Visualizzazione post con etichetta racconto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta racconto. Mostra tutti i post

sabato 25 maggio 2019

Il cespuglio spinoso – Don Bruno Ferrero

Era cresciuto sui fianchi del monte e si era inebriato di aria e di sole. Ma dopo i primi tempi in cui era un germoglio verde tenero, i suoi rametti contorti e sgraziati si erano coperti di spine sgradevoli ed appuntite...


Era detestato dagli uccelli e dalle pecore, alle quali senza volerlo strappava bioccoli di lana quando lo sfioravano.
Perfino le capre, che non sono schizzinose e brucherebbero anche le pietre, lo evitavano.

Gli altri cespugli e gli arbusti sfoggiavano fiori e foglie, e taluni perfino frutti.
Il povero cespuglio spinoso produceva solo spine...
Il vento della sera gli portava il disprezzo e la derisione delle altre piante.

Ma quando Dio volle parlare a Mosè, scelse l'umile cespuglio spinoso sui fianchi della montagna.
E il cespuglio divenne il trono di Dio, splendente più del sole, ardente di luce e di fuoco, come se ognuna delle sue spine si fosse trasformata in una pietra preziosa dai mille riflessi di luce purissima.



- Don Bruno Ferrero -
Fonte: A volte basta un raggio di sole, ed.Elledici


"Non disprezzare il peccatore, poiché tutti siamo colpevoli. 
Se, per amore di Dio, ti alzi contro di lui, piangi piuttosto su di lui. 
Perché lo disprezzi? 
Disprezza piuttosto i suoi peccati, e prega per lui, per essere simile a Cristo, che non si è irritato contro i peccatori, bensì ha pregato per loro (cfr Lc 23,24). Non vedi forse come egli ha pianto su Gerusalemme? 
Infatti anche noi, più di una volta, siamo stati giocati dal diavolo. 
Perché disprezzare colui che, come noi, è stato giocato dal diavolo che si burla di noi tutti? 
Perché, tu che sei soltanto un uomo, disprezzi il peccatore? 
Sarà forse perché non è stato giusto come te? 
Ma dov'è la tua giustizia, se non hai l'amore? 
Perché non hai pianto su di lui? Al contrario lo perseguiti. 
Per ignoranza si irritano, coloro che ritengono di possedere il discernimento delle opere dei peccatori."

- Isacco di Siria -
monaco nella regione di Mossul, santo delle Chiese ortodosse 


  


“Dio è vicino
a ciò che è piccolo,
ama ciò che è perduto,
ciò che è insignificante,
ciò che è debole.
Quando gli uomini dicono
“perduto”
egli dice
“trovato”;
quando dicono
“condannato”,
egli dice
“salvato”.

- Dietrich Bonhoeffer -


Buona giornata a tutti. :-)









venerdì 24 maggio 2019

Ti aspettavo a Samarcanda (1)


«Un giovane giardiniere persiano dice al suo principe: “Salvami! 
Ho incontrato la Morte stamattina. Mi ha fatto un gesto di minaccia. Stanotte, per miracolo, vorrei essere a Isfahan”. 
Il buon principe gli presta i suoi cavalli. 
Nel pomeriggio, il principe incontra la Morte e le chiede: “Perché stamattina hai fatto un gesto di minaccia al nostro giardiniere?” 
“Non era un gesto di minaccia, ma un gesto di sorpresa. Perché stamattina lo vedevo lontano da Isfahan, e a Isfahan lo devo prendere stanotte».


