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giovedì 28 agosto 2014

L'apostolato dei laici – Padre Charles de Foucauld

E' certo che accanto ai preti ci vogliono delle Priscilla e degli Aquila che vedano quello che il prete non vede, arrivino dove il prete non può arrivare, vadano da chi lo evita, evangelizzino, con un contatto benefico, una bontà che si riversi su tutti, un affetto sempre pronto a donarsi, un buon esempio che attiri quanti girano le spalle al prete e gli sono ostili. 
Essere apostoli con quali mezzi? 
Con quelli che Dio mette a sua disposizione. (...) 
I laici devono essere apostoli con tutti coloro che possono raggiungere: i vicini e gli amici anzitutto, ma non soltanto loro, perché la carità non ha confini, abbraccia tutti quelli che abbraccia il cuore di Gesù. 
Con quali mezzi? 
Con i migliori secondo quelli ai quali si rivolgono: con tutti quelli con cui sono in rapporto, senza eccezione, con la bontà, la tenerezza, l'affetto fraterno, l'esempio delle virtù, con l'umiltà e la dolcezza che sempre attraggono e sono così cristiane; con alcuni senza mai dir loro una parola su Dio e la religione, pazientando come pazienta Dio, essendo buoni com'è buono Dio, mostrandosi loro fratelli e pregando; con altri, parlando di Dio nella misura in cui sono in grado di accettarlo e, appena hanno in mente di ricercare la verità con lo studio della religione, mettendoli in contatto con un prete scelto molto bene e capace di far loro del bene... soprattutto, bisogna vedere in ogni essere umano un fratello - "Voi siete tutti fratelli, voi avete un solo padre che è nei cieli".


- Padre Charles de Foucauld -



Se ogni amore anela all'eternità, l'amore di Dio non solo la brama, ma la realizza e la impersona.


- Joseph Ratzinger - 

Introduzione al cristianesimo, 2003


Un fratello si recò presso un anziano che abitava al Monte Sinai e gli domandò: «Padre, dimmi come si deve pregare, perché ho molto irritato Iddio». 
L'anziano gli disse: «Figliuolo, io quando prego parlo così: Signore, accordami di servirti come ho servito Satana e di amarti come ho amato il peccato». 

Detti dei Padri del deserto






Preghiera per il padre spirituale

O Signore, che mi ami al di là di ogni mia piccolezza,
vorrei pregarti per il padre spirituale che mi hai donato.
Egli mi guida a comprendere la tua volontà,
a capire cosa vuoi che io faccia,
per rimanerti, ogni giorno, fedele.
Mi corregge nelle mie mancanze;
anche nelle cose non strettamente spirituali,
anzi nelle più naturali, mi dà suggerimenti e consigli.
Donami, Signore, la capacità di essere sincero,
leale e aperto con il mio padre spirituale.
E tu, Gesù, sii sempre vicino al mio padre spirituale,
rendilo uno strumento fedele nelle tue mani
e un instancabile dispensatore del tuo amore che salva.
Amen. 



Buona giornata a tutti  :-)

mercoledì 13 agosto 2014

Per la strada vidi una ragazzina e altri racconti - Padre Anthony de Mello -

Per la strada vidi una ragazzina che tremava di freddo, aveva un vestitino leggero e ben poca speranza in un pasto decente.
Mi arrabbiai e dissi a Dio:
"Perché permetti questo?
Perché non fai qualcosa?".
Per un po' Dio non disse niente.
Poi improvvisamente, quella notte rispose.
"Certo che ho fatto qualcosa:
Ho fatto Te".


(Padre Anthony de Mello)




Spiritualità come risveglio – Padre Anthony De Mello

Un tale bussa alla porta di suo figlio: "Paolo", dice, "svegliati!".
Paolo risponde: "Non voglio alzarmi, papà".
Il padre urla: "Alzati, devi andare a scuola".
Paolo dice: "Non voglio andare a scuola".
"E perché no?" chiede il padre.
"Ci sono tre ragioni", risponde Paolo. "Prima di tutto, è una noia; secondo, i ragazzi mi prendono in giro; terzo, io odio la scuola".
E il padre dice: "Bene, adesso ti dirò io tre ragioni per cui devi andare a scuola: primo, perché è tuo dovere; secondo, perché hai quarantacinque anni, e terzo, perché sei il preside".

