mercoledì 9 dicembre 2015

da: "Lettera a The Tablet" of London - Gilbert Keith Chesterton

"Da bambino avevo appeso alla sponda del mio letto una calza vuota, che al mattino si trasformò in una calza piena. 
Non avevo fatto nulla per produrre le cose che la riempivano. Non ero nemmeno stato buono!
E la spiegazione era che un certo essere che tutti chiamavano 'Santa Claus' era benevolmente disposto verso di me... 
Io ci credo ancora. Ho semplicemente esteso l'idea. 
Allora chiedevo solo chi metteva i giocattoli nella calza, ora mi chiedo chi mette la calza accanto al letto, e il letto nella stanza, e la stanza nella casa, e la casa nel pianeta, e il grande pianeta nel vuoto. 
Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale per pochi dollari e qualche biscotto. 
Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada, e il vino e il grande mare. Una volta pensavo fosse piacevole e sorprendente trovare un regalo così grande da entrare solo per metà nella calza. 
Ora sono felice e stupito ogni mattina di trovare un regalo così grande che ci vogliono due calze per tenerlo, e poi buona parte ne rimane fuori; è il grande e assurdo regalo di me stesso, perché all'origine di esso io non posso offrire alcun suggerimento tranne che Babbo Natale mi ha dato la vita in un particolare fantastico momento di buona volontà».


- Gilbert Keith Chesterton - 



“Il motivo per cui la gente non riesce a capire quanto è bella un’alba è semplicemente perché non può pagare per vederla”.

- Gilbert Keith Chesterton - 



Se si può divorziare per diversità di carattere, mi chiedo come mai non abbiano tutti divorziato. 
Ho conosciuto molti matrimoni felici, ma mai nessuno "compatibile". 
Tutto il senso del matrimonio sta nel lottare e nell'andare oltre l'istante in cui l'incompatibilità diventa evidente. 
Perchè un uomo e una donna, come tali, sono incompatibili."

- Gilbert Keith Chesterton - 
da:“Cosa c’è di sbagliato nel mondo“


                                                         Dipinto di Thomas Kinkade


"….Si tratta di persone di diverso tipo, molto più ordinarie e formali, che non solo stanno lavorando per creare un paradiso di codardia, ma che vi stanno lavorando grazie ad una coalizione che si è formata tra i vigliacchi. L’atteggiamento di queste persone verso la famiglia e la tradizione delle virtù cristiane è l’atteggiamento di uomini che vogliono ferire senza far rumore; o di scavare gallerie sotterranee e minare senza uscire allo scoperto. 
E coloro che fanno questo sono più della maggioranza, quasi due terzi, dei giornalisti che scrivono nei giornali capitalisti più rispettabili e tradizionali..."

(da un articolo di G.K. Chesterton)




Il mondo non perirà certo per mancanza di meraviglie, perirà per mancanza di meraviglia.
- Gilbert Keith Chesterton - 





Buona giornata a tutti. :-)





martedì 8 dicembre 2015

Preghiera all’ Immacolata Concezione (8 dicembre) - papa Francesco -



O Maria, Madre nostra,
oggi il popolo di Dio in festa
ti venera Immacolata,
preservata da sempre dal contagio del peccato. 

Accogli l’omaggio che ti offro
a nome della Chiesa che è in Roma
e nel mondo intero.
Sapere che Tu, che sei nostra Madre, 
sei totalmente libera dal peccato
ci dà grande conforto.
Sapere che su di te il male non ha potere,
ci riempie di speranza e di fortezza
nella lotta quotidiana che noi dobbiamo compiere 

contro le minacce del maligno.
Ma in questa lotta non siamo soli, non siamo orfani,
perché Gesù, prima di morire sulla croce,
ci ha dato Te come Madre.
Noi dunque, pur essendo peccatori, 
siamo tuoi figli, figli dell’Immacolata,
chiamati a quella santità che in Te risplende
per grazia di Dio fin dall’inizio.
Animati da questa speranza,
noi oggi invochiamo la tua materna protezione per noi, 

per le nostre famiglie,
per questa Città, per il mondo intero.
La potenza dell’amore di Dio,
che ti ha preservata dal peccato originale,
per tua intercessione liberi l’umanità 

da ogni schiavitù spirituale e materiale,
e faccia vincere, nei cuori e negli avvenimenti, 

i1 disegno di salvezza di Dio.
Fa’ che anche in noi, tuoi figli, 
la grazia prevalga sull’orgoglio
e possiamo diventare misericordiosi
come è misericordioso il nostro Padre celeste.
In questo tempo che ci conduce
alla festa del Natale di Gesù,
insegnaci ad andare controcorrente:
a spogliarci, ad abbassarci, a donarci, ad ascoltare, a fare silenzio,
a decentrarci da noi stessi,
per lasciare spazio alla bellezza di Dio, fonte della vera gioia.
O Madre nostra Immacolata, prega per noi!

