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venerdì 30 marzo 2018

Il buon ladrone - Miguel de Unamuno e François Charles Mauriac

«Signore, ricordati di me quando sarai arrivato nel tuo regno». 
L’occupante di sinistra, invece, persevera virilmente nel suo atteggiamento energico che gli vale la simpatia degli «spiriti forti».
Non importa! perché dall'altra parte, come un vaso aperto che trabocca d'improvviso, quel cortigiano dell'annientamento e dell'agonia, quello spudorato profittatore - il crocifisso di destra - si sente colmato della prodigiosa promessa: «Oggi, sarai con me in Paradiso».
Oggi! D'un sol colpo, non solo è assolto, ma santificato!
In un solo istante, su quel disgustoso cadavere, la Grazia ha approfittato di tutte le deficienze della virtù.
Su quella forca infame non c'è più uno scellerato che espia, ma un martire in funzione d'ostia che brilla.
L’assassino, l'impudico, il ladro, il forzato, il bandito professionale è diventato un santo...
È bastata quell'accettazione alla base.
È bastato quell'impercettibile spostamento, quella lieve fessura nell'ermetico recipiente del nostro egoismo.
È bastato uno sguardo tra le sue palpebre sanguinanti per scatenare nell'invitato di destra quel cataclisma penitenziale, quella risurrezione mista all'agonia, quell'irresistibile esplosione dell'Eternità.

- Miguel de Unamuno -
da: Il Cristo di Velazquez, pp. 67-68




Il buon ladrone

Coloro ch'egli ama, si accalcano, montano la guardia intorno al suo corpo esposto, ricoprendo, velando col loro amore la sua nudità, troppo sanguinante, troppo dolorosa per offendere qualsiasi sguardo. A traverso il sangue e il pus, egli vede la propria pena riflessa sui volti cari: quelli di Maria sua madre, di Maria Maddalena, d'una delle sue zie, moglie di Cleofa. Giovanni ha forse gli occhi chiusi.
Ed ecco l'episodio sublime, l'ultima invenzione dell'Amore, innocente e crocifisso, che Luca solo riporta: L’uno dei malfattori appiccati lo ingiuria dicendo: Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi. - Ma l'altro lo riprendeva dicendo: Non hai tu timore di Dio, che sei nel medesimo supplizio? Per noi è giustizia, perché riceviamo la pena degna dei nostri misfatti: ma costui non ha commesso nulla di male.
E tosto che ha parlato, una grazia immensa gli piove in cuore: quella di credere che quel suppliziato, quel miserevole rifiuto che i cani schiferebbero, è il Cristo, il Figlio di Dio, l'Autore della vita, il Re del cielo. E dice a Gesù:
«Signore, ricòrdati di me, quando sarai entrato nel tuo regno».
«Oggi stesso tu sarai con me in paradiso».
Un solo moto di puro amore, e un'intera vita criminale è cancellata. Buon ladrone, santo operaio dell'ultima ora, inebbriaci di speranza.

- François Charles Mauriac -
da: Vita di Gesù, pp. 149-150



Silenzio..................

mercoledì 28 marzo 2018

Da: "L'amicizia di Cristo" - Robert Hug Benson

Un’ora circa è passata... Le urla e le bestemmie dei due ladri torturati muoiono in gemiti, e i gemiti nel silenzio della consunzione e nel silenzio la Grazia di Dio e le abitudini del passato hanno operato insieme.
Uno di loro, a lato, è ancora attanagliato dal suo dolore, e lo riacutizza, e lo contrasta, e si adagia in questo modo e in quest’altro, cercando di lenirlo; l’altro invece comprende che oltre il suo dolore c’è qualche cos’altro nell’universo, che il suo dolore non può essere il principio e la fine di tutte le cose.
Di tanto in tanto riesce ad afferrare qualche sguardo, torcendo in qua e in là il capo, attraverso il sangue accecante e le lacrime, attraverso la nuvola di polvere sollevata dalla folla impetuosa, di un Altro che pende nel mezzo. Anche il suo compagno lo ha veduto, ma ha veduto la sua pazienza solo come un rimprovero al suo tormento... «Se tu sei Cristo, salva te stesso e noi» (Lc 23, 39). 

