lunedì 30 agosto 2021

L'eterna bellezza dell'anima - Osho

C’è una bellezza del corpo e c’è una bellezza dell’Anima.
La bellezza del corpo è ordinaria e transitoria: oggi c’è, domani forse no.
E la bellezza del corpo è più negli occhi
di chi guarda che nell’oggetto in sè: la stessa persona
può apparire bella a qualcuno e brutta
a qualcun altro.
Ma la bellezza dell’Anima è qualcosa d’interiore,
non è negli occhi dell’osservatore,
perchè non può essere vista, può solo essere sentita.
Non è una bellezza che può essere distrutta,
nemmeno la morte può toccarla, è eterna.

- Osho -



Ogni tanto tenta di vivere e basta.
Vivi semplicemente. Non lottare e non forzare la vita. 
Osserva in silenzio ciò che accade.
Lascia accadere ciò che accade. 
Permetti a ciò che è, di esistere.
Lascia cadere ogni tensione e lascia che la vita fluisca,
che accada. E ciò che accade, te lo garantisco, libera.

- Osho -



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"Ciò che dovrà accadere, accadrà. E tu hai una scelta: andarci insieme o andarci contro."

- Osho -





La prima cosa che si deve fare è ridere, perché la risata stabilirà l'atmosfera di tutta la giornata. Se ti svegli ridendo, presto sarai in grado di sentire quanto sia assurda la vita. Nulla è serio: puoi ridere anche delle tue delusioni, puoi ridere anche delle tue sofferenze, puoi ridere perfino di te stesso.

- Osho -
da: "Il libro arancione"





Buona giornata a tutti. :-)


sabato 28 agosto 2021

Gli emigranti - Edmondo De Amicis


Nel 1884 Edmondo De Amicis si imbarca sul piroscafo Galileo alla volta dell'Argentina come corrispondente per il "Nacional”. 
Dal suo viaggio nacque il libro “Sull'Oceano”, una fotografia della società dell’epoca scattata tra le murate di una nave che raccoglieva passeggeri d’ogni ceto sociale, trasportando speranze, tristezze, gioie e paure. 
Un resoconto di viaggio che ci riporta in altri tempi, un’epoca in cui una traversata atlantica era, per i passeggeri di terza classe, un viaggio all’inferno da cui molti non sarebbero più usciti. 



…Quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era già cominciato da un'ora, e il Galileo, congiunto alla calata da un piccolo ponte mobile, continuava a insaccar miseria: una processione interminabile di gente che usciva a gruppi dall'edifizio dirimpetto, dove un delegato della Questura esaminava i passaporti. 
La maggior parte, avendo passato una o due notti all'aria aperta, accucciati come cani per le strade di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di latta dell'asilo infantile passavano, portando quasi tutti una seggiola pieghevole sotto il braccio, sacche e valigie d'ogni forma alla mano o sul capo, bracciate di materasse e di coperte, e il biglietto col numero della cuccetta stretto fra le labbra. 
Delle povere donne che avevano un bambino da ciascuna mano, reggevano i loro grossi fagotti coi denti; delle vecchie contadine in zoccoli, alzando la gonnella per non inciampare nelle traversine del ponte, mostravano le gambe nude e stecchite; molti erano scalzi, e portavan le scarpe appese al collo. Di tratto in tratto passavano tra quella miseria signori vestiti di spolverine eleganti, preti, signore con grandi cappelli piumati, che tenevano in mano o un cagnolino, o una cappelliera, o un fascio di romanzi francesi illustrati, dell'antica edizione Lévy. 
Poi, improvvisamente, la processione umana era interrotta, e veniva avanti sotto una tempesta di legnate e di bestemmie un branco di bovi e di montoni, i quali, arrivati a bordo, sviandosi di qua o di là, e spaventandosi, confondevano i muggiti e i belati coi nitriti dei cavalli di prua, con le grida dei marinai e dei facchini, con lo strepito assordante della gru a vapore, che sollevava per aria mucchi di bauli e di casse. 

