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domenica 3 luglio 2016

C’è qualcuno lassù? . Don Ferrero Bruno

Era una famigliola felice e viveva in una casetta di periferia.
Ma una notte scoppiò nella cucina della casa un terribile incendio.
Mentre le fiamme divampavano. genitori e figli corsero fuori.
In quel momento si accorsero, con infinito orrore, che mancava il più piccolo, un bambino di cinque anni.
Al momento di uscire, impaurito dal ruggito delle fiamme e dal fumo acre, era tornato indietro ed era salito al piano superiore.
Che fare? Il papà e la mamma si guardarono disperati, le due sorelline cominciarono a gridare.

Avventurarsi in quella fornace era ormai impossibile...
E i vigili del fuoco tardavano.
Ma ecco che lassù, in alto, s'aprì la finestra della soffitta e il bambino si affacciò, urlando disperatamente: "Papà! Papà!".
Il padre accorse e gridò: "Salta giù!".
Sotto di sè il bambino vedeva solo fuoco e fumo nero, ma senti la voce e rispose: "Papà, non ti vedo...".
"Ti vedo io, e basta. Salta giù!" Urlò, l'uomo.
Il bambino saltò e si ritrovò sano e salvo nelle robuste braccia del papà, che lo aveva afferrato al volo.
Non vedi Dio. Ma Lui vede te. Buttati!

(don Bruno Ferrero)



Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio si alzò e andò ad aprire e vide che non c'era nessuno. 

 - Martin Luther King - 


Cari Amici miei,
abbiate la forza ed il coraggio di assumervi un po’ delle sofferenze altrui.
Fate entrare i loro sentimenti e i loro pensieri nelle vostre viscere che sono il luogo privilegiato per accogliere e condividere le emozioni, le passioni, i timori, le difficoltà, le tristezze e gli affetti del prossimo.
Ma fate diventare le vostre viscere luogo di accoglienza non solo delle preoccupazioni e dei dolori ma anche delle vittorie, delle gioie, delle felicità, dei sogni e delle esperienze piacevoli di chi vi è vicino.
Cominciate almeno da chi vi è più vicino e che senza accorgervene trascurate per abitudine.
Vi dico questo perché questo comportamento prima di portare beneficio al prossimo beneficherà voi stessi modificando il vostro modo di essere e rendendovi persone piacevoli e migliori….in una parola “misericordiose”.
Se volete cambiare il mondo sappiate che potete cominciare da qui, da voi stessi, allenandovi ad avere uno sguardo che entra e scruta gli invisibili sentimenti delle persone, vedendo anche aldilà delle apparenze.
Perché dal vostro modo di essere misericordiosi scaturiranno tutte le molteplici opere di misericordia, che sono diverse e tante a secondo della diversità delle persone alle quali rivolgerete la vostra attenzione e delle circostanze in cui vi troverete.

Vi abbraccio.

- Massimo Arrighi - 
(diacono della Diocesi di Lecce)



Benedizione della Famiglia

O Gesù, volgi lo sguardo tuo su questa famiglia
e colmala di benedizioni celesti e temporali,
e santificala nel tuo Nome!
Sostieni Tu la salute della mamma 
affinché abbia la forza di sostenere 
il peso dell’educazione dei figli.
Accresci forza e vigore al papà, 
affinché nelle sue attività sia sempre sano 
e cresca nella sua interiore pietà.
La casa sia un tempio del tuo amore 
dove Tu regni e sia piena di pace e di carità.
Crescano come fiori del tuo altare i figli;
siano lontane da loro 
le insidie ed incursioni dello spirito maligno.
Così sia.

Testo tratto dagli scritti 
del Servo di Dio don Dolindo Ruotolo




























Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it


sabato 28 maggio 2016

L'amore non è già fatto, si fa - Padre Michel Quoist

Non è un vestito già confezionato,
ma stoffa da tagliare, preparare e cucire.

Non è un appartamento chiavi in mano,
ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare.

Non è una vetta conquistata,
ma scalate appassionanti e cadute dolorose.

Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità,
ma è un levar l'ancora, è un viaggio in pieno mare.

Non è un sì trionfale che si segna fra i sorrisi e gli applausi,
ma è una moltitudine di "sì" che punteggiano la vita,
tra una moltitudine di "no" che si cancellano strada facendo.

Non è l'apparizione improvvisa di una nuova vita,
perfetta fin dalla nascita,
ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume
dai molteplici meandri, qualche volte in secca,
altre volte traboccante,
ma sempre in cammino verso il mare infinito.

- Padre Michel Quoist - 



Non puoi amare la sofferenza, essa rimane un male anche dopo la venuta di Gesù Cristo, ma tu puoi amare l'occasione che essa ti porge per offrire e ricuperare:

-il tuo mal di testa di oggi,

-la stanchezza di tutto il corpo oppresso dalla fatica,
-la lancinante sofferenza che morde la tua carne e non ti lascia riposare,
-l'immobilità dolorosa,
-l'infermità,
-la sofferenza morale, piccola o grande, passeggera o permanente,
-il lavoro penoso o monotono, impegno sindacale o politico che assorbe o strazia, sensibilità urtata, fallimento dei tuoi sforzi, caduta umiliante...


Tutte le tue sofferenze:

il Cristo le ha già sofferte,
offerte,
il Padre le ha ricevute dalle mani del Figlio Suo come penitenza dei peccati,
per mezzo dell'amore di Gesù Cristo esse hanno già riscattato il mondo.


- Padre Michel Quoist -
da: "Riuscire. Suggerimenti per una vita autenticamente cristiana"


Regina della Pace

Aiutaci, dolce Vergine Maria, aiutaci a dire:
ci sia pace per il nostro povero mondo.
Tu che fosti salutata dallo Spirito della Pace,
ottieni pace per noi.
Tu che accogliesti in te il Verbo della pace,
ottieni pace per noi.
Tu che ci donasti il Santo Bambino della pace,
ottieni pace per noi.
Tu che sei vicina a Colui che riconcilia 
e dici sempre sì a Colui che perdona,
votata alla sua eterna misericordia,
ottieni a noi la pace.
Astro clemente nelle notti feroci dei popoli,
noi desideriamo la pace.
Colomba di dolcezza tra gli avvoltoi dei popoli,
noi aspiriamo alla pace.
Ramoscello di ulivo che germoglia nelle foreste bruciate 
dei cuori umani,
noi abbiamo bisogno di pace.
Perchè siano finalmente liberati i prigionieri,
gli esiliati ritornino in patria,
tutte le ferite siano risanate,
ottieni per noi la pace.
Per l’angoscia degli uomini ti chiediamo la pace.
Per i bambini che dormono nelle loro culle
ti chiediamo la pace.
Per i vecchi che vogliono morire nelle loro case
ti chiediamo la pace.
Madre dei derelitti, nemica dei cuori di pietra,
stella che risplendi nelle notti dell’assurdo,
ti chiediamo la pace. Amen.



Buona giornata a tutti. :-)


giovedì 28 aprile 2016

La contemplazione - padre Thomas Merton

La contemplazione non deve essere confusa con l'astrazione. 
Una vita contemplativa non va vissuta con un ritiro permanente dentro la propria mente. 
L'esistenza ridotta e limitata di un piccolo gruppo isolato e specializzato non basta per la «contemplazione». 
Il vero contemplativo non è meno interessato degli altri alla vita normale, non è meno preoccupato per quello che capita nel mondo, ma più  interessato, più preoccupato. 
Il fatto di essere un contemplativo lo rende capace di un interesse maggiore e di una preoccupazione più profonda. Essendo distaccato, e avendo ricevuto il dono di un cuore puro, egli non si limita a prospettive ristrette e provinciali. Non è coinvolto facilmente nella confusione superficiale che la maggior parte degli uomini prende per realtà. E per questa ragione può vedere più chiaramente ed entrare più direttamente nella pura attualità della vita umana. La cosa che lo distingue dagli altri uomini, e che gli dà il chiaro vantaggio su di essi, è il fatto di possedere una comprensione molto più spirituale di ciò che è «reale» e di ciò che è «effettivo». 