(Padre Anthony de Mello)





Esperienza di Dio - Padre Anthony De Mello

Un mistico tornò dal deserto. «Dicci», gli chiesero avidamente, «com'è Dio?». Ma come poteva esprimere in parole ciò che aveva sperimentato nel profondo del suo cuore? È possibile esprimere in parole la verità?
Alla fine diede loro una formula - così imprecisa, così inadeguata - nella speranza che alcuni di loro si sentissero tentati, a sperimentare essi stessi ciò che egli aveva sperimentato.
Essi s'impadronirono della formula. Ne fecero un testo sacro. L'imposero a tutti come un articolo di fede. Affrontarono grandi sofferenze per diffonderla in paesi stranieri. E alcuni dettero persino la propria vita per essa.
E il mistico rimase triste. Sarebbe stato meglio se non avesse mai parlato.

(Padre Anthony de Mello)
Fonte: A. De Mello, Il canto degli uccelli: frammenti di saggezza nelle grandi religioni





Buona giornata a tutti. :-)







giovedì 31 luglio 2014

Come sacerdote - don Lorenzo Milani -


Fin qui ho parlato come un cittadino e un maestro che crede con la sua scuola e la sua lettera di aver reso un servizio alla società civile, non di aver compiuto un reato.
Ma poniamo di nuovo che voi lo consideriate reato.
Quest'accusa se fatta a me solo e non anche a tutti i miei confratelli mette in dubbio la mia ortodossia di cattolico e di sacerdote. 
Sembrerà infatti che condanniate le idee personali di un prete strano. Ma io son parte viva della Chiesa anzi suo ministro. 
Se avessi detto cose estranee al suo insegnamento essa mi avrebbe condannato. Non l'ha fatto perché la mia lettera dice cose elementari di dottrina cristiana che tutti i preti insegnano da 2000 anni. 
Se ho commesso reato perseguiteci tutti.
Ho evitato apposta di parlare da non-violento. Personalmente lo sono. 
Ho tentato di educare i miei ragazzi così. Li ho indirizzati per quanto ho potuto verso i sindacati (le uniche organizzazioni che applichino su larga scala le tecniche non-violente). Ma la non-violenza non è ancora la dottrina ufficiale di tutta la Chiesa. Mentre la dottrina del primato della coscienza sulla legge dello Stato lo è certamente.
Mi sarà facile dimostrarvi che nella mia lettera ho parlato da cattolico integrale, anzi spesso da cattolico conservatore.

Cominciamo dalla storia.
La storia d'Italia fino al 1929 nella mia lettera è identica a come la raccontavano i preti in seminario prima di quella data. Il mio vecchio parroco mi diceva che La Squilla, il giornale cattolico di Firenze, aveva in vetta e in fondo uno striscione nero. Portava il lutto del Risorgimento!
In quanto alla storia più recente cioè al giudizio sulle guerre fasciste, può anche darsi che qualche mio confratello sia intimamente un nostalgico, ma è notorio che la gran maggioranza dei preti sostiene un partito democratico che fu il principale autore della Costituzione (dunque anche della parola ripudia).

