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venerdì 18 marzo 2016

La festa del passaggio - Erri De Luca

Pèsah Pasqua è voce del verbo ebraico “pèsah”, passare.
Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. 
Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste.
Chi crede è in cerca di un rinnovo quotidiano dell’energia di credere, scruta perciò ogni segno di presenza.
Chi crede, insegue, perseguita il creatore costringendolo a manifestarsi.
Perciò vedo chi crede come uno che sta sempre su un suo “pèsah”, passaggio. Mentre con generosità si attribuisce al non credente un suo cammino di ricerca, è piuttosto vero che il non credente è chi non parte mai, chi non s’azzarda nell’altrove assetato del credente.
Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme.
Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un'altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione.
Pasqua/pèsah è sbaraglio prescritto, unico azzardo sicuro perché affidato alla perfetta fede di giungere.
Inciampo e resto fermo, il Sinai e il Golgota non sono scalabili da uno come me, che pure in vita sua ha salito e sale cime celebri e immense. 

Restano inaccessibili le alture della fede.
Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli corrieri a ogni costo, atleti della parola pace.

- Erri De Luca -



Coraggio, fratello che soffri.
C’è anche per te una deposizione dalla croce.
C’è anche per te una pietà sovrumana.
Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua...
Coraggio.
Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce,
la terra riacquisterà i suoi colori
e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

 - don Tonino Bello - 


Ci vuole una grande umanità per capire
che la cosa più difficile da sopportare è il dolore
 
e che la cosa di cui abbiamo più bisogno
 
è che nel dolore ci sia qualcuno con noi
 
che condivide e ci aiuta a non essere soli.
 
Ci vuole solo una grande, infinita, straordinaria umanità. 
È questa la vita umana...


A.Savorana
da Una cosa dell’altro mondo
 

In questo mondo




Buona giornata a tutti. :-)


domenica 5 aprile 2015

Il Risorto nella nostra storia - Monaci Benedettini Silvestrini -

Quando senti i terremoti violenti scuotere la terra, quando in preda allo spavento vedi lo tsunami dare morte alle persone inermi e travolgere tutto nella distruzione, quando vedi il fuoco bruciare la tua casa, quando vedi infuriare i venti e scatenarsi la tempesta che schianta la foresta dì a te stesso: "Credo che la terra tornerà nella sua immobilità, le acque si calmeranno, la foresta si rifarà e io ricostruirò la mia casa e soprattutto la vita continuerà a vivere perché Cristo è risorto ed è lui l'autore dell'immortalità, lui l'autore della vita".

Quando vedi con terrore che una fonte di energia inventata dagli uomini, diventa contagio, terrore e morte per gli uomini dì a te stesso: "Da quella fonte Cristo era stato escluso e l'umana intelligenza inventa, ma non salva e talvolta diventa il suo sepolcro".

Quando il peccato ti stringe alla gola e ti senti soffocato e finito, dì a te stesso: "Cristo è risorto dai morti e io risorgerò dal mio peccato, per questo si è immolato sulla croce, per questo io spero il suo perdono".

Quando la vecchiaia o la malattia tenterà di amareggiare la tua esistenza, dì a te stesso: "Cristo è risorto dai morti e ha fatto cieli nuovi e terra nuova. È lui la mia eterna giovinezza, lui può fare nuova la mia anima".

Quando vedrai tuo figlio fuggire da casa in cerca di avventura e ti sentirai sconfitto nel tuo sogno di padre o di madre, dì a te stesso: "Mio figlio non sfuggirà a Dio e tornerà perché Dio lo ama, perché lo attende da sempre nella tua casa per abbracciarlo e fare festa con te e con lui per il suo ritorno".

Quando vedrai spegnersi la carità attorno a te e vedrai gli uomini come impazziti nel loro peccato e ubriacati dai loro tradimenti, dì a te stesso: "Toccheranno il fondo, ma torneranno indietro perché lontano da Dio non si può vivere e la nostalgia del Padre celeste è irrefrenabile per tutti i figli di Dio".

Quando il mondo ti apparirà come sconfitta di Dio e sentirai la nausea del disordine, della violenza, della litigiosità continua, del terrore, della guerra dominare sulle piazze e la terra ti sembrerà il caos, dì a te stesso: "Gesù è morto e risorto proprio per salvare e, se la imploriamo, la sua salvezza è già presente tra di noi".

