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domenica 27 ottobre 2024

Il lupo alla porta della ferita - Jean Vanier

 Il nostro cuore e il nostro spirito fan così presto a credere di avere ragione! 
E’ così difficile accettare di avere torto e non solo, ma che siano anche persone che amiamo e altre che non amiamo. 
Veniamo all’Arca per amare e scopriamo di odiare quella persona; non la vogliamo, non vogliamo vederla, non riusciamo a guardarla negli occhi.
E’ così che nascono dentro di noi e all’interno della nostra comunità ogni sorta di sentimenti che spesso ci si rifiuta di riconoscere: la collera, l’odio, l’angoscia, il rifiuto dell’altro. 
E’ la scoperta del lupo che c’è in ognuno di noi. Nel più intimo di noi stessi abbiamo una parte molto vulnerabile, quella legata all’amore e alla tenerezza, una parte che viene facilmente ferita.
Il grande tesoro del bambino è la fiducia. 
Ma se il bambino viene ferito nella fiducia e nell’amore, è obbligato a proteggersi per non soffrire troppo. 
Per questo, fin dalla nostra prima infanzia, abbiamo creato dei meccanismi di difesa nei confronti della vita relazionale.
La relazione la si desidera e nello stesso tempo la si teme. 
Se ti avvicini troppo a me rischi di violare la mia intimità, diventi un pericolo per me. 
Se ti allontani troppo da me, se non mi saluti più quando mi incontri per la strada, mi fai star male. 
L’amore è nello stesso tempo ciò che più cerco e ciò che più temo. Viviamo tutti questo mistero del cuore umano che ha sete e che ha paura. Così abbiamo costruito ogni sorta di protezione attorno al nostro cuore. 
Abbiamo messo il lupo, la nostra aggressività, alla porta della nostra ferita e della nostra vulnerabilità.
Ma il lupo può rivoltarsi contro di noi e allora cadiamo nella depressione. Ci colpevolizziamo perché ci sentiamo dei buoni a nulla; nessuno può amarci e nello stesso tempo ci sentiamo incapaci di amare. Allora tutte le forze di aggressione si ritorcono contro di noi […]
Siamo stati tutti feriti; ecco perché abbiamo creato questo mondo d’indipendenza, di successo individuale nel quale ci si chiude agli altri. Ma è in questa ferita profonda che Dio si manifesta, perché se la comunità è un luogo di sofferenza è anche un luogo di crescita e di guarigione.
Conoscere se stesso, come dice Socrate, conoscere il modo con il quale si agisce e si reagisce, significa diventare saggi ed avere la possibilità di crescere. 
A scuola e all’Università si imparano molte cose, ma è in famiglia e in comunità che si impara a sconoscersi e ad amare. 
La comunità è il luogo dei passaggi verso l’amore. 
E questi passaggi non sono facili: il passaggio dall’egoismo e dal litigio all’amore e all’unità, il passaggio dalla paura alla fiducia, il passaggio dalla vanagloria alla gloria di Dio.

Jean Vanier -
tratto da: "Lettera della tenerezza di Dio", EDB ; pp. 10-11




Il povero ci disturba perché ci chiede qualcosa che non vorremmo.
Vivere un’alleanza con il povero significa mettersi in comunione con lui e diventare vulnerabili, significa perdere la propria libertà per acquistare una nuova libertà, quella dell’Amore.
Il povero è pericoloso perché chiama al cambiamento, ad una trasformazione, ad una conversione radicale.

(Estratto da “Lettera della tenerezza di Dio - Jean Vanier)




«In passato ho viaggiato moltissimo, ma da quattro anni ho deciso di fermarmi nella mia comunità, anche perché mi accorgo che sto diventando più fragile. 
Ultimamente vivo con un ragazzo psicotico grave: rido molto insieme con lui ed ho scoperto che essere fragili è super! 
Auguro a tutti di invecchiare: ognuno di noi nasce fragile, un piccolo bambino, e anche Gesù lo è stato. 
Siamo nati per vivere e anche per morire: non possiamo avere paura della morte, milioni di persone l’hanno già fatto prima di noi, non è un problema! La mia vocazione è sempre stata quella di essere felice, camminando insieme con i poveri e i deboli di tutto il mondo».