- Padre Merton Thomas - 
da: "L'esperienza interiore. Note sulla contemplazione" Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 212



L'uomo si serve della sua intelligenza nella maniera più completa e totale solo quando tutte le sue capacità conoscitive convergono in un intelletto illuminato, aperto e guidato dallo Spirito Santo. 
L'uomo contemplativo è colui che guarda attraverso la sua intelligenza con l'occhio luminoso dello Spirito Santo. 

 - Marko Ivan Rupnik  - 
da: "Il discernimento, Lipa 2007,p. 25




Il contemplativo non è semplicemente un uomo a cui piace starsene seduto a pensare, o tanto meno uno che se ne sta seduto con lo sguardo assente. 
La contemplazione è qualcosa di più della pensosità o della tendenza alla riflessione. Indubbiamente un'indole pensosa e riflessiva non è certo da disprezzarsi in questa nostra era di vacuità e di automatismo, e può effettivamente condurre l'uomo alla contemplazione. [...].
Il contemplativo non è isolato in se stesso, ma è liberato dal suo io esteriore ed egotistico attraverso l'umiltà e la purità di cuore - quindi non esiste più in lui un serio ostacolo all'amore semplice ed umile per gli altri uomini.

- Padre Merton Thomas - 
da: "Semi di contemplazione", B. Tasso - E. Lante Rospigliosi (Edd),  Ed. Garzanti, 1991, pp. 17; 57


Ti ringrazio per il tuo amore incondizionato, perché non mi hai dimenticato e abbandonato.
Ti ringrazio perché vegli su ogni attimo della mia vita; i momenti di gioia e di difficoltà, attraverso i quali mi conduci alla maturità e alla fede profonda.
Ti ringrazio per l’aiuto che mi dai, aiuto che conduce al bene, quando in te depongo la mia fiducia.
Ti ringrazio perché mi proteggi da ogni forza oscura e perché posso sentire la tua vicinanza e l’amore, l’aiuto e la salvezza.
Grazie per coloro che mi hai assegnato per sostenermi e assistermi attraverso le vie della vita.
Grazie per la tua bontà e la misericordia che mi accompagna ovunque mi trovi.
Grazie perché mi permetti di abbandonare i brutti pensieri e mi induci a pensare a quel che mi cura e incoraggia.
Grazie per tutti i tuoi doni, in particolare per il dono d’amore che allontana da me ogni paura.
Ti adoro, Gesù, ti onoro e ti rendo grazie, per la misericordia che hai di me in questo momento e perché io possa stare con te e rivolgerti questa preghiera. Amen.




Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 22 febbraio 2016

Riconciliazione e guarigione (5) - Anselm Grün

La riconciliazione è un percorso importante per giungere alla guarigione. Guarire non significa che Dio ci toglie e fa sparire le nostre piaghe, bensì che noi apriamo le nostre piaghe per Dio e in lui diventiamo sani e integri. 
Le piaghe fanno parte della nostra identità, non ci separano né da Dio né dal nostro vero Sé. Al contrario aprono in noi una breccia che ci fa scoprire il nostro vero Sé, l’immagine originaria e autentica di Dio in noi. 
Chi si riconcilia con se stesso, con gli uomini e con Dio, sente di essere una persona nuova. Paolo lo ha formulato così: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova: le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). 
La vera e propria malattia del nostro tempo – ci dice la psicologia – è la mancanza di relazione (di riferimenti). Gli uomini non sono capaci di mettersi in relazione con se stessi, e neppure con le cose, con gli altri e con Dio. 
La riconciliazione è il mezzo per mettersi in relazione con tutto quello che c’è in me, così da non escludere più niente dal mio vero Sé. 
Colui che mette tutto in relazione con il Sé più intimo, il Cristo in noi, è totalmente risanato e salvo, e sperimenta se stesso come un uomo nuovo. 
Per Paolo riconciliazione è un altro concetto (un sinonimo) per esprimere la redenzione. Sulla croce Dio ha riconciliato a sé gli uomini con tutte le loro contraddizioni. L’uomo lacerato diventa in tal modo risanato e integro, si sente un essere nuovo. 
Le cose vecchie sono veramente passate. In Cristo l’uomo ha trovato la sua nuova identità, un’identità in cui egli non ha più bisogno di escludere niente, né da se stesso, né davanti a Dio. 
Ha la capacità di vedere con occhi nuovi se stesso e anche il mondo attorno a sé. Da lui la riconciliazione si espande in tutto l’ambiente in cui vive. 
In tal modo, per suo mezzo, anche il mondo che lo circonda viene ri-creato. Nella riconciliazione muore l’uomo vecchio che giudica se stesso. 
Siamo così liberi di camminare nella novità della vita divina (cf. Rm 6,4). 
La «novità di vita» non è un’affermazione puramente teologica, ma si riferisce alla nostra esperienza. 
Chi si riconcilia con se stesso, vive se stesso in modo diverso da prima. 
Non vive più sul piano del rifiuto o della estraniazione da sé, bensì come una persona unificata nel proprio intimo, rinnovata, riconciliata e capace di donare riconciliazione agli altri.