Quando tuo padre o tua madre, tuo figlio o tua figlia, la tua sposa, il tuo amico più caro, ti saranno dinanzi sul letto di morte e tu li fisserai nell'angoscia mortale del distacco, dì a te stesso e a loro: "Ci rivedremo nel Regno eterno, ora io intraprendo la via del Risorto, coraggio!".

Questo significa credere nella Resurrezione. Questo significa superare la tentazione, assai frequente ai nostri giorni, di fissare lo sguardo sulla superficie torbida degli eventi e magari incolpare il buon Dio dei terremoti, degli tsunami, dei lutti, delle violenze e di tutto il male che ci circonda, ci umilia e ci affligge, ignari e impenitenti dei nostri peccati.

Significa invece accorgersi con motivata preoccupazione che noi uomini abbiamo abbassato con la colpevole dimenticanza dell'Eterno, con le nostre frivole umane stupidità le dighe e le barriere e ci siamo privati delle corazze personali che formano gli argini e le difese dal male, da quel terribile male che si oppone a Dio e a noi e vorrebbe tutto e tutti chiudere per sempre in un sepolcro di morte e di definitiva distruzione, quelli argini e quelle divine difese, che invece ci difendono, ci aprono alla luce del bene, ci rischiarano la notte dei tempi e ci orientano verso la Luce di quel radioso mattino che illumina tutti i nostri giorni e sempre ci indirizza verso la vita vera, verso la definitiva risurrezione.

Ecco il grande, immenso dono del Cristo risorto, ecco la pasqua di quest'anno e la pasqua di ogni giorno, quella che potremmo chiamare l'albore e la speranza della Vita, la nostra fede. i doni del Risorto, quelli che noi monaci imploriamo e auguriamo con gioia a tutti e a ciascuno di voi.

I Monaci Benedettini Silvestrini del Monastero san Vincenzo Bassano Romano

(da Auguri pasquali 2011)




Questo è quel chicco di grano che una terra vergine e non arata ha prodotto. Per l'immensa moltiplicazione di questo chicco sono stati riempiti tutti i granai della Chiesa. Da questo chicco di grano si impasta quel pane, del quale il Signore stesso dice: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

- San Bruno di Segni - 

Cari amici,

il desiderio di essere felice, prima o poi, si affaccia sulla vita di ciascuno. Da quel momento la vita è diversa. E uno capisce che è una cosa seria. «La vita è mia, irriducibilmente mia», diceva don Giussani. 

Niente è così serio come la vita. Perché è in gioco la felicità. Cioè la ragione del vivere. 
E allora la vita diventa drammatica. 
Perché? 
Perché non si può vivere più come se un desiderio così struggente non si fosse reso presente. Per il fatto stesso di avvertirlo, io sono già diverso.
Dal momento in cui l’ho presentito, ho smesso di essere un bambino. 
Inizia così l’avventura del vivere. E la lotta.
È la lotta tra il prendere sul serio questo desiderio e il fare finta di non averlo avvertito.
Ma c’è un inconveniente: occorre volersi veramente bene per ingaggiare questa lotta a cui tutto il mio essere, tutta la mia umanità, mi spinge senza sosta.
La vita è, alla fin fine, un problema di affezione. Di affezione a sé. 
Proprio per ridestare questa affezione, «Uno morì per tutti». E risorgendo ha vinto. Come documentano le facce di Pietro e Giovanni nella corsa verso il sepolcro la mattina della resurrezione.
Chi non desidera una affezione così?

Buona Pasqua, amici.

Saluto a conclusione del Triduo pasquale di GS 
- Julián Carrón -
Rimini, 19 aprile 2014

















L'uomo ha bisogno di guardare, di fermarsi in contemplazione, che diviene contatto, per percepire i misteri di Dio. Egli deve salire la "scala" del corpo, per scoprire in essa quella "via" che la fede lo invita a percorrere...
Noi tutti siamo Tommaso, l'incredulo; ma tutti possiamo come lui toccare il cuore aperto di Gesù, e in questo toccare, contemplare il "Logos" in persona; e così, mani e sguardo protesi verso questo cuore, prorompere in quella confessione: "Mio Signore e mio Dio"...

- Card.Joseph Ratzinger -

da" Schauen auf den Durchbohrten"



Gesù ha vinto la morte. Lui è il risorto!

