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domenica 19 luglio 2020

Recessione (1974) - Pier Paolo Pasolini

Rivedremo calzoni coi rattoppi
rossi tramonti sui borghi
vuoti di macchine
pieni di povera gente che sarà tornata da Torino o dalla Germania.
I vecchi saranno padroni dei loro muretti come poltrone di senatori
e i bambini sapranno che la minestra è poca e che cosa significa un pezzo di pane.
E la sera sarà più nera della fine del mondo e di notte sentiremmo i grilli o i tuoni
e forse qualche giovane tra quei pochi tornati al nido tirerà fuori un mandolino.
L'aria saprà di stracci bagnati
tutto sarà lontano
treni e corriere passeranno ogni tanto come in un sogno.
E città grandi come mondi saranno piene di gente che va a piedi
con i vestiti grigi
e dentro gli occhi una domanda che non è di soldi ma è solo d'amore
soltanto d'amore.
Le piccole fabbriche sul più bello di un prato verde
nella curva di un fiume
nel cuore di un vecchio bosco di querce
crolleranno un poco per sera
muretto per muretto
lamiera per lamiera.
E gli antichi palazzi
saranno come montagne di pietra
soli e chiusi com'erano una volta.
E la sera sarà più nera della fine del mondo
e di notte sentiremmo i grilli o i tuoni.
L'aria saprà di stracci bagnati
tutto sarà lontano
treni e corriere passeranno
ogni tanto come in un sogno.
E i banditi avranno il viso di una volta
con i capelli corti sul collo
e gli occhi di loro madre pieni del nero delle notti di luna
e saranno armati solo di un coltello.
Lo zoccolo del cavallo toccherà la terra leggero come una farfalla
e ricorderà ciò che è stato il silenzio il mondo
e ciò che sarà.



- Pier Paolo Pasolini -



Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. 
E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. 
Io detesto soprattutto il potere di oggi. Io detesto soprattutto il potere di oggi. 
Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. È un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. 
Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti. 
Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori. Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento. 
Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico, cioè la nostra industria italiana pluri-nazionale e anche quella nazionale degli industrialotti, voleva che gli italiani consumassero in un certo modo, un certo tipo di merce, e per consumarlo dovevano realizzare un nuovo modello umano. 

- Pier Paolo Pasolini -
da “Pasolini prossimo nostro”



Buona giornata a tutti. :-)







giovedì 4 giugno 2020

Onora tuo padre e tua madre - Bruno Maggioni (biblista)

La Bibbia conosce alcune figure di grandi vecchi, e se ne compiace: Abramo, Mosè, Samuele e altri. Per l'uomo biblico nulla è scontato. La potenza di Dio può sconvolgere anche le leggi dell'età: Sara ha un figlio in tarda età (Genesi 18,12), «perché nulla è impossibile a Dio». E così Elisabetta (Luca 1,36-37). Ma la stima della Bibbia, ovviamente, non si estende solo verso queste figure eccezionali. 
Anche nella società biblica l'anziano è, per lo più, un pensionato. 
Il profeta Zaccaria annota che accanto ai bambini che giocano «siedono anziani e anziane nelle strade di Gerusalemme, ciascuno con un bastone tra le mani, a motivo dell'età avanzata» (Zc 8,4). 
In un passo del Levitico «un uomo dai 20 ai 60 anni viene valutato 50 sicli (30 se donna), ma dopo i 60 solo 15 sicli (10 se donna)» (Lv 27,1-8). 
Un pensionato, dunque, ma non un emarginato.

È significativo che tra le classi deboli, in favore delle quali Dio prende le difese, vengono enumerati gli orfani, i poveri, le vedove e gli stranieri, ma non i vecchi. 
La vecchiaia non costituiva un particolare problema sociale.

Forse anche perché gli anziani non dovevano essere molti, e questo è un dato da non sottovalutare completamente. 
Per il salmista (Sal 90,10) settanta anni sono una bella età e solo in casi eccezionali l'uomo arriva a ottanta. Ma non dovevano essere molti ad arrivarci.
L'età media non era alta. In una lista di 14 re della casa di Davide - dal 926 al 597 a. C. - solo due raggiunsero i 66 anni, e solo altri tre superarono i 50.

Non è però soltanto per questo che la vecchiaia non costituiva un particolare problema sociale. 