Veniamo alla dottrina.
La dottrina del primato della legge di Dio sulla legge degli uomini è condivisa, anzi glorificata, da tutta la Chiesa.
Non andrò a cercare teologi moderni e difficili per dimostrarlo. Si può domandarlo a un bambino che si prepara alla Prima Comunione: «Se il padre o la madre comanda una cosa cattiva bisogna obbedirlo? I martiri disobbedirono alle leggi dello Stato. Fecero bene o male?».
C'è chi cita a sproposito il detto di S. Pietro: «Obbedite ai vostri superiori anche se son cattivi». Infatti. Non ha nessuna importanza se chi comanda è personalmente buono o cattivo. Delle sue azioni risponderà lui davanti a Dio.
Ha però importanza se ci comanda cose buone o cattive perché delle nostre azioni risponderemo noi davanti a Dio.
Tant'è vero che Pietro scriveva quelle sagge raccomandazioni all'obbedienza dal carcere dove era chiuso per aver solennemente disobbedito.
Il Concilio di Trento è esplicito su questo punto (Catechismo III parte, IV precetto, 16°paragrafo): «Se le autorità politiche comanderanno qualcosa di iniquo non sono assolutamente da ascoltare. Nello spiegare questa cosa al popolo il parroco faccia notare che premio grande e proporzionato è riservato in cielo a coloro che obbediscono a questo precetto divino» cioè di disobbedire allo Stato!
Certi cattolici di estrema destra (forse gli stessi che mi hanno denunciato) ammirano la Mostra della Chiesa del Silenzio. Quella mostra è l'esaltazione di cittadini che per motivo di coscienza si ribellano allo Stato. Allora anche i miei superficialissimi accusatori la pensan come me. 
Hanno il solo difetto di ricordarsi di quella legge eterna quando lo Stato è comunista e le vittime son cattoliche e di dimenticarla nei casi (come in Spagna) dove lo Stato si dichiara cattolico e le vittime sono comuniste.
Son cose penose, ma le ho ricordate per mostrarvi che su questo punto l'arco dei cattolici che la pensano come me è completo.
Tutti sanno che la Chiesa onora i suoi martiri. Poco lontano dal vostro Tribunale essa ha eretto una basilica per onorare l'umile pescatore che ha pagato con la vita il contrasto fra la sua coscienza e l'ordinamento vigente. S. Pietro era un «cattivo cittadino». I vostri predecessori del Tribunale di Roma non ebbero tutti i torti a condannarlo.
Eppure essi non erano intolleranti verso le religioni. Avevano costruito a Roma i templi di tutti gli dei e avevano cura di offrir sacrifici ad ogni altare.
In una sola religione il loro profondo senso del diritto ravvisò un pericolo mortale per le loro istituzioni. Quella il cui primo comandamento dice: «Io sono un Dio geloso. Non avere altro Dio fuori che me».
A quei tempi pareva dunque inevitabile che i buoni ebrei e i buoni cristiani paressero cattivi cittadini.
Poi le leggi dello Stato progredirono. Lasciatemi dire, con buona pace dei laicisti, che esse vennero man mano avvicinandosi alla legge di Dio. 
Così va diventando ogni giorno più facile per noi esser riconosciuti buoni cittadini. Ma è per coincidenza e non per sua natura che questo avviene. 
Non meravigliatevi dunque se ancora non possiamo obbedire tutte le leggi degli uomini. Miglioriamole ancora e un giorno le obbediremo tutte. 
Vi ho detto che come maestro civile sto dando una mano anch'io a migliorarle.
Perché io ho fiducia nelle leggi degli uomini. Nel breve corso della mia vita mi pare che abbiano progredito a vista d'occhio.
Condannano oggi tante cose cattive che ieri sancivano. Oggi condannano la pena di morte, l'assolutismo, la monarchia, la censura, le colonie, il razzismo, l'inferiorità della donna, la prostituzione, il lavoro dei ragazzi. Onorano lo sciopero, i sindacati, i partiti.
Tutto questo è un irreversibile avvicinarsi alla legge di Dio. Già oggi la coincidenza è così grande che normalmente un buon cristiano può passare anche l'intera vita senza mai essere costretto dalla coscienza a violare una legge dello Stato.
Io per esempio fino a questo momento sono incensurato. E spero di esserlo anche alla fine di questo processo. È un augurio che faccio ai patrioti. Chissà come patirebbero se potessero leggere le tante lettere che ricevo dall'estero. 
Da paesi che non hanno il servizio di leva o riconoscono l'obiezione. 
Quelli che le scrivono sono convinti di scrivere a un paese di selvaggi. Qualcuno mi domanda quanto dovrà ancora stare in prigione il povero padre Balducci.
Dicevamo dunque che oggi le nostre due leggi quasi coincidono. Ci sono però dei casi eccezionali nei quali vige l'antica divergenza e l'antico comandamento della Chiesa di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.
Ho elencato nella lettera incriminata alcuni di questi casi. Posso aggiungere altre considerazioni.


