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sabato 19 aprile 2025

Lamenti del Signore

 Io per te ho flagellato l'Egitto e i primogeniti suoi
e tu mi hai consegnato per esser flagellato.
Popolo mio, che male ti ho fatto?
In che ti ho provocato? Dammi risposta.
Io ti ho guidato fuori dall'Egitto
e ho sommerso il faraone nel Mar Rosso,
e tu mi hai consegnato ai capi dei sacerdoti.
Io ho aperto davanti a te il mare,
e tu mi hai aperto con la lancia il costato
Io ti ho fatto strada con la nube,
e tu mi hai condotto al pretorio di Pilato
Io ti ho nutrito con manna nel deserto,
e tu mi hai colpito con schiaffi e flagelli.
Io ti ho dissetato dalla rupe con acqua di salvezza,
e tu mi hai dissetato con fiele e aceto.
Io per te ho colpito i re dei Cananei,
e tu hai colpito il mio capo con la canna
Io ti ho posto in mano uno scettro regale,
e tu hai posto sul mio capo una corona di spine.
lo ti ho esaltato con grande potenza,
e tu mi hai sospeso al patibolo della croce.



«Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti»
Isaia 53,2-5




...La Croce di Gesù è il segno supremo dell’amore di Dio per ogni uomo, è la risposta sovrabbondante al bisogno che ha ogni persona di essere amata. Quando siamo nella prova, quando le nostre famiglie si trovano ad affrontare il dolore, la tribolazione, guardiamo alla Croce di Cristo: lì troviamo il coraggio per continuare a camminare; lì possiamo ripetere, con ferma speranza, le parole di san Paolo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? 
Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,35.37)....

- Papa Benedetto  XVI -
dalla "Via Crucis del 06 aprile 2012"


La colomba di Pasqua 

La colomba è uno dei simboli pasquali per eccellenza tanto da essere diventata anche un dolce della tradizione italiana, con impasto molto simile a quello del panettone natalizio. Nel simbolismo cristiano, la colomba pasquale è segno di pace e fratellanza e sembra abbia origini molto antiche, non ben verificabili. Si narra che questo tipico dolce risalga al periodo medioevale quando i Barbari, sotto il comando del Re Alboino, scesero in Italia per conquistare Pavia. Un assedio di tre anni che terminò con la resa della città lombarda, il giorno della vigilia di Pasqua dell'anno 572. Quando Re Alboino entrò in città, gli andò incontro un artigiano che portava in dono quattro particolari pani a forma di colomba: essi piacquero tanto al Re che promise di rispettare la città (che elesse a capitale del Regno longobardo) e i suoi abitanti. Negli anni ‘30 del Novecento, fu il pubblicitario Dino Villani (che lavorava per la ditta Motta) ad avere l’idea di proporre un dolce per il periodo pasquale. La proposta fu di utilizzare l’impasto dei panettoni, sfruttando gli stessi macchinari già in uso e dando la forma di una colomba, rivestita di glassa all’amaretto e mandorle. Il dolce ebbe un grande successo e da allora è parte della nostra tradizione culinaria.



Buona giornata a tutti. :-)

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martedì 15 aprile 2025

Ernest Hello - Frere Roger Schutz


Qui sul serio impariamo.

Quaggiù l’amore richiama sempre il dolore. Non è possibile amare, amare sul serio, amare totalmente, senza esporsi con questo ai morsi della sofferenza. E, anzi, la misura dell’amore è proprio data dalla disponibilità a patire per chi si ama. 

La croce perciò è sì misteriosa conseguenza del male che si annida nei nostri cuori, ma prima ancora è il prodigio dell’amore di Gesù verso il Padre e verso di noi. 

Impariamo che cosa voglia dire davvero amare: non vuol dire abbandonarsi a facili svenevolezze e a impegni puramente verbali, non vuol dire cercare il proprio appagamento nel possesso della persona amata; vuol dire essenzialmente donarsi, anche quando la donazione significa rinuncia, fatica, immolazione. 