Dopo di che la sfilata degli emigranti ricominciava: visi e vestiti d'ogni parte d'Italia, robusti lavoratori dagli occhi tristi, vecchi cenciosi e sporchi, donne gravide, ragazze allegre, giovanotti brilli, villani in maniche di camicia, e ragazzi dietro ragazzi, che, messo appena il piede in coperta, in mezzo a quella confusione di passeggieri, di camerieri, d'ufficiali, d'impiegati della Società e di guardie di dogana, rimanevano attoniti, o si smarrivano come in una piazza affollata. 
Due ore dopo che era cominciato l'imbarco, il grande piroscafo, sempre immobile, come un cetaceo enorme che addentasse la riva, succhiava ancora sangue italiano.

…..da “ sull’Oceano” di Edmondo de Amicis



…Ma lo spettacolo eran le terze classi, dove la maggior parte degli emigranti, presi dal mal di mare, giacevano alla rinfusa, buttati a traverso alle panche, in atteggiamenti di malati o di morti, coi visi sudici e i capelli rabbuffati, in mezzo a un grande arruffio di coperte e di stracci. 

Si vedevan delle famiglie strette in gruppi compassionevoli, con quell'aria d'abbandono e di smarrimento, che è propria della famiglia senza tetto: il marito seduto e addormentato, la moglie col capo appoggiato sulle spalle di lui, e i bimbi sul tavolato, che dormivano col capo sulle ginocchia di tutti e due: dei mucchi di cenci, dove non si vedeva nessun viso, e non n'usciva che un braccio di bimbo o una treccia di donna. 

…..da “ sull’Oceano” di Edmondo de Amicis





…E il peggio era sotto, nel grande dormitorio, di cui s'apriva la boccaporta vicino al cassero di poppa: affacciandovisi, si vedevano nella mezza oscurità corpi sopra corpi, come nei bastimenti che riportano in patria le salme degli emigrati chinesi; e veniva su di là, come da uno spedale sotterraneo, un concerto di lamenti, di rantoli e di tossi, da metter la tentazione di sbarcare a Marsiglia. 

…..da “ sull’Oceano” di Edmondo de Amicis

   
              

Nella copertina de “L’Illustrazione italiana” il naufragio dell’Utopia, un bastimento inglese che, partito da Trieste e fatta tappa a Napoli, trasportava 3 passeggeri in 1ª classe, 3 clandestini, 59 membri equipaggio e 813 migranti italiani. Arrivato davanti al porto di Gibilterra la sera del 17 marzo 1891 con un tempo pessimo e visibilità ridotta, sbagliò manovra e andò a sbattere contro il rostro di una corazzata alla fonda.

Colò a picco in pochi minuti, facendo 576 vittime. Quasi tutte meridionali.





…Dalla boccaporta spalancata vidi una donna che singhiozzava forte, col viso nella cuccetta: intesi dire che poche ore prima d'imbarcarsi le era morta quasi all'improvviso una bambina, e che suo marito aveva dovuto lasciare il cadavere all'ufficio di Pubblica Sicurezza del porto, perché lo facessero portare all'ospedale.

…..da “ sull’Oceano” di Edmondo de Amicis


…Quando salii sul palco di comando, poco dopo le otto, che era l'ora della colazione, la prua offriva l'aspetto tra d'un mercato di campagna e d'un accampamento di zingari, che avessero disfatto le tende. Ciascun gruppo d'emigranti aveva preso il suo posto, dove passava la maggior parte della giornata, e i posti presi, per consuetudine tradizionale, eran rispettati da tutti. Dovunque si potesse star seduti senza ingombrare il passaggio, in tutti i cantucci che formavan le torri di cordami e i mucchi di fieno o di merci addossati all'opera morta, s'era ficcata, come una covata di gatti, una brigatella di conoscenti o una famigliuola, con le sue seggiole e qualche cuscino o coperta, e alcune eran così ben rimpiattate, che vi si sarebbe potuto passar davanti dieci volte senza scoprirle; poiché la povera gente si adatta a tutti i vani come l'acqua.


…..da “ sull’Oceano” di Edmondo de Amicis


Cogli occhi spenti, con lo guancie cave,
Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s'ascende il palco de la morte.

E ognun sul petto trepido si serra
Tutto quel che possiede su la terra.
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s'afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.

Salgono in lunga fila, umili e muti,
E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.

Salgono, e ognuno la pupilla mesta
Sulla ricca e gentil Genova arresta,
Intento in atto di stupor profondo,
Come sopra una festa
Fisserebbe lo sguardo un moribondo.