Cominciamo dall'obiezione di coscienza in senso stretto.
Proprio in questi giorni ho avuto conforto dalla Chiesa anche su questo punto specifico. Il Concilio invita i legislatori a avere rispetto (respicere) per coloro i quali «o per testimoniare della mitezza cristiana, o per reverenza alla vita, o per orrore di esercitare qualsiasi violenza, ricusano per motivo di coscienza o il servizio militare o alcuni singoli atti di immane crudeltà cui conduce la guerra».
(Schema 13 paragrafo 101. Questo è il testo proposto dalla apposita Commissione la quale rispecchia tutte le correnti del Concilio. Ha quindi tutte le probabilità d'essere quello definitivo).
Quei 20 militari di Firenze han detto che l'obiettore è un vile. Io ho detto soltanto che forse è un profeta. Mi pare che i Vescovi stiano dicendo molto più di me.
Ricorderò altri tre fatti sintomatici.
Nel '18 i seminaristi reduci di guerra, se vollero diventare preti, dovettero chiedere alla Santa Sede una sanatoria per le irregolarità canoniche in cui potevano essere incorsi nell'obbedire ai loro ufficiali.
Nel '29 la Chiesa chiedeva allo Stato di dispensare i seminaristi, i preti, i vescovi dal servizio militare.
Il canone 141 proibisce ai chierici di andare volontari a meno che lo facciano per sortirne prima (ut citius liberi evadant)! 
Chi disobbedisce è automaticamente ridotto allo stato laicale.
La Chiesa considera dunque a dir poco indecorosa per un sacerdote l'attività militare presa nel suo complesso. Con le sue ombre e le sue luci. Quella che lo Stato onora con medaglie e monumenti.



