Visualizzazione post con etichetta Vangelo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vangelo. Mostra tutti i post

venerdì 17 aprile 2015

La forza del peccato - Padre Alberto Maggi -

E’ stata la religione a inventare il senso del peccato attribuendolo anche ad aspetti comuni dell’esistenza umana.
L’uomo senza la Legge religiosa non saprebbe mai che certi comportamenti sono peccato. Basta leggere le regole relative al puro e all’impuro contenute nei capitoli 11-16 del Libro del Levitico per rendersene conto. 
Per quale misterioso motivo il Creatore proibisce di mangiare la lepre (Lv 11,6), tra l’altro definita nel Libro del Levitico un animale che rumina, e permette di mangiare “ogni specie di cavallette” (Lv 11,22)? E perché si possono mangiare i grilli ma non il maiale (Lv 11,7.22)?
Certe regole alimentari-religiose oggi possono far sorridere, ma basta riandare a un cattolicesimo non molto lontano per constatare che era considerato un peccato mortale mangiare carne il venerdì, ed era peccato tutto quel che atteneva non solo alla sfera sessuale ma anche semplicemente a quella genitale, perché il comandamento divino “Non commettere adulterio” veniva presentato nel catechismo con “Non commettere atti impuri”.
Non si cerca di minimizzare il senso del peccato, ma di riportarlo nel suo giusto significato perché, altrimenti, quando tutto è peccato, nulla è più peccato.
Nei vangeli il peccato non è la trasgressione di una Legge religiosa ma il male che concretamente si fa agli altri e di conseguenza a se stessi, come bene è stato formulato dal Concilio Vaticano II dove si afferma che il peccato è “una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza” (GS 1,13).
Il peccato non offende Dio ma l’uomo impedendogli di crescere: “Forse offendono me, dice il Signore? Non offendono forse se stessi per la propria vergogna?” (Ger 7,19).
La religione attraverso la Legge crea il peccato rivendicando poi solo a se stessa la potestà di perdonarlo, e basa tutto il suo prestigio e il suo potere sul concetto di peccato.
Quel che rende forte la religione è il senso del peccato, e, come scrive Paolo ai Corinti, “la forza del peccato è la Legge” (1 Cor 15,56).
Per mantenere il suo potere l’istituzione religiosa rende la Legge impossibile da osservare in modo che il credente si trovi sempre in condizione di peccato, come denuncia il profeta Osea in un brano dove il Signore rimprovera i sacerdoti affermando che “essi si nutrono dei peccati del mio popolo; e sono avidi della sua iniquità” (Os 4,8).
Il Signore accusa i sacerdoti di condurre volontariamente il popolo nel peccato per poi poterci guadagnare. I custodi della volontà di Dio si trasformano in seduttori del popolo di Dio.
Per comprendere questa denuncia occorre sapere che nel culto giudaico i peccati venivano perdonati attraverso offerte di sacrifici di animali e generi alimentari che servivano al nutrimento e al sostentamento del clero.
Più la gente peccava e più il clero ingrassava, e per mantenere costante il flusso delle offerte occorreva rendere la Legge impossibile da osservare, falsificando così la volontà stessa di Dio, come denuncia Geremia nella sua reprimenda contro gli scribi: “Voi come potete dire: Noi siamo saggi e la Legge del Signore è con noi! A menzogna l’ha ridotta la penna menzognera degli scribi” (Ger 8,8).
L’impossibilità di osservare la Legge, manipolata secondo gli interessi degli scribi e l’avidità del clero, è bene espressa da Pietro nello scontro di Gerusalemme con i credenti di tendenza farisaica: “Perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro” (At 15,10).

Padre Alberto Maggi
http://www.studibiblici.it/


In questa giostra d'amore, le cadute non devono avvilirci, ancorché fossero gravi, purché ci rivolgiamo a Dio nel Sacramento della Penitenza con dolore sincero e proposito retto. 

Il cristiano non è un collezionista fanatico di certificati di servizio senza macchia. Gesù Nostro Signore, che tanto si commuove dinanzi all'innocenza e alla fedeltà di Giovanni, si intenerisce allo stesso modo, dopo la caduta di Pietro, per il suo pentimento. 
Gesù, che comprende la nostra fragilità, ci attrae a sé guidandoci come per un piano inclinato ove si sale a poco a poco, giorno per giorno, perché desidera che il nostro sforzo sia perseverante. 
Ci cerca come cercò i discepoli di Emmaus, andando loro incontro; come cercò Tommaso per mostrargli e fargli toccare con le sue stesse mani le piaghe aperte sul suo corpo. 
Proprio perché conosce la nostra fragilità Gesù attende sempre che torniamo a Lui.