- Papa Francesco -

(Lunedì 8 Dicembre 2014)


« Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certa ed immutabile per tutti i fedeli. »

dall'Ineffabilis Deus, la Costituzione Apostolica con la quale il papa Pio IX proclamò l'8 dicembre 1854 il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria




Già celebrata dal sec. XI, questa solennità si inserisce nel contesto dell’ Avvento-Natale, congiungendo l’attesa messianica e il ritorno glorioso di Cristo con l’ammirata memoria della Madre.
In tal senso questo periodo liturgico deve essere considerato un tempo particolarmente adatto per il culto della Madre del Signore.
Maria è la tutta santa, immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura. 
Già profeticamente adombrata nella promessa fatta ai progenitori della vittoria sul serpente, Maria è la Vergine che concepirà e partorirà un figlio il cui nome sarà Emmanuele.
 Il dogma dell’Immacolata Concezione fu proclamato da Pio IX nel 1854.























Solennità dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, che veramente piena di grazia e benedetta tra le donne, in vista della nascita e della morte salvifica del Figlio di Dio, fu sin dal primo momento della sua concezione, per singolare privilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia della colpa originale, come solennemente definito da papa Pio IX, sulla base di una dottrina di antica tradizione, come dogma di fede, proprio nel giorno che oggi ricorre.
Non memoria di un Santo, ricorre oggi: ma la solennità più alta e più preziosa di Colei che dei Santi è chiamata Regina. L'Immacolata Concezione di Maria è stata proclamata nel 1854, dal Papa Pio IX.
Ma la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica. Precede di secoli, anzi di millenni, la proclamazione del dogma che come sempre non ha introdotto una novità, ma ha semplicemente coronato una lunghissima tradizione. Già i Padri della Chiesa d'Oriente, nell'esaltare la Madre di Dio, avevano avuto espressioni che la ponevano al di sopra del peccato originale.
L'avevano chiamata: " Intemerata, incolpata, bellezza dell'innocenza, più pura degli Angioli, giglio purissimo, germe non- avvelenato, nube più splendida del sole, immacolata ".
In Occidente, però, la teoria dell'immacolatezza trovò una forte resistenza, non per avversione alla Madonna, che restava la più sublime delle creature, ma per mantenere salda la dottrina della Redenzione, operata soltanto in virtù del sacrificio di Gesù. Se Maria fosse stata immacolata, se cioè fosse stata concepita da Dio al di fuori della legge dei peccato originale, comune a tutti i figli di Eva, ella non avrebbe avuto bisogno della Redenzione, e questa dunque non si poteva più dire universale. 
L'eccezione, in questo caso, non confermava la regola, ma la distruggeva. 
Il francescano Giovanni Duns, detto Scoto perché nativo della Scozia, e chiamato il " Dottor Sottile ", riuscì a superare questo scoglio dottrinale con una sottile ma convincente distinzione. 
Anche la Madonna era stata redenta da Gesù, ma con una Redenzione preventiva, prima e fuori del tempo. Ella fu preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del suo figlio divino. 
Ciò conveniva, era possibile, e dunque fu fatto. Giovanni Duns Scoto morì sui primi del '300. Dopo di lui, la dottrina dell'Immacolata fece grandi progressi, e la sua devozione si diffuse sempre di più.
Dal 1476, la festa della Concezione di Maria venne introdotta nel Calendario romano. Sulle piazze d'Italia, predicatori celebri tessevano le lodi della Vergine immacolata: tra questi, San Leonardo da Porto Maurizio e San Bernardino da Siena, che con la sua voce arguta e commossa diceva ai Senesi: " Or mi di’ : che diremo noi del cognoscimento di Maria essendo ripiena di Spirito Santo, essendo nata senza alcun peccato, e così sempre mantenendosi netta e pura, servendo sempre a Dio? ".
Nel 1830, la Vergine apparve a Santa Caterina Labouré, la quale diffuse poi una " medaglia miracolosa " con l'immagine dell'Immacolata, cioè della " concepita senza peccato ". Questa medaglia suscitò un'intensa devozione, e molti Vescovi chiesero a Roma la definizione di quel dogma che ormai era nel cuore di quasi tutti i cristiani.
Così, l'8 dicembre 1854, Pio IX proclamava la " donna vestita di sole " esente dal peccato originale, tutta pura, cioè Immacolata. 
Fu un atto di grande fede e di estremo coraggio, che suscitò gioia tra i fedeli della Madonna, e indignazione tra i nemici del Cristianesimo, perché il dogma dell'Immacolata era una diretta smentita dei naturalisti e dei materialisti. 
Ma quattro anni dopo, le apparizioni di Lourdes apparvero una prodigiosa conferma del dogma che aveva proclamato la Vergine " tutta bella ", " piena di grazia " e priva di ogni macchia del peccato originale. Una conferma che sembrò un ringraziamento, per l'abbondanza di grazie che dal cuore dell'Immacolata piovvero sull'umanità. E dalla devozione per l'Immacolata ottenne immediata diffusione, in Italia, il nome femminile di Concetta, in Spagna quello di Concepción: un nome che ripete l'attributo più alto di Maria, "sine labe originali concepta", cioè concepita senza macchia di peccato, e, perciò, Immacolata.