- Jean Cocteau  - 
“Il gesto della morte”, 1923, dal romanzo: Le grand écart



«C’era a Baghdad un mercante che mandò il suo servo al mercato per far provviste. E il servo ritornò ben presto, pallido e tremante, e disse: “Padrone, poco fa, mentre ero al mercato, fui urtato da una donna nella folla, e quando mi volsi mi accorsi che era stata la Morte a urtarmi. Mi guardò e fece un gesto minaccioso. Te ne supplico, prestami il tuo cavallo e io abbandonerò questa città per sfuggire al mio destino. E andrò a Samarra, dove la Morte non potrà trovarmi”. 
Il mercante gli prestò il suo cavallo, e il servo montò in sella e, spronando a sangue l’animale, partì al galoppo. 
Allora il mercante si recò alla piazza del mercato e mi scorse tra la folla. “Perché hai fatto un gesto minaccioso al mio servo, stamane?” mi chiese, avvicinandosi. “Il mio gesto non era di micaccia, bensì di sorpresa”, risposi. “Fui stupita di vederlo a Baghdad poiché avevo un appuntamento con lui questa notte a Samarra”.»

- William Somerset Maugham - 
 1933 


Buona giornata a tutti :-)










giovedì 23 maggio 2019

Ti aspettavo a Samarcanda

II discepolo di un Sufi di Bagdad era seduto un giorno in un angolo di una locanda, quando sorprese una conversazione tra due persone. 
A sentirle parlare, capì che una di loro era l'Angelo della Morte.
"Ho molte visite da fare in questa città nelle prossime tre settimane", stava dicendo l'Angelo al suo compagno.
Terrorizzato, il discepolo si rannicchiò nel suo angolino finché i due non se ne furono andati. Poi fece appello a tutta la sua intelligenza per trovare il modo di scampare all'eventuale visita dell'Angelo, e alla fine decise di allontanarsi da Bagdad affinché la morte non potesse raggiungerlo. 
Dopo aver fatto questo ragionamento, non gli restava che noleggiare il cavallo più veloce e, spronandolo giorno e notte, arrivare fino alla lontana Samarcanda.
Nel frattempo la Morte si incontrò con il maestro sufi, col quale si intrattenne a parlare di varie persone. "Ma dov'è dunque quel vostro discepolo tal dei tali?", chiese la Morte.
"Dovrebbe trovarsi da qualche parte in città, immerso in contemplazione, forse in un caravanserraglio", rispose il maestro.
"È strano", disse l'Angelo, "perché è proprio nella mia lista ... Ah, ecco, guardate: devo prenderlo fra quattro settimane a Samarcanda, e in nessun altro luogo".

Questa versione della "Storia della Morte" proviene dal Hikayat-i-Naqshia ("Storie concepite secondo un Disegno). 

L'autore di questa storia, che è uno dei racconti popolari più preferiti nel Medio Oriente, è il grande Sufi Fudail Ibn Ayad, un ex-bandito che morì all'inizio del IX secolo.

La prima apparizione della storia "Ti aspettavo a Samarcanda" la troviamo nel Talmud (“Insegnamento”), che è uno dei testi sacri dell’ebraismo ed è conosciuto in due versioni: quella di Gerusalemme e quella babilonese. La versione babilonese è molto più lunga ed è stata redatta fra il V e il VI secolo d. C. Contiene testi tramandati in forma orale sin da molti secoli prima di Cristo.


Un giorno Re Salomone si accorse che l’Angelo della Morte era triste. «Perché sei così triste?» gli chiese. «Perché mi hanno ordinato di prendere quei due Etiopi», risponde l’Angelo della Morte, riferendosi a Elihoreph e Ahyah, i due scribi etiopi di Salomone. Il Re volle salvare i suoi preziosi uomini e li fece scappare fino alla città di Luz, ma appena giunti qui i due scribi morirono. Il giorno seguente Salomone incontrò di nuovo l’Angelo della Morte e vide che sorrideva. «Perché sei così felice?» gli chiese. «Hai mandato i due etiopi proprio nel posto in cui li aspettavo!» risposte la Morte.  Al che Salomone espresse la morale della parabola: «I piedi di un uomo sono responsabili per lui: essi lo portano nel luogo dove egli è atteso.»

dalla 53ª sukkah del Talmud Babilonese  

(continua)