- San Josemaria Escrivá -




... La cultura cristiana è una cultura definita e pervasa dall'amore per il prossimo e dalla misericordia, e proprio per questo anche dal senso della giustizia sociale ... 
L'autentica cultura europea non è una cultura soltanto della "mente" o della "ragione", ma una cultura del "cuore": una cultura che si lascia compenetrare e riscaldare dallo Spirito Santo, e perciò una cultura di misericordia...

- Joseph  Ratzinger  - 

da: " Christlicher Glaube und Europa"





Dal Sacramento della Riconciliazione, dobbiamo ricavare due vantaggi:
1) ci confessiamo per venire risanati;
2) ci confessiamo per essere educati perché, alla pari d'un bambino, la nostra anima ha bisogno di continua educazione.
Gesù mio, per esperienza so che l'anima non va lontana con le proprie forze, s'affatica molto e non conclude. 

Abbiamo bisogno della confessione, perché commettiamo continuamente degli errori, avendo noi una mente che non sa discernere ciò che giova. 
Una cosa però ho anche capito, cioè che devo pregare molto per il confessore affinché lo illumini lo spirito di Dio. 
Quando mi confesso senza prima aver pregato per lui, egli mi capisce poco.

- Dal Diario di Suor Faustina -



Concedimi di lodarti, o Vergine santissima!

“Concedimi di lodarti, o Vergine santissima,
con il mio impegno e sacrificio personale.
Concedimi di vivere, lavorare, soffrire,
consumarmi e morire per Te, solamente per Te.
Concedimi di condurre a Te il mondo intero.
Concedimi di contribuire
ad una sempre maggiore esaltazione di Te,
alla più grande esaltazione possibile di Te.
Concedimi di renderti una tale gloria
che nessuno mai Ti ha tributato finora.
Concedi ad altri di superarmi nello zelo
per la tua esaltazione,
e a me di superare loro,
così che in una nobile emulazione la tua gloria
si accresca sempre più profondamente,
sempre più rapidamente, sempre più intensamente,
come desidera Colui che Ti ha innalzata
in modo così ineffabile al di sopra di tutti gli esseri”.


- San Massimiliano M. Kolbe - 







Buona giornata a tutti. :-)






