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sabato 9 agosto 2014

Nuova coscienza - Tiziano Terzani -

Sono convinto che ormai, in giro per il mondo, fra la gente più diversa, sta crescendo una nuova coscienza di che cosa è sbagliato e di che cosa va fatto. Questa nuova coscienza, a mio parere, è il grande bene del nostro tempo.
Va coltivata. 
La soluzione è dentro di noi, si tratta di conquistarla facendo ordine, buttando via ciò che è inutile e arrivando al nocciolo di chi siamo. 
Più che assaltare le cittadelle del potere, si tratta ormai di fare una lunga esistenza. 
Bisogna resistere alle tentazioni del benessere, alla felicità impacchettata; bisogna rinunciare a volere solo ciò che ci fa piacere. 
La strada da percorrere è ovvia: dobbiamo vivere più naturalmente, desiderare di meno, amare di più e anche i malanni diminuiranno. 
Invece che cercare medicine per le malattie cerchiamo di vivere in maniera che le malattie non insorgano.
E soprattutto basta con le guerre, con le armi.
Basta coi nemici. Bisogna riportare una dimensione spirituale nelle nostre vite ora intrappolate nella pania (pancia n.d.r.) della materia. 
Dobbiamo essere meno egoisti, meno presi dall'interesse personale e più dedicati al bene comune.


- Tiziano Terzani - 





La vera conoscenza non viene dai libri, neppure da quelli sacri, ma dall'esperienza. Il miglior modo per capire la realtà è attraverso i sentimenti, l'intuizione, non attraverso l'intelletto. L'intelletto è limitato.

(Tiziano Terzani)




Nel fondo del cuore di tutti, c'è chiaro cosa è giusto e cosa non è giusto, cos'è il bene e cos'è il male, cos'è che dobbiamo fare, e non secondo una regola di un partito o di una religione, ma del cuore che è uguale per tutti..

- Tiziano Terzani - 




I miracoli esistono e sono miracoli perchè capitano una volta ogni tanto, perchè sono qualcosa di insolito, qualcosa che non capiamo, perchè sono un'eccezione alla regola del non-miracolo.



Buona giornata a tutti :-)

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sabato 26 luglio 2014

La città smemorata – don Bruno Ferrero -

Una volta, in una piccola città, uguale a tante altre, cominciarono a succedere dei fatti strani. 
I bambini dimenticavano di fare i compiti, i grandi si dimenticavano di togliersi le scarpe prima di andare a dormire, nessuno si salutava più. 
Le porte della chiesa rimanevano chiuse. Le campane non suonavano più. Nessuno sapeva più le preghiere. 
Un lunedì mattina, però, un maestro domandò ai suoi alunni: "Perché ieri non siete venuti a scuola?" 
"Ma ieri era domenica!" risposero gli scolari, "La domenica non c'è scuola". 
"Perché?", chiese il maestro. 
Gli alunni non seppero che cosa rispondere. 
Si avvicinava il Natale. 
"Perché suonano questa musica dolce?". 
"Perché sull'albero ci sono le candele?". 
Nessuno lo sapeva. 
Due amici avevano litigato: si erano insultati fino a diventare rauchi. 

"Ora non ho più nessun amico", pensava tristemente uno di loro il giorno dopo. 
E non sapeva che cosa fare. 
La piccola città si faceva sempre più grigia e triste. La gente diventava ogni giorno più egoista e litigiosa. 
"Ho l'impressione di aver dimenticato qualcosa", ripetevano tutti. 
Un giorno soffiava un forte vento tra i tetti, così forte da smuovere le campane della chiesa. 
La campana più piccola suonò. 
Improvvisamente la gente si fermò e guardò in alto. E un uomo per tutti esclamò: "Ecco che cosa abbiamo dimenticato: Dio!". 

Se c'è speranza in questo mondo è solo perché risuona ancora il nome di Dio. Milioni e milioni di persone gettano su questo nome le gioie e le paure della propri a esistenza. E' l'unico nome che porta su di sé il peso dell'umanità e che dà un senso a tutto.
Anche per questo non possiamo rinunciare a pronunciarlo con rispetto e fiducia.