Jean Vanier -
da un'intervista del 31 gennaio 2013    




Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 20 novembre 2023

Che cos'è la vita

 Un caldo giorno d'estate, verso la metà della giornata, il bosco fu avvolto, da un profondo silenzio!
Gli uccelli piegarono la testa, sotto l'ala...
Tutto, riposava!
Solo il fringuello, alzò il capo, e domandò:
«Che cos'è, la vita?».
Tutti furono colpiti, da questa difficile domanda. Una rosa, che aveva appena messo fuori un bocciolo, e dispiegato un petalo, dopo l'altro, disse:
«La vita, è sbocciare!».
Una farfalla che, dal mattino, non si era fermata, e volava felice, da un fiore all'altro, assaggiando, qua, e là, disse:
«La vita, è tutta gioia, e sole!».
Una formica, che si affannava a trascinare una pagliuzza, lunga dieci volte lei, disse:
«La vita, è lavoro, e stanchezza!».
Un'ape, affaccendata a caricare nettare, da un fiore, ronzò:
«La vita, è un miscuglio di lavoro, e di piacere!».
Il discorso diventava sapiente, e la talpa, messa fuori la testa, dalla terra, disse:
«La vita, è un combattimento, nell'oscurità!».
La gazza, che vive per giocare brutti tiri, al prossimo, osservò:
«Ma che razza, di discorsi! dovremmo chiedere il parere, di persone intelligenti!».
Si accese, allora, una vivace disputa, finché fu interrogata una pioggerellina sottile, che sentenziò:
«La vita, è fatta di lacrime: nient'altro, che lacrime!».
Poco lontano, rombava il mare , le onde si alzavano, imponenti, e si abbattevano, con veemenza inaudita, contro le rocce, e gli scogli: poi, indietreggiavano, quasi, per riprendere forza, e tornare ad assalire il granito, delle rive! Anche le onde, espressero il loro parere:
«La vita, è una sempre inutile lotta, verso la libertà!».
Nel vasto cielo azzurro, un'aquila reale tracciava i suoi cerchi e, fieramente, esultò:
«La vita, è conquistare le altezze!».
Un salice flessuoso intervenne:
«La vita, è sapersi piegare, sotto le bufere!».
Cadde la notte , un gufo espresse il suo parere:
«La vita, è approfittare dell'occasione, mentre tutti gli altri dormono!».
Per un po', ci fu un grande silenzio Un giovane, che tornava a casa, a notte fonda, sbottò:
«La vita, è una continua ricerca della felicità, e una catena di delusioni!».
Finalmente, sorse una fiammeggiante aurora. Si dispiegò, in tutta la sua gloria, e disse:
«Come io, l'aurora, sono l'inizio, del giorno, che viene, così, la vita è l'inizio, dell'eternità!».
Dio ha mille anni, per fare un giorno; io ho solo un giorno, per fare qualcosa di eterno: oggi!”



 Qualunque ora lieta il dio ti abbia concesso, tu accettala con riconoscenza e non rinviare a domani le cose belle, di modo che dovunque tu sia di te si dica che sei vissuto bene.  

- Orazio -
(Epistole)


La sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. 

- Papa Francesco - 



La volontà di Dio è verità d’amore ..

...Alla fine la gloria di Dio, la sua signoria, la sua volontà è sempre più importante e più vera che il mio pensiero e la mia volontà. Ed è questo l’essenziale nella nostra preghiera e nella nostra vita: apprendere questo ordine giusto della realtà, accettarlo intimamente; confidare in Dio e credere che Egli sta facendo la cosa giusta; che la sua volontà è la verità e l’amore; che la mia vita diventa buona se imparo ad aderire a quest’ordine. Vita, morte e risurrezione di Gesù sono per noi la garanzia che possiamo veramente fidarci di Dio. È in questo modo che si realizza il suo Regno...

- Papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia del 05 Aprile 2009" 




Buona giornata a tutti. :-)


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martedì 9 maggio 2023

Diventare pane - Jean Vanier

 Alcuni non vedono quale nutrimento potrebbero dare; non si rendono conto che loro stessi possono diventare pane per gli altri.
Non credono che la loro parola, il loro sorriso, il loro essere, la loro preghiera possono nutrire gli altri e dare loro fiducia.
Gesù ci chiama a dare la nostra vita per quelli che amiamo. 
È mangiando il pane cambiato nel Suo Corpo che diventiamo pane per gli altri. Altri invece, scoprono che il loro nutrimento è dare a partire da un paniere vuoto!
È il miracolo della moltiplicazione dei pani. “Signore, fa che non cerchi tanto di essere consolato quanto di consolare.”
 Sono sempre stupito di scoprire che quando mi sento molto vuoto all'interno di me, sono capace di dare una parola nutriente, o che essendo angosciato posso trasmettere la pace.
Solo Dio può fare miracoli simili.

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pag. 220



A volte incontro persone aggressive nei confronti della loro comunità.
La biasimano per la sua mediocrità. «La comunità non è sufficientemente nutriente: non mi dà ciò di cui ho bisogno.»
Sono come bambini che biasimano i loro genitori per tutto. Mancano di maturità, di libertà interiore e soprattutto di fiducia in loro stessi, in Gesù e nei loro fratelli e sorelle.
Vorrebbero un banchetto con un menù preciso e rifiutano le briciole date ad ogni istante.
Il loro ideale, le loro idee riguardo al nutrimento spirituale di cui dicono di aver bisogno, impediscono loro di vedere e di mangiare il nutrimento che Dio dà loro attraverso il quotidiano.
Non riescono ad accettare il pane che il povero, il loro fratello o la loro sorella, offre loro, attraverso il suo sguardo, la sua amicizia, la sua parola.
All'inizio la «comunità» può essere una madre che nutre. Ma col tempo, ognuno deve scoprire il suo proprio nutrimento attraverso le mille attività della comunità.
Può essere una forza data da Dio, che viene in aiuto alla sua debolezza e alla sua insicurezza per aiutarlo ad accettare la ferita della sua solitudine, del suo grido di sconforto. 
La comunità non può mai colmare questo sconforto che è inerente alla condizione umana. Ma può aiutarci ad accettarlo, può ricordarci che Dio risponde al nostro grido e che non siamo soli.
“Il Verbo si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi» (Gv 1,4).
“Non temere, io sono con te» (Is 43,5).

Vivere in comunità è anche imparare a camminare da soli nel deserto, nella notte e nel pianto, mettendo la nostra fiducia in Dio nostro Padre.

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 220,221



Quando si è perduta la visione iniziale della comunità, quando ci si è allontanati dal punto di fedeltà, si può mangiare, mangiare cose spirituali, avere una spaventosa fame di spiritualità, senza essere nutriti.

Bisogna convertirsi, ridiventare come bambini, ritrovare la nostra chiamata iniziale e quella della comunità. Quando si comincia a dubitare di questa chiamata, questo dubbio si diffonde come un cancro capace di corrodere l'intero corpo. Occorre saper nutrire la nostra fiducia in questa chiamata. 