Fonte: Archivio Parrocchia



IN CONCEPTIONE IMMACULATA BEATAE MARIAE VIRGINIS
Lectio libri Sapientiae (Prov. VIII, 22-35).

Dominus possedit me in initio uiarum suarum, antequam quidquam faceret a principio. Ab aeterno ordinata sum, et ex antiquis, antequam terra fieret. Nondum erant abyssi, et ego iam concepta eram: necdum fontes aquarum eruperant: necdum montes graui mole constíiterant: ante colles ego parturiebar: adhuc terram non fecerat, et flumina, et cardines orbis terrae. Quando praeparabat caelos, aderam: quando certa lege et gyro uallabat abyssos: quando aethera firmabat sursum, et librabat fontes aquarum: quando circumdabat mari terminum suum, et legem ponebat aquis, ne transirent fines suos: quando appendebat fundamenta terrae. Cum eo eram cuncta componens: et delectabar per singulos dies, ludens coram eo omni tempore: ludens in orbe terrarum: et deliciae meae esse cum fíliis hominum. Nunc ergo, fílii, audite me: Beati, qui custodiunt uias meas. Audite disciplinam, et estote sapientes, et nolite abiicere eam. Beatus homo, qui audit me, et qui uigilat ad fores meas quotidie, et obseruat ad postes ostii mei. Qui me inuenerit, inueniet uitam, et hauriet salutem a Domino.



Inno

Ave, speranza nostra,
ave, benigna e pia,
ave, piena di grazia,
o Vergine Maria.

Ave, fulgida rosa,
roveto sempre ardente,
ave, pianta fiorita
dalla stirpe di Iesse.

In te vinta è la morte,
la schiavitù è redenta,
ridonata la pace,
aperto il paradiso.

O Trinità santissima,
a te l'inno di grazie,
per Maria nostra Madre,
nei secoli dei secoli. Amen.



Buona Festa dell'Immacolata a tutti  :-)





lunedì 7 dicembre 2015

Sant'Ambrogio, Vescovo e Dottore della Chiesa

Nato a Treviri da famiglia romana cristiana ed educato a Roma, Ambrogio era diventato governatore della Liguria e dell’Emilia. Recatosi a Milano per impedire tumulti fra cattolici e ariani nell’elezione del nuovo vescovo, venne improvvisamente acclamato lui vescovo dal popolo. 
Era ancora catecumeno, ma dovette accettare. 
Ordinato otto giorni dopo, il 7 dicembre 374, si dimostrò pastore autentico. Lottò a tutt’uomo contro il paganesimo, l’arianesimo, la disgregazione della società. Padre del poveri, soccorritore di ogni oppresso, si oppose più volte con forza al senato, all’imperatrice filoariana, all’imperatore Teodosio. Energico, costante, con vivo senso del pratico e dell’effettuabile, aveva rare doti di amministratore e d’uomo di governo. Nell’azione pastorale portò idee chiare e fermezza, dirittura di mire e senso della misura, ma soprattutto bontà e amore. Tempra di statista, avviò una politica integralmente cristiana ed ebbe altissimo il senso della libertà della Chiesa di fronte al potere imperiale e civile.
Riformò la liturgia, che da lui prese nome di «ambrosiana» e scrisse inni religiosi per il popolo. 