(don Bruno Ferrero)
Fonte:  Cerchi nell'acqua di don Bruno Ferrero



Il fulmine


Durante la celebrazione della Messa domenicale, scoppiò improvvisamente un violento temporale. Un fulmine colpì il campanile e fece tremare le pareti della chiesa, che era gremita di gente.
Il celebrante, visibilmente scosso, si rivolse ai fedeli: "Interrompiamo un attimo la Messa", disse. "E mettiamoci a pregare...".

L'abitudine impolvera, incrosta, spegne anche le cose più belle e più grandi. E si finisce a farle "per finta".


Don Bruno Ferrero
Fonte “ A volte basta un raggio di sole”




Tutto dipende dal fatto che noi preghiamo veramente: che facciamo diventare le cose che diciamo verità per noi ed in noi; che la nostra fede sia la verità della nostra vita e non una dispensa per il tempo del bisogno.

- Adrienne von Speyr - 
da Esperienza di preghiera




Il cristiano, più che persuasivo, dovrebbe essere contagioso.


- Paul Claudel -




























Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 13 giugno 2014

"Si quaeris miracula” – Il responsorio di S.Antonio da Padova -

In tutto il veneto era comune, per tutti i bisognosi d’aiuto, affidarsi a “S.Antòne” per ritrovar ciò che si aveva smarrito.

Recitando ad alta voce il canto si invoca il Santo che ci aiuterà.


Si quaeris miracula
mors, error, calamitas,
demon, lepra fugiunt
aegri surgunt sani.

Cedunt mare, vincula
membra, resque perditas,
petunt et accipiunt
juvenes et cani.

Pereunt pericula,
cessat et necessitas,
narrent hi qui sentiunt,
dicant Paduani.

Cedunt mare, vincula, ect.

Gloria Padri et Filio et Spiritui Sancto.

Cedunt mare, vincula ecc.



Se miracoli tu brami,
fugge error, calamità,
lebbra, morte, spirti infami
e qualunque infermità.

Cede il mare e le catene
trova ognun ciò che smarrì
han conforto nelle pene
vecchi e giovani ogni dì.

I perigli avrai lontani,
la miseria sparirà;
ben lo sanno i Padovani,
preghi ognun e proverà!

Cede il mare e le catene…

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo

Amen

Questa preghiera di lode - o Responsorio - in onore di Sant'Antonio da padova, fu composta da Fra Giuliano da Spira. Il Responsorio fa parte dell'Ufficium Rhythmicum S.Antonii, che risale al 1233, due anni dopo la morte del Santo. E' cantato nella Basilica di Sant'Antonio da Padova ogni martedì.

Responsorio antico di Sant’Antonio 

Sant Antonio mio benegno
di pregarti non son degno;
come nostro protettore
prega Dio Salvatore

per tua vita e castità
molte grazie Dio ci da:
per virtù del Dispensorio
facci grazia sant Antonio.

Sant Antonio giglio giocondo
nominato per tutto il mondo
chi lo tiene per suo avvocato
da Sant Antonio sarà aiutato

Sant Antonio che leggeva
Sopr’ jo libro ci appareva;
era Cristo suo divino
che era in forma di Bambino

mentre l’Ufficio si diceva
tra le mani gli fioreva
‘no beglio fiore bianco giglio
liberaci Sant Antonio d’ogni periglio.

pe la róbba che perdemo
a Sant Antonio ricoremo,
ché sta scritto al tabernacolo
Sant antonio fa miracolo.

E miracolo facesti
e tuo padre liberasti
che a morte fu condannato
e dalle tue mani fu liberato.

Dai nemici e da ogni fóco
Sant Antonio ci dia lóc.



Quando sopra la faccia dell'abisso cioè del cuore, ci sono le tenebre del peccato mortale, l'uomo è vittima della mancanza della conoscenza divina e dell'ignoranza della propria fragilità, e non sa più distinguere tra il bene e il male.

- Sant’Antonio da Padova -



Come l'uomo esteriore vive di pane materiale, così l'uomo interiore vive del pane celeste, che è la Parola di Dio.

- Sant'Antonio di Padova -


Lode e gloria a te, o Vergine beata, che oggi ci hai colmati di bontà, dandoci il Figlio tuo.
Prima eravamo vuoti, ed eccoci ricolmi; eravamo infermi, ed eccoci risanati; eravamo maledetti, e ora siamo benedetti. Ecco la bontà, ecco il Paradiso: il Figlio tuo!