La vera ragione è culturale. L'anziano - anche se sminuito nella sua capacità lavorativa - conservava grande spazio nella famiglia e nella società, perché l'efficienza produttiva non era in quella cultura l'unico valore, né il principale. 

Beni essenziali erano l'esperienza, la saggezza, la tradizione e la testimonianza della fede.

Ne si sottovaluti la componente religiosa, che affiora con grande forza - ad esempio - in un bellissimo passo del libro dell'Ecclesiastico, in cui si invitano i figli - non i fanciulli, ma i figli grandi, sposati - a «onorare» i vecchi genitori (Sir 3,1-16). 
Si tratta di un ampio commento al quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua madre, perché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra» (Esodo 20,12). 
Il verbo «onorare» scandisce tutto il passo dell'Ecclesiastico, scritto da un autore ricco di anni e di saggezza. Significa non solo rispettare, ma accogliere, fare spazio, offrire ragioni di vita e di movimento. E questo in qualsiasi caso:

«Anche se perde il sentimento compatiscilo, non disprezzarlo solo perché tu sei nel pieno vigore».

- card. Bruno Maggioni -
da: "Vedrai con gioia i figli dei figli, I nonni nella bibbia" ed. Ancora
pagg. 15-16-17




… se ciascuno di noi nasce necessariamente come figlio, e non può venire al mondo se non in quanto ci sono stati un padre e una madre, quest’ultimi hanno dovuto avere dei nonni. 
È interessante, e altrettanto decisivo, rilevare come la trasmissione genealogica si svolge in una logica ternaria: nonni, padri, figli. 
Se nella discendenza formalmente togliete il primo termine (“i nonni”), gli altri due rimangono senza un punto di riferimento fondativo. 
Questa logica ternaria funziona da millenni.

Uno dei suoi emblemi più celebri è quello di Enea che tiene sulle spalle il padre Anchise e stringe per mano il figlio Ascanio. 
La logica è ferrea: Enea, a costo della propria vita, non può fuggire da Troia senza portare con sé Anchise, suo padre e nonno di suo figlio.  

Rigorosamente: senza il mito delle origini (“da dove vengo”) che istituisce la nominazione (“il mio nome è…”), senza il racconto della nostra storia famigliare (“sono stato cresciuto e ho vissuto con…”), il concetto stesso di filiazione vien meno. Infatti rimane esclusa la sua dimensione simbolica, essenzialmente la sua storia genealogica che si svolge lungo la trasmissione di una serie di valori, di istanze spirituali, etiche, culturali. 
Questa trasmissione che procede dal mito delle origini, dai “nonni”, presuppone un lavoro, quello che Freud, riprendendo un verso di Goethe, amava citare spesso: «Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo se vuoi possederlo davvero».

- Giancarlo Ricci - 
da: Tempi, 5 maggio 2020


Pompeo Girolamo Batoni – Enea e Anchise in fuga da Troia in fiamme – 1748

«La memoria della specie insegna: qualcosa nella vita è più prezioso della vita, essa è il senza-prezzo in gioco nella riproduzione dell’umanità. E che annuncia nuovi inizi».

- Pierre Legendre  -


Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it







lunedì 1 giugno 2020

Virus ed eutanasia?

Se anche per un'unica volta accettiamo il principio del diritto a uccidere i nostri fratelli improduttivi - benché limitato in partenza solo ai poveri e indifesi malati di mente - allora in linea di principio l'omicidio diventa ammissibile per tutti gli esseri improduttivi, i malati incurabili, coloro che sono stati resi invalidi dal lavoro o in guerra, e noi stessi, quando diventiamo vecchi, deboli e quindi improduttivi.
Basterà allora un qualsiasi editto segreto che ordini di estendere il metodo messo a punto per i malati di mente ad altre persone improduttive, a coloro che soffrono di malattie polmonari incurabili, ai vecchi deboli o invalidi, ai soldati gravemente mutilati. 
A quel punto la vita di nessuno di noi sarà più sicura. 
Una qualsiasi commissione ci può includere nella lista degli improduttivi, a suo giudizio diventati inutili. Nessuna polizia, nessun tribunale indagherà sul nostro assassinio, né punirà l’assassino come merita.
Sventura al genere umano, sventura alla nostra nazione tedesca se non solo viene infranto il santo comandamento di Dio: "Non uccidere, che Dio proclamò sul monte Sinai tra tuoni e lampi, che Dio nostro creatore impresse nella coscienza del genere umano fin dall'inizio del tempo, ma si tollera e ammette che tale violazione sia lasciata impunita.