Fu un vero apostolo della carità: tutti potevano ricorrere a lui per qualunque bisogno, e giunse a vendere i vasi sacri per riscattare degli schiavi, affermando: «Se la Chiesa ha oro, non l’ha per custodirlo, ma per darlo a chi ne ha bisogno» (De officiis, II, 136). Sant’Agostino, che lo ascoltava entusiasta, fu da lui avviato alla conversione e accolto nella Chiesa. 
Il segreto della predicazione penetrante di Ambrogio sta in ampie e profonde meditazioni sulla sacra Scrittura. Egli è uno dei quattro grandi dottori dell’Occidente, e un vero «maestro di vita».
Della Preghiera eucaristica della Chiesa di Roma, Ambrogio nel suo libro I Sacramenti mette in rilievo la parte della Chiesa nell’offrire se stessa insieme a Cristo. Se la Messa non ci trasforma in «offerte vive, gradite al Padre», non porta il suo frutto in noi e nelle nostre comunità. Proprio perché egli si è«offerto completamente a Dio», ha potuto farsi «tutto a tutti» in una straordinaria carità verso i fratelli.



Hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la nave sui flutti. Tieni saldo il timone della fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso. Il mare è davvero grande, sconfinato; ma non aver paura, perché«è lui che l’ha fondata sui mari, e sui fiumi l’ha stabilita»(Sal 23, 2).
Perciò non senza motivo, fra le tante correnti del mondo, la Chiesa resta immobile, costruita sulla pietra apostolica, e rimane sul suo fondamento incrollabile contro l’infuriare del mare in tempesta. È battuta dalle onde ma non è scossa e, sebbene di frequente gli elementi di questo mondo infrangendosi echeggino con grande fragore, essa ha tuttavia un porto sicurissimo di salvezza dove accogliere chi è affaticato. 

Se tuttavia essa è sbattuta dai flutti sul mare, pure sui fiumi corre, su quei fiumi soprattutto di cui è detto: «Alzano i fiumi la loro voce» (Sal 92,3). 
Vi sono infatti fiumi che sgorgano dal cuore di colui che è stato dissetato da Cristo e ha ricevuto lo Spirito di Dio. Questi fiumi, quando ridondano di grazia spirituale, alzano la loro voce.
Vi è poi un fiume che si riversa sui suoi santi come un torrente. Chiunque abbia ricevuto dalla pienezza di questo fiume, come l’evangelista Giovanni, come Pietro e Paolo, alza la sua voce; e come gli apostoli hanno diffuso la voce della predicazione evangelica con festoso annunzio sino ai confini della terra, così anche questo fiume incomincia ad annunziare il Signore. Ricevilo dunque da Cristo, perché anche la tua voce si faccia sentire.
Raccogli l’acqua di Cristo, quell’acqua che loda il Signore. Raccogli da più luoghi l’acqua che lasciano cadere le nubi dei profeti. Chi raccoglie acqua dalle montagne e la convoglia verso di sé, o attinge alle sorgenti, lui pure come le nubi la riversa su altri. Riempine dunque il fondo della tua anima, perché il tuo terreno sia innaffiato e irrigato da proprie sorgenti. Si riempie chi legge molto e penetra il senso di ciò che legge; e chi si è riempito può irrigare altri. La Scrittura dice: «Se le nubi sono piene di acqua, la rovesciano sopra la terra» (Qo 11,3).
I tuoi sermoni siano fluenti, puri, cristallini, si che il tuo insegnamento morale suoni dolce alle orecchie della gente e la grazia delle tue parole conquisti gli ascoltatori, perché ti seguano docilmente dove tu li conduci. Il tuo dire sia pieno di sapienza. Anche Salomone afferma: Le labbra del sapiente sono le armi della Sapienza (cfr. Prv 15, 7), e altrove: Le tue labbra siano ben aderenti all’idea: vale a dire, l’esposizione dei tuoi discorsi sia lucida, splenda chiaro il senso senza bisogno di spiegazioni aggiunte; il tuo discorso si sappia sostenere e difendere da se stesso e non esca da te parola vana o priva di senso.

Dalle «Lettere» di sant'Ambrogio, vescovo.



Tutto è per noi Cristo. 
Se desideri medicare le tue ferite,
egli è medico.
Se bruci di febbre,
egli è la sorgente ristoratrice.
Se sei oppresso dalla colpa,
egli è la giustizia.
Se hai bisogno di aiuto,
egli è la forza.
Se temi la morte,
egli è la vita.
Se desideri il cielo,
egli è la via.
Se fuggi le tenebre,
egli è la luce.
Se cerchi il cibo,
egli è il nutrimento.

Gustate, dunque, e vedete
quanto è buono il Signore;
felice l'uomo che spera in lui.