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 220,221



Buona giornata a tutti. :-)



martedì 11 gennaio 2022

Chiamati insieme così come siamo - Jean Vanier

Nelle comunità cristiane, Dio sembra compiacersi di chiamare insieme nella stessa comunità delle persone umanamente molto diverse, provenienti da culture, classi o paesi molto diversi. 
Le più belle comunità vengono giustamente da questa grande di­versità di persone e di temperamenti. 
Questo fatto obbliga ognuno a superare le sue simpatie e antipatie per amare l'altro con le sue diversità.
Queste persone non avrebbero mai scelto di vivere con le al­tre. Umanamente questa pare una sfida impossibile, ma è pro­prio perché è impossibile che abbiamo la certezza interiore che è Dio che le ha scelte per vivere in quella comunità. E allora l'impossibile diventa possibile. Esse non si appoggiano più sul­le loro proprie capacità umane o sulle loro simpatie, ma sul Pa­dre che le ha chiamate a vivere insieme. Egli darà loro a poco a poco quel cuore nuovo e quello spirito nuovo perché diventino tutte testimoni dell'amore. In effetti, più è umanamente impos­sibile, e più questo è un segno che il loro amore viene da Dio e che Gesù vive: "Tutti riconosceranno che siete miei discepoli dall'amore che avrete gli uni per gli altri" (Gv 13, 35).
Per vivere con lui, Gesù ha scelto, nella prima comunità degli apostoli, uomini profondamente diversi: Pietro, Matteo (il pub­blicano), Simone (lo zelota), Giuda... Non avrebbero mai cam­minato insieme se il Maestro non li avesse chiamati.
Non bisogna cercare la comunità ideale. 
Si tratta di amare quelli che Dio ci ha messo accanto oggi. Essi sono segno della presenza di Dio per noi. Avremmo forse voluto delle persone diverse, più allegre e più intelligenti. Ma sono loro che Dio ci ha dato, che ha scelto per noi. È con loro che dobbiamo creare l'unità e vivere l'alleanza.

- Jean Vanier - 
da: "La comunità luogo del perdono e della festa"


“Non di rado, nel mondo moderno, ci sentiamo perdenti. Ma l’avventura della speranza ci porta oltre. 
Un giorno ho trovato scritto su un calendario queste parole: «Il mondo è di chi lo ama e sa meglio dargliene la prova». 
Quanto sono vere queste parole! 
Nel cuore di ogni persona c’è un’infinita sete d’amore e noi, con quell’amore che Dio ha effuso nei nostri cuori, possiamo saziarla.”

+ card. François Xavier Nguyen van Thuân



"Come una sola sorgente può dare acqua a molti campi su una grande pianura, così la ricchezza di uno solo può salvare dalla miseria un gran numero di poveri, a meno che la parsimonia e l’avarizia di quest’uomo non faccia ostacolo, come un masso caduto nel ruscello ne cambia il corso. Non viviamo solo secondo la carne, viviamo secondo Dio."

- San Gregorio Nisseno -
 

"Carissimi, portate nel mondo digitale la testimonianza della vostra fede. Sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! 
A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito dell'evangelizzazione di questo continente digitale. sappiate farvi carico con entusiasmo dell'annuncio del Vangelo ai vostri coetanei" 

- papa Benedetto XVI -




Buona giornata a tutti. :-)

martedì 4 gennaio 2022

Siamo i soliti fessi - don Tonino Lasconi

Signore, noi siamo i "soliti fessi".
Quelli che "al dunque" non si tirano indietro.
Quelli che non sanno mai trovare la scusa per dire 
"Non sono potuto venire."

Quelli che dicono: 
"Ormai ci siamo impegnati, non possiamo tirarci indietro".

Quelli che si ritrovano "sempre gli stessi"
a lavorare, a sgobbare.

Quelli che devono inghiottire amari bocconi perché gli altri oltre a non lavorare ti prendono anche in giro.


Signore, è duro.
Siamo sempre in tanti ad avere idee,
a progettare, a programmare.
Ma poi, a lavorare, chi scappa di qua, chi fugge di là,
chi non può, chi non si ricorda...

E noi siamo i "soliti fessi".
Ci arrabbiamo, diciamo che questa è l'ultima volta;
che non ci cascheremo mai più...
Ma sappiamo che non è vero.

Perché non siamo soli. Ci sei Tu. 
Tu non hai mai tagliato la corda.
Aiutaci a stare in tua compagnia: 
anche Tu ci sei sempre!