- Card. A. Clemens von Galen vescovo di Münster -
 Il 3 agosto 1941 denunciò l'eutanasia dei malati di mente tedeschi. 



Mai come oggi si delinea a più livelli, nettamente e concretamente, un disegno che prima della pandemia operava silenziosamente nella società: la biopolitica. 
Oggi quel silenzio è diventato un grido di sconforto e di indignazione. 
Solo ora, per esempio, la società si accorge – è l’Oms a ricordarlo – che il virus in Europa ha colpito mortalmente, per il 50 per cento, gli anziani che vivevano nelle case di riposo. Forse un po’ di trascuratezza c’è stata, affermano coloro che voltano lo sguardo dall’altra parte. 
In realtà tanti morti nelle case di riposo assume il senso tragico di un lapsus della biopolitica. Volevano proteggere gli anziani ma in realtà è accaduto il contrario: il “proteggere” è diventata una “strage” sistematica, per alcuni addirittura un “massacro”. 
Parola terribile, quest’ultima, perché evoca un’altra parola altrettanto orribile che è “eutanasia”. 
Non possiamo crederci. Eppure quale migliore esempio per evocare il funzionamento nefasto di un programma biopolitico che pretende di imporre i propri criteri di valore e di utilità alla vita umana?
Credere di gestire la vita altrui in nome del profitto, di quel bene materiale che è ritenuto alimentare l’esistenza e la sussistenza umana, diventa un’ideologia perché appiana le differenze, promuove criteri di valore arbitrari, attua sommessamente una “leggera” discriminazione che rischia di scivolare verso vere e proprie forme di segregazione. Il tutto – conosciamo il ritornello – evidentemente per il Bene Comune. 

- Giancarlo Ricci - 
da: Tempi.it 20 maggio 2020


….. «In Italia, la capacità di terapia intensiva è gestita in modo molto diverso. Ammettono pazienti che non includeremmo perché sono troppo vecchi. Gli anziani hanno una posizione molto diversa nella cultura italiana».
(Frits Rosendaal, capo dell'epidemiologia clinica presso il Leida University Medical Center, e membro della Royal Dutch Academy of Sciences and Art )….
…. Ecco a cosa ha portato l’apertura al “diritto” di morire: l’obbligo di morire. Hanno detto che l’eutanasia è un diritto, che è volontaria, che tutti devono essere liberi di scegliere come e quando morire e a cosa siamo arrivati? All’obbligo di morire. ….
….Quei pazienti esclusi perché «troppo vecchi» sono i veri discriminati di oggi. 
Strano che nel loro caso i “paladini dell’inclusione” tacciano. 
Per gli anziani, dunque, le cure sono vietate. Bel “diritto di scelta” viene concesso loro. Eppure, all’inizio tutti parlavano di eutanasia come garanzia di libertà, anche se pian piano venivano fuori gli innumerevoli casi in cui essa è stata praticata anche su chi voleva vivere.
Ed ecco che puntualmente l’eutanasia resta fedele alle sue origini naziste nel considerare il malato, l’anziano, il disabile, l’improduttivo non più una persona di cui prendersi cura, ma un peso sociale, nient’altro che un costo dispendioso. Questo fu all’origine del massacro di tanti nei campi di concentramento e continua oggi a perpetrarsi con le leggi su eutanasia, suicidio assistito e aborto.

- Luca Scalise - 
Da: Provitaefamiglie.it 5 aprile 2020



Ho visto un Uomo
vestito di bianco
e stanco
sotto la pioggia battente
e il vento freddo
salire lento
verso l’altare
carico di dolore
di sofferenza
ma anche di speranza.
Ho visto un Uomo
anziano
zoppicante
fare le tante scale
con sulle sue spalle
tutto il dolore del mondo.
Ho visto un Uomo
concentrato
nel suo silenzio
fremente
nella sua preghiera
chiedere il perdono
di tutti i peccati
degli uomini
e la loro Salvezza.
Ho visto un Uomo,
uomo fra gli uomini,
innalzarsi
su tutti
e pregare
per tutti.
Ho visto un Uomo
dire
“nessuno si salva da solo”
perché
non siamo soli
se crediamo
in Dio
e nella sua Salvezza.