E infine affrontiamo il problema più cocente delle ultime guerre e di quelle future: l'uccisione dei civili.
La Chiesa non ha mai ammesso che in guerra fosse lecito uccidere civili, a meno che la cosa avvenisse incidentalmente cioè nel tentare di colpire un obiettivo militare. Ora abbiamo letto a scuola su segnalazione del Giorno un articolo del premio Nobel Max Born (Bullettin of the Atomic Scientists, aprile 1964).
Dice che nella prima guerra mondiale i morti furono 5% civili 95% militari (si poteva ancora sostenere che i civili erano morti «incidentalmente»).
Nella seconda 48% civili 52% militari (non si poteva più sostenere che i civili fossero morti «incidentalmente»).
In quella di Corea 84% civili 16% militari (si può ormai sostenere che i militari muoiono «incidentalmente»).
Sappiamo tutti che i generali studiano la strategia d'oggi con l'unità di misura del megadeath (un milione di morti) cioè che le armi attuali mirano direttamente ai civili e che si salveranno forse solo i militari.
Che io sappia nessun teologo ammette che un soldato possa mirare direttamente (si può ormai dire esclusivamente) ai civili. Dunque in casi del genere il cristiano deve obiettare anche a costo della vita. Io aggiungerei che mi pare coerente dire che a una guerra simile il cristiano non potrà partecipare nemmeno come cuciniere. Gandhi l'aveva già capito quando ancora non si parlava di armi atomiche.
«Io non traccio alcuna distinzione tra coloro che portano le armi di distruzione e coloro che prestano servizio di Croce Rossa. Entrambi partecipano alla guerra e ne promuovono la causa. Entrambi sono colpevoli del crimine della guerra» (Non-violence in peace and war. Ahmedabad 14 vol. 1).
A questo punto mi domando se non sia accademia seguitare a discutere di guerra con termini che servivano già male per la seconda guerra mondiale.
Eppure mi tocca parlare anche della guerra futura perché accusandomi di apologia di reato ci si riferisce appunto a quel che dovranno fare o non fare i nostri ragazzi domani.
Ma nella guerra futura l'inadeguatezza dei termini della nostra teologia e della vostra legislazione è ancora più evidente.
È noto che l'unica «difesa» possibile in una guerra di missili atomici sarà di sparare circa 20 minuti prima dell'«aggressore». Ma in lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa.
Oppure immaginiamo uno Stato onestissimo che per sua «difesa» spari 20 minuti dopo. Cioè che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d'un paese ormai cancellato dalla geografia. Ma in lingua italiana questo si chiama vendetta non difesa.
Mi dispiace se il discorso prende un tono di fantascienza, ma Kennedy e Krusciov (i due artefici della distensione!) si sono lanciati l'un l'altro pubblicamente minacce del genere.
«Siamo pienamente consapevoli del fatto che questa guerra, se viene scatenata, diventerà sin dalla primissima ora una guerra termonucleare e una guerra mondiale. Ciò per noi è perfettamente ovvio» (lettera di Krusciov a B. Russell, 23-10-1962).
Siamo dunque tragicamente nel reale.
Allora la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una «guerra giusta» né per la Chiesa né per la Costituzione.
A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie umana.
(Per esempio Linus Pauling premio Nobel per la chimica e per la pace).
E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?
Spero di tutto cuore che mi assolverete, non mi diverte l'idea di andare a fare l'eroe in prigione, ma non posso fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a insegnare ai miei ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà loro ordini da paranoico hanno solo il dovere di legarlo ben stretto e portarlo in una casa di cura.
Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e maestri d'ogni religione e d'ogni scuola insegneranno come me.
Poi forse qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non riusciremo a salvare l'umanità.

Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non potremo salvare l'umanità ci salveremo almeno l'anima.


(don Lorenzo Milani)



Riprenditi la stola,
il camice e questo abito scomodo.
Sono qui, ben piegati,
in ordine come quando
li hai consegnati a me.
Riprenditi questa chiesa,
questo cortile,
questa gente che mi assedia
e che cerca di strapparmi di dosso
brandelli di misericordia e comprensione.
Non ne ho per tutti.
Non ne ho nemmeno per me stesso.
Riprenditi tutto, Dio mio.
Il dono che mi hai fatto
non riesco a farlo stare da nessuna parte.
È troppo ingombrante.
È troppo prezioso.
È troppo.
Riprenditi anche queste mani
che non sanno benedire,
e questo sangue
che scorre in solitudine
dentro vene troppo strette.
Vorrei continuare.
Vorrei andare fino in fondo
e renderti ogni cosa.
Ma non sarei io.
Mentirei.
Fingerei.

È solo stanchezza, Signore.

Perdonami.
Rivestimi di Te.
Ributtami là in mezzo.
Restituiscimi alla gente.
Più umile.
Più ricco della tua ricchezza.
Più povero delle mie certezze.
Ributtami là in mezzo.
Ridammi tutto.
Rinnova tutto.
Moltiplica tutto.
Andrò fino in fondo.
Anche se sarò ancora spaventato.
Anche se sarò ancora
al di sotto delle aspettative.
Ridammi tutto.
Rivestimi di Te.

Don Mimmo
Fonte: Vita Diocesana Pinerolese


Altopiano di Asiago - 17.6.1918


“Avete detto ai vostri ragazzi che la Prima Guerra mondiale si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508).

Era dunque la Patria che li chiamava alle armi? E se anche li chiamava, non chiamava forse a un’ “inutile strage” (l’espressione non è di un vile obiettore di coscienza, ma di un Papa).
 