sabato 1 novembre 2014

1° novembre - Giornata della Santificazione Universale -

"Normalmente quando pensiamo ai santi noi immaginiamo che sono persone eccezionali, lontani da tutti, fuori dalla nostra esistenza quotidiana.
La santità è una cosa normale. E’ il destino di ogni essere umano, di gente ordinaria come noi.
La folla dei santi, di cui ci parla l’Apocalisse, siamo noi. La santità è il fine della nostra esistenza.
Ma la santità è un’ambizione? La santità è qualcosa che dobbiamo ricercare? In che senso noi possiamo dire che dobbiamo aspirare alla santità? In primo luogo bisogna che noi dobbiamo diventare persone mosse dal desiderio profondo e passionato da qualcosa. La nostra società consumistica celebra quotidianamente piccoli desideri. Tenta di farci credere che noi possiamo essere felici solamente realizzando i nostri piccoli desideri: avere una macchina, passare delle belle vacanze... La ricerca di Dio, il cammino verso la santità comincia nel momento in cui noi non ci accontentiamo del benessere naturale, ma quando noi diciamo: “No, io voglio di più, e altro , che queste cose”. Sovente noi pensiamo che i santi siano delle persone che sono riusciti a controllare e a regolare i loro desideri. Tutto è controllato in loro. Ma può essere che essi siano piuttosto delle persone che hanno saputo svegliare in loro i desideri e le passioni radicate profondamente nel loro essere? Ho letto un testo sui santi domenicani e sono stato colpito dal fatto che essi erano persone appassionate.
Pensate a San Tommaso d’Aquino, per esempio. Il suo biografo Tocco, lo ha chiamato “l’uomo del desiderio”. Una leggenda narra che Gesù, un giorno, domandò a Tommaso cosa desiderasse, Tommaso rispose: “Domine, non nisi te. Signore nient’altro che te!”
Avendo il desiderio profondo di capire, Tommaso rifiuta le soluzioni facili. Egli voleva comprendere meglio il suo Dio, ma era tanto onesto che percepiva che era impossibile. Un uomo di desiderio. E noi altri, come studenti, siamo veramente affascinati dal desiderio di comprendere, o siamo soddisfatti ci promuovono con summa cum laude?
Pensiamo a Bartolomeo de Las Casas che aveva questa passione inesauribile per la giustizia e il desiderio instancabile per un mondo nel quale gli Indiani potessero vivere con dignità. Egli scriveva al re: “Io penso che Dio voglia che io riempia il cielo e la terra, e il mare ancora, di grida, di lacrime e di gemiti per la giustizia.”
Noi tutti parliamo della giustizia. Noi sappiamo che dobbiamo cercarla. Ma la giustizia è veramente una passione che tocca profondamente il nostro essere? O i nostri propositi sono delle vane parole? Pensiamo a Caterina da Siena. Appassionata per la riforma della Chiesa, parlava del Cristo come del desiderio e dell’amore in lei.
Tutti, noi vorremmo trasformare la Chiesa; una Chiesa più giusta e più onesta. Ma abbiamo noi una vera passione, come Caterina? Siamo invitati a raggiungere la folla immensa dei santi, di ogni lingua e nazione. Ma la prima cosa che ci è chiesta è che noi siamo delle persone appassionate. Discutendo con alcuni giovani che volevano diventare domenicani la mia prima domanda fu: “siete appassionati per qualcosa?”
Perché questo è molto più importante del desiderio di entrare nell’Ordine.
Se c’è passione in noi, Dio può cominciare a lavorare!
Beati i poveri, i miti, beati gli afflitti. Noi siamo invitati a essere felici.
E’ difficile trovare dei santi tristi. I santi sono i beati perché la loro vita è conforme al loro desiderio più profondo; essi sono scappati dalla prigione delle loro piccole ambizioni, delle piccole passioni.
Essi sono leggeri nel loro cuore. Essendo stati percepiti nel loro profondo desiderio, non possono prendersi troppo sul serio.
Il nostro problema è che ci prendiamo troppo sul serio. Siamo invitati a lasciare dietro di noi non solo le nostre piccole ambizioni m anche le piccole identità.
A partire dal XVII sec. noi Europei siamo stati assillati dalla questione sull’identità. Chi sono? Qual è la mia identità come essere umano, come cristiano, come domenicano? E ci richiudiamo nelle nostre piccole identità che ci danno poco sicurezza.
La S. Scrittura ci offre liberazione. Essa ci spalanca le porte, perché noi possiamo immaginare chi siamo.
San Giovanni ci dice: "Il mondo non ci conosce - noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è ancora stato rivelato”. Noi siamo stati liberati dall’ossessione dell’identità, perché ciò che noi siamo è inimmaginabile.
Dal XVII sec. le nostre società hanno sviluppato l’orrore nei riguardi della folla. Nella folla, l'individuo perde la sua identità. Nella folla noi non sappiamo chi siamo. La folla è pericolosa, come la folla della Rivoluzione Francese. Ma per noi, c’è una folla immensa, che nessuno può contare, la folla dei santi. Il nostro destino è appartenere a questa folla; è qui che noi saremo liberati da tutte le nostre piccole questioni d'identità, perché chi siamo è al di la di ciò che noi possiamo immaginare. E noi saremo liberi."

(Omelia di fr. Timothy Radcliffe - Friburgo, 1° Novembre 1992 )


Preghiera ai Santi del Paradiso

O spiriti celesti e voi tutti Santi del Paradiso,
volgete pietosi lo sguardo sopra di noi,
ancora peregrinanti in questa valle di dolore e di miserie.
Voi godete ora la gloria che vi siete meritata
seminando nelle lacrime in questa terra di esilio.
Dio è adesso il premio delle vostre fatiche,
il principio, l'oggetto e il fine dei vostri godimenti.
O anime beate, intercedete per noi!
Ottenete a noi tutti di seguire fedelmente le vostre orme,
di seguire i vostri esempi di zelo e di amore ardente a Gesù
e alle anime, di ricopiare in noi le virtù vostre,
 affinché diveniamo un giorno partecipi della gloria immortale. 
Amen.