Sant'Antonio di Padova



Buona giornata a tutti :-)






lunedì 31 marzo 2014

Sant'Antonio da Padova ci aiuta per la Quaresima -

Come nelle mani ci sono dieci dita, così dieci sono le specie di mortificazione:

1. La rinuncia alla propria volontà,
2. l’astinenza dal cibo e dalla bevanda,
3. la rigorosità del silenzio,
4. le veglie di preghiera durante la notte,
5. l’effusione delle lacrime,
6. il dedicare un congruo tempo alla lettura,
7. darsi da fare con fatica del corpo,
8. la generosa partecipazione alle necessità del prossimo,
9. il vestire dimessamente,
10. il disprezzo di se stessi.
         
                     S.Antonio di Padova, Serm. Dom. di Pentec.,1§7


Il digiuno di Cristo, durato quaranta giorni e quaranta notti, ci insegna in quale modo possiamo fare penitenza per i peccati commessi e come dobbiamo comportarci per non ricevere inutilmente la grazia di Dio. Ci dice l'Apostolo: «Vi esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio. Dice infatti il Signore per bocca di Isaia: Al momento favorevole ti ho esaudito, e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2Cor 6,1-2; cf. Is 49,8). (Dom. I quar. §20)



Fa' attenzione che la soddisfazione, cioè la penitenza, consiste in tre cose: nell'orazione per ciò che riguarda Dio, nell'elemosina per ciò che riguarda il prossimo, e nel digiuno per ciò che riguarda noi stessi, affinché la carne, che nel piacere ha condotto al peccato, nell'espiazione e nella sofferenza conduca al perdono.
Si degni di concedercelo colui che è benedetto nei secoli. Amen. 

(sermone Merc. Ceneri §10)


Il nostro caro sant'Antonio, santo veramente adatto alla Quaresima perché - come tutti i santi francescani - sempre dedito alla conversione e alla penitenza, ci spiega almeno dieci modi diversi per dedicarsi a qualche esercizio penitenziale. 
La "disciplina della mortificazione", sebbene faticosa, non dev'essere per forza noiosa! 

La fantasia dei santi può aiutare anche noi a scegliere qualche modo adatto per preparaci alla Pasqua, oppure a renderci conto che ciò che già facciamo ha un valore aggiunto se lo offriamo con intenzione di riparazione per i peccati.


Buona giornata a tutti :-)

giovedì 13 giugno 2013

Preghiera a Sant’Antonio nell’afflizione, intercessione -

Amorosissimo Sant’Antonio, tenero protettore delle anime afflitte,
io mi prostro umilmente davanti alla tua immagine con il cuore straziato.
Nella piena dei mali che mi opprimono a chi posso rivolgermi per avere tranquillità e pace, se non a te che sei lo speciale ritrovatore delle cose perdute?
E qual motivo di confidenza e di speranza non devo avere in te che tutti invocano il Santo dei miracoli?
Nello splendore della gloria, ove Dio volle premiare le tue eroiche virtù,
non puoi dimenticare chi soffre.
Mentre sulla terra fosti tutto carità per il prossimo, e per accorrere in suo aiuto  rompesti spessissimo le leggi della natura e operasti i più insigni prodigi, è possibile che ora, e solamente per me,tu abbia a negare la tua intercessione?
Il mondo abbandona i suoi amici nel tempo della sventura!
Per te, tenerissimo amico di Dio, è questo il tempo  in cui concedi più spesso i tuoi soccorsi.
Ebbene, caro Santo, tu vedi quali pene io soffra e quali angustie mi opprimono.
Sii, te ne prego, il mio amoroso e potente protettore:
sollevami da tanti affanni, perché io non ne posso più!
Vedi che sono in procinto di soccombere sotto il peso di tante sventure che mi tormentano e di tanti nemici che mi assediano.
Intorno a me non veggo che tenebre, desolazione e tempeste:
un raggio di speranza lo trovo solo nel tuo valevole patrocinio.
Potresti lasciarmi deluso?
Se Dio, per i suoi imprescrutabili fini, non vuol togliermi da sì fiero travaglio,
ottienimi almeno la forza necessaria e la grazia di accettare tali pene con rassegnazione, di sopportarle con pazienza,di soffrirle in espiazione dei miei peccati, per soddisfare la divina giustizia, e per meritare un giorno  la ricompensa e la gloria dei Santi .
Così sia!