(Don Tonino Lasconi)



Il bene che gli uomini possono fare da soli è ben poco in confronto a quello che possono fare uniti.

- Benjamin Franklin - 

"Lotta fra Carnevale e Quaresima" 
Pieter Bruegel il Vecchio (1525 - 1569)
Kunsthistorisches Museum, Vienna

Dobbiamo impegnarci in scelte di percorso, in tabelle di marcia: non possiamo parlare di pace indicando le tappe ultime e saltando le intermedie!
Se non siamo capaci di piccoli perdoni quotidiani fra individuo e individuo, tra familiari, tra comunità e comunità... è tutto inutile!
La pace non è soltanto un pio sospiro, un gemito favoloso, un pensiero romantico... è, soprattutto, prassi.

 - Don Tonino Bello - 



Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 29 dicembre 2021

La parrocchia alla luce della fede (seconda parte) - Card. Angelo Comastri

In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro no­me dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,10-12).

Pietro non ha altro da dire e non ha altro da annuncia­re: lo scopo della sua vita è annunciare Gesù. E questo è lo scopo della Chiesa e, di conseguenza, è lo scopo della parrocchia, che è la catholica Ecclesia presente in un de­terminato territorio.

La parrocchia deve recuperare la consapevolezza di questa identità e della conseguente sua missione: spesso - permettetemi di dirlo - manca chiarezza proprio a que­sto livello fondamentale e decisivo!

Oggi, è bene ricordarlo, la parrocchia, a motivo della maturazione della società civile, sta perdendo tanti ruoli di supplenza (sociali e culturali). Non piangiamo per que­sto, ma cogliamo l'occasione propizia per rimettere la fe­de al centro dell'identità e della missione della parrocchia.

Il cardinale Walter Kasper, quando era vescovo di Stoc­carda, scrisse: «Forse questo ci è successo negli anni del concilio e del dopo concilio: mentre discutevamo su mo­di nuovi e più efficaci di presentare la fede, mentre ci ar­rovellavamo per incarnarla al meglio nel mondo moder­no, è proprio quella fede stessa che perdevamo di vista. Forse, la fede ci abbandonava mentre costruivamo com­plesse e raffinate metodologie per ripresentarla, mentre ci dilaniavamo per darne una lettura conservatrice o pro­gressista. Oggi non è in questione solo il modo di tra­smettere la fede, ma la fede stessa. Non soltanto il "co­me" della mediazione, ma anche il "che cosa" e il "per­ché" della fede. Se non fossimo, spesso segretamente, in­sidiati dal dubbio, forse non ci preoccuperemmo tanto, co­sì come abbiamo fatto in questi anni, di come trasmette­re la fede».

È vero! Tutto questo è accaduto e può accadere anco­ra, esponendo la comunità cristiana al rischio di diventa­re sale insipido, che «a null'altro serve che a essere get­tato via e calpestato dagli uomini» (Mt 5,13). E dal sale insipido non può uscire il sapore di una vocazione!

Però - anche questo sia ben chiaro - quando la fede languisce, il problema non si risolve gettandosi in un frenetico attivismo, perché, in questo caso, ci appartie­ne il rimprovero che Gesù rivolge alla Chiesa di Sardi: «Conosco le tue opere: ti si crede vivo e invece sei mor­to» (Ap 3,1). La pochezza di fede si cura soltanto con più fede!

Don Divo Barsotti, uomo di limpida fede, alcuni anni fa provocatoriamente disse: «Oggi la cosa più urgente è rimettere Cristo al centro del cristianesimo». È una provocazione, ma c'è del vero: e vale in modo particolare per la parrocchia.
Continua don Divo Barsotti: «Cristo, spesso è margi­nale in tanto apostolato d'oggi; egli è diventato soltanto un pretesto per parlare d'altro e per condurre ad altri e per servire altri».