Non crediate mai che i santi nascano tali, che vengano al mondo come 'prodotto finito' o, comunque, inevitabilmente destinati a divenire ciò che in realtà divengono.

- Cyril Martindale - 
da "Santi"




Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze. 
Questa beatitudine che dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. È Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.




«… ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.» (Ap 7,9)




«Nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia.
Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi “nascosti”, una sorta di “classe media della santità”, come diceva uno scrittore francese, quella “classe media della santità” di cui tutti possiamo fare parte.»

- papa Francesco -
omelia nella basilica di san Paolo fuori le mura - 14 aprile 2013

 I Santi in Paradiso- Beato Angelico


"...dire che il Santo è l’uomo vero
è un’affermazione più provocatoria 
di quel che possa sembrare: 
significa infatti affermare che solo l’uomo 
che vive intensamente il rapporto col Dio 
può godere del rapporto con la realtà mondana 
in modo autentico. 
Significa attaccare frontalmente 
quel sottile dualismo tra valori mondani e valori spirituali,
tra naturale e soprannaturale,
tra mondo e Dio, 
in cui molto cattolicesimo moderno 
ha sempre più rischiato di lasciarsi intrappolare.
Il rapporto con Dio - scrive ancora don Giussani - 
è l’ipotesi di lavoro più adeguata
all’incremento e alla realizzazione dell’unità della personalità. 
Per questo il mondo ha ancora, 
anzi soprattutto oggi, 
bisogno dello “spettacolo della santità”

da: La santità del laico 
nel pensiero di Luigi Giussani 
e Divo Barsotti



Auguri a tutti :-)






martedì 7 ottobre 2014

Su tutta la Terra - Padre Charles de Foucauld

Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che per mezzo di te
e per te, perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c'è di più desìderabile per il
prossimo e per me.

- Padre Charles de Foucauld -

Da Meditazioni sui Vangeli


L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come San Pietro, pentirsi, come San Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: “Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo”.


- Charles de Foucauld -




Sì, Gesù basta: dove c’è lui non manca nulla. Per quanto cari siano coloro nei quali brilla un suo riflesso, lui solo è il Tutto nel tempo e nell’eternità. 
Siamo ben fortunati ad avere un Tutto che nulla ci può togliere e che sarà sempre nostro, purché non lo abbandoniamo noi stessi.


- Charles de Foucauld -




Abbiate fiducia che Dio vi darà il destino migliore per la sua gloria, il migliore per la vostra anima, il migliore per la persona degli altri, poiché voi non domandate altro che questo, poiché tutto ciò che egli vuole voi lo volete, pienamente e senza riserve.


- Charles de Foucauld -





Buona giornata a tutti :-)





giovedì 11 settembre 2014

Cattolici in stato confusionale - di Mario Palmaro


Il disagio nella Chiesa di fronte alle sortite che contestano apertamente il Magistero. Ecco come riconoscere alcuni fra gli errori più diffusi, anche fra i credenti. Per evitare di fare “naufragio nella fede”.

Ogni tanto capita, con la stessa ripetitività delle stagioni. Una personalità del mondo cattolico rilascia un'intervista nella quale prende le distanze dall'insegnamento della Chiesa. A questo punto i giornali - giustamente - rilanciano con grande fragore la notizia, gli intellettuali discutono, il mondo cattolico ufficiale soffre in silenzio per non alimentare scandali. 

E il popolo dei fedeli rimane disorientato, stordito. Come un gregge nel quale qualche pecora si mettesse a contestare l'affidabilità del pastore.

In realtà, questi episodi hanno alcuni elementi fra loro comuni, che permettono di smascherarli per quello che sono: l'espressione dell'antica e mai sopita ambizione dell'uomo di essere norma a sé stesso. 

L'adesione alla Chiesa è un atto insieme di libertà e di sottomissione: fede e ragione si sostengono, ma l'atteggiamento richiesto al cuore dell'uomo è innanzitutto l'umiltà. 
Dio, e non l'uomo, è l'artefice della Creazione. E dunque, Dio e non l'uomo è il Legislatore. Dunque, la verità è stata affidata da Cristo alla Chiesa. 

Spetta al Papa custodirla, in conformità alla Tradizione e in comunione con i vescovi. I teologi, gli intellettuali, i sinodi, i convegni ecclesiali, e perfino i singoli vescovi sono voci senza dubbio interessanti; ma non sono la Chiesa.