- Anselm Grün - 
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach 
(Germania)



La preghiera non è una bacchetta magica che ci libera da tutti i sintomi negativi. Ci conduce invece all'incontro con Dio e all'incontro con la nostra verità. E soltanto se affrontiamo la nostra verità può avvenire in noi una trasformazione.

- Anselm Grün - 
da: "Le questioni della vita"



Quando riuscirai a sentire che l'amore è in te, che tu stesso sei semplicemente amore, una gran calma ti pervaderà e ti sentirai in armonia con te stesso e con tutto ciò che esiste. 

- Anselm Grün - 
da: "Sereni nella frenesia del mondo"


Buona giornata a tutti. :-)










lunedì 8 febbraio 2016

Riconciliazione con Dio (4) - Anselm Grün

Il messaggio fondamentale della Bibbia è che Dio ha riconciliato gli uomini con sé. 
Dio non ha bisogno di essere riconciliato, perché egli è per essenza amore e misericordia. 
È l’uomo invece, diventato colpevole, che si è separato interiormente da Dio. La colpa significa sempre una spaccatura. Se mi addosso una colpa, ho sempre l’impressione di non poter più comparire innanzi agli occhi degli altri e di dovermi nascondere – come Adamo ed Eva – davanti a Dio. 
Il messaggio dell’amore misericordioso di Dio, che colma questa spaccatura interiore, mi permette di presentare a Dio tutto quello che c’è dentro di me. 
La croce di Gesù non produce il perdono. 
Dio non perdona perché Gesù è morto in croce, ma perché egli è Dio. 
Tuttavia la croce è per noi la più efficace comunicazione del perdono. 
Quando vedo che Gesù in croce perdona ai suoi uccisori, posso confidare che in me non c’è nulla che non possa essere perdonato. 
Così la croce rafforza la mia fiducia nell’amore perdonante di Dio. Se medito la croce, so questo: sono accolto da Dio incondizionatamente. 
Anche la mia colpa non mi separa da lui. 
La riconciliazione parte da Dio. Ma anch’io devo riconciliarmi con Dio. Spesso in me c’è una ribellione contro di lui. 
Non gli posso perdonare di avermi creato così come sono. 
Non gli posso perdonare che mi abbia destinato un genere di vita come quello che ho, di non avermi preservato dai miei errori e colpe. E così anch’io devo perdonare Dio che mi ha posto nella difficile situazione che mi tocca affrontare. 
In definitiva, la riconciliazione con Dio richiede che mi liberi dalle false immagini di Dio e di me stesso, per affidarmi al mistero inafferrabile di Dio. Allora potrò sperimentare la vera pace e riconciliazione con lui. Ma la riconciliazione con Dio implica ancora un ulteriore aspetto. 
Quando faccio l’esperienza di Dio, sperimento anche la riconciliazione non solo con lui, ma anche con tutto ciò che esiste. 
Ho accompagnato per molti anni nella terapia una donna che cercava di superare le ferite ricevute dalla madre. Tutto lo sforzo di analizzarle non le era giovato a riconciliarsi veramente con la madre. Durante una celebrazione liturgica aveva sperimentato la vicinanza guaritrice di Dio. E ad un tratto si è sentita una sola cosa con se stessa e in accordo con tutta la sua vita. Non c’era più alcun odio verso la madre, ma solo amore. 
La vera esperienza di Dio è sempre anche esperienza di riconciliazione. Se sono una cosa sola con Dio, sono una sola cosa anche con tutto quello che è dentro di me, con gli altri, con la mia vita, con Dio. Sperimento una profonda pace interiore. 
Tuttavia non posso fissare questa esperienza di essere riconciliato. 
È sempre solo un istante quello in cui sono una sola cosa con Dio, ma è un istante che mi mostra che cos’è veramente riconciliazione: essere una sola cosa con tutto ciò che esiste; essere in accordo con il Dio inafferrabile e con quello che egli ha mi ha riservato. 

