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venerdì 14 agosto 2015

Vorrei morire al suo posto - San Massimiliano Maria Kolbe -

Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo.

"Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c'è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. 

Un uomo esce dalle fila - numero 16.670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli."
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico." 

Padre Massimiliano Kolbe - n° 16.670

Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.



un po di biografia: http://leggoerifletto.blogspot.it/2012/10/san-massimiliano-kolbe-biografia.html


"Mia amata Mamma, verso la fine del mese di maggio sono giunto con un convoglio ferroviario nel campo di Auschwitz. Da me va tutto bene. Amata Mamma, stai tranquilla per me e per la mia salute, perché il buon Dio c'è in ogni luogo e con grande amore pensa a tutti e a tutto."

Padre Kolbe in una lettera alla mamma



“Dalla Divina Maternità scaturiscono tutte le grazie concesse alla Santissima Vergine Maria, e la prima di tali grazie è l'Immacolata Concezione. 
Questo privilegio deve starle particolarmente a cuore, se a Lourdes Ella stessa volle chiamarsi: "Io sono l'Immacolata Concezione". 
Con questo nome, tanto gradito al cuore, desideriamo chiamarla anche noi.„

- Padre Massimiliano Kolbe -


Vergine tutta Santa

Vergine Immacolata, 
scelta tra tutte le donne 
per donare al mondo il Salvatore, 
serva fedele del mistero della Redenzione, 
fa’ che sappiamo rispondere alla chiamata di Gesù 
e seguirlo sul cammino della vita 
che conduce al Padre. 
Vergine tutta santa, strappaci dal peccato 
trasforma i nostri cuori. 
Regina degli apostoli, rendici apostoli! 
Fa’ che nelle tue sante mani 
noi possiamo divenire strumenti docili 
e attenti per la purificazione 
e santificazione del nostro mondo peccatore. 
Condividi con noi la preoccupazione 
che grava sul tuo cuore di Madre, 
e la tua viva speranza
che nessun uomo vada perduto. 
Possa, o Madre di Dio, 
tenerezza dello Spirito Santo, 
la creazione intera celebrare con te
la lode della misericordia e dell’amore infinito.

- San Massimiliano Kolbe - 



Buona giornata a tutti. :-)








martedì 24 marzo 2015

Mons Oscar Arnulfo Romero, vita e preghiere

Il 24 marzo 1980, mentre stava celebrando la messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, l’Arcivescovo di San Salvador Oscar Romero fu ucciso da un sicario, su mandato di Roberto D'Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore Arena (Alianza Republicana Nacionalista). 
Ancora una volta, nell'omelia, aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni. L'assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugulare mentre Romero elevava l'ostia nella consacrazione.
Oscar Arnulfo Romero nacque a Ciudad Barrios di El Salvador il 15 marzo 1917, da una famiglia modesta. Suo padre era telegrafista, sua madre una semplice donna del popolo. All’età di 12 anni venne avviato come apprendista presso un falegname. Ma nel 1930, a 13 anni, entrò nel seminario minore di San Miguel e poi, nel 1937, nel seminario maggiore di San José de la Montana a San Salvador, retto dai gesuiti. 