Ammonticchiati là come giumenti
Sulla gelida prua morsa dai venti,
Migrano a terre inospiti e lontane;
Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane.

Traditi da un mercante menzognero,
Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d'angoscia in lidi ignoti.

Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.

Vanno coi figli come un gran tesoro
Celando in petto una moneta d'oro,
Frutto segreto d'infiniti stonti,
E le donne con loro,
Istupidite martiri piangenti.

Pur nell'angoscia di quell'ultim'ora
Il suol che li rifiuta amano ancora;
L'amano ancora il maledetto suolo
Che i figli suoi divora,
Dove sudano mille e campa un solo.

E li han nel core in quei solenni istanti
I bei clivi di allegre acque sonanti,
E le chiesette candide, e i pacati
Laghi cinti di piante,
E i villaggi tranquilli ove son nati!

E ognuno forse sprigionando un grido,
Se lo potesse, tornerebbe al lido;
Tornerebbe a morir sopra i nativi
Monti, nel triste nido
Dove piangono i suoi vecchi malvivi.

Addio, poveri vecchi! In men d'un anno
Rosi dalla miseria e dall'affanno,
Forse morrete là senza compianto,
E i figli nol sapranno,
E andrete ignudi e soli al camposanto.

Poveri vecchi, addio! Forse a quest'ora
Dai muti clivi che il tramonto indora
La man levate i figli a benedire…
Benediteli ancora:
Tutti vanno a soffrir, molti a morire.

Ecco il naviglio maestoso e lento
Salpa, Genova gira, alita il vento.
Sul vago lido si distende un velo,
E il drappello sgomento
Solleva un grido desolato al cielo.

Chi al lido che dispar tende le braccia.
Chi nell'involto suo china la faccia,
Chi versando un'amara onda dagli occhi
La sua compagna abbraccia,
Chi supplicando Iddio piega i ginocchi.

E il naviglio s'affretta, e il giorno muore,
E un suon di pianti e d'urli di dolore
Vagamente confuso al suon dell'onda
Viene a morir nel core
De la folla che guarda da la sponda.

Addio, fratelli! Addio, turba dolente!
Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente,
V'allieti il sole il misero viaggio;
Addio, povera gente,
Datevi pace e fatevi coraggio.

Stringete il nodo dei fraterni affetti.
Riparate dal freddo i fanciulletti ,
Dividetevi i cenci, i soldi, il pane,
Sfidate uniti e stretti
L'imperversar de le sciagure umane.

E Iddio vi faccia rivarcar quei mari,
E tornare ai villaggi umili e cari,
E ritrovare ancor de le deserte
Case sui limitari
I vostri vecchi con le braccia aperte.

- Edmondo De Amicis - 


Buona giornata a tutti. :-)










giovedì 26 agosto 2021

Se (Lettera ad un figlio), 1895 - Kipling Rudyard

Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
tenendo però considerazione anche del loro dubbio.
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio; 
Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone; 
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo, 
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina 
E trattare allo stesso modo questi due impostori.

Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto 
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi, 
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte, 
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.

Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce, 
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio senza mai far parola della tua perdita.
 
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti, 
E a tenere duro quando in te non c'è più nulla 
Se non la Volontà che dice loro: "Tenete duro!" 

Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.

Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,

Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,

E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!

- Rudyard Kipling -


Io preferisco pensare bene della gente, perché così mi risparmio un sacco di preoccupazioni.

- Rudyard Kipling -


Non c’è peccato più grande dell’ignoranza.

- Rudyard Kipling -



Buona giornata a tutti. :-)

martedì 24 agosto 2021

Amarsi - Alessandro Pronzato

«Devi amare te stesso. 
Devi perdonarti. 
Avere pazienza, fiducia nei tuoi confronti. La fede, la speranza e la carità, è bene esercitarle anche verso di te.
Hai il preciso dovere di “farti prossimo” verso quel poveraccio che sei tu. 
Ti viene richiesto di rispettare e amare te stesso come “qualsiasi altro povero membro del corpo mistico di Cristo”.
Più che scaraventarti addosso il disgusto (che rappresenta l’eccesso opposto dell’autocompiacimento), è utile che porti serenamente il tuo peso, accetti i tuoi limiti. E, al più piccolo incidente, al primo – o ennesimo – infortunio, non pensare subito che la convivenza è impossibile.
Cerca di essere fedele a te stesso, nonostante i tradimenti e gli sgarbi che ricevi dalla parte peggiore di te. 
Convinciti. 
Non potrai essere fedele né a Dio né a un’altra persona, se non imparerai a essere fedele a te stesso».   