Ora, basta rileggere alcuni esempi di queste "voci fuori dal coro" del Magistero, per riconoscere che esse mettono a repentaglio la salvezza stessa delle anime. 

Ricordiamo che, per l'uomo, il rischio più grande è fare "naufragio nella fede", e perdere così la vita eterna, come San Paolo ricorda con toni accorati a Timoteo. 

Ecco una sintesi dei principali errori che si ritrovano in queste sortite, compiute da cattolici in stato confusionale.

1. L'importante è dialogare: meglio evitare divisioni che dire la verità. 

Il cattolico "dialogante" ritiene che affermare delle verità oggettive, insegnate dalla Chiesa e confermate dalla ragione umana, sia un atto di prevaricazione, frutto di preconcetti e di posizioni pregiudiziali. 
La Chiesa deve scendere dalla sua scomoda cattedra, per lasciare il suo posto ai non credenti, che assumono il compito di insegnare la (loro) verità ai cattolici, che brancolano nel buio. Questo tipo umano sogna un Papa che si affacci dalla sua finestra, solo per benedire e salutare in molte lingue. 
Ma che sia muto ogni volta che ci sia di affermare verità scomode e impopolari sulla dottrina della fede e della morale. 

L'importante è evitare affermazioni apodittiche. E siccome i dieci comandamenti sono quanto di più apodittico si possa immaginare, ecco che si propone di ritirare dal mercato il decalogo, almeno nelle sue prescrizioni più contestate.

2. La verità forse esiste, ma l'uomo non può conoscerla. 

Per questo cattolico, la Chiesa non può dirimere sempre ogni controversia morale, perché esistono delle "zone grigie", delle aree nebbiose dove la verità non si distingue, e dove la cosa migliore è aprire un dibattito. Quali sono queste zone grigie? Quelle nelle quali si manifesta una diversità di opinioni nella società. Dunque, in una società pluralista e relativista, tutta la vita morale può diventare una sconfinata "zona grigia", riducendo l'autorità della Chiesa al silenzio praticamente su tutto. 

Saranno da evitare in particolare pronunciamenti su divorzio, aborto, fecondazione artificiale, eutanasia.

3. La verità è un prodotto del dialogo. 


Per questo genere di cattolici, la verità non preesiste alla discussione. Non è una realtà che c'è, e che l'uomo ha il compito di scoprire con l'aiuto della Chiesa. No: la verità si rinnova continuamente, grazie alla dialettica: le "parti" esprimono rispettosamente delle posizioni, e così si raggiunge un punto di mediazione (provvisorio) che costituisce la verità accettabile da tutti in quel momento. Se, ad esempio, uno dice che l'aborto è lecito, e un altro dice che non è lecito, la verità prodotta sarà che l'aborto è un po' lecito: si può fare in certi casi.

4. Anche se sei ignorante, dialoga lo stesso. 

Per discutere, è buona regola sapere ciò di cui si parla. Ma la foga di dialogare è così forte, in alcuni cattolici, che si va al confronto senza essere preparati. 
Il tuo interlocutore dice, ad esempio, che l'ootide non è un essere umano? Prendi subito per buona questa solenne corbelleria. Mentre dovresti sapere che dal primo momento della fecondazione in poi il nuovo organismo vivente (anche con due pronuclei, cioè allo stadio di ootide) è caratterizzato da uno sviluppo coordinato, continuo e graduale, che permette di qualificarlo appunto come individuo (umano) e come vivo (A. Serra e R. Colombo, Identità e statuto dell'embrione umano: il contributo della biologia in Pontificia Accademia Pro Vita, Identità e statuto dell'embrione umano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998). 

All'ignoranza scientifica si accompagna talvolta un'imbarazzante impreparazione morale: potrà così accadere che si giustifichi l'aborto facendo leva sul principio della legittima difesa; tesi assurda, che implicherebbe attribuire al concepito il ruolo di "ingiusto aggressore"!

5. Bisogna inventare un "cattolicesimo sostenibile". 

Il cattolicesimo oggi è diventato impresentabile di fronte alla modernità: bisogna aggiornarne gli elementi più scomodi per renderlo sostenibile, un po' come affermano gli ambientalisti di fronte allo sviluppo. La prima regola per questo lifting è astenersi dal giudicare frettolosamente: meglio discutere serenamente per non creare inutili divisioni, e far derivare le regole da ciò che i più pensano e fanno. 