Sempre nel 1937, all’età di 20 anni, fece il suo ingresso all’Università Gregoriana di Roma dove si licenziò in teologia nel 1943. 
A Roma, in piena guerra mondiale, venne ordinato sacerdote un anno prima del conseguimento della licenza. 
Rientrato nella sua terra natale, si dedicò con passione all’attività pastorale come parroco. 
Divenne presto direttore della rivista ecclesiale “Chaparrastique” e, subito dopo, direttore del seminario interdiocesano di San Salvador. 
In seguito ebbe numerosi incarichi prestigiosi sino al 22 febbraio 1977, quando venne nominato vescovo dell’archidiocesi di San Salvador, proprio nel periodo in cui nel paese si scatenava la repressione sociale e politica. 
La nomina di Mons. Romero ad arcivescovo di San Salvador fu una gioia per il governo ed i gruppi di potere, che vedevano in questo religioso di 59 anni un possibile freno alle attività d’impegno con i più poveri che stava sviluppando l’arcidiocesi. Ma l’illusione durò poco. Un fatto successo poche settimane più tardi si rivelò decisivo nella scalata della violenza sofferta nel Salvador e chiarì la futura linea d’azione di Romero: il 12 marzo 1977 venne assassinato il padre gesuita Rutilio Grande, che collaborava alla creazione di gruppi contadini di auto-aiuto e buon amico di Mons. Romero. 
Il neo eletto arcivescovo insistette col presidente Molina perché investigasse le circostanze della morte e, di fronte alla passività del governo e al silenzio della stampa a causa della censura, minacciò persino la chiusura delle scuole e l’assenza della Chiesa Cattolica negli atti ufficiali. 
Passò poco tempo che le notizie della sua inaspettata attività in favore della giustizia sociale cominciarono a giungere lontano. 
La posizione di Oscar Romero iniziò ad essere riconosciuta e valorizzata a livello internazionale: il 14 febbraio 1978 fu nominato Doctor Honoris Causa dall’Università di Georgetown; nel 1979 fu candidato al premio Nobel per la pace e nel febbraio 1980 fu nominato Doctor Honoris Causa dall’Università di Lovagno, in Belgio. 
Nel corso di questo viaggio in Europa ebbe un incontro con papa  Giovanni Paolo II e gli comunicò le sue preoccupazioni di fronte alla terribile situazione che stava attraversando il suo paese. 
Nel 1980 il Salvador visse un periodo particolarmente violento. Si calcola che, tra gennaio e marzo di questo anno, furono assassinati più di 900 civili da parte delle forze di sicurezza, delle unità armate o da gruppi paramilitari sotto controllo militare. Tutti sapevano che il governo agiva in stretta relazione con il gruppo terrorista Orden e gli squadroni della morte. 
Appena rientrato dal suo viaggio in Europa l’arcivescovo Romero inviò una lettera al presidente degli Stati Uniti nella quale si opponeva agli aiuti che gli Stati Uniti stavano offrendo al governo salvadoregno, aiuti che fino a quel momento avevano favorito soltanto lo stato di repressione in cui viveva il popolo. 
La risposta del presidente statunitense, si tradusse in una petizione al Vaticano perché richiamasse all’ordine l’arcivescovo. Ciò nonostante, in altri paesi continuava il riconoscimento del lavoro di Mons. Romero: nello stesso periodo ricevette il premio della Pace dell’Azione Ecumenica Svedese. Alla fine di febbraio Mons. Romero venne a conoscenza delle minacce di morte contro la sua persona; ricevette anche un avviso del pericolo da parte del Nunzio Apostolico in Costa Rica Mons. Lajos Kada e agli inizi di marzo venne danneggiata una cabina di trasmissione della radio panamericana che trasmetteva le sue omelie domenicali. 
Nei giorni 22 e 23 marzo le religiose che gestivano l’ospedale della Divina Provvidenza, dove viveva l’arcivescovo, ricevettero chiamate telefoniche anonime che minacciavano il prelato di morte. 
Il 24 di marzo Oscar Arnulfo Romero venne assassinato da un tiratore scelto mentre celebrava la messa nella cappella di questo ospedale. 
La Chiesa anglicana, la Chiesa luterana e la Chiesa vetero-cattolica commemorano Mons. Oscar Romero come martire il giorno 24 marzo.
La Chiesa cattolica aprì nel 1997 la causa di beatificazione.  Il lungo oblio è stato interrotto da Papa Francesco che il  22 aprile 2013, “ha sbloccato la causa di beatificazione”.
Da morto Oscar Romero fa più rumore che da vivo. 

Per la sua gente e nel mondo, egli è martire, per aver voluto illuminare la politica e la vita sociale, dando un messaggio di speranza nella realizzazione di un mondo migliore. Non è morto invano. La sua voce è rimasta nel cuore del suo popolo, dove nessuno potrà mai spegnerla.





















"Sento che il popolo è il mio profeta"

- Mons. Oscar Romero - 



Uomini per il Regno di Dio

Fuori dalla chiesa ogni persona che lotta per la giustizia, ogni persona che cerca rivendicazioni giuste in un ambiente ingiusto, sta anche lavorando per il Regno di Dio e può darsi che non sia cristiana. 