Il miracolo del salterio rubato

Sant'Antonio possedeva un salterio scritto e annotato di sua mano, che utilizzava per le lezioni e le prediche, uno strumento prezioso custodito con cura. Una notte un novizio non seppe resistere alla tentazione di rubarlo dalla cella dove il Santo dormiva. Impossessatosi dell'ambito libro, il novizio fuggì dal convento. Sant'Antonio si mise a cercare il libro, ma non trovandolo, iniziò a pregare; in quel momento il demonio comparve al fuggitivo e gli ordinò minaccioso di tornare al convento e di restituire il maltolto.
La cosa avvenne e il ladro pentitosi, dopo aver domandato perdono, fu riammesso da sant'Antonio nel noviziato.
Per questo il ritrovamento degli oggetti smarriti è affidato all'intercessione del Santo e, a questo riguardo, è molto conosciuto il responsorio "Si quæris miracula" che i fedeli sono soliti recitare con frequenza durante la giornata, nel caso di smarrimento di utensili e oggetti, dai più umili ai più preziosi.



Il miracolo del bicchiere intatto

Aleardino di Salvaterra, uno scettico cavaliere eretico, si trovava a Padova con la moglie e la famiglia. A pranzo, tutti i commensali proclamavano la grandezza di sant'Antonio ed enumeravano i miracoli che il Signore aveva elargito per intercessione del Santo. Allora Aleardino li sfidò: «Io scaglierò giù in strada questo bicchiere; se non si infrangerà, anch'io crederò in quello che dite!» E lanciò la coppa di cristallo che, sbattendo sul selciato, restò intatta fra lo stupore dei numerosi passanti. Il cavaliere corse a raccogliere il bicchiere e lo custodì come segno. Si convertì, fece penitenza e spese la vita proclamando la potenza di Cristo e del Santo.
 

Per saperne di più: http://leggoerifletto.blogspot.it/2011/06/motto-di-santantonio-da-padova.html


Preghiera della sera

O Vergine Maria, si fa tardi,
tutto si addormenta sulla terra,
è l´ora del riposo: non abbandonarmi!
Riconosco e ringrazio per i doni
e le luci di questo giorno.
Metti la tua mano sui miei occhi
come una buona madre.
Chiudili dolcemente alle cose di quaggiù.
L´anima mia è stanca di affanni,
e di tristezze.
Metti la tua mano sulla mia fronte,
arresta i miei pensieri e dolce sarà il mio riposo;
se tu mi benedici, domani,
con il sorriso riprenderò il nuovo giorno.
Metti la tua mano sul mio cuore,
perché vegli nella notte e canti a Dio un amore eterno.
Amen



Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 21 gennaio 2013

20 gennaio 2013, 170° anniversario dell’apparizione di Maria SS.ma ad Alfonso Ratisbonne -











Il pellegrino chi se trova a Roma, spostandosi nella zona tra Piazza di Spagna e Via del Tritone, si imbatterà nella Basilica di Sant'Andrea delle Fratte, nella via omonima. Forse penserà che si tratti di "una in più" tra le belle e storiche chiese della Città Eterna. Entrandoci, però, si accorgerà che si tratta di un Santuario dove è accaduto qualcosa di straordinario. Infatti, entrando dalla porta principale, vedrà subito alla sua sinistra un altare particolarmente illuminato, sull'arco del quale si leggono queste impressionanti parole: 
"Qui apparve la Madonna del Miracolo - 20 gennaio 1842". 
Sotto l'arco c'è un gran dipinto che raffigura la Madonna che sovrasta le nuvole e sparge dalle mani raggi luminosi.



A sinistra di chi guarda l'altare c'è una placca, con evidenti segni di non essere recente, scritta in francese che dice: "Il 20 gennaio 1842, Alphonse Ratisbonne da Strasburgo venne qui da ebreo ostinato. Questa Vergine gli apparve così come tu la vedi. Cadde ebreo e si alzò cristiano. - Forestiero, portati a casa il prezioso ricordo della misericordia di Dio e del potere della Vergine."

Più in basso, ecco un'altra placca, più recente con queste parole: "In questa cappella la Madonna apparve all'ebreo Alfonso Ratisbonne convertendolo a Cristo il 20-1-1842". Un po’ più giù si vede una colonna sulla quale poggia un'imponente busto di marmo raffigurante il privilegiato Ratisbonne, con la sua folta barba e uno sguardo che scruta l'infinito.