Era nel ’22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l’esercito non la difese. Stette ad aspettare gli ordini che non vennero. 
Se i suoi preti l’avessero educata a guidarsi con la coscienza invece che con l’Obbedienza ‘cieca, pronta, assoluta’, quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo. (50 milioni di morti)”.

dalla lettera ai cappellani militari (1965)






O mio amato Gesù,
tienimi forte e  tieni accesa la fiamma del mio amore.
Per te ogni momento della mia giornata.
Non permettere mai che questa fiamma
d’amore per te tremoli o muoia.
Non permettere che io sia debole in presenza delle tentazioni,
Dammi le grazie necessarie per onorare la mia vocazione,
la mia devozione e la mia fedeltà,
e per difendere gli insegnamenti della Chiesa.
Ti offro la mia fedeltà in ogni momento.
Garantisco il mio impegno a combattere nel tuo esercito,
così che la Chiesa Cattolica possa risorgere nella gloria per accoglierti,
caro Gesù quando ritorni di nuovo. Amen.


Volevo dire tante cose, ma forse basta questa vignetta...buona giornata a tutti. J





sabato 26 luglio 2014

La città smemorata – don Bruno Ferrero -

Una volta, in una piccola città, uguale a tante altre, cominciarono a succedere dei fatti strani. 
I bambini dimenticavano di fare i compiti, i grandi si dimenticavano di togliersi le scarpe prima di andare a dormire, nessuno si salutava più. 
Le porte della chiesa rimanevano chiuse. Le campane non suonavano più. Nessuno sapeva più le preghiere. 
Un lunedì mattina, però, un maestro domandò ai suoi alunni: "Perché ieri non siete venuti a scuola?" 
"Ma ieri era domenica!" risposero gli scolari, "La domenica non c'è scuola". 
"Perché?", chiese il maestro. 
Gli alunni non seppero che cosa rispondere. 
Si avvicinava il Natale. 
"Perché suonano questa musica dolce?". 
"Perché sull'albero ci sono le candele?". 
Nessuno lo sapeva. 
Due amici avevano litigato: si erano insultati fino a diventare rauchi. 

"Ora non ho più nessun amico", pensava tristemente uno di loro il giorno dopo. 
E non sapeva che cosa fare. 
La piccola città si faceva sempre più grigia e triste. La gente diventava ogni giorno più egoista e litigiosa. 
"Ho l'impressione di aver dimenticato qualcosa", ripetevano tutti. 
Un giorno soffiava un forte vento tra i tetti, così forte da smuovere le campane della chiesa. 
La campana più piccola suonò. 
Improvvisamente la gente si fermò e guardò in alto. E un uomo per tutti esclamò: "Ecco che cosa abbiamo dimenticato: Dio!". 

Se c'è speranza in questo mondo è solo perché risuona ancora il nome di Dio. Milioni e milioni di persone gettano su questo nome le gioie e le paure della propri a esistenza. E' l'unico nome che porta su di sé il peso dell'umanità e che dà un senso a tutto.
Anche per questo non possiamo rinunciare a pronunciarlo con rispetto e fiducia.

(don Bruno Ferrero)
Fonte:  Cerchi nell'acqua di don Bruno Ferrero



Il fulmine


Durante la celebrazione della Messa domenicale, scoppiò improvvisamente un violento temporale. Un fulmine colpì il campanile e fece tremare le pareti della chiesa, che era gremita di gente.
Il celebrante, visibilmente scosso, si rivolse ai fedeli: "Interrompiamo un attimo la Messa", disse. "E mettiamoci a pregare...".

L'abitudine impolvera, incrosta, spegne anche le cose più belle e più grandi. E si finisce a farle "per finta".


Don Bruno Ferrero
Fonte “ A volte basta un raggio di sole”




Tutto dipende dal fatto che noi preghiamo veramente: che facciamo diventare le cose che diciamo verità per noi ed in noi; che la nostra fede sia la verità della nostra vita e non una dispensa per il tempo del bisogno.