Impariamo che, se diventa espressione dell’amore, perfino la più umiliante delle sofferenze è preziosa, ricca di senso, carica di una grazia che è sempre rinnovatrice. 

Impariamo che anche la morte, quando è sperimentata, in conformità con la volontà del Padre, come il punto estremo e più alto della carità, diventa non solo il passaggio obbligato a una condizione più gioiosa e più intensa, ma anche l’inizio, la ragione, la fonte della vittoria della vita. 

Non c’è, per la nostra esistenza cristiana, lezione più alta e più rilevante, più difficile e più benefica di questa che ci viene dal Crocifisso.


cardinale Biffi

(Venerdì santo 1990)


Caravggio.  L'incoronazione di spine


Fa' il mio cuore ricco di amore

Fa' il mio cuore come il cuore del Figlio tuo; così largo e così ricco di amore; che i miei fratelli... che uno almeno, nella mia vita, venga per questa via, a comprendere che tu lo ami. Dio del mio Signore Gesù Cristo, che io ti possa trovare nel suo cuore

- Karl Rahner - 

Tu sei il silenzio, ed. Queriniana


Buona giornata a tutti :-)


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lunedì 14 aprile 2025

Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo - Centro Missionario Diocesano, Verona

          Amico, io vado in cerca di una croce.
Vedi, ho un Cristo senza croce,
l’ho acquistato presso un antiquario.
Mutilato e bellissimo. Ma non ha croce.
Per questo mi si è affacciata un’idea.
Forse tu hai una croce senza Cristo.
Quella che tu solo conosci.
Tutti e due siete incompleti.
Il mio Cristo non riposa perché gli manca una croce.
Tu non sopporti la croce, perché le manca Cristo.
Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo.
Ecco la soluzione: perché non li uniamo e li completiamo?
Perché non dai la tua croce vuota a Cristo?
Ci guadagneremo tutt’e due. Vedrai.
Tu hai una croce solitaria vuota, gelata, paurosa, senza senso: una croce senza Cristo.
Ti capisco: soffrire è illogico.
Non comprendo come hai potuto sopportare così a lungo.
Una croce priva di Cristo è una tortura,
il principio logico della disperazione.
Hai il rimedio tra le mani. Non soffrire più solo.
Su, dammi questa croce vuota e solitaria. Dammela.
Ti darò in cambio questo Cristo mutilato,
senza riposo, né croce.
La tua croce non è più solamente tua;
è anche e nello stesso tempo la croce di Cristo.
Su, prendi la tua croce, amico; la tua croce con Cristo.
Non sarai più solo a soffrire.
La porterete in due, il che vuol dire dividerne il peso.
E finirai per abbracciare e amare la tua croce,
una volta che Cristo sarà in essa.

- Centro Missionario Diocesiano, Verona - 



Preghiera a Tommaso - Paolo Curtaz

Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro comune amico Giovanni ti abbia soprannominato "didimo", cioè gemello: davvero mi assomigli. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che –come te- non si sono ancora arresi al Signore.
Tommaso, patrono degli sconfitti, prega per noi. 
Quando ci scandalizziamo dell'incoerenza della Chiesa, quando ci sembrano troppo grosse le sue fragilità, quando non ci sembra possibile che tanta gloria sia affidata a tanta povertà, prega per noi. 
Facci capire che uno dei modi per riconoscere la presenza del risorto, misterioso ospite delle nostre vite, ora, è anche la sofferenza. 
Facci comprendere che anche una vita sconfitta può incontrare la gloria del risorto, che il grande popolo dei perdenti ha un patrono e un Signore. 
Tommaso, nostro gemello, aiutaci ad osare anche quando sembra inutile, a fissare lo sguardo altrove quando la pesantezza della vita e del peccato ci schiantano a terra, a lavorare per la costruzione del Regno sapendo che il mondo è già salvo, ma non lo sa.

-  Paolo Curtaz -

 “Incredulità di San Tommaso” Michelangelo Merisi da Caravaggio
È conservato alla Bildergalerie nel parco di Sanssouci a Potsdam.