Eppure egli vede qualche cosa di più che un fallimento e una tragedia: egli forse ha udito la prima Parola che gemette quando i chiodi lo perforarono; e per questo dettaglio, e quello, e l’altro, la sua mente ottenebrata - la mente di bambino selvatico - cominciò dolorosamente a lavorare.
Ed anche la Grazia cominciò a lavorare nelle sue misteriose operazioni, su questa mente piccola e rachitica, come un raggio di sole in un vicolo sporco... Con tutta la nostra teologia noi non conosciamo quasi nulla dei procedimenti divini; noi conosciamo solo alcune condizioni, una frazione dei suoi effetti; abbiamo balbettato qualche cosa delle sue opere e niente più. 

Questo, comunque, noi sappiamo: che l’uomo a cui la Grazia venne non era del tutto egoista, che c’era in lui sufficiente ricettività perché la Grazia potesse penetrarvi.

I. Così, a poco a poco, la verità (non osiamo dire tutta la verità esplicita) cominciò a filtrare, quella ottenebrata intelligenza cominciò a ricevere barlumi, che venivano, andavano e ritornavano, del supremo fatto che i colti Farisei trascurarono... cominciò a comprendere che il Criminale non era del tutto un Criminale, che la corona di spine non era solo un dileggio, che l’iscrizione della Croce nascondeva qualche cosa oltre l’irrisione... 
Il Dolore è mago strano quando la Grazia vi sta di dietro, un iniziatore ai segreti, un Sommo Sacerdote che regala e dispensa misteri sconosciuti a coloro che non hanno sofferto...
Almeno conosciamo che il ladro parlò (un miracolo più grande che l’asina di Balaam), che un assassino riconobbe il Signore della Vita, che un bugiardo disse la verità, che un fuorilegge si sottomise al Re. «Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno».
Egli domanda, la minima cosa che si poteva chiedere, cioè che un Re il quale tra qualche giorno entrerà nel regno non si dimentichi totalmente di una creatura come Disma, che una volta soffrì al suo fianco.
Né vi soggiunge dubbioso «Se tu sei il Cristo» ma esplicitamente lo chiama «Signore». Né domanda per il proprio sollievo «Salva Te stesso e noi», ma solo per un futuro ricordo: Un giorno, quando sarà, ricòrdati di me...
E, dopo la parola, avviene il miracolo che accade sempre quando l’anima comincia con umiltà di prendere il posto più basso.
Appena avremo imparato ad essere servi, riceveremo il posto e il nome di Amici. «Amico, vieni più avanti...» (Lc 14, 10). «Non vi chiamo più servi... poiché vi ho chiamato amici» (Gv 15, 15). Egli, difatti, è l’unico cui servire è regnare, il cui servizio è perfetta libertà. «Oggi stesso tu sarai con me in Paradiso» (Lc 23, 43).