- Anselm Grün - 
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach (Germania)



Già soltanto il fatto che una diceria venga raccontata mette una persona a nudo in pubblico. Rivestire una persona del genere è un'opera di misericordia. Invece di contribuire alle chiacchiere e segnare a dito gli altri, [...], è necessario coraggio per vestire quella persona, per proteggerla, per farle scudo, per prenderne le parti, persino con il rischio di essere presi a propria volta di mira dalle critiche.  

- Anselm Grün -
da: "Le Sette Opere di Misericordia"





«Papa Francesco coglie il nucleo del vangelo quando pone la misericordia al centro della sua predicazione e al centro del suo messaggio per il prossimo anno giubilare. 
Possano le parole del pontefice, fortemente ancorate alla Scrittura e alla tradizione cristiana delle opere di misericordia, introdurci di nuovo nel mistero della misericordia, affinché anche oggi il nostro mondo – e la nostra persona – ne siano trasformati» 

- Anselm Grün -





Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 22 gennaio 2016

Ruolo profetico del contemplativo – Padre Thomas Merton -

Fa parte della missione del contemplativo mantenere vivo nel mondo il senso del peccato. In questo, egli è il discendente dei profeti dell'Antico Testamento, perché questa era anche la loro missione.
Il contemplativo è uno che, come il servo di Jhwh, «conosce il patire», non solo per il suo peccato, ma per il peccato di tutto il mondo, che prende su di sé perché è un uomo tra gli uomini e non si può dissociare dalle opere degli altri uomini. La vita contemplativa del nostro tempo è quindi necessariamente modificata dai peccati della nostra epoca. Essi fanno scendere su di noi una nube di oscurità di gran lunga più terribile dell'innocente notte dell'inconoscienza.
È la notte oscura dell'anima ad essere discesa su tutto il mondo. 
La contemplazione nell'epoca di Auschwitz e Dachau, Solovky e Karaganda è qualcosa di più buio della contemplazione all'epoca dei Padri della Chiesa.
E proprio per questa ragione, l'urgenza di cercare una traccia di luce spirituale può essere una tentazione sottile di peccato. È certamente peccato se significa un rifiuto deciso del fardello della nostra epoca, una fuga nell'irrealtà e nell'illusione spirituale, fino al punto da non condividere la miseria degli altri uomini. 

- Padre Merton Thomas - 

da: L'Esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, pp. 198-199


Il contemplativo, tramite una semplice risoluzione di non uscire dalla presenza di Dio, vi si conserva incessantemente, qualunque cosa faccia e a qualunque impiego si dedichi durante il giorno, poiché egli ha contratto, con la grazia della sua attrazione e del suo esercizio continuo, un'abitudine così forte di produrre l'atto soave e amoroso della contemplazione, che egli lo produce quasi insensibilmente in mezzo alle occupazioni e alle faccende, ora più forte ora più debole, secondo il potere che ha di raccogliersi. 
- François Malaval   -  
Pratica facile per elevare l'anima alla contemplazione, Dial I 



La cecità nei confronti delle cose esteriori è un problema di interpretazione e valutazione. Il contemplativo non cessa di conoscere gli oggetti esterni. 
Ma cessa di essere guidato da essi. 
Cessa di dipendere da essi. 
Cessa di trattarli come definitivi. 
Li valuta in un modo diverso, ed essi non sono più oggetto di desiderio o di paura, ma rimangono neutri e come se fossero vuoti fin quando anch'essi non siano stati riempiti dalla luce di Dio. 