(Sant'Ambrogio)




"L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti ad una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario"

- Sant'Ambrogio - 




Il Signore ci conceda di navigare,
allo spirare di un vento favorevole,
sopra una nave veloce;
di fermarci in un porto sicuro;
di non conoscere dagli spiriti maligni,
tentazioni più forti
di quelle che siamo in grado di sostenere;
di ignorare i naufragi della fede;
di possedere una calma profonda,
e, se qualche avvenimento suscita contro di noi
i flutti di questo mondo,
di avere, vigile al timone per aiutarci, il Signore Gesù,
il quale con la sua parola
comandi alla tempesta di placarsi
e ridistenda sul mare la bonaccia.
A lui onore e gloria, lode perenne nei secoli. Amen.

- Sant'Ambrogio - 




Buona giornata a tutti. :-)


domenica 6 dicembre 2015

Quel bambino - Chiara Lubich -

 Quando ti preghiamo, Gesù, nel nostro cuore, quando ti adoriamo nell'Ostia Santa dell'altare, quando conversiamo con te presente in Cielo, e a te diciamo il nostro grazie per la vita e su te versiamo il pentimento dei nostri sbagli, e da te invochiamo le grazie di cui abbiamo bisogno, sempre ti pensiamo adulto, Signore.
Ora ecco che, luce sempre nuova, ogni anno ritorna Natale e, come una rinnovata rivelazione, ti mostri a noi bambino, neonato in una culla, e un'onda di commozione ci invade. E non sappiamo più formulare parola, né osiamo chiedere, né ci sentiamo di pesare su tante minuscole forze seppur onnipotenti.
Il mistero ci ammutolisce ed il silenzio adorante dell'anima si confonde con quello di Maria, la quale, alla dichiarazione dei pastori che udirono il celeste canto degli angeli, "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).
Il Natale: quel Bambino sempre ci appare come uno dei misteri più sconcertanti della nostra fede, perché è principio della rivelazione dell'amore di Dio per noi che poi s'aprirà in tutta la sua divina, misericordiosa, onnipotente maestosità.

- Chiara Lubich -





 L'unico modo corretto di metterci di fronte al Signore - nella preghiera e nella vita - è quello di sentirsi costantemente bisognosi del suo perdono e del suo amore. Le opere buone le dobbiamo fare, ma non è il caso di calcolarle e tanto meno di vantarsene. Come pure non è il caso di fare confronti con gli altri. Il confronto con i peccati degli altri, per quanto veri essi siano, non ci avvicina al Signore.  



- Bruno Maggioni -
da: “Bisognava fare festa”, Ed. Messaggero






Buona giornata a tutti. :-)




sabato 5 dicembre 2015

Il senso del messaggio del Natale – don Romano Guardini -

Che cosa significa dunque Natale? Ora dobbiamo avanzare verso il nucleo della fede cristiana, poiché la risposta può essere data solo se si parte da esso.

Anche sull'essenza del cristianesimo esistono definizioni annacquate e corrotte; e anche da esse devono venir purificate le parole, perché il cristiano possa render loro onore. 
Il cristianesimo non è la religione dell'amore del prossimo, o dell'interiorità, o della personalità o di quant'altro di questo genere si possa ancora dire. Naturalmente, in tutto ciò v'è qualcosa di esatto, ma come un secondo aspetto, che acquisisce il suo senso solo quando è chiaro ciò che è primo e autentico. Ma questo significa che nella Rivelazione Dio manifesta se stesso in un modo in cui nessuna esperienza psicologica o comprensione filosofica può manifestarlo.

L'Antico Testamento ci mostra un avvenimento possente: come Dio s'attesti, in quanto è Colui il quale è, indipendente di fronte a tutto ciò che si chiama «mondo». «Io sono Colui che io sono», Egli risponde sull'Oreb all'uomo Mosè, che gli chiede il suo nome (Es 3, 14). Questo nome è dunque «Colui che sono». Quel concetto che ogni essere rivendica per sé e vuol dire solo che esso è, invece di non essere, il più universale e perciò il più semplice, è per Lui «nome», espressione della sua unicità. 
Quale abisso di pensiero che la parola «Io sono» sia nome di Dio, che come tale non spetta ad alcun altro essere! 
Infatti il mondo non «è» in senso puro e semplice, ma è in virtù di Lui: da Lui creato, totalmente e assolutamente e senza alcun dato previo. 
Creato in pura libertà, senza costrizione, foss'anche soltanto tale da trovarsi solo in Dio. 
Esso è «davanti» a Lui; provenendo da Lui e a Lui diretto.