Buona giornata a tutti. :-)








mercoledì 15 maggio 2019

Gli inganni della mente

Girovagando per il mondo, a Gesù venne un'idea per mettere alla prova il suo amico Pietro.
«Ascolta, Pietro: ti piacerebbe avere un bel cavallo sul quale percorrere senza fatica lunghi tragitti?»
«Altrochè!» rispose Pietro di rimando. «Ho sempre sognato un destriero che obbedisca solo al mio richiamo e mi trasporti veloce come il vento». 
Già si immaginava ergersi impettito su un gran cavallo bianco, poi guardò il Signore, forse un po' vergognandosi di quel pensiero che lui certamente aveva letto nella sua mente.
«E allora, sai cosa ti propongo? Avrai quel cavallo se sarai capace di recitare tutto di fila un Padre nostro senza mai distrarti per un solo attimo.»
A Pietro non parve vero. Che ci voleva! Gli sembrava fin troppo facile come compito per un regalo così prezioso.
«Oh certo, non ci sono problemi, figurarsi, è dagli anni della nostra amicizia sulla terra che mi insegnasti questa preghiera e io da allora l'ho sempre recitata, e tu sai quanto tempo è passato!»
«Bene, Pietro, allora siamo d'accordo: tu reciterai il Padre nostro senza mai distrarre la tua mente e il cavallo sarà tuo» disse Gesù tutto serio.
A Pietro non parve vero e senza aspettare un solo istante cominciò la sua orazione. Si fosse almeno concentrato un po'!... 
Macchè, via con il Padre nostro.
«Padre nostro che sei nei cieli, venga il tuo regno... acciderba con un cavallo attraverserei tutto un regno... sia fatta la tua volontà... tutto è sua volontà, forse anche il fatto che io abbia un cavallo..., come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano... anch'io darei ogni giorno la biada al mio cavallo. .. rimetti a noi i nostri debiti, così come noi li rimettiamo ai nostri debitori... non dovrei neppure fare un debito per avere questo cavallo.. .non ci indurre in tentazione...»
E qui Pietro si fermò, conscio solo in quel momento di quale tiro birbone gli aveva giocato la mente!
«Pietro, Pietro, dopo tanto tempo ancora non hai imparato che il cavallo più difficile da domare è proprio la nostra mente.»
«Perdona, Signore, ma è stato senza che io me ne accorgessi. 
D'ora innanzi sarò molto più consapevole che non sempre io sono padrone della mia volontà, ma che la mente può in un attimo portarmi dove lei vuole.»
«Non c'è problema, Pietro» rispose Gesù. «Certo è che oggi tu ci hai rimesso un cavallo».

- Leggenda popolare apocrifa greco-romana -
da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 



Buona giornata a tutti. :-)








lunedì 6 maggio 2019

I 10 Comandamenti dell' Amicizia


1. Stimerai l'amicizia come la più preziosa delle perle.

«Nessun rimedio ha più valore, nessuno è più efficace di un amico presso il quale troviamo conforto nelle giornate cattive e insieme al quale condividiamo la gioia nei momenti di felicità» (A. Rievaulx).


2. Amerai tutti i tuoi amici senza gelosie.


« I veri amici non permettono alla gelosia e allo spirito di competizione di degradare o alterare il loro rapporto; l'amicizia non è esclusiva né possessiva».
E’ dunque importante amare prima se stessi: «non ci si può innamorare di nessuno, se prima di tutto non si è amici di se stessi » (E. Strachen).

3. Aprirai generosamente la tua amicizia ad altri cuori.

« Se il cuore si apre agli altri, si allarga e si riempie di gioia: questo è il bellissimo segreto della vita interiore». 
«L'amicizia rinchiusa in se stessa finisce per stancare e deludere; a essere sempre e solo in due, si finisce per intristirsi ed annoiarsi».

4. Manterrai l'amicizia con il dialogo.

«L'amicizia ha bisogno della comunicazione fra amici. Altrimenti non può nascere né vivere» (Francesco di Sales). 


Gli uomini hanno bisogno di parlare e di essere ascoltati: «la loro anima colma di preoccupazioni, di noia o di gioie aspira ad esprimersi. 

Le parole permettono una comunicazione reciproca».

5. Ai tuoi amici confiderai le tue pene e le tue gioie in tutta semplicità.

«Un amico è qualcuno che sa tutto di voi e che ciononostante vi ama» (Bibbia).