Buona Pasqua a tutti :-)



sabato 4 aprile 2015

L' attesa si fa silenzio - cardinale Angelo Comastri -


O Gesù, mi fermo pensoso ai piedi della croce: 
anch’io l’ho costruita con i miei peccati!
La tua bontà, che non si difende e si lascia crocifiggere, 
è un mistero che mi supera e mi commuove profondamente.
Signore, Tu sei venuto nel mondo per me, 
per cercarmi, per portarmi l’abbraccio del Padre. 
Tu sei il Volto della bontà e della misericordia: 
per questo vuoi salvarmi! 
Dentro di me ci sono le tenebre: 
vieni con la tua limpida luce.
Dentro di me c’è tanto egoismo: 

vieni con la tua sconfinata carità. 
Dentro di me c’è rancore e malignità: 
vieni con la tua mitezza e la tua umiltà. 
Signore, il peccatore da salvare sono io: 
il figlio prodigo che deve ritornare, sono io!
Signore, concedimi il dono delle lacrime
per ritrovare la libertà e la vita,
la pace con Te e la gioia in Te.
Amen.


- Card. Angelo Comastri -





Io aspetto, aspetto. Aspetto la Tua risposta. [...]

E' come se entrassi in un luogo, in cui si è fermato qualcuno che amo. 
Ma ora è partito e mi ha lasciato un biglietto: Aspettami, arrivo! [...]
Lui non può mai scomparire. Lui arriva. [...]
Nel mezzo di questa desolazione emerge all'improvviso un pensiero: per me si prepara qualcosa di nuovo. [...]

Così dal vuoto si sviluppa un nuovo spazio per l'incontro con Dio. L'abisso della Sua misericordia inghiotte l'abisso della mia debolezza.[...]
Questo non è una consolazione, ma è la salvezza, l'incoraggiamento e l'esortazione: tieni duro, non cedere, aspetta!
L'impotenza mi spoglia del mio egoismo. [...]
L'impotenza non è una passività pura e semplice. Questa è la tragedia dell'uomo generoso che non può fare il bene, nè vincere il male. Ma proprio questa impotenza è stata redenta. [...]
Solo la disperazione estrema può distruggere tutto. [...]
E l'incarnazione di Gesù è il mistero dell'impotenza, l'impotenza dell'amore. [...]
L'attendere è la sola attività necessaria dell'uomo che è impotente. 
L'ultima risposta al mistero dell'impotenza è la fede in Cristo Risorto.

- Josef Zverina -
1913-1990, Attività e impotenza 
"The Invisible World" PPS IV, 13





"L’intero Vangelo non si riassume forse nell’unico comandamento della carità? La pratica quaresimale dell’elemosina diviene pertanto un mezzo per approfondire la nostra vocazione cristiana. Quando gratuitamente offre se stesso, il cristiano testimonia che non è la ricchezza materiale a dettare le leggi dell’esistenza, ma l’amore. Ciò che dà valore all’elemosina è dunque l’amore, che ispira forme diverse di dono, secondo le possibilità e le condizioni di ciascuno."

- Papa Benedetto XVI -
Messaggio per la Quaresima 2008



Più forte della morte è l’amore.
Più forte della morte è la vita
In silenziosa adorazione di questo sconvolgente Mistero....





Chiniamo il capo e aspettiamo in preghiera......  
il Signore non si farà attendere......


Buona giornata a tutti. :-)














domenica 31 marzo 2013

Cristo è risorto – don Bruno Ferrero -



Al tempo della propaganda antireligiosa, in Russia, un commissario del popolo aveva presentato brillantemente le ragioni del successo definitivo della scienza. Si celebrava il primo viaggio spaziale. Era il momento di gloria del primo cosmonauta, Gagarin. Ritornato sulla terra, aveva affermato che aveva avuto un bel cercare, in cielo: Dio proprio non l’aveva visto. Il commissario tirò la conclusione proclamando la sconfitta definitiva della religione.

Il salone era gremito di gente. La riunione era ormai alla fine. “Ci sono delle domande?”.
Dal fondo della sala un vecchietto che aveva seguito il discorso con molta attenzione disse sommessamente: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”. 
Il suo vicino ripeté, un po’ più forte: “Christòs ànesti”. 
Un altro si alzò e lo gridò; poi un altro e un altro ancora. 

Infine tutti si alzarono gridando: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”.
Il commissario si ritirò confuso e sconfitto. Al di là di tutte le dottrine e di tutte le discussioni, c’è un fatto. Per la sua descrizione basterà sempre un francobollo: Christòs ànesti. Tutto il cristianesimo vi è condensato. Un fatto: non si può niente contro di esso. I filosofi possono disinteressarsi del fatto. Ma non esistono altre parole capaci di dar slancio all’umanità: Gesù è risorto.