- Robert Hug Benson -

da: L'amicizia di Cristo

Mattia Trotta, Il buon ladrone


I fatti essenziali della vita di Gesù non appartengono solo al passato, ma sono presenti, in modi diversi, in tutte le generazioni. E così anche nel nostro tempo, negli ultimi duecento anni, osserviamo la stessa cosa. 
Ci sono grandi dotti, grandi specialisti, grandi teologi, maestri della fede, che ci hanno insegnato molte cose. Sono penetrati nei dettagli della Sacra Scrittura, della storia della salvezza, ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero nucleo: che Gesù era realmente Figlio di Dio, che il Dio trinitario entra nella nostra storia, in un determinato momento storico, in un uomo come noi. 
L’essenziale è rimasto nascosto! Si potrebbero facilmente citare grandi nomi della storia della teologia di questi duecento anni, dai quali abbiamo imparato molto, ma non è stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero. Invece, ci sono anche nel nostro tempo i piccoli che hanno conosciuto tale mistero. […] 
Potremmo elencarne tanti! Ma da tutto ciò nasce la questione: perché è così? 
È il cristianesimo la religione degli stolti, delle persone senza cultura, non formate? 
Si spegne la fede dove si risveglia la ragione? 
Come si spiega questo? Forse dobbiamo ancora una volta guardare alla storia. Rimane vero quanto Gesù ha detto, quanto si può osservare in tutti i secoli. 
E tuttavia c’è una “specie” di piccoli che sono anche dotti. 
Sotto la croce sta la Madonna, l’umile ancella di Dio e la grande donna illuminata da Dio. 
E sta anche Giovanni, pescatore del lago di Galilea, ma è quel Giovanni che sarà chiamato giustamente dalla Chiesa “il teologo”, perché realmente ha saputo vedere il mistero di Dio e annunciarlo: con l’occhio dell’aquila è entrato nella luce inaccessibile del mistero divino. 
Così, anche dopo la sua risurrezione, il Signore, sulla strada verso Damasco, tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non vedono. Egli stesso, nella prima Lettera a Timoteo, si definisce “ignorante” in quel tempo, nonostante la sua scienza. 
Ma il Risorto lo tocca: diventa cieco e, al tempo stesso, diventa realmente vedente, comincia a vedere. Il grande dotto diviene un piccolo, e proprio per questo vede la stoltezza di Dio che è saggezza, sapienza più grande di tutte le saggezze umane.

- papa Benedetto XVI - 

 Omelia, Cappella Paolina, 1° dicembre 2009




“Dalla croce lo sguardo è più puro.
Regalami il tuo sguardo al buon ladrone.
E guardami così, mio Signore.
Voglio solo stare con te.
Non voglio sentirmi importante,
né inserirmi in alcun posto.
La mia anima sogna il cielo che è infinito.
La mia vita è così piccola stesa sulla riva.
Sogno il mare che accarezza la mia barca.
Ho tanti progetti custoditi nel profondo.
Te li offro.
È vero, sogno in grande.
E la mia vita è meravigliosa com’è, lo so.
Ma continuo a sognare in grande.
Ti offro la rinuncia a ciò che avrebbe potuto essere,
a ciò che può essere.
Ma il mio cielo è nella mia vita di ora.
E una e mille volte,
in tutte le circostanze della mia vita,
scelgo te.
Tu, Gesù, scegli me.
Non voglio desiderare quello che non ho”.


Buona giornata  a tutti. :-)