- Adrienne von Speyr - 
da Esperienza di preghiera




Il cristiano, più che persuasivo, dovrebbe essere contagioso.


- Paul Claudel -




























Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it





martedì 8 luglio 2014

Padre Pio e la preghiera - ( parla Padre G. Amorth) -


Don Gabriele Amorth ci manda qualche ricordo dei 26 anni passati visitando Padre Pio.

«Su Padre Pio è rimasta famosa l'auto definizione che diede ad un giornalista: "Sono un povero frate che prega". 

Lo stavo a contemplare con la corona in mano; la chiamava la sua arma e scrisse al direttore spirituale che ne recitava almeno 5 intere ogni giorno; questo significa in termini di tempo, 5 ore al giorno dedicate al Rosario. Dormiva pochissimo e aveva una capacità di fare più cose contemporaneamente. 
Meditava i misteri; così soffriva visibilmente i dolori della Passione di Cristo, ma sentiva pure nella sua anima i dolori di Maria, che riteneva la più grande martire, vera Regina dei Martiri. 
Più avanzava in età e più il Padre sentiva la necessità di aumentare lo spazio da dare alla preghiera. Già alla fine degli anni '40 m'ero accorto che il tempo che dedicava alle confessioni era assai ridotto. 
Era lontana l'epoca in cui confessava anche 16 ore al giorno. 
Padre Michelangelo gli osservò un giorno: "Caro Padre non potresti confessare un po' più a lungo? Qui ci sono persone che vengono anche da molto lontano, dall'estero, e per potersi confessare da te debbono aspettare lunghi giorni". 
Ecco la risposta: "Caro Padre Michelangelo, credi che la gente venga qui per Padre Pio? La gente viene per sentirsi dire una parola del Signore. E se io non prego, che cosa do alla gente?".
Il bisogno della preghiera gli veniva anche suggerito dalla consapevolezza di essere indegno; si sentiva un grande peccatore, col rischio continuo, col terrore, di poter commettere un peccato e di poter perdere la fede. Perciò è sempre stato un grande mendicante di preghiere. Mi ero accorto che, se volevo vederlo illuminarsi di gioia, bastava che gli dicessi: "Padre, prego per lei". Ringraziava con effusione; pareva che volesse dire: "Finalmente uno che mi capisce!".
Sentiva moltissimo lo stimolo alla preghiera anche perché sentiva la necessità di santificarsi per santificare. Era una preoccupazione che cercava di infondere soprattutto nei sacerdoti. 

Ricordo bene quando mi confessai da lui, poco dopo la mia ordinazione sacerdotale. Quando gli confidai di essere un prete novello mi disse con forza: "Ricordati che un sacerdote deve essere un propiziatore. Guai se è lui ad aver bisogno di essere propiziato! Ricordatene bene"»



Il cuore buono è sempre forte; egli soffre, ma cela le sue lacrime e si consola sacrificandosi per il prossimo e per Dio (CE, 23).

Tratto da " Buona Giornata " - Edizioni Padre Pio da Pietrelcina



"Carissimi, di fronte all' ampiezza di orizzonti propria del ministero presbiterale non potete, non possiamo non sentirci tremare i polsi. 
Siamo, infatti, strutturalmente impari al dono ricevuto, alla missione che ci viene affidata, E' una sproporzione radicale e insuperabile, non semplicemente una nostra debolezza che, con un'ascesi paziente, possa essere rimossa.
Noi non siamo la luce, nè siamo in grado di produrla: possiamo solo rifletterla per offrirla a tutti. 'Noi infatti - ha poi aggiunto - siamo stati presi a servizio: come il sale, che non è per sé, ma per dar sapore ai cibi. E come la lampada, che non è per sé, ma per illuminare ciò che le sta intorno".

Card. Angelo Scola all'omelia della Messa di Ordinazione



“’Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!’. ‘Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo?’. 
Ah, no! Questa non è notizia. 
Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Oggi pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!”. 

Omelia Papa Francesco a santa Marta - 27.1.2014




Buona giornata a tutti :-)