La chiesa non esaurisce il Regno di Dio. 
Il Regno di Dio sta in maggior parte al di fuori delle frontiere della chiesa e pertanto la chiesa apprezza tutto ciò che in sintonia con la sua lotta per impiantare il Regno di Dio. 
Una chiesa che cerca solamente di conservarsi pura, incontaminata, non sarebbe una chiesa al servizio di Dio e degli uomini (3.12.78)

- Moms. Oscar Romero - 


Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare, ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che il mio sangue sia un seme di libertà e il segno che la speranza sarà presto realtà....
Se mi uccideranno risorgerò nel popolo salvadoregno.

- Mons. Oscar Romero -


In memoria del Vescovo Romero - Padre Davide Maria Turoldo

In nome di Dio vi prego, vi scongiuro,
vi ordino: non uccidete!
Soldati, gettate le armi...
Chi ti ricorda ancora,
fratello Romero?
Ucciso infinite volte
dal loro piombo e dal nostro silenzio.
Ucciso per tutti gli uccisi;
neppure uomo,
sacerdozio che tutte le vittime
riassumi e consacri.
Ucciso perché fatto popolo:
ucciso perché facevi
cascare le braccia
ai poveri armati,
più poveri degli stessi uccisi:
per questo ancora e sempre ucciso.
Romero, tu sarai sempre ucciso,
e mai ci sarà un Etiope
che supplichi qualcuno
ad avere pietà.
Non ci sarà un potente, mai,
che abbia pietà
di queste turbe, Signore?
nessuno che non venga ucciso?
Sarà sempre così, Signore?




Buona giornata a tutti :-)





martedì 10 giugno 2014

Sant'Alfonso de Liguori ai cardinali del Conclave 1775 -

Alla morte di Papa Clemente XIV, il cardinale Castelli chiese al vescovo sant'Alfonso de Liguori, suo amico, una lettera che aiutasse gli elettori del conclave del 1775. 
Leggete che meraviglia:

«Amico mio e Signore, circa il sentimento che si desidera da me intorno agli affari presenti della Chiesa e circa l’elezione del Papa che sentimento voglio dar io miserabile ignorante, e di tanto poco spirito qual sono?

Dico solo che vi bisognano orazioni e grandi orazioni, mentre, per sollevare la Chiesa dallo stato di rilassamento e confusione in cui si trovano universalmente tutti i ceti, non può darvi rimedio tutta la scienza e prudenza umana, ma vi bisogna il braccio onnipotente di Dio.


Tra’ vescovi, pochi sono quelli che hanno vero zelo delle anime. 
Le comunità religiose quasi tutte, e senza quasi, sono rilassate; poiché nelle religioni, nella presente confusione delle cose, l’osservanza è mancata e l’ubbidienza è perduta.

Nel clero secolare vi è di peggio: onde vi è necessità precisa di una riforma generale per tutti gli ecclesiastici, per indi dar riparo alla grande corruzione de’ costumi, che vi è ne’ secolari.


E perciò bisogna pregar Gesù Cristo che ci dia un Capo della Chiesa, il quale, più che di dottrina e di prudenza umana, sia dotato di spirito e di zelo per l’onore di Dio, e sia totalmente distaccato da ogni partito e rispetto umano; perché se mai, per nostra disgrazia, succede un Papa che non ha solamente la gloria di Dio avanti gli occhi, il Signore poco l’assisterà, e le cose, come stanno nelle presenti circostanze, andranno di male in peggio. Sicché le orazioni possono dar rimedio a tanto male, con ottenere da Dio che egli vi metta la sua mano e dia riparo…

Aggiungo: Amico, anch’io desidererei, come V. S. Ill.ma, vedere riformati tanti sconcerti presenti; e sappia che su questa materia mi girano mille pensieri nella mente, che bramerei di farli noti a tutti; ma rimirando poi la mia meschinità, non ho animo di farli comparire in pubblico, per non parere ch’io volessi riformare il mondo. Le partecipo non però con confidenza, per mio sfogo, i miei desideri.