«Una delle grandi felicità della vita è l'amicizia, e una delle felicità dell'amicizia è aver qualcuno cui confidare un segreto» (A. Manzoni).

6. Ai tuoi amici ti mostrerai come sei veramente.

Quale conforto è provare una completa fiducia in qualcuno, poter dire le cose come vengono, senza dover pesare le parole, poter stare in silenzio se la desideriamo. 
Sì, il segno della vera amicizia é il fatto che il silenzio non pesa.

7. Fornirai loro un valido sostegno nelle difficoltà.


«La vera amicizia nasce nel momento in cui decido di essere un amico, e non solo di averne uno». 
«Amico è colui che è al vostro fianco nei momenti difficili».


«Quando un amico è in difficoltà, non annoiatelo chiedendogli cosa potete fare per lui; pensate a quello che sarebbe opportuno fare e fatelo» (E. W. Howe).

8. Ai tuoi amici perdonerai i loro difetti senza esitazioni.

«Nell'amicizia non si va lontano, se non si sa perdonare».

« Per farsi un amico, bisogna chiudere un occhio. Per conservarlo, bisogna chiuderli tutti e due!» (N. Douglas).



9. Cercherai sempre di rendere migliori i tuoi amici.


Ci sono amicizie fatte di complicità che non fanno che alimentare la mediocrità. 


La vera amicizia è un'amicizia di emulazione: «Amare qualcuno, diceva Dostoiewski, significa vederlo come Dio voleva che fosse».

10. Con i tuoi amici costruirai appassionatamente un mondo migliore.

L'amicizia non cambia soltanto due cuori, ma cambia tutti i rapporti con gli altri e può cambiare il mondo, se è posta al servizio di un grande progetto.





Apri il libro della tua vita a poche persone. 

Solo una piccola parte capisce cosa c'è scritto, tutti gli altri sono curiosi.



Il valore dell'amicizia consiste nel mettere l'altro al centro, dove, per abitudine, mettiamo noi stessi .....




domenica 5 maggio 2019

Sul lavoro da: "Il Profeta" di Kahlil Gibran



Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo:

Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l'anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l'infinito.
Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.  
Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all'unisono?
Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura. 
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.
Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.

E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio.
E cos'è lavorare con amore ?
E' tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.
E' costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.

Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi".
Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.

E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.

- Kahlil Gibran -
da: "Il Profeta"


Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti al mio canale YouTube: 






lunedì 29 aprile 2019

La scatola magica

Un anziano mago inviò al re un misterioso pacco. 
Pochi giorni dopo morì. 
Il re, prima di aprire la scatola consultò i suoi consiglieri. "Sicuramente ha un potere magico a noi sconosciuto", risposero. "Va posto in luogo sicuro ma accessibile al popolo". 
Ogni giorno centinaia di persone presero ad inchinarsi davanti ad essa per ricevere un aiuto anche se, in realtà, non ottenevano nessun beneficio.
Molti anni dopo, chiese udienza al sovrano un saggio di nome Artego, chiedendo di esaminare la scatola per scoprire il mistero che nascondeva. "Non sia mai", replicò il sovrano. "E' troppo fragile e potrebbe rompersi". 
Il saggio insistette offrendo la sua testa qualora si fosse rotta. 
Dopo averla esaminata bene, Artego disse: "Ora, sire, saprai la verità!". E così dicendo la gettò a terra. 
Si udì come un tuono e la sala fu invasa dal fumo. Quando si dileguò, si vide una bottiglietta su cui era scritto "Elisir di serenità, per l'amata maestà!".
"Maestà", concluse il saggio, "era solo un contenitore scherzoso, il vero regalo era sul fondo dove erano riportate le istruzioni! 
Per secoli avete onorato una scatola e non ciò che conteneva. 
È quello che succede a che nella vita si ferma all'apparenza e non va in profondità!". 