martedì 27 marzo 2018

La leggenda di Marcus il centurione

Marcus era un centurione e ormai da 30 anni si trovava alle dipendenze di Pilato. Di condannati ne aveva visti tanti, ma nessuno come questo Galileo. «Con tutte le torture che gli sono state fatte dovrebbe essere già morto… e invece mantiene sempre la calma, pur tra inaudite sofferenze… e poi… mi ricorda qualcuno…».
Intanto Gesù fu caricato della croce e il triste corteo si avviò verso il Calvario. Ad un tratto lungo la strada apparve una Donna. «E’ la madre del condannato», sussurrò qualcuno. 
Marcus si voltò ed ebbe un sussulto: come un lampo il passato gli tornò davanti agli occhi.
Era un giovane soldato, appena giunto dall’Italia, quando venne mandato con dei colleghi in Galilea a causa di una sommossa. 
Come gli altri soldati era un prepotente: entrava nei villaggi e saccheggiava le case senza aver rispetto per nessuno. 
Un giorno la sua guarnigione rimase senza viveri e i soldati decisero di prendere con la violenza un po’ di provviste. Gridando e schiamazzando misero in subbuglio il paesino di Nazaret: le urla delle donne e il pianto dei bambini, invece di impietosirli, li facevano divertire.
Mancava ancora una casetta: Marcus fu il primo ad entrare; ma si fermò di colpo. All’interno non c’era niente di strano: solo una donna con un bambino; eppure l’atmosfera era talmente soprannaturale che i soldati entrando rimanevano ammutoliti. 
Marcus una volta aveva visto da vicino Cesare, eppure da quei due si irradiava una maestà ben superiore a quella dell’imperatore.
Con una voce dolcissima e molto calma la Signora domandò: «Avete bisogno di qualcosa?». I soldati si guardavano imbarazzati. Marcus si fece coraggio e rispose: «Avremmo bisogno di un po’ di cibo, ma non vorremmo essere di disturbo…». 
La Donna si rivolse al bambino: «Gesù, vai a prendere un po’ di provviste». Il bambino subito si alzò e corse in dispensa. Quando tornò aiutò la Mamma a preparare tanti fagottini quanti erano i soldati. Infine, la Donna distribuì le provviste a ciascuno di loro.
Pur essendo molto giovane, tutti ebbero l’impressione di trovarsi di fronte alla propria madre.
Marcus non aveva più dimenticato quello sguardo e adesso era sicuro di riconoscerlo in quella Donna.
«Il condannato dev’essere quel bambino!». Era la prima volta che provava compassione per un condannato.
Un pensiero gli si affacciò alla mente: «Quest’uomo ha affermato di essere Figlio di Dio… E se fosse vero?». La Donna intanto seguiva il Figlio con una compostezza e una dignità che ferivano profondamente il cuore del buon centurione.
Arrivarono sul Calvario e dopo tre ore di tremenda agonia, alla morte di Gesù Marcus cadde in ginocchio ed esclamò: «Costui era veramente Figlio di Dio!», e così dicendo gli tornarono alla mente le Sue ultime parole: «Donna ecco tuo Figlio»: solo allora capì che si trattava di una Maternità universale ed ebbe un sussulto: era proprio questa l’impressione che aveva avuto quando aveva visto la Donna per la prima volta.




«Se avesse guardato Gesù negli occhi come ha fatto Pietro (Lc 22,61), Giuda sarebbe stato l’amico della misericordia di Dio»

- Madre Teresa di Calcutta - 



Una preghiera a Gesù Crocifisso

O Gesù, mi fermo pensoso
ai piedi della Croce:
anch’io l’ho costruita con i miei peccati!
La tua bontà, che non si difende
e si lascia crocifiggere, è un mistero
che mi supera e mi commuove profondamente.
Signore, tu sei venuto nel mondo per me,
per cercarmi, per portarmi
l’abbraccio del Padre.
Tu sei il volto della bontà
e della misericordia:
per questo vuoi salvarmi!
Dentro di me ci sono le tenebre:
vieni con la tua limpida luce.
Dentro di me c’è tanto egoismo:
vieni con la tua sconfinata carità.
Dentro di me c’è rancore e malignità:
vieni con la tua mitezza e la tua umiltà.
Signore, il peccatore da salvare sono io:
il figlio prodigo che deve tornare, sono io!
Signore, concedimi il dono delle lacrime
per ritrovare la libertà e la vita,
la pace con te e la gioia in te.
Amen.

- Card. Angelo Comastri -


Buona giornata a tutti. :-)