(don Bruno Ferrero)

Fonte: La vita è tutto quello che abbiamo




Dio sia benedetto
Benedetto il Suo santo Nome.
Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.
Benedetto il Nome di Gesù.
Benedetto il Suo sacratissimo Cuore.
Benedetto il Suo preziosissimo Sangue.
Benedetto Gesù nel SS. Sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito.
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la Sua santa e Immacolata Concezione.
Benedetta la Sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il Nome di Maria, Vergine e Madre.
Benedetto S. Giuseppe, Suo castissimo Sposo.
Benedetto Dio nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi.



Signore Gesù, risorgendo da morte hai vinto il peccato:
fa che la nostra Pasqua segni una vittoria completa sul nostro peccato.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai dato al tuo corpo
un vigore immortale:
fa che il nostro corpo riveli la grazia che lo vivifica.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai portato la tua umanità in cielo:
fa che anch'io mi incammini verso il Cielo,
con una vera vita cristiana.
Signore Gesù, risorgendo da morte e salendo al Cielo,
hai promesso il tuo ritorno:
fa che la nostra famiglia sia pronta per
ricomporsi nella gioia eterna.
Così sia.


“La luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5)

Del racconto della creazione la Chiesa, nella Veglia pasquale, ascolta soprattutto la prima frase: “Dio disse: «Sia la luce!» (Gen 1,3). Il racconto della creazione, in modo simbolico, inizia con la creazione della luce....Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell'amore. La materia prima del mondo è buona, l'essere stesso è buono. E il male non proviene dall'essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il “no”.

A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l'eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. 

“Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal sepolcro.

La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L'amore è più forte dell'odio. La verità è più forte della menzogna. 

Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio.

Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. 
Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. 
Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. 
Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi. Ma come può avvenire questo? Come può tutto questo giungere fino a noi così che non rimanga solo parola, ma diventi una realtà in cui siamo coinvolti? 
Mediante il Sacramento del battesimo ... il Signore dice a colui che lo riceve: Fiat lux – sia la luce. Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi. Cristo ti prende per mano. D'ora in poi sarai sostenuto da Lui e entrerai così nella luce, nella vita vera.

- Cardinale Joseph Ratzinger - 





Facciamo festa perchè Cristo è risorto.... non perchè in tavola abbiamo le uova di cioccolato..

Buona Pasqua!! :-) 







martedì 26 luglio 2011

La Pasqua senza la croce è vuota - padre Ermes Ronchi -

«Se non vedo, se non tocco, io non credo». Non cre­de Tommaso neppure a die­ci apostoli: «non viene da voi la prova di cui ho bisogno. Io voglio sentire Cristo che toc­ca Lui la mia vita, Cristo che entra, apre, solleva, e traccia strade. Non mi accontento di parole, ho bisogno di 'senti­re' Dio, di un Dio sensibile, u­dibile, visibile; non di un rac­conto, ma di un avvenimen­to. Ho bisogno che la sua vi­ta scuota la mia vita, e senti­re che è per me, che è mio». Ed ecco che Tommaso non ricerca segni gloriosi o trion­falistici, ma vuole toccare le ferite vive e aperte della pas­sione, rivedere il corpo dato, il sangue versato: lì è con­densata l'essenza della fede. Finché non partecipi, finché non sei coinvolto nell'im­menso gioco dell'amore e del dolore di Dio, non puoi dire: io credo, Signore!
«Metti qui il tuo dito, tendi la tua mano!». Gesù si fa vicino, voce che non giudica ma in­coraggia, e i segni dei chiodi sono a distanza di mano e di cuore: il risorto è il crocifisso.
La Pasqua senza la croce è vuota.
La croce senza la Pa­squa è cieca.
Tommaso si arrende a un crocifisso amore che accondiscende alla sua fatica di credere e consegna ancora il suo corpo; si arrende a quel foro nel fianco e neppure si dice che lo abbia toccato. Si arrende all'amore che ha scritto il suo racconto sul cor­po di Gesù con l'alfabeto del­le ferite. Indelebile alfabeto, come l'amore. A ciascuno di noi Gesù ripete: «guarda, stendi la mano, tocca le pia­ghe, ritorna ai giorni della croce; guarda a fondo, fino alla vertigine, in quei fori; porta i tuoi dubbi al legno della croce, troveranno ri­sposta; non stancarti di a­scoltare la passione di Dio».
E Tommaso passa dall'incre­dulità all'estasi: «Mio Signo­re e mio Dio». Voglio custo­dire in me questo aggettivo, come una riserva di coraggio per la mia fede: «Mio». Pic­cola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri o degli altri, ma il Dio intrec­ciato con la mia vita, mia lu­ce e mia ombra, assenza e poi più ardente presenza. Tom­maso come l'amata del Cantico dei Cantici dice: «Il mio amato è per me e io sono per lui». Mio, non di possesso, ma di appartenenza. Mio, in cui mi riconosco perché da lui sono riconosciuto. Mio, per­ché esiste per me, mia luce e mio dolore. Mio come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo è il respiro e, senza, non vivrei.