Bramerei primieramente che il Papa venturo (giacché ora mancano molti Cardinali che si han da provvedere) scegliesse, fra quelli che gli verranno proposti, i più dotti e zelanti del bene della Chiesa, ed intimasse preventivamente a’ Principi, nella prima lettera in cui darà loro parte della sua esaltazione, che, quando gli domanderanno il Cardinalato per qualche loro favorito, non gli proponessero se non soggetti di provata pietà e dottrina; perché altrimenti non potrà ammetterli in buona coscienza.


Bramerei inoltre che usasse fortezza in negare più benefizi a coloro che stanno già provveduti de’ beni della Chiesa, per quanto basta al loro mantenimento secondo quel che conviene al loro stato. Ed in ciò si usasse tutta la fortezza avverso gl’impegni che s’affacciano.

Bramerei, di più, che s’impedisse il lusso nei prelati, e perciò si determinasse per tutti (altrimenti a niente si rimedierà) si determinasse, dico, il numero della gente di servizio, giusta ciò che compete a ciascun ceto de’ prelati: tanti camerieri e non più; tanti servitori e non più; tanti cavalli e non più; per non dare più a parlare agli eretici. Di più, che si usasse maggior diligenza nel conferire i benefizi solamente a coloro che han servito la Chiesa, non già alle persone particolari.

Di più, che si usasse tutta la diligenza nell’eleggere i vescovi (da’ quali principalmente dipende il culto divino e la salute dell’anime) con prendersi da più parti le informazioni della loro buona vita e dottrina necessaria a governare le diocesi; e che, anche per quelli che siedono nelle loro chiese, si esigesse da’ metropolitani e da altri, segretamente, la notizia di quei vescovi, che poco attendono al bene delle lor pecorelle.

Bramerei ancora che si facesse intendere da per tutto che i vescovi trascurati, e che difettano o nella residenza o nel lusso della gente che tengono al loro servizio, o nelle soverchie spese di arredi, conviti e simili, saranno puniti colla sospensione o con mandar vicari apostolici a riparare i loro difetti; con darne l’esempio da quando in quando, secondo bisogna.

Ogni esempio di questa sorta farebbe stare attenti a moderarsi tutti gli altri prelati trascurati. Bramerei ancora che il Papa futuro fosse molto riserbato nel concedere certe grazie che guastano la buona disciplina; come sarebbe il concedere alle monache l’uscir dalla clausura per mera curiosità di vedere le cose del secolo, il concedere facilmente a’ religiosi la licenza di secolarizzarsi, per mille inconvenienti che ne vengono.

Sovra tutto desidererei che il Papa riducesse universalmente tutti i religiosi all’osservanza del loro primo Istituto, almeno nelle cose più principali. 
Or via, non voglio più tediarla. Altro non possiamo fare che pregare il Signore, che ci dia un Pastore pieno del suo spirito, il quale sappia stabilir queste cose da me così accennate in breve, secondo meglio converrà alla gloria di Gesù Cristo».

                                                                        (Sant'Alfonso de Liguori)


Il tempo dopo la venuta di Gesù Cristo non è più tempo di timore, ma tempo d'amore, come predisse il profeta: Tempus tuum, tempus amantium (Ezech. XVI, 8), poiché si è veduto un Dio morire per noi: Christus dilexit nos, et tradidit semet ipsum pro nobis (Eph. V, 2). Nell'antica legge, prima che il Verbo s'incarnasse, potea l'uomo dubitare se Dio l'amasse con tenero amore, ma dopo averlo veduto morire dissanguato e vilipeso su d'un patibolo infame, non possiamo più dubitare ch'egli ci ami con tutta la tenerezza. 
E chi mai potrà arrivare a comprendere qual eccesso d'amore sia stato mai questo del Figlio di Dio, di voler egli pagar la pena de' peccati nostri? 
Eppure ciò è di fede: Vere languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit (Is. LIII, 4). Tutta è stata opera del grande amore che ci porta: Dilexit nos, et lavit nos in sanguine suo (Apoc. I, 5). 
Per lavarci dalle sozzure delle nostre colpe volle egli essere svenato, e col suo sangue farci un bagno di salute. Oh misericordia infinita! Oh bontà infinità! Oh amore infinito di Dio!
Ah mio Redentore, troppo mi avete obbligato ad amarvi: troppo vi sarei ingrato, se non vi amassi con tutto il cuore. Gesù mio, io vi ho disprezzato, perché son vivuto scordato del vostro amore: ma voi non vi siete scordato di me. Io vi ho voltato le spalle, e voi mi siete venuto appresso; io v'ho offeso e voi mi avete invitato al perdono e mi avete perdonato; io v'ho tornato ad offendervi, e voi siete tornato a perdonarmi. Deh Signore, per quell'affetto con cui mi amaste sulla croce, legatemi ora a voi colle catene del vostro santo amore: ma legatemi tanto ch'io non abbia più a vedermi separato da voi. V'amo, o sommo bene, e voglio sempre amarvi.
- Sant' Alfonso Maria de' Liguori - 