lunedì 26 marzo 2018

Lunedì di Passione – dom Prosper Guéranger

Lunedì di Passione

«I nemici del Salvatore non s'accontentarono di lanciar pietre contro di lui; oggi vogliono sottrargli la libertà, e mandano soldati ad impadronirsi di lui. In questa circostanza Gesù non crede opportuno fuggire; ma quale terribile parola pronuncia al loro indirizzo! 
"Vado da chi mi ha mandato; mi cercherete e non mi troverete, e dove io sono non potete venire". 
Dunque il peccatore che per tanto tempo ha abusato della grazia, può, in punizione della sua ingratitudine e del suo disprezzo, non ritrovare più il Salvatore, dal quale ha voluto distaccarsi. 
Umiliato dalla mano di Dio, Antioco pregò; ma non fu esaudito. 
Dopo la morte e la risurrezione di Gesù, mentre la Chiesa gettava le sue radici nel mondo; i Giudei crocifissori del Cristo andavano a cercare il Messia in tutti gl'impostori che allora si levavano nella Giudea causando le sommosse che portarono Gerusalemme alla rovina. 
Assediati d'ogni parte dalla spada dei Romani e dalle fiamme dell'incendio che divorava il tempio e le case, essi gridavano verso il cielo, supplicando il Dio dei loro padri a mandare, secondo la sua promessa, l'atteso liberatore; e neppure immaginavano che questo liberatore s'era già mostrato ai loro padri, anzi a molti di loro, che l'avevano ucciso, e che gli Apostoli avevano già portato il suo nome agli ultimi confini della terra. 
Attesero ancora, fino al momento in cui la città deicida s'abbatté su quelli che non furono passati dalla spada del vincitore; gli altri che sopravvissero furono condotti a Roma per ornare il trionfo di Tito. 
Se si fosse loro chiesto chi aspettavano, certamente avrebbero risposto che aspettavano il Messia. 
Vana attesa: il momento era passato. 
Temiamo che la minaccia del Salvatore non si compia in molti di coloro che lasceranno ancora passare la Pasqua senza convertirsi al Dio di misericordia; e preghiamo, intercediamo, affinché non cadano in mano alla giustizia, che non riuscirebbe più a piegare un loro tardivo ed assai imperfetto pentimento».

dom Prosper Guéranger -
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 644-647)






La Sacratissima Sindone

Torino «custodisce come prezioso tesoro la “Santa Sindone”, che mostra a nostra commozione e conforto l'immagine del Corpo esanime e del divino volto affranto di Gesù» (Pio XII, Radiomessaggio a per il XIV Congresso nazionale di Torino, 13 settembre 1953). 
In quel telo di lino san Giuseppe d'Arimatea ravvolse il Corpo del Cristo al momento di seppellirlo. 
La luce soprannaturale che rifulse il mattino di Pasqua fissò perennemente sul lino l’immagine del Corpo morto del Redentore con tutte e singole le piaghe della Passione. 
Già venerata a Gerusalemme, passò ad Edessa nel secolo VI e infine a Costantinopoli nel secolo X. 
Arrivata in Europa nel secolo XIII, dopo la Quarta Crociata del 1204.
Venuta in possesso della Casa Savoia nel 1453, fu custodita a Chambery fino al 1694 quando fu traslata nella Cattedrale di Torino. 
Nel 1506 Giulio II ne permetteva il culto pubblico, approvandone la Messa e l'Ufficio proprii. 
Leone X estendeva tale festa all'intera Savoia (al di là dei monti) e Gregorio XIII al Piemonte (al di qua dei monti). 
La festa della Sacratissima Sindone si fa come devozione il Venerdì della Seconda Settimana di Quaresima e come solennità propria il 4 maggio. 
Nel 1983 Umberto II di Savoia cedeva il possesso della Reliquia alla Sede Apostolica, affidandone però la custodia agli Arcivescovo pro tempore di Torino.

Preghiera : O Dio, che ci lasciasti le impronte della tua Passione nella Sindone in cui Giuseppe avvolse il tuo sacratissimo Corpo deposto dalla croce, concedici, propizio, che per mezzo della tua Morte e della tua Sepoltura, giungiamo alla gloria della Resurrezione: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

O Gesù, mi fermo pensoso
ai piedi della croce:
anch’io l’ho costruita con i miei peccati!
La tua bontà, che non si difende
e si lascia crocifiggere,
è un mistero che mi supera
e mi commuove profondamente.

Signore, tu sei venuto nel mondo per me,
per cercarmi, per portarmi
l’abbraccio del Padre.

Tu sei il volto della bontà
e della misericordia:
per questo vuoi salvarmi!