Ho visto un Uomo
che,
con tutti gli altri uomini del mondo,
si salverà
perché ha creduto
e crederà
per sempre.


- Giulia Madonna -


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 18 maggio 2020

da: "La fattoria degli animali" di George Orwell (1945)

Il libro

I particolari concreti della vicenda mi vennero in mente il giorno in cui allora vivevo in un piccolo villaggio) vidi un bambino di dieci anni che spingeva per un angusto viottolo un enorme cavallo da tiro, frustandolo ogni volta che cercava di voltarsi. Mi colpì l'idea che se animali come quello riuscissero ad acquistare coscienza della propria forza saremmo impotenti contro di loro, e che gli uomini sfruttano gli animali in modo analogo a come i ricchi sfruttano i proletari. Presi allora ad analizzare la teoria marxista dal punto di vista degli animali

George Orwell (1945)



Il signor Jones, della Fattoria Padronale, aveva serrato i pollai per la notte, ma era troppo ubriaco per ricordarsi di chiudere gli sportelli. Con il cerchio di luce della sua lanterna che gli ballava intorno caracollò per l'aia, si scalciò via gli stivali sulla porta di dietro, si verso un ultimo bicchiere di birra dal barile nel retro cucina, e salì in camera da letto, dove la signora Jones stava già russando.

Non appena la luce della camera si spense, in tutti i fabbricati della fattoria ci fu un gran fermento e un frullo d'ali. Durante il giorno era corsa voce che la notte prima il vecchio Maggiore, il verro premiato per la classe Middle White, aveva fatto uno strano sogno, e che voleva riferirlo agli altri animali. Era stato deciso che appena il signor Jones si fosse levato di torno si sarebbero ritrovati tutti nel grande granaio. -

- George Orwell -


Il vecchio Maggiore (come veniva abitualmente chiamato, anche se il nome con cui aveva partecipato ai concorsi era La Beltà di Willingdon) godeva di una reputazione così alta nella fattoria, che pur di ascoltare cos'aveva da dire chiunque era pronto a perdere un'ora di sonno. A un'estremità del grande granaio, su una specie di piattaforma rialzata, il Maggiore era già adagiato sulla sua lettiera di paglia, sotto una lanterna appesa a una trave. Aveva dodici anni, e negli ultimi tempi si era un po' ingrossato, ma rimaneva un maiale dall'aspetto maestoso, con un'aria saggia e benevola nonostante non gli fossero state tagliate le zanne. In breve tempo incominciarono ad arrivare gli altri animali, che si accomodarono ognuno alla sua maniera.

- George Orwell -



«L'uomo è la sola creatura che consuma senza produrre: non fa il latte, non depone le uova, è troppo debole per tirare l'aratro, non può correre abbastanza veloce per prendere i conigli.

Eppure è il signore di tutti gli animali. Li fa lavorare, dà loro lo stretto indispensabile perché non muoiano di fame, e tiene tutto il resto per sé. Il nostro lavoro coltiva la terra, il nostro letame la fertilizza, e tuttavia non c'è uno di noi che possegga qualcosa oltre alla propria pelle. Voi mucche che vedo davanti a me, quante migliaia di galloni di latte avete prodotto nell'ultimo anno? E cos'è successo a quel latte che avrebbe dovuto svezzare aitanti vitelli?

Ogni sua goccia è finita nelle gole dei nostri nemici. E voi galline, quante uova avete deposto nell'ultimo anno, e quante di quelle uova sono diventate pulcini? Tutte le altre sono finite al mercato per il guadagno di Jones e dei suoi uomini. E tu, Trifoglio, dove sono i quattro puledri che hai partorito, e che sarebbero dovuti essere il sostegno e la gioia della tua vecchiaia? Sono stati tutti venduti al compimento di un anno, e non ne rivedrai più nessuno,

In cambio dei tuoi quattro travagli e di tutte le fatiche nei campi, cos'hai avuto oltre al cibo strettamente indispensabile e un posto nella stalla?