Costantemente allora dobbiamo chiederci: questo... e questo... e questo... serve a far crescere la fede della comunità cristiana? Me lo devo chiedere anche quan­do faccio la spesa, anche quando indosso un vestito, an­che quando compro la macchina, anche quando adopero un linguaggio, anche quando organizzo un viaggio!

E lo stesso discorso vale per tutta l'attività della par­rocchia.

Che cos'è la parrocchia senza la fede?

Significativa è la testimonianza di un agnostico pari­gino, direttore di un teatro, al quale venne domandato in pieno Sessantotto che cosa pensasse delle contestazioni che stavano affiorando anche nella Chiesa. Egli disse: «Se si tratta di un largo movimento che permette alla Chiesa di voler ritrovare la sua vera funzione, ossia che vuole ri­dare priorità alla gente che vede, ai mistici, la cosa mi sem­bra interessante e importante. Non è togliendo la veste ta­lare o sposandosi che si giungerà a risolvere i problemi della fede. Se si tratta di un salto in avanti, se il prete si libera dei suoi incarichi di patronato…..per dirsi: “Sono un uomo di  Dio e devo testimoniarlo", allora il fatto mi in­teressa. In altri termini, se si tratta di un'avventura misti­ca, trovo la cosa appassionante. Se si tratta di un'avven­tura sociale secondo il gusto del tempo, la cosa mi dà noia: trovo che si tratti di un regresso».

Oggi la gente può trovare tutto altrove: la fede in Ge­sù può trovarla soltanto da noi.
Ne siamo consapevoli?
E ne traiamo tutte le conseguenze?

(continua)

(Card. Angelo Comastri)
Fonte: “Donarsi è l’unico guadagno”Ed. San Paolo. Pagg.55,56,57,58




Una grande folla ha accolto il Cardinale Sua Eminenza Angelo Comastri - arcivescovo, arciprete della Basilica Papale di San Pietro al Vaticano, nonchè presidente della Fabbrica di San Pietro e Vicario Generale di Sua Santità Benedetto XVI per la Città del Vaticano – che il 7 luglio 2011 ha officiato la messa al Santuario di Santa Maria Goretti a Nettuno, in occasione del 109esimo anniversario della morte della santa. Una giornata di doppia festa visto che quest'anno ricorre il 100esimo anniversario della consacrazione del Santuario come Santuario di diritto pontificio.
Poi la santa messa  con tanti i riferimenti alle parole di Madre Teresa di Calcutta, fino a ripercorrere la vita di Marietta che in piena fanciullezza ha conosciuto Dio fino a sacrificarsi per lui. Una santa amata nel mondo. Dopo la santa messa i fedeli si sono spostati in cripta dove insieme al cardinale hanno recitato la preghiera in onore di Marietta. Emozionante il momento in cui Comastri si è inginocchiato di fronte alle spoglie di Marietta, baciando la teca dove è racchiuso il corpo della santa. Al suo fianco la foto tenerissima di Papa Giovanni Paolo II che proprio lì, nel 1979, adorava la santa.


Buona giornata a tutti :-)





martedì 28 dicembre 2021

La parrocchia alla luce della fede e A Gesù Crocifisso - + Cardinale Angelo Comastri

Che cos'è la parrocchia nella luce della fede? Ecco subito una bella definizione che viene dal cuore di don  Primo Mazzolari ed è stata ripresa dal Papa Giovanni Paolo II nella Christifideles laici : “La parrocchia è la Chiesa  che vive tra le case degli uomini: è la Chiesa che mette casa tra le case degli uomini” (n.26)