Discernimento nella gioia

Una delle regole fondamentali per il discernimento degli spiriti potrebbe essere dunque la seguente: dove manca la gioia, dove l'umorismo muore, qui non c'è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo. 

E viceversa: la gioia è un segno della grazia. Chi è profondamente sereno, chi ha sofferto senza per questo perdere la gioia, costui non è lontano dal Dio del vangelo, dallo Spirito di Dio, che è lo Spirito della gioia eterna.

- papa Benedetto XVI -
da: "Il Dio di Gesù Cristo"




Sorgi,risplendi,poichè la tua luce é giunta, e la gloria del Signore é spuntata sopra di te! (Isaia 60,1)



Buona giornata a tutti :-)

martedì 11 marzo 2025

La missione di Angiolino

 Angiolino era preoccupato. L'Eterno Padre gli aveva assegnato la missione di consolare il suo Figlio agonizzante. "Di che cosa potrà mai aver bisogno il Signore?", pensava tra sé. 
In un baleno lasciò la Gloria del Paradiso, raggiunse la Palestina, si diresse verso Gerusalemme e deviò sul Getsemani. 
Là si arrestò pieno di stupore: lo stesso Dio che aveva contemplato sfolgorante d'infinita gloria, quello stesso Dio davanti al quale stava sempre in adorazione, ora era lì, al buio, prostrato a terra, tutto tremante e angosciato. «Devo assolutamente trovare qualcuno che lo possa consolare!», si disse dirigendosi verso gli Apostoli. «Sicuramente loro sono disposti ad aiutarmi: hanno ricevuto tanti insegnamenti e hanno visto tanti miracoli!». Ma i Discepoli dormivano. 
«Che delusione! Forse tra i miracolati troverò qualcuno disposto a consolarlo!». Il povero Angiolino girò tutta la Giudea: visitò ciechi che vedevano, storpi che camminavano, sordi che sentivano, ma tutti erano intenti a festeggiare la Pasqua. 
«Tutti pensano a festeggiare e non c'è nessuno che pensi al Signore! Vorrà dire che andrò avanti e indietro nel tempo radunando le anime sante del passato e del futuro!». 
Angiolino non ci mise molto: con una velocità supersonica portò un esercito di anime. Tra quelle del passato si distingueva il Re Davide, il profeta Isaia, Mosè, Geremia e tutti gli altri profeti. Brillavano con una luce tutta speciale san Giuseppe e san Giovanni Battista. 
Tra le anime del futuro c'erano gli Apostoli ormai diventati coraggiosi, schiere sterminate di martiri, di vergini e di confessori. Si vedeva santa Chiara che commossa sussurrava: «Era tutta la vita che chiedevo questa grazia...», accanto a lei c'era san Francesco, sant'Antonio, santa Veronica, poi san Domenico, santa Caterina da Siena, santa Gemma, san Giovanni Bosco, san Massimiliano Maria Kolbe... e San Pio che confuso e profondamente commosso assumeva su di sé la pesantissima Croce, condividendo con Cristo le atroci sofferenze della Passione. 
Gesù ne ebbe un gran sollievo, ma la visione delle numerosissime anime che avrebbero disprezzato il suo Sacrificio lo prostrava e addolorava ancora profondamente. 
Allora, Angiolino come un lampo si diresse verso la casa dell'Immacolata. La Signora stava offrendo tutto con Gesù. «Mia dolce Regina, non volevo disturbarti, perché so che stai soffrendo molto e avresti bisogno di essere consolata tu stessa, ma sei l'unica che può aiutarmi!». 
«Angiolino caro, in questo momento l'unica mia consolazione è proprio quella di poter consolare Gesù! Su, presto! Torna nell'Orto degli Ulivi e portagli il mio Cuore!». 
Angiolino tutto tremante prese quel preziosissimo Cuore nelle sue mani di luce e lo portò subito a Gesù.