(Padre Ermes Ronchi)
Fonte: Omelia della II Domenica di Pasqua (Anno A)
(30 marzo 2008)
Ermes Maria Ronchi (Attimis, 16 agosto 1947)
Sacerdote e teologo italiano dell’Ordine dei Servi di Maria.
Dal novembre 2009 ha sostituito Padre Raniero Cantalamessa nella conduzione della rubrica Le ragioni della Speranza all'interno del programma di cultura cattolica "A Sua immagine". Padre Ronchi sovente associa il commento del Vangelo alla visita di una comunità di ispirazione religiosa, ed ogni puntata si conclude con la lettura di una poesia devozionale tra quelle dei più vari autori.



Buona giornata a tutti. :-)

domenica 24 aprile 2011

Pasqua, festa dei macigni rotolati – don Tonino Bello -

Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E' la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l'altro.
E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.

(Tonino Bello)

Fonte : Pietre di Scarto di don Tonino Bello


"Sante Donne nel sepolcro"-  Beato Angelico
Museo di San Marco, Firenze

(Quando, la mattina della domenica, Maddalena, Maria Cleofe e Salomè,
 arrivarono al sepolcro, il corpo del Signore non c'era più!)


Buona giornata a tutti. :-)








mercoledì 3 novembre 2010

Caro Tommaso - (don) Paolo Curtaz -

Caro Tommaso,
fa strano scriverti una lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni, di schierarmi formalmente e solennemente dalla tua parte. 
Mi spiego meglio. Ogni anno, dopo l'ebbrezza della festa di Pasqua, puntualmente ti ritroviamo con il Vangelo che ti riguarda. 
San Giovanni ci dice che il fatto, o meglio il fattaccio, è accaduto otto giorni dopo l'apparizione di Gesù a porte chiuse nel Cenacolo, la sera di Pasqua. Ora: sono stufo di vederti descritto come un incredulo. 
Su di te abbiamo addirittura composto un proverbio "Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso" e, così, sei arrivato fino a noi con la falsa nomea di incredulo.
E' il nostro consueto modo di leggere il Vangelo, col cervello in stand-by, ascoltando come se fosse una pia ed edificante tavoletta, senza la voglia di approfondire ciò che dovrebbe  nutrire la nostra vita e la nostra fede.
Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni, si capisce subito che tu al Rabbi ci avevi creduto, fin troppo, più degli altri. D'altronde, le uniche due volte in cui si parla di te nel Vangelo, ha dimostrato fegato ed entusiasmo.
La prima volta Gesù decise di salire a Gerusalemme, ignorando la pessima aria che tirava. Il rischio era reale: Gesù era malvisto dal Sinedrio che già complottava per farlo arrestare; malgrado questo, il Maestro decise di rischiare. Tu, Tommaso, dicesti: "Andiamo a morire con lui!" (Gv 11,16).
Poco dopo quando Gesù parlò del suo destino, e chiese di essere seguito, tu gli chiedesti: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" al che, Gesù ti rispose "Io sono la via, la verità e la vita" (cfr Gv 14,5-6).
Poi, quelle maledette quarantotto ore. 
Tutti voi, Tommaso, eravate impreparati, straniti, distratti. La croce vi era piombata addosso come un treno in corsa, vi aveva spezzato l'anima, aveva travolto tutto. Non foste capaci di fare il benché minimo gesto, nessuna reazione, solo la paura e il dolore, la disperazione senza fine. Incredulo, tu? Andiamo! Piuttosto credulone, con l'entusiasmo che ti contraddistingueva fra i dodici.
Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te; ti ho visto nel volto di molti fratelli scoraggiati e delusi dopo aver dato l'anima per un sogno, un progetto. Più voli in alto e più –cadendo- ti fai del male. La croce, per te inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro e la tua vita, messo fine al tuo sogno.
E ti vedo –sbalordito, attonito- che ascolti i tuoi compagni.
Le tue ferite sanguinano copiosamente e questi –gioiosi- ti raccontano di averlo visto vivo, risorto. Non sai capacitarti di quello che dicono, e –soprattutto- di chi te lo dice.