- Alessandro Pronzato -


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«Il nostro deserto: vivere con la disperazione sempre davanti, ma non consentirvi. Calpestarla con la speranza che abbiamo nella Croce. Muoverle guerra incessantemente.
Se condurremo  questa lotta con coraggio, ci troveremo a fianco Cristo. Se non sappiamo affrontarla, non lo troveremo mai». 


Buona giornata a tutti :-)

domenica 22 agosto 2021

Non auguriamo mai il male a nessuno ..... come la benedizione benedice, la maledizione devasta (una testimonianza di Padre Gabriele Amorth)

Ero nell’ufficio parrocchiale quando sono entrate due donne: la prima la conoscevo bene, ma l’altra non l’avevo mai vista. Quella che conoscevo mi ha detto:

“Padre, questa donna ha bisogno di lei”.

Mi sono rivolto alla nuova venuta e le ho chiesto per quale motivo si era rivolta a me. La fissavo in faccia; faceva strani segni con gli occhi e con le mani. Già mi era venuto in mente chi potesse essere e le ho detto:

“Signora, di chi ha paura? Qui non c’è il demonio, qui c’è Cristo Signore”.

E le ho messo davanti agli occhi il Crocifisso che tengo sulla scrivania.

A quel punto l’agitazione della donna si è fatta violenta, ma ero preparato al peggio e le ho gridato:

“Ma tu sei una maga! Che cosa vuoi da Dio?”.

Dapprima è rimasta sorpresa, e poi mi ha detto :

“Voglio essere liberata dal demonio perché il mio uomo sta morendo”.

Le ho risposto in tono perentorio:

“Di che cosa sta morendo il tuo uomo? Forse gli hai fatto una fattura o gli hai mandato una maledizione?”.


E lei tra le lacrime mi ha risposto che gli aveva gridato, con cattiveria:
“Ti pigliasse una cancrena!”.
Quella maledizione era giunta a segno e il suo uomo stava in ospedale morente, in camera di rianimazione.

Con voce severa le ho detto:
“Io non sono un santo e non faccio miracoli; sono un esorcista che, con l’aiuto e nel nome di Dio, scaccio i demoni. Ma la vita al tuo uomo non posso restituirla”.
A questo punto la donna ha fatto un balzo tale da salire in ginocchio sulla scrivania e ha allungato le braccia con l’intenzione di afferrarmi per il collo. Ero preparato a quella reazione del demonio e ho fatto in tempo a gridare:
“satana, in nome di Dio, fermati!”.
Ella, con gli occhi sbarrati e con la bocca spalancata, pur tenendo ancora le braccia tese verso il mio collo, è rimasta immobile: Dio mi aveva protetto. Allora ho gridato al demonio:
”In Nome di Dio, satana, ti ordino di non muoverti da questa posizione”.
Sono andato in Chiesa, ho messo la teca sul petto. Quando sono tornato nell’ufficio parrocchiale la donna era ancora nella posizione in cui l’avevo lasciata. Le ho ordinato di scendere dalla scrivania, di non tentare di avvicinarsi a me più di quella distanza di quando stava seduta.

Con l’Ostia consacrata ero più tranquillo e con voce risoluta le ho detto:
“Invece di piangere per il tuo uomo, dovresti piangere per le tante persone alle quali in vent’anni di carriera hai fatto del male”.
Ella con voce cavernosa mi ha gridato:
“Se il mio uomo muore farò del male a tutta la città”.
Io mi sono alzato di scatto, l’ho afferrata per le spalle e l’ho spinta fuori dall’ufficio e dalla chiesa gridandole:
“Con l’odio che hai nel cuore non sei degna di stare qui”.
Allora la donna che l’accompagnava mi ha detto:
“Padre, lei tratta tutti con gentilezza e non manda via quelli che sono posseduti dal demonio. Come mai quella lì l’ha cacciata via in malo modo?”.
Le ho risposto:
“Noi esorcisti possiamo aiutare a liberarsi dalla possessione demoniaca solo quelli che lo desiderano. Ma chi ha l’odio nel cuore non desidera essere liberato. E poi sta certa che entro un’ora la maga verrà di nuovo qui”.
Infatti poco dopo ella è ritornata e le ho detto che se voleva che le facessi l’esorcismo doveva darmi la dimostrazione che voleva essere liberata, portandomi tutto quello che aveva di magico.