- Miriam Soter -



Il leccio è un albero grande e longevo, sempreverde e ornamentale, originario dell'area del Mediterraneo. 
Appartiene al genere della quercia e, per la sua bellezza decorativa, è utilizzato per vari impieghi: per arricchire giardini boscosi o creare viali alberati, ma produce anche un ottimo legname. 
Il leccio è un albero di media grandezza dalla chioma verde scuro assai fitta, una corteccia quasi nera, dalla ricca produzione di ghiande. 
Esso ha radici molto forti che scavano nel terreno in profondità, infatti ha un’ottima resistenza alla siccità, perché riesce a procurarsi l'umidità necessaria grazie al suo apparato radicale. 
Nell’antichità, Ovidio raccontava che le api, simbolo delle anime immortali, si posavano su questo albero, apprezzandone l’infiorescenza giallo oro. Inoltre, attirando i fulmini, si credeva che il leccio possedesse funzione oracolare. 
Plinio scriveva che sul colle Vaticano cresceva il leccio più vecchio della città con un’iscrizione su bronzo in caratteri etruschi: segno di come l’albero fosse già oggetto di venerazione. 
Un’altra leggenda giunta fino a noi racconta che, quando il Cristo fu condannato a morte, i carnefici si recarono nel bosco per prendere del legno per poter costruire la croce e il leccio solo offrì il suo legno per la Passione di Cristo. 
Il beato Egidio, compagno di san Francesco, ci dice che Gesù prediligeva il leccio, perché fu l’unico albero a capire che doveva sacrificarsi, in modo che si compisse la Redenzione.



Il simbolo del coniglietto

Uno dei simboli pasquali per eccellenza è il coniglio. Diverse sono le storie che riguardano l’origine di questa tradizione. Si narra che sia nata dai riti pre-cristiani basati sulla fertilità che vedevano nel coniglio e nella lepre, animali molto fertili, i simboli del rinnovamento della vita, rinnovamento che si ha con l’inizio della stagione di primavera. 
Un’altra leggenda vuole che sant’Ambrogio abbia indicato la lepre come simbolo di Resurrezione a causa del suo manto in grado di cambiare colore secondo le stagioni. 
Questo suo variare secondo il ritmo della natura fu collegato al concetto di rinascita e quindi a quello della Resurrezione. 
Il coniglio come simbolo pasquale fu introdotto, per la prima volta, in Germania, nel XV secolo, con la preparazione di dolcetti a forma dell’animale. Furono le stesse popolazioni europee, a seguito dei flussi migratori, a diffondere la tradizione anche in America dove il coniglietto pasquale è chiamato “Easter Bunny”.



In preparazione a questa settimana Santa scopriamo il silenzio: ascoltare in silenzio, meditare in silenzio; e allargare il cuore sul mondo, in silenzio. Cessiamo di fare chiasso, cessiamo di non sciupare e di rovinare la grazia, nel tempo in cui Dio tenta di salvarci e di salvare il mondo. 
In questi giorni la Parola di Dio si intensificherà affinché i nostri occhi non si stacchino da Gesù, ma lo seguano passo dopo passo per apprendere dai suoi gesti il suo amore per tutti noi. 
E solo guardando il suo viso sulla croce potremo incontrare i suoi occhi affranti dal dolore, ma sempre pieni di Misericordia e di affetto, che ci guarderanno come guardarono Pietro, che pure lo aveva tradito, e sentiremo nel profondo del cuore un nodo di dolore e di tenerezza assieme, e inizieremo a seguirlo con un cuore nuovo.



Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione
prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici
e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato,
del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio,
finché tutti abbiano capito nel mio
il tuo Amore.

- Madeleine Delbrel - 



Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 5 marzo 2025

Otto consigli sulla confessione offerti da san Francesco di Sales

 Prima di realizzare una confessione, bisogna essere consapevoli di quello che diremo.
Come sappiamo, la confessione è il sacramento della Riconciliazione. 
Prima di confessarci, dobbiamo essere consapevoli di ciò che diremo, ovvero dobbiamo compiere uno sforzo per ricordare tutti i peccati commessi, sia volontariamente che involontariamente, nella nostra vita (esame di coscienza).
Occorre come ripercorrere la nostra vita alla luce della Parola di Dio, dei comandamenti dell’Amore di Dio, e non solo le cose avvenute dopo l’ultima confessione, ma anche quelle che non abbiamo detto per omissione o dimenticanza.