Facendo pendant dal lato destro si trova il busto di San Massimiliano Maria Kolbe presso il quale una placca registra un fatto: "In questa cappella dell'apparizione San Massimiliano M. Kolbe celebrò la sua prima Messa il 29-4-1918".

Ma, ricapitolando in breve i fatti, che cosa era accaduto in quei giorni?

"Vidi sull'altare, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa, la Santissima Vergine Maria"

Il 20 gennaio 1842, sul mezzogiorno, miracolo nella parrocchia romana dei Minimi.

A Sant'Andrea delle Fratte, l'israelita ventisettenne Alfonso Ratisbonne, di Strasburgo, con un'apparizione dell'Immacolata com'è coniata nella Medaglia Miracolosa, istantaneamente illuminato dalla grazia si convertì al cattolicesimo.

Che cosa avvenne di preciso nell'ora della grazia, lo descrive lo stesso Ratisbonne in alcune lettere e nella deposizione giurata al Vicariato di Roma, per appurare la verità del fatto.

"Vidi come un velo davanti a me - depose il veggente al processo -. La chiesa mi sembrava tutta oscura, eccetto una cappella, quasi che tutta la luce della chiesa si fosse concentrata in quella. Alzai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce, e vidi sull'altare della medesima, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa, la Santissima Vergine Maria, simile nell'atto e nella forma, all'immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa dell'Immacolata. Mi fece cenno con la mano di inginocchiarmi. Una forza irresistibile mi spinse verso di Lei, che parve dicesse: Basta così. Non lo disse ma capii.

"A tal vista caddi in ginocchio nel luogo dove mi trovavo; cercai, quindi, varie volte di alzare gli occhi verso la Santissima Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li faceva abbassare, ciò che, però, non impediva l'evidenza di quell'apparizione.

"Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l'espressione del perdono e della misericordia. Alla presenza della Santissima Vergine, benché Ella non mi dicesse parola, compresi l'orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica, in una parola compresi tutto. (...)

"Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre"...

"Provavo un cambiamento così totale che mi credevo un altro. Cercavo di ritrovarmi e non mi ritrovavo... La gioia più grande si sprigionava dal fondo della mia anima; non potetti parlare; non volli rivelar niente; sentivo in me qualche cosa di solenne e di sacro che mi fece chiedere un sacerdote... Vi fui condotto, e solo dopo averne avuto l'ordine positivo ne parlai come mi era possibile, in ginocchio e col cuore tremante. (...)

"Tutto quel che posso dire, è che al momento del prodigio, la benda cadde dai miei occhi; non una sola benda, ma una quantità di bende che mi avevano avvolto disparvero una dopo l'altra rapidamente, come la neve e il fango e il ghiaccio sotto l'azione di un sole cocente.

"Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre, ed ero vivo, perfettamente vivo... Ma piangevo! Vedevo nel fondo dell'abisso le miserie estreme dalle quali ero stato strappato da una misericordia infinita; rabbrividivo alla vista di tutte le mie iniquità, ed ero stupito, intenerito, sprofondato in ammirazione e riconoscenza. (...)

ma ecco cosa avvenne i giorni precedenti...



LA MADONNA L'ATTENDEVA PROPRIO A ROMA

Partì con la diligenza da Strasburgo per Marsiglia il 17 novembre 1841, dove si imbarcò sul primo battello a vapore diretto a Napoli. Il giorno 8 dicembre giungeva a Civitavecchia, nello Stato Pon­tificio, tra il rombo delle salve di artiglieria per la festa dell'Imma­colata Concezione di Maria. Quando apprese il motivo di tanta gioia, si indignò e rifiutò bestemmiando di scendere a terra...

All'alba del giorno seguente apparve il pennacchio del Vesuvio e la nave giunse a Napoli, dove Alfonso si fermò per circa un mese. Egli poté così visitare a suo agio e ammirare le, cose belle della città, riversando però, nel suo diario, sulla Religione cattolica e sul clero la causa della povertà e di tutti i mali della popolazione. "Oh, quan­te bestemmie nel mio diario! - esclama nella sua lettera autobiografi­ca -. Se ne parlo ora, è per far conoscere la malvagità del mio spirito!".