Alle 15 ho riaperto la Chiesa e ho visto che le due donne stavano lì ad aspettarmi; avevano due grosse borse mi ha fatto rabbrividire: oltre ad attrezzi vari, come vassoi per bruciare l’incenso, c’erano candele rosse e nere, chiodi, spilli, limoni, fotografie da cui ritagliare il ritratto di una persona; e poi decine e decine di fatture già fatte. C’erano inoltre libri sulla magia, sulla stregoneria, sulle fatture, sulle messe nere, sulle orge sataniche e tante altre cose. Dopo aver cosparso il tutto per bene con l’acqua benedetta e dopo aver invocato Dio perché annullasse ogni maleficio, ho chiuso tutta quella roba in un armadio affinché nessuno la potesse trovare. Poi ho inviato la maga a tornare la sera con quattro uomini, quando la chiesa era chiusa. Sono arrivati puntuali. Mi ero reso conto che non era necessario consultare uno psichiatra, tanto era chiara la presenza demoniaca . Ho indossato i paramenti sacri e ho cominciato l’esorcismo. Ho subito comandato al demonio di non fare del male ad alcuno dei presenti, di non avvicinarsi a nessuno, di star lontano almeno mezzo metro da ognuno. Poi ho iniziato il rito. Ogni tanto la maga scattava in piedi, urlava, bestemmiava; io facevo finta di non sentirla. Ella allungava le mani intorno a sé, ma non toccava nessuno, tanto che il demonio ha urlato:
“Che avete messo qui davanti? Non riesco a passare!”.
Il demonio interrompeva spesso la preghiera; diceva che loro erano in tredici, mentre io ero solo e non sarei mai riuscito a cacciarli via. Gli comandavo in nome di Dio di tacere; e a quest’ordine si infuriava, e una volta mi ha gridato:
“Ma che cosa hai messo fra te e me? Una lastra di cristallo?”
Alla fine mi ha detto :
“Ma smettila! Lei non vuole essere liberata; altrimenti ti avrebbe portato tutto; invece nell’armadio della sua camera ha due borse di fattura già fatte e pronte per essere spedite”.
A questo punto la donna ha affermato di essere stanca, di non poter resistere più. Ho colto l’occasione per troncare l’esorcismo dicendole:
“Con i demoni stanchi io non combatto. Proseguiremo domani, ma a condizione che tu domani mattina mi porti le due buste di fatture che, a quanto mi ha detto il demonio, tieni nascoste nell’armadio. Ti aspetto domani alle sette”. L’indomani alle sette precise era davanti alla porta della chiesa con le borse; e piangendo mi ha detto:
“Il mio uomo sta morendo. Lo hanno messo nel polmone d’acciaio”.
Io le ho detto:
“Ora vai in ospedale a trovare il tuo uomo; ma a lui ci penserà Dio. Ritornerai questa sera alle 20, con gli uomini che ti hanno accompagnata ieri”.
Alle 19 erano già tutti in chiesa. Ho chiuso le porte, ho indossato i paramenti e mi sono preparato per la lotta. La maga non faceva altro che ripetermi di fare presto, perché i dottori avevano dato al suo uomo un’ora di vita.

Ho recitato poche preghiere, poi ho ripreso subito l’esorcismo imperativo.