- George Orwell -



«Ho ancora qualcosa da dirvi. Lo ripeto, ricordatevi sempre il vostro impegno di inimicizia verso l'uomo e tutte le sue abitudini. Tutto ciò che cammina su due gambe è un nemico. Tutto ciò che cammina su quattro gambe, o ha delle ali, è un amico.

E ricordatevi anche che combattendo contro l'uomo non dobbiamo finire per assomigliargli:

anche quando lo avrete sconfitto, non imitatene i vizi. Nessun animale dovrà mai abitare in una casa, o dormire in un letto, o indossare abiti, o bere alcolici, o fumare tabacco, o maneggiare denaro, o darsi al commercio. Tutte le abitudini dell'uomo sono malvagie. E soprattutto, nessun animale dovrà mai esercitare la tirannide nei confronti del proprio simile. Deboli o forti, ingenui o scaltri, siamo tutti fratelli. Nessun animale dovrà mai uccidere un altro animale. Tutti gli animali sono uguali.

- George Orwell -



Carissimi amici ed amiche,
oggi, 18 maggio 2020, in Italia, riaprono quasi tutte le attività. Non possiamo ancora viaggiare tra regione e regione, ma si aprono spiragli .... 
Insomma ... si può affermare che i semafori della vita non saranno tutti verdi nello stesso momento e le stelle non si allineeranno mai. 
Le condizioni nelle quali viviamo non saranno mai perfette come le vorremmo, ma abbiamo una certezza: l’universo non cospira contro di noi, ma nemmeno ... si impegna per renderci le cose facili.
Si riparte. Coraggio!
Buona giornata a tutti. :-)
Stefania





martedì 5 maggio 2020

I bruchi – don Bruno Ferrero

C’era una volta un gelso centenario, pieno di rughe e di saggezza, che ospitava una colonia di piccoli bruchi. 
Erano bruchi onesti, laboriosi, di poche pretese.
Mangiavano, dormivano e, salvo qualche capatina al bar del penultimo ramo a destra, non facevano chiasso. 
La vita scorreva monotona, ma serena e tranquilla. 
Faceva eccezione il periodo delle elezioni, durante il quale i bruchi si scaldavano un po’ per le insanabili divergenze tra la destra, la sinistra e il centro. 
I bruchi di destra sostengono che si comincia a mangiare la foglia da destra, i bruchi di sinistra sostengono il contrario, quelli di centro cominciano a mangiare dove capita. 
Alle foglie naturalmente nessuno chiedeva mai un parere.
Tutti trovavano naturale che fossero fatte per essere rosicchiate.
Il buon vecchio gelso nutriva tutti e passava il tempo sonnecchiando, cullato dal rumore delle instancabili mandibole dei suoi ospiti. 
Bruco Giovanni era tra tutti il più curioso, quello che con maggiore frequenza si fermava a parlare con il vecchio e saggio gelso.
“Sei veramente fortunato, vecchio mio”, diceva Giovanni al gelso.
"Te ne stai tranquillo in ogni caso. Sai che dopo l’estate verrà l’autunno, poi l'inverno, poi tutto ricomincerà. Per noi la vita è così breve. Un lampo, un rapido schioccar di mandibole e tutto è finito”.
Il gelso rideva e rideva, tossicchiando un po’: “Giovanni, Giovanni, ti ho spiegato mille volte che non finirà così! Diventerai una creatura stupenda, invidiata da tutti, ammirata...”.
Giovanni agitava il testone e brontolava: “Non la smetti mai di prendermi in giro. Lo so bene che noi bruchi siamo detestati da tutti. Facciamo ribrezzo. Nessun poeta ci ha mai dedicato una poesia. Tutto quello che dobbiamo fare è mangiare e ingrassare. E basta”. 
“Ma Giovanni”, chiese una volta il gelso, “tu non sogni mai?”. 
Il bruco arrossì. “Qualche volta”, rispose timidamente. “E che cosa sogni?”. “Gli angeli”, disse, “creature che volano, in un mondo stupendo”. “E nel sogno sei uno di quelli?”. “...Sì”, mormorò con un fil di voce il bruco Giovanni, arrossendo di nuovo.
Ancora una volta, il gelso scoppiò a ridere. “Giovanni, voi bruchi siete le uniche creature i cui sogni si avverano e non ci credete!”. 
Qualche volta, il bruco Giovanni ne parlava con gli amici. “Chi ti mette queste idee in testa?”, brontolava Pierbruco. 
“Il tempo vola, non c’è niente dopo! Niente di niente. Si vive una volta sola: mangia, bevi e divertiti più che puoi!”.
"Ma il gelso dice che ci trasformeremo in bellissimi esseri alati...”. “Stupidaggini. Inventano di tutto per farci stare buoni”, rispondeva l’amico. Giovanni scrollava la testa e ricominciava a mangiare. “Presto tutto finirà... scrunch... Non c’è niente dopo... scrunch... Certo, io mangio… scrunch, bevo e mi diverto più che posso... scrunch... ma... scrunch... non sono felice... scrunch.
I sogni resteranno sempre sogni. Non diventeranno mai realtà. Sono sono illusioni; bofonchiava, lavorando di mandibole. 
Ben presto i tiepidi raggi del sole autunnale cominciarono ad illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi tondeggianti sparsi qua e là sulle foglie del vecchio gelso. 
Un mattino, anche Giovanni, spostandosi con estrema lentezza, come in preda ad un invincibile torpore, si rivolse al gelso. 
“Sono venuto a salutarti. È la fine. Guarda sono l’ultimo. Ci sono solo tombe in giro. E ora devo costruirmi la mia!”. 
“Finalmente! Potrò far ricrescere un po’ di foglie! Ho già incominciato a godermi il silenzio! Mi avete praticamente spogliato! Arrivederci, Giovanni!”, sorrise il gelso.
"Ti sbagli gelso. Questo... sigh... è... è un addio, amico!”, disse il bruco con il cuore gonfio di tristezza. “Un vero addio. I sogni non si avverano mai, resteranno sempre e solo sogni. Sigh!”.
Lentamente, Giovanni cominciò a farsi un bozzolo. 
“Oh”, ribatté il gelso, “vedrai”. 
E cominciò a cullare i bianchi bozzoli appesi ai suoi rami. 