Questo Dio è Uno - per il motivo che Egli è realmente «Dio», che non può stare mai al plurale. 
Attraverso il corso della Rivelazione antico testamentaria il messaggio dell'uno e unico Dio viene continuamente proclamato e sostenuto contro resistenze, che fiaccherebbero ogni energia diversa da quella del suo Spirito. Sostenuto in un ambiente, in cui da ogni punto di vista psicologico e storico dovrebbe essere impossibile. Infatti l'ambito di vita del popolo ebraico si trovava nelle sfere d'influenza delle più poderose civiltà e culture politeistiche: quella egiziana, quella babilonese, quella assira, quella persiana, infine quella greca e romana. 
Fu assolutamente un miracolo - prendendo la parola nel senso netto e genuino - che questa fede non abbia potuto essere sradicata da alcunché. 
Qui tutte le linee di collegamento col mito vennero troncate. 
Il mito infatti parla della divinità del mondo, che si presenta in forme sempre nuove; al contrario la fede in Dio propria della Rivelazione antico testamentaria confessa l'assoluta sovranità del Dio Uno, cui appartiene ogni attributo di divinità.

Ma poi avviene qualcosa di misterioso. Nella Rivelazione neotestamentaria, nella coscienza di Gesù, nel modo in cui Egli parla di Dio, tratta con Lui, rapporta a Lui la propria esistenza, si fanno chiare distinzioni che non hanno relazione con nulla di mitico. 
Questo Dio è l'Uno e Unico, ma non è solitario. 
In Lui v'è un mistero di comunione, v'è «Io» e v'è «Tu», e i nomi che Gesù cita per indicarli sono «Padre», «Figlio» e «Spirito Santo». 
Questi nomi non hanno relazione di sorta con le rappresentazioni di generazioni del mito, con i suoi dèi-padri e dèi-figli, ma esprimono ciò che sta al di sopra d'ogni concepire ed esprimere. Non è lecito però abbandonarli, poiché Dio stesso ce li ha dati, e sono le porte d'accesso al suo mistero.

Ora ci viene rivelato che questo Figlio è entrato nel mondo. Ma ciò in un senso inaudito. Non solo per via psicologica, nell'animo di una persona pia profondamente dotata; non solo in termini spirituali, nei pensieri di una grande personalità; realmente, storicamente invece, così da produrre l'unità personale con un essere umano. 
Dio s'è fatto uomo, figlio di una madre umana, uno di noi, ed è rimasto ciò che Egli è eternamente, Figlio del Padre nel ciclo. Egli, che come Dio era in tutto, ma sempre «dall'altro lato del confine», nell'eterno riserbo, è venuto al di qua del confine, ed è stato ora presso di noi, con noi.

Di questo evento parla il Natale. Questo è il suo contenuto, questo soltanto. Tutto il resto - la gioia per i doni, l'affetto della famiglia, il rinvigorirsi della luce, la guarigione dall'angustia della vita riceve di là il suo senso. Quando quella consapevolezza però svanisce, tutto scivola sul piano meramente umano, sentimentale, anzi brutalmente affaristico.

Sì deve dire ancora qualcosa, e mi auguro che il lettore, associandosi a me col suo pensiero, aiuti a far sì che divenga chiaro. Quando sentiamo di ciò che è così inaudito; di un agire divino, che non conosce alcun esempio; che non ha nulla, proprio nulla in comune con i miti del connubio d'una divinità con una donna terrena; che invece è qualcosa di assolutamente unico, il cui concetto viene accolto solo dalla sua Rivelazione propria, e con le sue parole si può esprimere - allora ci chiediamo involontariamente: perché ciò avviene? Se la parola dell'Incarnazione di Dio deve essere intesa così come ce la dice il Nuovo Testamento: perché Dio agì così? In assoluto, può Egli fare una cosa del genere? Tale enunciazione è compatibile con il concetto puro di Dio? O significa, come anzi si afferma continuamente, appunto una ricaduta nel mito?

Quale aspetto prende allora il concetto «puro» di Dio cui ci si riferisce quando si vuole giudicare un'enunciazione religiosa? È quell'idea, a far emergere la quale si sono sforzati due millenni e mezzo di pensiero occidentale: l'idea dell'Assoluto. Di quell'essere, di quell'ente, che è immune da ogni limitazione; eterno, infinito, perfetto in ogni direzione che si possa escogitare. Così è Dio, dice la metafisica, e ha ragione. L'idea con cui pensiamo Dio - cerchiamo di pensarlo - in realtà può essere soltanto la più nobile. Dio è l'Assoluto. Ma è solo questo? Un Dio soltanto Assoluto può farsi uomo? Nella serietà e nella verità, come lo intende il Nuovo Testamento? A questo interrogativo non potremo rispondere altrimenti che con un «no». Con tale immagine di Dio non si può collegare una vicenda del genere. Così sembra che siamo posti di fronte a una difficile decisione: quella di eliminare l'Incarnazione, per preservare la sovranità di Dio - o invece, per mantenere la sua pensabilità, di assumere un'essenza di Dio che possa semplicemente unirsi col mondo, e allora saremmo nel mito.