Ecco 8 buoni consigli lasciatici da un grande santo di Dio: san Francesco di Sales. Speriamo che siano di vostro aiuto.

1.- Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni e, se puoi, ogni volta fai la Comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli…
2.- Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.
3.- Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo meccanico, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. 
Ti spiego meglio il perché: dicendo questo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. 
Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza. Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; cerca di capire bene il motivo!
4.- Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ha spinto a commetterli.
5.- Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine.
6.- Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via. Dì se sei caduto molte volte in questa mancanza, perché la durata aumenta il peccato, perché c’è grande differenza tra una vanità passeggera e quella che si è stabilita nel nostro cuore da qualche tempo. Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!
7.- Bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.
8.- Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.
“La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato” 

- San Francesco di Sales - 
(1608). Introduzione alla vita devota. La santa confessione (capitolo XIX)



Cercate di fare bene oggi senza pensare al giorno seguente, poi, il giorno seguente, cercate di fare lo stesso. 

- San Francesco di Sales - 




“La tradizione vostra dei cappuccini è una tradizione di perdono”, ha esordito il Papa. E richiamando i Promessi Sposi di Manzoni, ha aggiunto: “Oggi ci sono tanti bravi confessori ed è perché si sentono peccatori come il nostro fra’ Cristoforo: sanno che sono grandi peccatori. Davanti alla grandezza di Dio chiedono: ascolta e perdona. Perché sanno pregare, così sanno perdonare”….
“Io – ha detto Francesco a braccio – vi parlo come fratello e in voi vorrei parlare a tutti i confessori in quest’anno della misericordia: il confessionale è per perdonare e se tu non puoi dare l’assoluzione per favore non bastonare”. La gente, infatti, “viene a cercare pace per la sua anima”, perciò è necessario “che trovi un padre che dia pace, e gli dica: Dio ti vuole bene…”.

- papa Francesco ai frati cappuccini -
Messa in Basilica Vaticana, 9 febbraio 2016


 Nei Vangeli si parla più di misericordia che di peccato e bisogna ritrovare l'idea che l'incontro sacramentale tra il presbitero e il penitente non è come quello che si attua in tribunale, ma ha un carattere intimo e raro come gli incontri di tenerezza e di amore.  

-fratel Michael Davide -
da: "Vivere il perdono"


Buona giornata a tutti. :-)