A primavera, una bellissima farfalla dalle ali rosse e gialle volava leggera intorno al gelso. “Ehi, gelso, cosa fai di bello? Non sei felice per questo sole di primavera?”. 


“Ciao Giovanni! Hai visto, che avevo ragione io?”, sorrise il vecchio albero. “O ti sei già dimenticato di come eri poco tempo fa?”. 


Parlare di risurrezione agli uomini è proprio come parlare di farfalle ai bruchi. Molti uomini del nostro tempo pensano e vivono come i bruchi. Mangiano, bevono e si divertono più che possono: dopotutto non si vive una volta sola? Nulla di male, sia ben chiaro. Ma la loro vita è tutta qui. Per loro, la parola risurrezione non significa nulla. Eppure non sono felici...


- don Bruno Ferrero -
Fonte: Il volo di Vel



A lamentarsi della vita sono sempre quelli che la vita ha trattato meglio.

- E. Soje –



Ognuno prende i limiti del proprio campo visivo per i limiti del mondo.

(Arthur Schopenhauer)





Piano piano i contagi stanno calando, stiamo riacquistando un po di libertà. Certo la paura di andare per le strade è ancora grande. Salire su un tram, un bus, un treno ... a meno che non sia indispensabile ... non se ne parla nemmeno. Amico stammi distante e mettiti la mascherina! Passerà. Ho pensato in queste settimane, chiusa in un appartamento di città,  alle cose che più mi mancavano. Tante!! Soprattutto le più banali, come uscire sul balcone, non avere nessuno davanti, godermi il tramonto sorseggiando un bombardino.


Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 1 maggio 2020

“La Madonna ci accompagna e non e’ mai invadente. Soffre con noi” - Papa Francesco