Giovanni, che c'era, ha scritto solo la prima parte di ciò che hai detto: la frase durissima del "Non crederò" –per pudore, Giovanni è cortese e delicato- e non ha riportato le tue altre frasi, dette con la voce rotta dalla rabbia e dalla voglia di piangere.
Ma io le conosco e riporto la parte censurata:
"Tu Pietro? Tu Andrea?…. e tu Giacomo? Voi mi dite che lui è vivo?
Siamo scappati tutti, come conigli; siamo stati deboli, non abbiamo creduto!
Eppure, lui ce l'aveva detto, ci aveva avvisati. Lo sapevamo che poteva finire così, e non gli siamo stati vicini, non ne siamo stati capaci. Ora, proprio voi, venite a dirmi di averlo visto, vivo? Non, non è possibile….come faccio a credervi?"
Sai, Tommaso: hai ragione.
Incontro spesso cristiani come te, feriti dalla pessima testimonianza di noi discepoli, scandalizzati dal baratro che mettiamo tra la nostra fede e la nostra vita, increduli a causa della nostra piccolezza. Noi, discepoli del Maestro, che invece di essere trasparenza del Risorto diventiamo filtro, e facciamo emergere le nostre fragilità, piuttosto che la luce luminosa che ci ha avvolti e cambiati.
Quanti ne conosco come te Tommaso!  Brava gente scossa dall'atteggiamento di un prete despota, giovani turbati dalle nostre comunità fiacche, cercatori di Dio scoraggiati dal nostro poco entusiasmo…..
Ma –e questo è stupefacente- Giovanni ci dice che otto giorni dopo eri ancora con loro.
Non li hai mollati, come a volte vedo fare, non ti sei sentito superiore, migliore, a parte. Hai voluto condividere la tua amarezza con loro, non hai pensato di fare una Chiesa alternativa, non ti sei sentito molto "liberal" e all'avanguardia. Come frate Francesco poverello farà, hai voluto convertire la Chiesa dal di dentro, senza uscirne.
E hai fatto benissimo: apposta per te è venuto il Maestro; vedi come ti ama?
Lo vedi ora; è lì, apposta per te. Ti mostra le sue piaghe, il costato.
Poi sorride e ti parla.
Lo so bene, Tommaso, e scusa se noi predicatori facciamo dei commenti discutibili: quella frase bellissima non è un rimprovero, Gesù non ti sta rinfacciando la tua incredulità, macché.
Le sue parole sono un immenso gesto d'amore. Mostrando le palme delle mani trafitte, ti sussurra: "Tommaso, so che hai sofferto tanto, Guarda: anch'io ho sofferto……"
E ti sei arreso, finalmente.
Hai lasciato la diga del pianto rompere gli argini, ti sei lasciato travolgere dall'amore e dalla fede, ti sei buttato in ginocchio e tu, primo tra i dodici, hai osato dire ciò che nessuno prima aveva osato neppure pensare: Gesù è Dio.


Preghiera a Tommaso.
Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro comune amico Giovanni ti abbia soprannominato "didimo", cioè gemello: davvero mi assomigli. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che –come te- non si sono ancora arresi al Signore.
Tommaso, patrono degli sconfitti, prega per noi. Quando ci scandalizziamo dell'incoerenza della Chiesa, quando ci sembrano troppo grosse le sue fragilità, quando non ci sembra possibile che tanta gloria sia affidata a tanta povertà, prega per noi. Facci capire che uno dei modi per riconoscere la presenza del risorto, misterioso ospite delle nostre vite, ora, è anche la sofferenza. Facci comprendere che anche una vita sconfitta può incontrare la gloria del risorto, che il grande popolo dei perdenti ha un patrono e un Signore. Tommaso, nostro gemello, aiutaci ad osare anche quando sembra inutile, a fissare lo sguardo altrove quando la pesantezza della vita e del peccato ci schiantano a terra, a lavorare per la costruzione del Regno sapendo che il mondo è già salvo, ma non lo sa.


Don Paolo Curtaz (Omelia per la II domenica di Pasqua)


Grazie Elvira per aver inviato l'omelia e  la preghiera

 “Incredulità di San Tommaso” Michelangelo Merisi da Caravaggio


È conservato alla Bildergalerie nel parco di Sanssouci a Potsdam.




Buona giornata a tutti. :-)