venerdì 5 aprile 2024

A coloro che soffrono nel corpo – don Tonino Bello

 Carissimi,

non scrivo per consolarvi. Anche perché so bene quanto fastidio vi diano le declamazioni di coloro che, sentendosi sempre in dovere di spendere qualche buona parola con voi, ricorrono ai prontuari dei più indisponenti fraseggi.
Non è di compatimento che avete bisogno. 
Prima di tutto, perché il compatimento è una spartizione fittizia del dolore. Poi, perché vi toglie la fierezza di rimaner soli sulla croce. E infine, perché rischia di fermarsi alla soglia delle parole. 
Al paraplegico che sta inchiodato su una sedia a rotelle, che sollievo può dare il sermone di circostanza fatto da chi magari, subito dopo, deve correre in palestra per una partita di basket?
All’handicappato che ti interpella sui grandi perché della vita, e vuoi rendersi conto delle ragioni misteriose che stanno all’origine della sua sfortuna, che conforto possono recare i luoghi comuni tratti dai repertori della compassione?
A chi è ridotto all’impotenza da una malattia irreversibile o da un improvviso declino della salute o da un fatale incidente sulla strada, e ti pone la scomoda domanda del «che ci sto a fare più sulla terra», quale aiuto possono dare le tue maldestre citazioni bibliche?
Davanti a chi soffre come voi, l’atteggiamento più giusto sembrerebbe quello del silenzio.
Però, anche il silenzio può essere frainteso o come segno di imbarazzo, o come tentativo di rimozione del problema.
E allora, tanto vale parlarne. Semmai, con pudore. Chiedendovi scusa per ogni parola di troppo. Come, per esempio, una parola di troppo potrà sembrare il segreto che vi confido sulla mia consuetudine con questa preghiera che recito ogni mattina:
“Padre mio, io mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto. Accetto tutto. Purché la tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle tue mani. Senza misura, con infinita fiducia. Perché tu mi sei padre”.
E’ una preghiera difficile, lo ammetto. Forse è stata difficile anche per Charles de Foucauld che l’ha composta. Questo brillante ufficiale di cavalleria, amante della vita eppure spinto a fare un cammino di conversione nelle aridità del deserto, non poteva mai immaginare che un giorno sarebbe caduto assassinato da un beduino mentre era assorto in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Ebbene, ciò che l’ha reso celebre non è stato il suo martirio, quanto quella preghiera di abbandono.
È una preghiera difficile, lo ammetto.
Forse è difficile pure per voi, piagati nei corpo, che tremate a pronunciarla anche dopo che la prova vi è già caduta addosso. Tutto sommato, potrebbe essere una preghiera di comodo, sapendo che a ribellarvi non è che cambiereste la vostra situazione, anzi, accettandovi, potreste cambiare addirittura in preziosissimi assegni circolari le stigmate del vostro fallimento umano.
Ma quando si soffre, è difficile fare di necessità virtù, se non viene una forza dall’alto. Al massimo, ci si può rassegnare. Stoicamente. Col sarcasmo sulle labbra, che spesso è peggio della bestemmia.
Ed eccomi allora chiamato dal mio dovere di vescovo ad additarvi con fermezza lo scandalo della Croce. Dire che col vostro dolore contribuite alla salvezza del mondo, può sembrarvi letteratura consolatoria. Ricorrere alle frasi fatte degli occhi che vedono bene solo attraverso le lacrime, può essere inteso, se non proprio come un insulto gratuito, almeno come un ritrovato sterile della saggezza umana. Accennarvi che, in fondo, ognuno si porta dentro il suo carico di dolori e che, tutto sommato, non siete poi così soli come sembra, potrebbe accrescere il vostro sdegno. Aggiungere che un giorno sarete schiodati pure voi dalla croce, può apparire uno scampolo di quell’eloquenza mistificatoria che non convince nessuno.
Ma dirvi che sulla croce un giorno ci è salito un uomo innocente, e che sul retro della croce c’è un posto vuoto dove un altro innocente è chiamato a far compagnia ai rantoli di Cristo, appartiene al messaggio inquietante, eppur dolcissimo, che un ministro della Parola non può nè accorciare nè mettere tra parentesi.
Quel posto è tuo, Ignazio, paralizzato per sempre; e di nessun altro. E tuo, Ruggero, che ti trascini a tentoni per la casa e mugoli parole indistinte. Chiamalo, il tuo Signore: è un nome breve. Non può non sentirti: è inchiodato appena dietro dite. Quel posto è tuo, Giuseppe, che ti portano da una clinica all’altra per un male incurabile e hai solo trent’anni: non fare lo sbaglio di rinunciare a quel posto. E tuo, Nadia, splendida bambina: non cederlo a nessuno.
Forse un giorno quel posto sarà mio. O lo è già da adesso, ed è solo l’esemplarità del vostro martirio più grande che me ne rende agevole il tormento. Non fosse altro che per questo, vorrei dirvi: grazie!
Ma grazie soprattutto perché, se è vero che dobbiamo adorare e benedire Gesù Cristo che con la sua santa croce ha redento il mondo, è altrettanto vero che, in cooperativa con lui, voi ci avete comprato le gioie che fanno fremere il mondo: le sue canzoni, le sue attese di libertà, le sue esplosioni di luce, i suoi tripudi di vita, le sue ansie di festa senza tramonti, le sue speranze di cieli nuovi e terre nuove.
Sapete che vi dico?
Il mattino di Pasqua, nella corsa verso il sepolcro, voi sarete più veloci di tutti, e ci precederete come Giovanni. E forse vi fermerete sulla soglia, per farci vedere «le bende per terra e il sudano piegato in disparte».
E l’ultima carità che ci aspettiamo da voi.
Un abbraccio.