I suoi calcoli andarono delusi il 1° gennaio 1842, quando gli fecero sapere che la nave "Mongibello" non poteva proseguire subi­to per la Sicilia. Contrariato aspramente, Alfonso volle recarsi all'A­genzia-Viaggi per Palermo, per prenotare un posto su qualche altro vapore, ma per sbaglio si trovò all'Ufficio-Diligenze per Roma e prenotò un posto per Roma.

"Credo di aver sbagliato strada!" confessa nella sua lettera, ma intanto un desiderio inspiegabile era nato nel suo cervello di visita­re Roma, nonostante la promessa fatta alla fidanzata e il pericolo della malaria.

Partì per Roma il 5 gennaio e vi giunse il giorno seguente, festa dell'Epifania. Per due giorni girovagò tra ruderi, monumenti, galle­rie, fontane e catacombe.

Grande fu la sua meraviglia, quando, transitando per via del Corso, si sentì chiamare per nome. Era un suo compagno di scuola di Strasburgo, Gustavo de Bussières, protestante pietista. Con gioia rinnovarono la loro amicizia e proseguirono insieme la visita alla città.

Era logico che Gustavo invitasse a colazione il Ratisbonne pres­so suo padre, il Conte Atanasio, e, più tardi, gli proponesse anche una visita al fratello, barone Teodoro, che abitava in Piazza Nicosia.

Il Ratisbonne non voleva accettare quest'ultimo invito, anzitut­to perché il barone si era convertito al cattolicesimo ed era un neo­fito oltremodo fervente e "pericoloso"!, e poi perché si era fatto amico di suo fratello sacerdote. Tuttavia non poté esimersi, pur adducendo impegni da assolvere e protestando che doveva ritorna­re a Napoli, come aveva promesso agli amici, per ripartire il giorno 20 gennaio per Malta.

Alla fine decise di recarsi alla casa del barone il 15 gennaio, semplicemente per presentare un biglietto di scuse e andarsene via. Caso volle che venisse ad aprire la porta un domestico, che, non comprendendo una parola di francese, lo annunciò e lo intro­dusse subito nel salotto.

Alfonso fu accolto con gentilezza e con gioia dalla famiglia de Bussières: il babbo, la giovane sposa e le due figliolette, 'graziose e dolci come gli angeli di Raffaello " dirà Ratisbonne. Era presente anche un altro ospite, il Conte De Caroli.

Dopo i primi convenevoli, la conversazione fu portata sul pia­no religioso. Alfonso fu letteralmente assalito, ma seppe difendersi bene, contrattaccando e formulando giudizi sarcastici contro il Catto­licesimo ed il governo papale, che lasciava gli ebrei di Roma nella miseria e nel degrado. 'Meglio essere dalla parte degli oppressi che da quella degli oppressori!" ripeté più volte.

Poi vomitò veleno e bestemmie contro la Religione Cattolica, come fosse la superstizione più grande e deleteria, non badando che erano presenti anche le bambine del barone.

Protestò di essere nato ebreo e di voler morire ebreo, e terminò esclamando seccamente che era tempo perso volerlo convertire, perché sarebbero stati necessari due miracoli: uno per persuaderlo del suo errore e un altro per muoverlo.

A questo punto, con un'invadenza oggi difficilmente compren­sibile, Teodoro de Bussières intervenne, cercando di smorzare il tono della conversazione e facendo una proposta:

- Giacché lei detesta la superstizione - disse il barone -, e professa dottrine tanto liberali, e poiché è uno spirito forte e cosi illuminato, avrebbe il coraggio di sottoporsi ad una prova molto innocente?

- Quale prova?

- Sarebbe di portare su di sè un oggetto che ora le darò. Eccolo; è una medaglia della Santa Vergine. Le par cosa proprio ridicola, non è vero? Ma in guanto a me, io dò molto valore a questa medaglia.

La proposta - afferma il Ratisbonne nel suo racconto -, mi stupì per la sua puerile singolarità. Non mi aspettavo di cadere in una simile facezia. Il mio primo impulso fu di ridere stringendomi nelle spalle, ma poi mi venne in mente che quella scena poteva divenire un delizioso capitolo delle mie impressioni di viaggio e consentii a prendere la meda­glia, come una prova autentica che avrei offerto alla mia fidanzata.

Detto fatto: mi si mette la medaglia al collo non senza sforzo, per­ché il cordone era troppo corto e la testa non vi passava. Infine, tira tira, avevo la medaglia sul petto ed esclamai con uno scoppio di risa: "Ah! eccomi cattolico, apostolico, romano!".