Io prego per voi:
pregate anche per me,
perché possiamo
in tutti i problemi della vita
sentire anche sempre
la bontà del Signore
e così andare andare
nei giorni difficili e nei giorni belli.
A voi tutti la mia preghiera
e la mia benedizione.
Il nome di Dio sia lodato.

Papa Benedetto  XVI - 03 agosto 2008 -
























"Sto cercando di impedire che qualcuno dica del Cristo quella sciocchezza che spesso si sente ripetere: "Sono pronto ad accettare Gesù come un grande maestro di morale, ma non accetto la sua pretesa di essere Dio".
Questa è proprio l'unica cosa che non dobbiamo dire. Un uomo che fosse soltanto uomo e dicesse il genere di cose che dette da Gesù non sarebbe un grande maestro di morale. 
Sarebbe stato un folle - come un uomo che affermasse di essere un uovo alla coque - o sarebbe il diavolo in persona. 
Dovete scegliere. 
O quest'uomo era, ed è, il Figlio di Dio, oppure è un pazzo o qualcosa di peggio.... ma non caviamocela con qualche condiscendente assurdità del tipo che era un grande maestro dell'umanità. Non ci ha lasciato questa alternativa, non intendeva farlo."

Clive Staples Lewis 
(scrittore e filologo britannico)


Accettazione del martirio

Signore, Dio onnipotente,
Padre del tuo Figliolo amato e benedetto, Gesù Cristo,
per il quale ti abbiamo conosciuto,
Dio degli angeli, delle potenze, di tutta la creazione
e della stirpe dei giusti che vivono alla tua presenza.
Ti benedico, perché mi hai giudicato degno di questo giorno e di quest’ora,
degno di entrare nel numero dei martiri, nel calice del tuo Cristo,
per risorgere alla vita eterna dell’anima e del corpo,
nell’incorruttibilità dello Spirito Santo.
Con loro possa io oggi essere ammesso alla tua presenza
in sacrificio prezioso e gradito:
tu mi hai preparato, tu me l’hai mostrato, tu l’hai compiuto,
Dio della fedeltà e della verità.
Per questa grazia e per tutte le altre ti lodo, ti benedico,
ti glorifico per mezzo del sacerdote eterno e celeste Gesù Cristo,
tuo Figlio diletto.
Per lui, a te, a lui stesso e allo Spirito Santo
sia gloria ora e nei secoli che verranno. Amen.


Policarpo di Smirne (II secolo)

Buona giornata a tutti :-)


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giovedì 10 maggio 2012

O Dio, dammi il coraggio di chiamarti Padre – San Massimiliano Kolbe -

O Dio, dammi il coraggio di chiamarti Padre.
Sai che non sempre riesco a pensarti con l'attenzione che meriti.
Tu non ti sei dimenticato di me, anche se io vivo spesso lontano dalla luce del tuo volto.
Fatti sentire vicino, nonostante tutto, nonostante il mio peccato grande o piccolo, segreto o pubblico che sia.
Avrei tante richieste da farti poiché, come sai, qui c'è bisogno di molte cose. Ma oggi non voglio fermarmi ad esse, poiché il mio cuore mi suggerisce altro.
Dammi la pace interiore, non quella a buon mercato che viene dal sentirsi giusti, ma quella che solo tu sai dare.
Dammi la forza di essere vero, sincero; strappa dal mio volto le maschere che oscurano la consapevolezza pura e semplice che io valgo qualcosa perché sono tuo figlio.
Toglimi i sensi di colpa, ma dammi insieme la possibilità di fare il bene.
Accorcia le mie notti insonni; spazza via le tante paure che mi vengono dietro come ombre; dammi la grazia delle conversione del cuore.
Fammi comprendere che si è persone anche quando ci si riconosce vulnerabili, e si ha la libertà di piangere sul male del mondo.
Ricordati, Padre, di coloro che sono fuori di qui e che provano ancora interesse per me, perché io mi ricordi, pensando a loro, che solo l'Amore crea, l'odio distrugge e il rancore trasforma in inferno le mie lunghe e interminabili giornate.
Ricordati di me, o Dio, poiché sono sempre tuo figlio e come tale desidero cominciare a vivere.