- Don Tonino Bello - 
Da: “Pietre di scarto”, ed. La Meridiana 1993


"L'amore di Dio si rivela attraverso segni che dapprima non comprendiamo, ma che in seguito rivelano la grandezza del suo disegno". 

- Don Tonino Bello -



La vita senza Dio non funziona, perché manca la luce, perché manca il senso di cosa significa essere uomo. 
I comandamenti non sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita, ma indicatori per trovare una vita piena. 
La disciplina allarga la vita e la fatica dà profondità alla vita e contribuisce a creare un mondo migliore»

Papa Benedetto XVI, 18 marzo 2007


Santa Maria, Vergine della notte,
noi t'imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore,
irrompe la prova,
sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza
il cielo nero degli affanni,
o il freddo delle delusioni
o l'ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell'ora del nostro calvario,
Tu, che hai sperimentato l'eclissi del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile
la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di Madre
la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia
nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla,
perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi
la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte
a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell'oscurità
ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche Tu,
Vergine dell'Avvento,
stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto
si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l'aurora.
 Amen


- don Tonino Bello -




Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 1 aprile 2024

Vogliamo venire dietro a te, Gesù - Madre Anna Maria Cànopi

                                         Noi vogliamo venire dietro a te, Gesù.
Vogliamo continuare a seguirti, 
passo, passo,
sulla via della Croce portando nel cuore 
ogni fratello come amico.
Noi vogliamo essere per te amici fedeli ma tu,
Signore Gesù,
non permettere che ci lasciamo afferrare 
dalla paura e dalla stanchezza.
Infondici l'ardore del tuo Spirito
per aderire a Te e con Te
dare la vita in forza di quell'amore più grande 
che abbraccia ogni creatura.
Amen.

- Madre Anna Maria Cànopi - 



"Il bene più grande che l'Eucarestia attua in chi la riceve è il dono dell'unità. Già i primi cristiani avevano espresso in modo suggestivo il rapporto fra i molti chicchi che formano un solo pane per indicare che i fedeli dispersi in tanti luoghi sono chiamati a divenire "uno" nutrendosi del Pane della vita: il corpo di Cristo. 
Non si tratta tuttavia soltanto di un'immagine. 
La nostra unione con Cristo è ancora più forte: ci rende veramente il suo stesso corpo; per questo ogni divisione, ogni dissidio fra cristiani è contrario al segno eucaristico, lo ferisce profondamente. 
Sostare in adorazione davanti al Santissimo Sacramento ci interroga sul nostro desiderio di unità. 
Non possiamo amare Cristo senza essere ricercatori appassionati di comunione con i fratelli. 
E' questo anche il desiderio più ardente di Gesù espresso nella sua preghiera: "Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato" (Giovanni 17: 20)". 

- Madre Anna Maria Canopi - 
da: "L'adorazione eucaristica", Edizioni Paoline, Pagine 29 e 30



La luce che risplende nel cuore di coloro che cercano Dio è una lampada che illumina la Chiesa e gli uomini.

- Anna Maria Cànopi -
da: "Ogni giorno sorgerà il sole"



Sole senza tramonto

O Cristo, Pane vivo disceso dal cielo,
o grande Sole che mai tramonta all'orizzonte
della Chiesa e del mondo, rendici capaci di rimanere con te
in silenzio di amore e di adorazione.

Esposti ai tuoi raggi divini
saremo pienamente trasformati in te finché
tutto il creato divenga eucaristia
e l'inno cosmico di rendimento
di grazie al Padre, Amore che ti ha
donato, diventi pura lode nel silenzio.

Amen.

 - Madre Anna Maria Cànopi -




Buona giornata a tutti. :-)