Dentro di me ci sono le tenebre:
vieni con la tua limpida luce.
Dentro di me c’è tanto egoismo:
vieni con la tua sconfinata carità.
Dentro di me c’è rancore e malignità:
vieni con la tua mitezza e la tua umiltà.

Signore, il peccatore da salvare sono io:
il figlio prodigo che deve ritornare sono io!
Signore, concedimi il dono delle lacrime
per ritrovare la libertà e la vita,
la pace con te e la gioia in te,
Amen.

- Cardinale Angelo Comastri -
Fonte: “Davanti al crocefisso. Preghiere, invocazioni, litanie”a cura di L. Guglielmoni, F. Negri. Ed. Paoline




Buona giornata a tutti. :-)




domenica 25 marzo 2018

L'asinello che portò Gesù - Mariolina Puddu

In un campo pascolavano un'asina con il suo puledro. Era stato svezzato da poco e talvolta, quando si metteva nei guai, cercava ancora il conforto della sua mamma.
Il suo nome era Lollo e aveva grandi orecchie appuntite e occhioni scuri, intelligenti e furbi. Come tutti i cuccioli era birbaccione, chiassoso, prepotente. Appena poteva si allontanava verso i confini del campo cercando di sconfinare e, quando il padrone andava a riprenderlo, puntava le zampe sul terreno e non c'era modo di smuoverlo. Bisognava trascinarlo e quanto erano acuti i suoi ragli di protesta! Il padrone ancora non si decideva a metterlo al lavoro: era talmente giovane e testone!
Una bella mattina di primavera giungono nel campo degli uomini, parlottano un po' col padrone e poi cominciano a guardare verso Lollo. Erano venuti infatti a fare una richiesta curiosa che riguardava proprio lui. 
Questi uomini erano servi di un tale, un certo Nazareno e, mandati da questo, volevano in prestito proprio Lollo. Serviva al loro Maestro per entrare in Gerusalemme.
Il padrone era perplesso: "Macché Lollo! Per il vostro Maestro ci vuole un cavallo. Io non ce l'ho, ma il mio vicino è un soldato e certamente sarà contento di prestarvi il suo bel cavallo bianco".
Ma quelli insistevano, si erano proprio fissati! Volevano un asino che fosse giovane che non avesse mai lavorato. 
"E' il Maestro che lo chiede - dicevano - ma non temere te lo restituiremo".
Il padrone alzava gli occhi al cielo: "Ma allora proprio non capite, quest'asino non è adatto! E' prepotente, testone e farà fare a me e al vostro Maestro una brutta figura. E' capace di fermarsi in mezzo alla strada e di non voler più camminare, se gli gira, incomincia a ragliare così forte e non la finisce più, e poi, morde!".
E i servi a lui: "Così come è, lo vuole il Maestro, e Lui non sbaglia! Se ha chiesto quest'asino avrà i suoi buoni motivi!". 
Il padrone allora, avvilito, prende un pezzo di corda, lo butta intorno al collo di Lollo e lo consegna ai servi. 
Lollo è troppo interessato alla faccenda per pensare a fare i capricci, e docile si lascia legare e condurre fuori del campo.
Fatta poca strada arrivano a un bivio, poco fuori Gerusalemme. 
Ci sono uomini, donne e anche bambini che attorniano un giovane uomo. 
I servi dirigono proprio verso di Lui: "Ecco, Maestro, questo è l'asino che avevi chiesto". Il Maestro si volta, si avvicina a Lollo, allunga una mano, lo accarezza sulla testa e lo guarda. Anche Lollo alza gli occhi verso questo bizzarro Maestro che ha voluto a tutti i costi averlo come cavalcatura, e i suoi occhi si immergono nello sguardo del Maestro: "Mai nessuno mi aveva guardato così" - dirà poi Lollo - "neanche la mia mamma". E' come se con un solo sguardo il Maestro mi dicesse: "Non temere, va bene così. Sì sei un po' un brigante, ma ce la puoi fare. Io mi fido di te e ti voglio bene! Coraggio! Cominciamo questo viaggio, sarai tu a portarmi a Gerusalemme".
Lollo sente come un fuoco dentro il suo cuore, è contento e un po' ha voglia di piangere, senza motivo... Mansueto si lascia mettere un mantello rosso sulla groppa, si lascia montare dal Maestro e, lentamente, incominciano il loro viaggio verso Gerusalemme. Via via che si avvicinano alla città la gente diventa più numerosa. Stendono per terra dei mantelli rossi, hanno in mano dei rami di palma e di ulivo, li agitano e gridano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell'alto dei cieli!".
Lollo si sente davvero un asinello importante... Tutti fanno festa alla persona che lui sta portando in groppa, bardato con quel bel manto rosso! Anche i bambini fanno festa e alcune bambine portano dei fiori.
Ad un tratto una voce si leva dalla folla e chiede: "Chi è quest'uomo?".
Qualcuno risponde: "E' Gesù, da Nazareth di Galilea!".
"Che cosa ha fatto?".
"Io sono vedova, Gesù ha risuscitato il mio unico figlio. Eccolo!".
"Io ero muto per colpa di un demonio e Gesù mi ha liberato".
"Io avevo questa mano come morta e lui mi ha detto: Stendila! E la mia mano è tornata come nuova! Ha fatto bene ogni cosa!".
Lollo ascolta tutto quello che la gente dice sull'uomo che sta accompagnando a Gerusalemme. "Ora capisco perché alcuni chiamano Gesù il Signore!". 
La folla è al colmo della gioia e della festa. Gesù è pronto per entrare nel tempio. Prima di allontanarsi, con la mano sfiora lentamente il muso dell'asinello. Gesù e Lollo si guardano per un lungo istante.
Gesù capisce ciò che l'asinello gli vuol dire:
"Grazie Signore di avermi cercato.
Tu hai avuto bisogno di me e hai avuto fiducia in me!
D'ora in poi, anche se non credo che riuscirò ad essere sempre bravo, voglio provare ad essere come tu mi vedi.
Forse scalcerò ancora e certamente raglierò ogni tanto ma non potrò mai dimenticare che hai avuto fiducia in me.
Grazie Gesù, anche io ti voglio bene".