- Thomas Merton - 
da: L'Esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 46



Buona giornata a tutti. :-)




domenica 10 gennaio 2016

Guarigione (3) - Anselm Grün

3. Riconciliazione con gli altri 
Solo chi è riconciliato con se stesso è capace di riconciliarsi anche con gli altri. Molti incontrano grosse difficoltà nel perdonare gli altri. 
Esigono troppo da se stessi, perché pensano di dover perdonare immediatamente. 
Il perdono è sempre un processo che richiede tempo. 
Alcune persone non guariscono perché non sanno perdonare. 
Finché non riescono a perdonare, rimangono legate a colui che le ha ferite, si lasciano condizionare da lui. 
Nella mia esperienza di accompagnamento, incontro continuamente persone che per lunghi anni portano dentro di sé il rancore verso qualcuno. 
L’astio divora la loro anima e ruba le loro energie: e abbastanza spesso finiscono anche per ammalarsi. 
La riconciliazione con quelli che mi hanno ferito nel corso della mia vita, non è semplicemente una decisione della volontà.
È piuttosto un processo che secondo me avviene in cinque fasi. 




Il primo passo richiede che io lasci spazio al dolore. 
Non debbo scusare troppo presto colui che mi ha ferito. È del tutto indifferente se l’altro mi ha ferito apposta oppure non poteva fare altrimenti: il fatto è che mi ha fatto soffrire. E questo dolore devo nuovamente percepirlo nella sua realtà. 
Mi sono sentito abbandonato, sminuito, preso non seriamente in considerazione. 




Il secondo passo consiste nel lasciar spazio alla collera (rabbia). 
La collera è la forza di buttare fuori da me colui che mi ha ferito. 
Collera non vuol dire mettermi a gridare contro l’altro oppure ferirlo a mia volta. Essa consiste invece nel prendere una sana distanza dall’altro. 
Posso dirmi per esempio: non penso più continuamente a lui; gli impedisco di entrare in casa mia, cioè gli proibisco di abitare nel mio intimo, di occuparmi continuamente di lui nei miei pensieri. 
Nello stesso tempo devo trasformare in energia questa collera: posso vivere da me stesso; non ho bisogno dell’altro perché la mia vita abbia un esito positivo. 




Il terzo passo si riferisce al guardare oggettivamente ciò che è accaduto. Cerco ora di comprendere perché l’altro mi ha ferito. Forse non ha fatto altro che trasmettere le ferite che a sua volta aveva ricevuto. 
Mi sforzo quindi di capire me stesso: per quale motivo il comportamento dell’altro mi ha fatto soffrire così tanto. 
Forse l’altro ha toccato in me un’antica piaga, un posto dove non mi sono ancora riconciliato con me stesso. 
Questa riflessione diventa un invito a occuparmi di questa zona così vulnerabile e ad accettare me stesso con questa mia vulnerabilità. 




Il quarto passo della riconciliazione con l’altro consiste propriamente nell’atto del perdono. Perdonare significa che mi libero dal legame con l’altro. Lascio che il suo comportamento rimanga in lui e così mi distacco dall’altro. Il perdono è sempre un segno di forza e non di debolezza. 
Rinuncio a girare continuamente attorno alle mie ferite. Se queste sono però troppo profonde, non riesco ancora a incontrarmi con l’altro, nonostante il mio perdono. 
Devo allora accettare i miei limiti. Ho perdonato all’altro, ma non sono ancora capace di costruire con lui un rapporto normale. 
Molti psicologi hanno sperimentato, tra le altre cose, che il perdono è un atto terapeutico, che rende possibile la guarigione delle proprie piaghe e ci libera dal rimuginare continuamente il nostro passato. 
Il perdono ci rende capaci di impegnarci nel momento presente con tutto il nostro essere. 