Proprio qui sta il centro del significato della Rivelazione. L'alternativa non è: l'Assoluto - o il mito. Dio non è, come ha detto Pascal, il «Dio dei filosofi»; dunque colui che sarebbe rinchiuso entro i concetti di necessità propri dell'assolutezza, e dal quale si dovrebbe staccare, in quanto priva di senso, un'idea come quella dell'Incarnazione. Non è però nemmeno un nume mitico, che possa entrare in tutti i possibili legami e trasformazioni. Egli è se stesso, e respinge qualsiasi subordinazione ai nostri concetti. No, l'alternativa, davanti alla quale siamo posti, o, detto più esattamente, la decisione da cui tutto dipende, è questa: se nella nostra vita vogliamo avere una reale Rivelazione o no. 
Se nel nostro pensare vogliamo partire dal giudizio di Dio o dal nostro proprio. 
In una parola: se vogliamo credere o essere increduli.

La Rivelazione ci dice: tu non puoi determinare se l'Incarnazione di Dio sia possibile partendo da te stesso, da nessun criterio terreno, fosse anche il più alto; devi invece accogliere nella fede che essa sia avvenuta, e giudicare movendo da essa. Tu non puoi dire partendo da te stesso come sia costituito, di che tipo sia il Dio «puro», ma devi percepire nella fede chi Egli manifesti d'essere, e pensarlo in corrispondenza a tale manifestazione. Allora ti renderai conto interiormente che Dio è appunto «Colui che attua l'Incarnazione». Il fatto dell'Incarnazione è esso stesso Rivelazione, anzi quella autentica e colmante. Essa dice: Dio è tale da essere in grado di farsi uomo. Egli è tale che, ai suoi occhi, per parlare col linguaggio della Genesi, è «cosa buona» e «molto buona» compierla (Gv 1, 10.12.18.25.31). Ma il motivo, di cui si parla così alla leggera, cioè che Dio lo fa per amore, anzi che Egli è Colui che ama in senso puro e semplice - risulta chiaro solo in ragione di questo, e viene così espresso: quell'intento, per il quale Dio attua l'inaudito fatto dell'Incarnazione - appunto ciò è l'amore. L'amore, di cui parla la Rivelazione, non è un valore etico universale; non è un orientamento, in sé determinato, del voler bene o della bontà, non un sentimento del cuore umano direttamente comprensibile, o che altro si voglia. La parola «amore» non è qui in assoluto un concetto, bensì un nome: un nome per indicare qualcosa che esiste solo una volta, e precisamente per designare l'intendimento di Dio. Per coglierlo, non si può partire da criteri preesistenti, ma ci si deve inserire in quelle vicende, in cui si compie la Rivelazione, e lo si deve pensare nelle parole, che questa stessa fornisce. Allora ha inizio la metànoia, la svolta o conversione dello spirito. Tutto si cambia, tutto diventa giusto, si rettifica, e si schiudono pensieri d'una grandezza e intimità a un tempo che, come dice Paolo, «superano ogni comprensione» (Fil 4, 7).

È questo ciò che proclama a noi il messaggio di Natale, quando ci stanchiamo delle realtà apparenti e fallaci e vogliamo ascoltare quanto è autentico.

(don Romano Guardini)

Romano Guardini, Natale e Capodanno. Pensieri per far chiarezza,  Morcelliana, 1994, pp.




"Non più silenzio, chiacchiere senza fine. Si parla sempre, a voce alta, profusamente. Si parla, si scrive, si ascolta su tutto. 
Non c'è più nulla di santo; non ha più senso, non esiste più una sicura zona di silenzio, non conta più niente, neppure la cosa più degna di venerazione. 
Si parla di tutto riducendo a pezzi e frammenti ogni oggetto, senza rispetto né vergogna: nei giornali, nella società, nelle sale di adunanze. 
Si allineano ogni sorta di parole: quelle elevate, quelle acute, quelle sagge e profonde, quelle ribelli, quelle commoventi, tutte."