- Mariolina Puddu - 


La folla acclama Gesù: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (Mc 11, 9; Sal 117[118], 25s). Questa parola fa parte del rito della festa delle capanne, durante il quale i fedeli si muovono in girotondo intorno all’altare portando nelle mani rami composti da palme, mirti e salici.
Ora la gente eleva questo grido con le palme in mano davanti a Gesù, nel quale vede Colui che viene nel nome del Signore: questa espressione “Colui che viene nel nome del Signore”, infatti, era diventata da molto tempo la designazione del Messia. In Gesù riconoscono Colui che veramente viene nel nome del Signore e porta la presenza di Dio in mezzo a loro.
Questo grido di speranza di Israele, questa acclamazione a Gesù durante il suo ingresso in Gerusalemme, con buona ragione è diventato nella Chiesa l’acclamazione a Colui che, nell’Eucaristia, viene incontro a noi in modo nuovo. 
Salutiamo con il grido di “Osanna!” Colui che, in carne e sangue, ha portato la gloria di Dio sulla terra.
Salutiamo Colui che è venuto e tuttavia rimane sempre Colui che deve venire. Salutiamo Colui che nell’Eucaristia sempre di nuovo viene a noi nel nome del Signore congiungendo così nella pace di Dio i confini della terra. 
Questa esperienza dell’universalità fa parte essenziale dell’Eucaristia. 
Poiché il Signore viene, noi usciamo dai nostri particolarismi esclusivi ed entriamo nella grande comunità di tutti coloro che celebrano questo santo sacramento. Entriamo nel suo regno di pace e salutiamo in Lui in certo qual modo anche tutti i nostri fratelli e sorelle, ai quali Egli viene, per divenire veramente un regno di pace in mezzo a questo mondo lacerato.