La sociologia sostituisce la riflessione morale e soppianta la legge naturale. La prassi genera la norma. Per cui, se a gente chiede la fecondazione artificiale, noi gliela dobbiamo dare.

6. Il male non si combatte: si regolamenta. 

Secondo questo falso cattolicesimo, si può anche riconoscere che una certa condotta sia cattiva. Ma - in base al principio assoluto che si deve dialogare con tutti - bisogna in un certo senso dialogare anche con il male. E scendere a patti con esso. Quindi, le leggi dello Stato non vieteranno l'aborto. Se lo facessero, si creerebbero inutili divisioni. Meglio regolamentare il fenomeno. Così, il male non consiste più nell'atto dell'uccidere il concepito. 

Il male è l'aborto clandestino (che minaccia la vita delle donne) mentre l'aborto legale diventa "buono", perché fatto secondo le norme dello Stato. Verranno uccisi molti innocenti, è vero; ma sarà salva la pace sociale e il dialogo permanente con tutti i sopravvissuti.

7. Chi compie il male va capito e giustificato. 

La Chiesa insegna una dottrina esigente e offre insieme un perdono senza limiti da parte di Dio. Invece, per il cattolico del dissenso (dal Papa) il perdono sostituisce la dottrina. Siccome chi commette un male può agire in circostanze molto difficili, allora occorre sospendere il giudizio sulla sua condotta, ed evitare ogni condanna. Questo approccio non ha solo valenze morali - potremmo dire "da confessionale" - ma pretende di avere conseguenze giuridiche e politiche. 
Esempio: una donna abortisce. Peccato, ma poiché ha vissuto un dramma, come può la società prevedere una pena, anche lieve, per la sua condotta? 
E ancora: un uomo elimina con l'eutanasia sua moglie. Non è bello. Però, vista la sua sofferenza, quale giudice potrà dichiararlo colpevole? 

Questo criterio potrà essere applicato ad altre infinite "zone grigie": un uomo scopre che la moglie lo tradisce, e la uccide. Ma in quest'ultimo caso, il cattolico politicamente corretto si dichiarerà inflessibile e per nulla comprensivo, nonostante le "terribili circostanze" in cui il delitto è avvenuto.

Come si vede, quello che alla fine ci resta in mano è soltanto un pallido ricordo del cattolicesimo. Un corpo freddo e morto, che ha perso per strada l'amore per la Verità e la certezza della presenza viva e reale di Cristo in mezzo alla Chiesa. Un cattolicesimo senza croce e senza testimonianza, in fuga di fronte al martirio quotidiano dell'incomprensione del mondo. Non rimane che aiutare questi fratelli con l'apostolato della verità. E pregare per loro, perché grande è il pericolo che rappresentano per la salvezza di molte anime. A cominciare dalla loro.


- Mario Palmaro -
© IL TIMONE – N. 54 - ANNO VIII - Giugno 2006 - pag. 10 - 11

Fonte: iltimone.org




"...Domandiamoci allora: c'è qualche speranza per noi, così come siamo, con le debolezze che abbiamo, nel punto in cui ci troviamo, non all'inizio, non prima di incontrare Cristo, non prima di incontrare il movimento, ma adesso, in mezzo al guado? C'è speranza per noi?"

- don Julian Carron - 
"Nella corsa per afferrarlo"
Esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione, aprile 2014


     dipinto di Gerhard Nesvadba



Ed ecco, Signore, che ti prego per chi non ti prega: o non vuole, o non può, o non sa. Per il carcerato e per il suo carceriere; per l'oppressore e per la vittima;. per il bambino che non ha ancora parola, per il morente che non ha più voce. E ti lodo per l'albero... Anch'io metto foglie, a primavera, e la mia bocca fiorisce nel papavero: ti parlo fatta cielo, fatta terra, fatta erba e prato, distesa ad accogliere il tuo passo...

(Adriana Zarri) 



"Insegnami, Iddio, a pregare
sul mistero di una foglia appassita,
sulla luce che manda un frutto maturo,
su questa libertà: vedere, sentire, respirare,
sapere, desiderare e fallire.
Insegna alle mie labbra a ringraziarti e darti lode
nell’eternità del tuo tempo, il mattino e poi la sera,
affinché il mio giorno non sia mai come quello di ieri
una pigra abitudine".

(Leah Goldberg)




Buona giornata a tutti :-)