ACR, Cammino 2006-2007, Appendice 12-14 allegato A



“Cari Fratelli, forza!  La metà di noi siamo nella vecchiaia: la vecchiaia è – mi piace dirlo così – la sede della sapienza della vita. 
I vecchi hanno la sapienza di avere camminato nella vita, come il vecchio Simeone, la vecchia Anna al Tempio. 
E proprio quella sapienza ha fatto loro riconoscere Gesù. Doniamo questa sapienza ai giovani: come il buon vino, che con gli anni diventa più buono, doniamo ai giovani la sapienza della vita.
Mi viene in mente quello che un poeta tedesco diceva della vecchiaia: 
“Es ist ruhig, das Alter, und fromm”: è il tempo della tranquillità e della preghiera. E anche di dare ai giovani questa saggezza”. 

“Tornerete ora nelle rispettive sedi per continuare il vostro ministero arricchiti dall’esperienza di questi giorni, così carichi di fede e di comunione ecclesiale. 
Tale esperienza unica e incomparabile, ci ha permesso di cogliere in profondità tutta la bellezza della realtà ecclesiale, che è un riverbero del fulgore di Cristo Risorto: un giorno guarderemo quel volto bellissimo del Cristo Risorto.”

 - Papa Francesco -
discorso ai cardinali, 15 marzo 2013




Fiducia dell’anziano nel Signore

Non abbandonarmi, o Signore!
Ho bisogno di te, in questa età,
della tua grazia,
del tuo incessante aiuto,
del tuo amore!

Non abbandonarmi, Signore,
anche se ti ripugna
la mia debole fede priva di entusiasmo,
soffocata dalle quotidiane occupazioni
e da troppe distrazioni e vanità.

Signore, non abbandonarmi,
anche se ti infastidisce
la mia arida preghiera
priva di quella speranza
che è certezza di vittoria,
di quella speranza che, fiduciosa,
abbandona l'anima in te serenamente,
come un bimbo nelle braccia materne.

Signore, non abbandonarmi,
anche se ti nausea il mio animo tiepido,
immortificato, presuntuoso,
ricco di egoismo e povero d'amore.

Non abbandonarmi
nell'ora del dolore, della malattia,
della umiliazione,
finché sappia, assieme a te,
portare degnamente la mia croce.

Signore, non abbandonarmi
in balìa delle mie passioni,
anche se lo merito
per la fragilità, l'incostanza, la tiepidezza
della mia vita passata.

Non abbandonarmi, Signore,
nel giorno della tentazione
anche se tu mi vedessi scherzare
scioccamente con il fuoco.

Non abbandonarmi, ti prego,
anche nella tragica ora
in cui tentassi di liberarmi
dall'amorosa stretta delle tue braccia.

Signore, lascia che io riposi
l'anima sul tuo dolcissimo Cuore
per non separarmi giammai da te
anche a costo di qualunque sacrificio
o umiliazione, o rinuncia.

Signore, abbi pietà di me!

- Sacerdote Ferdinando Baj - 


Breviario della terza età, Ed. Salcom, anno 1989



...Un pensiero colmo di grande affetto e di profonda gratitudine rivolgo al mio venerato predecessore Benedetto XVI, che in questi anni di Pontificato ha arricchito e rinvigorito la Chiesa con il Suo magistero, la Sua bontà, la Sua guida, la Sua fede, la Sua umiltà e la Sua mitezza. 
Rimarranno un patrimonio spirituale per tutti! 
Il ministero petrino, vissuto con totale dedizione, ha avuto in Lui un interprete sapiente e umile, con lo sguardo sempre fisso a Cristo, Cristo risorto, presente e vivo nell’Eucaristia. 
Lo accompagneranno sempre la nostra fervida preghiera, il nostro incessante ricordo, la nostra imperitura e affettuosa riconoscenza. 
Sentiamo che Benedetto XVI ha acceso nel profondo dei nostri cuori una fiamma: essa continuerà ad ardere perché sarà alimentata dalla Sua preghiera, che sosterrà ancora la Chiesa nel suo cammino spirituale e missionario.....

[Papa Francesco, discorso ai cardinali, 15 marzo 2013]




























Buona giornata a tutti. :-)