- don Romano Guardini - 



Tocca il mio animo col soffio della tua eternità, affinché io compia bene la mia opera nel tempo e possa un giorno portarla nel tuo regno eterno»

- Romano Guardini -
Preghiere teologiche


Buona giornata a tutti. :-)






  

venerdì 4 dicembre 2015

Il primo presepe - Johann Jorgensen -

La santa sera tutto era pronto, a Greccio, come frate Francesco aveva desiderato; verso l'ora di mezzanotte, tutto il popolo di quei pressi era convenuto intorno al presepe per festeggiare la nascita del Signore. 
Come ci racconta Tomaso da Celano: «Greccio era diventata una nuova Betlemme; la foresta risuonava di voci melodiose e le rocce echeggiavano ai canti della folla». Ognuno portava torce accese, mentre, vicino al presepe, stavano i frati coi loro ceri; tanto che i boschi erano rischiarati come fosse pieno giorno. Sulla mangiatoia che serviva d'altare, un prete lesse la messa, perché il divino fanciullo fosse presente, sotto le specie del pane e del vino, al modo stesso che lo era stato corporalmente a Betlemme. 
Ci fu pure un istante in cui Giovanni Vellita ebbe l'impressione di vedere un vero bambino coricato nella mangiatoia, ma che sembrava morto, o, per lo meno, addormentato. 
Ed ecco che frate Francesco si avvicina al bambino e lo prende teneramente tra le braccia; ed ecco che anche il bambino si sveglia, sorride a frate Francesco, e, con le sue piccole mani, gli accarezza le guance barbute e la stoffa grigia della sottana! 
Visione che, del resto, non aveva nulla di stupefacente per messer Vellita: poiché egli conosceva già parecchi cuori, in cui, allo stesso modo, Gesù era stato morto, o per lo meno addormentato, fino al giorno in cui frate Francesco, con la sua parola e il suo esempio, non l'aveva risvegliato e risuscitato.
Dopo la lettura del Vangelo, frate Francesco, in veste di diacono, si avanzò verso la folla. «Sospirando profondamente, ci dice Celano, accasciato sotto la pienezza della sua pietà, e traboccante di meravigliosa gioia, il santo di Dio si drizzò presso la mangiatoia. 
E la sua voce, la sua voce forte e dolce, la sua voce chiara e sonora, trascinò gli uditori a ricercare il bene supremo».
Frate Francesco predica alla folla. «Con parole d'una dolcezza squisita, parla del povero re nato quella notte che è il Signore Gesù, nella città di David. 
E, ogni volta che vuole pronunciare il nome di Gesù, ecco che egli è tutto arso dal fuoco del suo amore, e che, invece di dirgli questo nome, lo chiama teneramente il Bambino di Betlemme! 
E, questa parola Betlemme, la dice col tono d'un agnello belante; e quando ha proferito il nome di Gesù, lascia scivolare la lingua sulle labbra, come per assaporare la dolcezza che quel nome ha sparso dietro di sé, passando su quelle labbra. 
E non fu che molto tardi che terminò quella santa notte di vigilia, e che ciascuno, con il cuore pieno di gioia, se ne ritornò alla sua casa».
«In seguito, questo luogo, dove era stato piantato il presepe, fu consacrato al Signore con l'erezione di un tempio; e sopra la mangiatoia fu alzato un altare in onore del nostro beato Padre Francesco: così che, là dove poco prima le bestie senza ragione mangiavano il fieno dalla greppia, oggi gli uomini, per la salute delle loro anime e del loro corpo, ricevono l'Agnello immacolato, Nostro Signore Gesù Cristo, che, spinto da ineffabile amore, ha dato la sua carne per la vita del mondo, e che, col Padre e lo Spirito Santo, vive e regna in somma grandezza per tutti i secoli dei secoli. Così sia!».

Johann Jorgensen - 




L'Avvento è un cammino verso Betlemme. 
Lasciamoci attrarre dalla luce di Dio fatto uomo! 

- Papa Francesco -





Una coltre fitta di tenebre avvolge le nazioni. 

In troppi, hanno smarrito la strada.
Il male continua a dilagare, c'è bisogno di stelle risplendenti di luce che illuminino le notti, che mostrino la via da percorrere.

- Chiara Amirante - 


                                                     Rennes - Natività


”Preghiamo il Signore di donarci la grazia
di guardare il presepe con la semplicità dei pastori, 
per ricevere così la gioia
con la quale essi tornarono a casa.
Preghiamolo di darci
l’umiltà e la fede con cui san Giuseppe
guardò il bambino
che Maria aveva concepito dallo Spirito santo.
Preghiamo che ci doni di guardarlo con quell’amore, 
con cui Maria l’ha osservato.
E preghiamo che così la luce,
che i pastori videro,
illumini anche noi
e che si compia in tutto il mondo
ciò che gli angeli cantarono in quella notte:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”


- papa Benedetto XVI - 





Buona giornata a tutti. :-)