Il quinto passo della riconciliazione trasforma le piaghe in perle. 
Ildegarda di Bingen sostiene che la riuscita della vita dipende dal fatto che le nostre piaghe vengano trasformate in perle. 
Se compissi soltanto i primi quattro passi, avrei sempre la sensazione di subire un danno, poiché ero stato ferito in modo veramente grave. 
Il quinto passo mi mostra che nelle mie ferite si trova un tesoro prezioso. 
Là dove mi hanno ferito sono crollate le mie maschere e ho potuto mettermi in contatto col mio vero Sé. 
Le piaghe mi fanno sentire vivo, mantengono sveglia in me la nostalgia di Dio e mi aprono verso le persone con le loro ferite. 
Dato che io stesso sono stato ferito, posso meglio comprendere le altre persone con le loro piaghe. 
Molti terapeuti e pastori d’anime hanno trasformato le loro piaghe in perle. Gli antichi greci sapevano già che solo il medico ferito poteva veramente guarire. Se le mie piaghe vengono trasformate in perle, non porto più rancore contro quelli che mi hanno ferito. 
Allora il perdono non è soltanto qualcosa di passivo, ma rende possibile la scoperta delle mie energie e mi dà fiducia di imprimere in questo mondo la traccia inconfondibile e del tutto personale della mia vita. 



Questi cinque passi della riconciliazione con l’altro si possono percorrere senza parlare con l’altro. Spesso però è di grande aiuto chiarire la ferita con un altro. È sempre necessaria tuttavia la prudenza nel giudicare se il dialogo con l’altro sia veramente opportuno. Se dico a dei genitori anziani che mi hanno ferito, li metterò in confusione e pretenderei troppo da loro. 
Il processo della riconciliazione avviene dentro di me. 
Spesso è bene parlarne con una terza persona, ad esempio nell’accompagnamento pastorale o in una analisi terapeutica. 
Se si tratta di ferite attuali, devo decidere se per me è meglio segnalare all’altro che mi ha ferito, oppure se posso perdonargli interiormente. 
Se dico all’altro che mi ha ferito, ciò non deve essere in alcun modo una rimostranza, bensì un’informazione, affinché sappia come il suo comportamento si riflette su di me. 
Un’altra questione è se devo dire all’altro che lo si perdona. 
Il direttore di una fabbrica mi raccontava di avere un conflitto con la sua segretaria. 
Durante la discussione, la donna disse: «Le perdono in nome di Gesù». Per il direttore fu come uno schiaffo in faccia. Infatti in questa frase risuonava implicitamente: «Tu sei colpevole. Sei un tipo cattivo, ma io sono una persona spirituale e di animo generoso e ti perdono». Per l’altro, simili dichiarazioni di perdono sono un’accusa. Non producono alcuna riconciliazione, bensì rendono il disaccordo più profondo. 
Quando l’altro non accoglie il nostro perdono, abbiamo sempre la sensazione di essere persone migliori di lui. 
Nel monachesimo dei primi secoli cristiani, si racconta la storia di un monaco che andò dal suo vecchio padre spirituale lagnandosi che suo fratello non aveva accettato il suo perdono. Allora il vecchio abate gli rispose: «Guarda bene dal non metterti al di sopra di tuo fratello. Immagina di aver peccato contro di lui e va così da tuo fratello». 
Quando il monaco andò dal fratello con questo atteggiamento, fu il fratello che gli andò incontro e i due si abbracciarono. Certamente il fratello si era accorto del cambiamento avvenuto nel monaco. Il nostro perdono potrà giungere fino all’altro solo quando è inteso sinceramente e riusciamo a scorgere anche la nostra parte di colpa. 

Anselm Grün
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach (Germania)






































Buona giornata a tutti. :-)