- papa Benedetto XVI -
Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006




Entrando in casa con l’Ulivo Benedetto

Per i meriti della tua Passione e Morte, Gesù,
questo ulivo benedetto sia il simbolo della tua Pace, nella nostra casa.
sia anche il segno del nostro aderire sereno all'ordine proposto al tuo Vangelo.

Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!



Preghiera a Gesù che entra in Gerusalemme

Veramente mio amato Gesù,
Voi fate l'ingresso in un'altra Gerusalemme,
mentre entrate nell'anima mia.
Gerusalemme non si mutò avendovi ricevuto,
anzi divenne più barbara, perchè vi crocifisse.
Ah, non permettete mai tale sciagura,
che io vi riceva e, rimanendo in me tutte le passioni
e le mali abitudini contratte, divenga peggiore!
Ma vi prego col più intimo del cuore,
che vi degniate annientarle e distruggerle totalmente,
mutandomi il cuore, la mente e la volontà,
che siano sempre rivolti ad amarvi,
servirvi e glorificarvi in questa vita,
per poi goderne nell'altra eternamente.


Buona domenica delle Palme :-)


lunedì 26 febbraio 2018

Dio nella vita pubblica - papa Benedetto XVI

Prima si pensava e si credeva che, accantonando Dio ed essendo noi autonomi, seguendo solo le nostre idee, la nostra volontà, saremmo divenuti realmente liberi, potendo fare quanto volevamo senza che nessun altro potesse darci alcun ordine. 
Ma dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. 
Alla fine risulta solo il prodotto di un’evoluzione cieca e, come tale, può essere usato e abusato. 
E’ proprio quanto l’esperienza di questa nostra epoca ha confermato. 
Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. 
Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. 
Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio; far sì che Egli sia grande nella nostra vita; così anche noi diventiamo divini; tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro. 
Applichiamo questo alla nostra vita. 
È importante che Dio sia grande tra di noi, nella vita pubblica e nella vita privata. 
Nella vita pubblica, è importante che Dio sia presente, ad esempio, mediante la Croce negli edifici pubblici, che Dio sia presente nella nostra vita comune, perché solo se Dio è presente abbiamo un orientamento, una strada comune; altrimenti i contrasti diventano inconciliabili, non essendoci più il riconoscimento della comune dignità. 
Rendiamo Dio grande nella vita pubblica e nella vita privata. 
Ciò vuol dire fare spazio ogni giorno a Dio nella nostra vita, cominciando dal mattino con la preghiera, e poi dando tempo a Dio, dando la domenica a Dio. Non perdiamo il nostro tempo libero se lo offriamo a Dio. 
Se Dio entra nel nostro tempo, tutto il tempo diventa più grande, più ampio, più ricco.
- papa Benedetto XVI - 
Omelia, Castel Gandolfo, 15 agosto 2005


Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.

Salmo 50




Ecco il tempo opportuno

Questo è il tempo del deserto, o Signore.
Anche noi con te, siamo attratti
verso le dune del silenzio,
per riscoprire l'orizzonte
del nostro mondo interiore
e spezzare il pane saporoso della Parola,
che sazia la nostra fame
e dona vigore nei giorni di lotta.
Questo è il tempo del pane spezzato
sulla stessa mensa con altri fratelli,
come viatico che fortifica
la nostra coscienza di figli.
Questo è il tempo del tuo perdono
nella gioia di una libertà ritrovata
sui ruderi delle nostre schiavitù.
Donaci, o Signore, di non sciupare
i giorni di luce che tu dipani per noi:
liberaci dalla febbre dell'evasione
per tuffarci nella limpida corrente
della tua grazia che rigenera
e ci fa essere creature pasquali.

- Enrico Masseroni -
Ti benedico Signore, Edizioni Paoline


Buona giornata a tutti. :-)