A un certo punto, urlando, la donna ha cominciato a vomitare; dalla bocca è uscito un grumo di terra marrone e saliva. Mentre lo aspergevo con acqua benedetta, contavo; questo è il primo demonio. Seguitavo a pregare, a dare ordini, e uno dopo l’altro sono usciti altri dodici demoni. Allora una voce cavernosa mi ha gridato:
“io sono satana; non riuscirai a cacciarmi”.
Ho guardato l’orologio e ho visto che mezzanotte era passata da una decina di minuti. Ho detto:
“GIA' SIAMO NELLA FESTA DELL' IMMACOLATA CONCEZIONE. Satana, in Nome di Maria Santissima Immacolata ti ordino di uscire da questa donna e di andare dove Dio ti ha comandato di andare”.
Ho ripetuto questo comando una decina di volte, fino a quando la rauca voce del demone si è fatta di nuovo sentire:
“Basta con quel Nome, Non lo voglio più sentire!”. Ho risposto:
“demonio, quel Nome lo ripeterò per tutta la notte; se non vuoi sentirmi nominare il Nome di Maria Santissima Immacolata, Madre di Gesù, esci da questa donna e vattene via”.
Allora la maga ha ricominciato a vomitare, e dopo un urlo è caduta a terra svenuta. Era finalmente libera da tutti i demoni. Ci siamo messi a fare pulizia, mentre la maga dormiva. Usavo acqua benedetta, con molto alcool nel secchio; poi ho dato fuoco a un foglio e l’ho buttato sui residui vomitati con l’uscita dei tredici diavoli. Solo quando tutto era pulito ho ordinato alla maga, in nome di Dio, di alzarsi. Si è alzata molto lentamente, come se il demonio l’avesse fatta a pezzi. Le ho detto che quella mattina l’aspettavo in chiesa; si doveva confessare e comunicare. Così fu fatto.
Dopo pochi giorni, mentre mi trovavo in una casa per una preghiera di liberazione, ha squillato il telefono. La padrona è andata a rispondere e poi è venuta di corsa a riferirmi:
“Quella signora (che era una maga) mi ha detto di riferirle che suo marito sta bene. I medici, il giorno dell’Immacolata, sono rimasti stupiti: credevano di trovare il paziente morto e invece l’hanno trovato che stava meglio e voleva mangiare. Poi l’hanno riportato in corsia; migliorava a vista d’occhio e mangiava regolarmente. Prima di Natale è tornato a casa guarito”.

Il giorno di Natale marito e moglie erano in chiesa. Poi sono venuti nell’ufficio parrocchiale a ringraziarmi, si sono confessati e hanno fatto la comunione.


O Maria concepita senza peccato prega per noi che a te ricorriamo e a quanti a te non ricorrono. In particolare per i nemici della Santa Chiesa di Dio e per le anime che a te affidiamo. Amen.


Nostro Signore disse al demone: "Tu che sei stato creato da me, che hai visto la mia giustizia, dimmi alla presenza di lei perchè sei caduto così miseramente, o cosa pensavi quando sei caduto".

Il diavolo rispose:

 "Ho visto tre cose in te: ho capito quanto fosse grande la tua gloria, pensando alla mia bellezza e al mio splendore; ritenevo che tu dovessi essere onorato sopra ogni cosa, osservando la mia gloria; per questo mi inorgoglii e decisi di non limitarmi ad essere tuo pari ma di superarti. Poi seppi che eri più potente di tutti e per questo desiderai essere più potente di te. In terzo luogo, vidi le cose future quali si presentano necessariamente e che la tua gloria e il tuo onore sono senza inizio e senza fine. Ebbene invidiai queste cose e dentro di me pensai che avrei sopportato di buon grado pene e tormenti purchè tu cessassi di esistere e con questo pensiero caddi miseramente; ecco perchè esiste l'inferno."

 (Santa Brigida, Libro I, 34)

Preghiera a Maria SS. per le Anime del Purgatorio più dimenticate

O Maria, pietà di quelle povere Anime che, 
chiuse nelle prigioni tenebrose del luogo di espiazione, 
non hanno alcuno sulla terra che pensi a loro.
Degnatevi, o buona Madre, 
abbassare su quelle abbandonate uno sguardo di pietà; 
ispirate a molti cristiani caritatevoli il pensiero di pregare per esse, 
e cercate nel Vostro Cuore di Madre 
i modi di venire pietosamente in loro aiuto.
O Madre del perpetuo soccorso, 
abbiate pietà delle Anime più abbandonate del Purgatorio.
Misericordioso Gesù, date loro il riposo eterno.Amen.

Tre Salve Regina



Buona giornata a tutti. :-)


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