Da altre fonti apprendiamo un particolare di tenerezza e cioé che furono le due bambine del barone a imporre la medaglia al col­lo di Alfonso.

Non era ancor tutto finito. Il de Bussières, si direbbe "santa­mente importuno", volle anche che l'amico accettasse, prima di andarsene, copia della preghiera di S. Bernardo alla Vergine: 'Ricor­dati, o Maria... in versione francese.

Secondo la "Relazione autentica" del barone, il Ratisbonne uscendo mormorò tra se: 'Ecco un individuo originale e molto indi­screto! Vorrei vedere che cosa direbbe, se io lo tormentassi per fargli reci­tare una preghiera ebraica!".

E non aveva torto; occorre discrezione anche nello zelo più sin­cero! Tuttavia, giunto in albergo, Alfonso lesse più volte la preghie­ra, non trovandovi nulla di straordinario, e la imparò quasi a memoria.

Alfonso Il 20 gennaio andò ad accomiatarsi dal barone Teodoro de Bus­sieres. Lo trovò per strada in carrozza. Il barone lo fece salire e lo pregò di accompagnarlo un momento alla vicina chiesa di Sant'An­drea delle Fratte, per predisporre i funerali di un amico, il Conte Augusto La Ferronay, deceduto improvvisamente il giorno 17.

La chiesa, allora come oggi, era officiata dai Padri Minimi di S. Francesco da Paola.

Erano ormai le 12,45, quando il superiore, P Giuseppe Manti­neo, fu avvertito dal sacrestano che il de Bussières voleva parlargli. L'assenza di Teodoro non durò più di 10-12 minuti ed il Rati­sbonne ingannò l'attesa gironzolando per la chiesa ed osservando distrattamente marmi e dipinti.

L'attuale cappella dell'Apparizione era allora dedicata a S. Michele Arcangelo e all'Angelo Custode, ma vi era anche un piccolo quadro che rappresentava l'Arcangelo Raffaele, guida del giovane Tobia. Tobia era uno dei nomi di Alfonso.


 'Dovetti toccarlo tre o quattro volte - affermerà nella lettera a Teodoro Ratisbonne, il fratello sacerdote di Alfonso, scritta due giorni dopo, il 22 gennaio 1842 -, e poi finalmente volse verso di me la faccia bagnata di lacrime, con le mani giunte e con un éspressione impossibile a rendersi... Poi estrasse dal petto la medaglia miracolosa, la coprì di baci e di lacrime, e proferì queste parole: - Ah, come sono feli­ce, quanto è buono Dio, che pienezza di grazia e di felicità, come sono infelici coloro che non sanno niente!".

Da parte sua Alfonso scrive nella sua lettera autobiografica quanto segue: "Ogni descrizione, sia pur sublime, non sarebbe che una profanazione dell'ineffabile verità. Ero là, prosteso, irrorato dalle mie lacrime, ed il cuore mi batteva forte quando il Signor de Bussières mi richiamò alla vita. Non potevo rispondere alle sue domande incal­zanti. Alla fine afferrai la medaglia che mi pendeva dal collo e baciai con effusione l'immagine della Vergine raggiante di grazie... Oh! era Lei, sì era Lei!"

Calmata alquanto la prima emozione, Alfonso chiede all'amico di condurlo subito da un confessore, che lo prepari a ricevere il Battesimo, protestando che avrebbe parlato soltanto dopo che il sacerdote gliene avesse dato il permesso.

Viene accompagnato prima in albergo e poi al "Gesù", dal P Filippo Villefort, il quale gli ordina di raccontare quanto aveva visto e sperimentato.

Alfonso Ratisbonne stringe in mano la medaglia miracolosa e, quando la commozione gli spezza la parola, la bacia ed esclama: “l’ ho vista, l ho vista, l ‘ho vista!".

Dominandosi a stento, riesce a fare il racconto che io desumo dalla "Relazione autentica" di Teodoro de Bussières: "Stavo da poco in chiesa, quando all'improvviso l'intero edificio è scomparso dai miei occhi e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è apparsa in piedi, sull;iltare, grande, fulgida, piena di mae­stà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Mira­colosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dir­mi: - Così va bene!-. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!".

