risponde: “Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. E io sempre resto davanti alla porta e dico: “Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte”. E quegli risponde: “Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là”. 
Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima”.

Frate Leone, colto sacerdote e abile calligrafo, fu uno dei compagni prediletti da Francesco (è sepolto accanto a Francesco). Questi lo volle come suo confessore e segretario inseparabile, tanto da essere protagonista di molti episodi della vita del Santo. Frate Leone era amato da San Francesco per due virtù particolari, la semplicità e la purezza di cuore, per le quali venne chiamato dal Santo “pecorella di Dio”. A lui San Francesco confidò la dimora della «vera e perfetta letizia», lo volle al suo fianco quando compose la Nuova Regola, e, dopo aver ricevuto le Santissime Stimmate sul Monte La Verna, elesse frate Leone, tra gli altri più semplice e più puro, lasciandogli vedere e toccare quelle sante piaghe. A sottolineare il profondo legame tra i due, rimane come testimonianza anche la nota formula manoscritta della Benedizione che San Francesco dedicò a frate Leone, e la lettera che il Santo scrisse a frate Leone in risposta a un momento di sconforto.



La “chartula” è certamente una delle reliquie più preziose conservate nella basilica di S. France­sco in Assisi. Si tratta infatti di un rarissimo autografo del Santo (se ne trova solo un altro nel duomo di Spoleto), un foglietto scritto subito dopo la stigmatizzazione sul monte della Verna, nel settembre del 1224. Contiene, da un lato, il testo delle «Lodi di Dio Altissimo» e, dall’altro, la «Benedizione a frate Leone». 

Riporta anche ben visibile il “Tau”, simbolo della Croce di Cristo con il quale Francesco si firmava.








Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo (Gv. 7,11) e giusto, Signore Re del cielo e della terra (cf. Mt. 11,25), per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in Paradiso (cf. Gn. 1,26 e 2,15).
E noi per colpa nostra siamo caduti.
E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, col quale ci hai amato (cf. Gv. 17,26), hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù.
E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite, benedetti dal Padre mio (Mt. 25,34), entrate in possesso del regno, che vi e stato preparato fin dalle origini del mondo.
E poiché tutti noi, miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto (cf. Mt. 17,5), insieme con lo Spirito Santo Paraclito ti renda grazie, così come a te e a lui piace, per ogni cosa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia.
E per il tuo amore supplichiamo umilmente la gloriosa e beatissima Madre sempre vergine Maria, i beati Michele, Gabriele e Raffaele e tutti i cori degli spiriti celesti: serafini, cherubini, troni, dominazioni, principati, potestà, virtù, angeli, arcangeli; il beato Giovanni Battista, Giovanni evangelista, Pietro, Paolo, e i beati Patriarchi, i profeti, i santi innocenti, gli apostoli, gli evangelisti, i discepoli, i martiri, i confessori, le vergini, i beati Elia e Enoch e tutti i santi che furono e saranno e sono, affinché, come a te piace, per tutti questi benefici rendano grazie a Te, sommo vero Dio, eterno e vivo, con il Figlio tuo carissimo, il Signore 
nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia (Ap. 19,3-4).

- San Francesco d’Assisi - 

martedì 3 ottobre 2017

La corda della dignità - Don Luca Murdaca

C'era un bambino che tutti i giorni chiedeva un pezzo di pane al nonno, poi lo metteva in tasca e si inoltrava nella foresta per poi riapparire dopo una decina di minuti. 
Dopo un paio di settimane il nonno incuriosito segue il nipotino e lo vede fermarsi in un pozzo abbandonato, tirato fuori il pezzo di pane lo getta nel pozzo, rassicurando: «Torno domani non piangere». 
Il nonno si avvicina e vede in fondo al pozzo un bambino di un'altra tribù che piangendo continuava a dire nel suo dialetto: «Aiuto, ti prego, salvami». Allora il nonno si rivolge al nipotino dicendo: «Che bravo nipotino che ho, che si prende cura di un bambino affamato, ma se conoscessi il suo dialetto, sapresti che lui ogni giorno ti diceva: "Grazie fratellino per il pane, ma la prossima volta, ti prego, porta una corda per tirarmi su!"».
Alcune volte il pane che doniamo ai poveri non è sufficiente, alcune volte i poveri hanno bisogno di una corda, per tirarsi fuori da quel pozzo di povertà che li rende così tristi.
Ti prego Signore, illumina coloro che hanno la possibilità di fabbricare quelle corde per poter sollevare tanti fratelli caduti nel pozzo poco dignitoso della povertà.

- Don Luca Murdaca -
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"L'amicizia ha qualcosa di misterioso
che la ragione stessa
non saprebbe chiarire con certezza.
E se l'amicizia
non ha questo pizzico di inenarrabile,
forse non c'é essa stessa."

Sant'Agostino
"Utilità del credere"


                                       Tu conosci, Signore, quelli che amo

Tu conosci, Signore, quelli che amo.
Ma io credo che tu li conoscessi prima di me, da sempre li sognavi così,
prima che le mie braccia potessero stringere il loro cuore, tuo dono per me!
Tu sai, Signore, che io voglio loro bene, voglio il loro bene vero.
Ma tu solo conosci i sentieri che hai preparato per i loro passi,
Tu solo scruti i tempi che hai fissato per seminare la loro vita,
per fiorire in pienezza il loro cuore,
fino a quando altri potessero coglierne il frutto maturo,
che neppure a me è forse dato gustare.
Tu sai, Signore, quanto la mia vita sia disposta a marcire come il seme,
per fecondare i solchi del loro cuore.
E sempre più mi guidi a morire a me stesso perché loro possano viverne.
Ma tu hai versato su di essi più di quanto posso spargere io:
il tuo sangue di uomo, il tuo sangue di Dio!
Non lasciarmi afferrare dalla gelosia del tuo amore per essi,
così più grande del mio:
anzi da te imparare con gioia l'Amore a fondo perso.
Donami di cancellare ogni loro delusione
come tu dimentichi tutte le mie fragilità!
Insegnami a lasciarmi trafiggere dal tuo sguardo tagliente d'Amore:
quelli che amo si lasceranno trapassare dal mio sguardo, riflesso del tuo!
Dona a me e ad essi, Signore, qui o in cielo,
l'incontro profondo e totale sotto i tuoi occhi,
avvolti nello stesso più grande abbraccio, il tuo,
fonte e sigillo del nostro amore, oggi e per l'eternità!



Buona giornata a tutti. :-)