Lettera del Santo Padre Francesco a tutti i fedeli per il Mese di Maggio 2020

Cari fratelli e sorelle,
è ormai vicino il mese di maggio, nel quale il popolo di Dio esprime con particolare intensità il suo amore e la sua devozione alla Vergine Maria. È tradizione, in questo mese, pregare il Rosario a casa, in famiglia. Una dimensione, quella domestica, che le restrizioni della pandemia ci hanno “costretto” a valorizzare, anche dal punto di vista spirituale.
Perciò ho pensato di proporre a tutti di riscoprire la bellezza di pregare il Rosario a casa nel mese di maggio.
Lo si può fare insieme, oppure personalmente; scegliete voi a seconda delle situazioni, valorizzando entrambe le possibilità. Ma in ogni caso c’è un segreto per farlo: la semplicità; ed è facile trovare, anche in internet, dei buoni schemi di preghiera da seguire.
Inoltre, vi offro i testi di due preghiere alla Madonna, che potrete recitare al termine del Rosario, e che io stesso reciterò nel mese di maggio, spiritualmente unito a voi.
Le allego a questa lettera così che vengano messe a disposizione di tutti.
Cari fratelli e sorelle, contemplare insieme il volto di Cristo con il cuore di Maria, nostra Madre, ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova. Io pregherò per voi, specialmente per i più sofferenti, e voi, per favore, pregate per me. Vi ringrazio e di cuore vi benedico.

Roma, San Giovanni in Laterano, 25 aprile 2020
Festa di San Marco Evangelista

Francesco



Preghiere del Santo Padre a Maria per il mese di Maggio

O Maria,
Tu risplendi sempre nel nostro cammino
come segno di salvezza e di speranza.
Noi ci affidiamo a Te, Salute dei malati,
che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù,
mantenendo ferma la tua fede.
Tu, Salvezza del popolo romano,
sai di che cosa abbiamo bisogno
e siamo certi che provvederai
perché, come a Cana di Galilea,
possa tornare la gioia e la festa
dopo questo momento di prova.
Aiutaci, Madre del Divino Amore,
a conformarci al volere del Padre
e a fare ciò che ci dirà Gesù,
che ha preso su di sé le nostre sofferenze
e si è caricato dei nostri dolori
per condurci, attraverso la croce,
alla gioia della risurrezione. Amen.
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio.
Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.



«Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio».

Nella presente situazione drammatica, carica di sofferenze e di angosce che attanagliano il mondo intero, ricorriamo a Te, Madre di Dio e Madre nostra, e cerchiamo rifugio sotto la tua protezione.

O Vergine Maria, volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi in questa pandemia del coronavirus, e conforta quanti sono smarriti e piangenti per i loro cari morti, sepolti a volte in un modo che ferisce l’anima. 
Sostieni quanti sono angosciati per le persone ammalate alle quali, per impedire il contagio, non possono stare vicini. Infondi fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e per le conseguenze sull’economia e sul lavoro.

Madre di Dio e Madre nostra, implora per noi da Dio, Padre di misericordia, che questa dura prova finisca e che ritorni un orizzonte di speranza e di pace. Come a Cana, intervieni presso il tuo Figlio Divino, chiedendogli di confortare le famiglie dei malati e delle vittime e di aprire il loro cuore alla fiducia.

Proteggi i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i volontari che in questo periodo di emergenza sono in prima linea e mettono la loro vita a rischio per salvare altre vite. Accompagna la loro eroica fatica e dona loro forza, bontà e salute.

Sii accanto a coloro che notte e giorno assistono i malati e ai sacerdoti che, con sollecitudine pastorale e impegno evangelico, cercano di aiutare e sostenere tutti.

Vergine Santa, illumina le menti degli uomini e delle donne di scienza, perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus.

Assisti i Responsabili delle Nazioni, perché operino con saggezza, sollecitudine e generosità, soccorrendo quanti mancano del necessario per vivere, programmando soluzioni sociali ed economiche con lungimiranza e con spirito di solidarietà.

Maria Santissima, tocca le coscienze perché le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro.

Madre amatissima, fa’ crescere nel mondo il senso di appartenenza ad un’unica grande famiglia, nella consapevolezza del legame che tutti unisce, perché con spirito fraterno e solidale veniamo in aiuto alle tante povertà e situazioni di miseria. Incoraggia la fermezza nella fede, la perseveranza nel servire, la costanza nel pregare.

O Maria, Consolatrice degli afflitti, abbraccia tutti i tuoi figli tribolati e ottieni che Dio intervenga con la sua mano onnipotente a liberarci da questa terribile epidemia, cosicché la vita possa riprendere in serenità il suo corso normale.

Ci affidiamo a Te, che risplendi sul nostro cammino come segno di salvezza e di speranza, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen.



Mamma Celeste, ci affidiamo a Te. :-)