Il barone prosegue il suo scritto dicendo: 'Per condurre a termi­ne questo breve racconto, Ratisbonne aveva dovuto interrompersi di frequente per riprendere fiato, per padroneggiare la commozione che l'opprimeva. Noi lo ascoltavamo con un santo spavento misto di gioia... ".

Nello spazio di tre minuti, commenta sempre Teodoro de Bus­sières, Alfonso aveva fatto un'esperienza in cui gli era stato dato tutto. Egli accettò di essere afferrato da Dio, con un cambiamento radicale, totale e definitivo di tutto il suo essere. Per tutta la vita Alfonso Ratisbonne vivrà di questa illuminazione di un istante, pur "conservando - dice un suo biografo - le debolezze, la vivacità e le asprezze di un carattere appassionato, impetuoso, indipendente e perfino originale"

Alfonso stesso, nella deposizione del Processo canonico del 18­19 febbraio 1842, proverà a spiegare ciò che, in quel momento di illuminazione della grazia, aveva istantaneamente capito: "Alla pre­senza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, com­presi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica: in una parola capii tutto!"

Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Diventerà Gesuita, Sacerdote e lavorerà con il fratello P. Teodoro, anche lui convertito, fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme.







































Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 13 giugno 2011

Motto di Sant'Antonio da Padova -

 Ecco la Croce del Signore!
Fuggite forze nemiche!
Ha vinto il Leone di Giuda,
La radice di Davide! Alleluia!


Ecce Crucem Domini!
Fugite partes adversae!
Vicit Leo de tribu Juda,
Radix David! Alleluia!

Oggi 13 giugno è la festa di Sant’Antonio da Padova. Questa breve preghiera ha tutto il sapore di un piccolo esorcismo. Anche noi possiamo usarla - in latino o in italiano - per aiutarci a superare le tentazioni che si presentano.
La tradizione popolare tramanda che Sant'Antonio diede la preghiera ad una povera donna che cercava aiuto contro le tentazioni del demonio.
Sisto V, papa francescano, ha fatto scolpire la preghiera - detta anche motto di Sant'Antonio - alla base dell'obelisco fatto da lui erigere in Piazza San Pietro a Roma.
Il Santo più venerato al mondo. Sant’Antonio da Padova nato Lisbona nel 1195, morto a Padova all’età di 36 anni, il 13 giugno 1231. E’ chiamato anche Santo António de Lisboa.Su di lui si narrano grandi prodigi miracolosi avvenuti dal giorno della sua morte sino ai giorni nostri. Fin dal giorno dei funerali la tomba di Antonio divenne meta di pellegrinaggi che durarono per giorni. Devoti di ogni condizione sociale, anche di notte, sfilavano a piedi nudi davanti alla sua tomba toccando il sarcofago e chiedendo miracoli, grazie e guarigioni. In quel periodo furono attribuiti alla sua intercessione molti miracoli e, «a furor di popolo», questi miracoli furono sottoposti al giudizio del Papa. Papa Gregorio IX, che conosceva Antonio, avendo assistito alle sue prediche, nominò una commissione di periti, presieduta dal vescovo di Padova, per raccogliere le testimonianze e le prove documentarie utili al processo di canonizzazione. La commissione fu sommersa a Padova «da una gran folla, accorsa per deporre con le prove della verità, di essere stata liberata da svariate sciagure grazie ai meriti gloriosi del beato Antonio». 
Fu Gregorio IX stesso che pose fine al processo e il 30 maggio, festa di Pentecoste, lo canonizzò. Nella Cattedrale di Spoleto, fu data lettura dei cinquantatrè miracoli approvati e, dopo il canto del Te Deum, il Papa proclamò solennemente e ufficialmente santo frate Antonio, fissandone la festa liturgica nel giorno dell'anniversario della sua nascita in cielo, il 13 giugno, esattamente un anno dopo la sua morte.
Nel 1946, Papa Pio XII, nominò Sant'Antonio "Dottore della Chiesa Cattolica e gli conferì il titolo di  Doctor Evangelicus, in quanto nei suoi scritti e nelle prediche che ci sono giunte era solito sostenere le affermazioni con citazioni  del Vangelo.
Gli fu dedicata la grande Basilica di Padova: in città, sia la basilica che Sant' Antonio vengono comunemente chiamati "Il Santo". 
    


                                    
                                                                    




Padova, Basilica del Santo , processione 13 giugno 1995




Buona giornata a tutti. :-)