Bellissima e densa definizione. Ma… c'è cos'è la Chiesa? E’ il popolo che ha incontrato Gesù Cristo e, per questo motivo, è diventato popolo, cioè corpus Christi! E, incontrando Gesù Cristo, questo popolo scopre l'affascinante volto di Dio Amore, diventando così umanità nuova in mezzo al mondo invecchiato dal peccato. E, mentre vive questo stupendo mistero, il popolo credente sa che il più bello deve ancora venire: e allora aspetta il ritorno di Gesù, che porterà a compimento la salvezza con “i cieli nuovi e terra nuova” (2Pt 3,13)
Dentro questo popolo credente sbocciano e possono sbocciare le molteplici vocazioni ecclesiali: perché le vocazioni sono frutto della fede; e sono vere vocazioni soltanto se nascono dalla fede. Sottolineo: è il popolo credente che diventa fecondo di vocazioni, perché il popolo credente è un popolo che ascolta il Signore e pensa alla vita ascoltando il Signore.
 A questo punto una domanda decisiva e ineludibile.
Ecco la domanda:
"Siamo consapevoli chè la fede in Gesù che fa la parrocchia ed è la fede in Gesù lo scopo di tutta l'attività della parrocchia?"
Pertanto esiste una parrocchia nella misura in cui, in un determinato luogo, una comunità è presenza e visibilità dell'unico popolo credente in Gesù. Quando l'apostolo Pietro prese la parola il giorno di Pentecoste, disse senza mezze misure la fede della Chiesa: ”Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret … Voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. Ma Dio (= il Padre) lo ha risuscitato. Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso.(AT 2,22-24..36).
E, dopo la guarigione dello storpio davanti alla porta del tempio, Pietro ancora una volta dice la fede della Chiesa: ”La cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è
“ La pietra che, scartata dai costruttori,  è diventata testata d'angolo”
(Sal 118(117),22).
(continua..)
(Card. Angelo Comastri)

Fonte: “Donarsi è l’unico guadagno”Ed.San Paolo. Pagg.53,54,55                                                           



O Gesù, mi fermo pensoso
ai piedi della Croce:
anch'io l'ho costruita con i miei peccati!
La tua bontà, che non si difende
e si lascia crocifiggere, è un mistero
che mi supera e mi commuove profondamente.
Signore, tu sei venuto nel mondo per me,
per cercarmi, per portarmi
l'abbraccio del Padre.
Tu sei il Volto della bontà
e della misericordia:
per questo vuoi salvarmi!
Dentro di me ci sono le tenebre:
vieni con la tua limpida luce.
Dentro di me c'è tanto egoismo:
vieni con la tua sconfinata carità.
Dentro di me c'è rancore e malignità:
vieni con la tua mitezza e la tua umiltà.
Signore, il peccatore da salvare sono io:
il figlio prodigo che deve tornare, sono io!
Signore, concedimi il dono delle lacrime
per ritrovare la libertà e la vita,
la pace con Te e la gioia in Te.
Amen.


(+ Cardinale Angelo Comastri)
Vicario di Sua Santità per la Città del Vaticano




Beato Giovanni Paolo II, dalla finestra
del Cielo donaci la tua benedizione!
Benedici la Chiesa, che tu hai amato,
hai servito e hai guidato, spingendola
coraggiosamente sulle vie del mondo
per portare Gesù a tutti e tutti a Gesù.
Benedici i giovani, che sono stati la tua
Grande passione. Riportali a sognare,
riportali a guardare in alto per trovare
la luce, che illumina i sentieri della vita
di quaggiù.

Benedici le famiglie, benedici ogni
famiglia! Tu hai avvertito l'assalto
di Satana contro questa preziosa
e indispensabile scintilla di Cielo,
che Dio ha acceso sulla Terra.
Giovanni Paolo, con la tua preghiera proteggi
la famiglia!

Prega per il mondo intero, ancora
segnato da tensioni, da guerre
e da ingiustizie. Tu ha combattuto
la guerra invocando il dialogo
e seminando l'amore: prega per noi,
affinché siamo instancabili seminatori
di pace.

Beato Giovanni Paolo II dalla finestra
del Cielo fa' scendere su tutti noi
la benedizione di Dio.
Amen.

(+
Cardinale Angelo Comastri)

Preghiera composta dal cardinale Angelo Comastri,
Vicario Generale del Papa per la Città del Vaticano








Buona giornata a tutti :-)