(San Massimiliano Kolbe)

  Zdunska-Wola, Polonia, 8 gennaio 1894 - Auschwitz, 14 agosto 1941
iazione, ilLa morte non si improvvisa, si merita con tutta la vita. (San Massimiliano Kolbe)
Massimiliano Maria Kolbe nasce nel 1894 a Zdunska-Wola, in Polonia. Entra nell'ordine dei francescani e, mentre l'Europa si avvia a un secondo conflitto mondiale, svolge un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Ammalato di tubercolosi, Kolbe dà vita al «Cavaliere dell'Immacolata», periodico che raggiunge in una decina d'anni una tiratura di milioni di copie. Nel 1941 è deportato ad Auschwitz. Qui è destinato ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Nel campo di sterminio Kolbe offre la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Muore pronunciando «Ave Maria». Sono le sue ultime parole, è il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha chiamato «patrono del nostro difficile secolo». La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte. (Avvenire). Fonte: http://www.santiebeati.it/dettaglio/34050

Buona giornata a tutti. :-)




martedì 1 novembre 2011

Amico dell’ultimo istante – Testamento spirituale del Priore Christian-Marie De Chergé -

“Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, mi piacerebbe che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a quel paese.  Che essi accettassero che il Padrone unico di ogni vita non può essere estraniato da questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come potrei essere trovato degno di questa offerta? Che sapessero associare questa morte a tante egualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.

La mia vita non ha prezzo più alto di un’altra. Non vale di meno né di più; in ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia.

Ho vissuto abbastanza per considerarmi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che mi può colpire alla cieca.

Mi piacerebbe, se venisse il momento, di avere quello sprazzo di lucidità che mi permetterebbe di sollecitare il perdono di Dio e quello di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse ferito.

Non posso auspicare una morte così. Mi sembra importante dichiararlo. Infatti non vedo come potrei rallegrarmi del fatto che un popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio.

Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che forse chiameranno “la grazia del martirio”, doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se questi dice di agire nella fedeltà a ciò che crede essere l’Islam. So bene il disprezzo del quale si è arrivati a bollare gli algerini globalmente presi.

Conosco bene anche le caricature dell’Islam che un certo islamismo incoraggia.  E’ troppo facile mettersi la coscienza in pace identificando questa religione con gli integralismi dei suoi estremisti.

L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un’anima.

Ho proclamato abbastanza, credo, davanti a tutti, quel che ne ho ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre (tutta la mia prima chiesa), proprio in Algeria e, già allora, con tutto il rispetto per i credenti musulmani.

Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno considerato con precipitazione un “naïf” o un idealista: “ci dica adesso quel che pensa!”.  Ma queste persone  devono sapere che la mia più lancinante curiosità verrà finalmente soddisfatta. Ecco che potrò, a Dio piacendo, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’Islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria del Cristo, frutti della sua passione, investiti dal dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre stabilire la comunione, ristabilire la rassomiglianza, giocando con le differenze.

Per questa vita perduta, totalmente mia, totalmente loro, rendo grazie a Dio che sembra averla voluta interamente per quella gioia, nonostante tutto e contro tutto.

In questo Grazie! In cui è detto tutto, ormai, della mia vita, comprendo certamente voi, amici di ieri e di oggi, amici di questa terra, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, centuplo accordato secondo la promessa!

E anche te, amico dell’ultimo istante, che non avrai saputo quel che facevi.  Sì, anche per te voglio dire questo grazie e questo ad-Dio da te deciso. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se lo vorrà Dio, nostro Padre comune. Amen! Inshallah!”

Diario, Algeri, 1° dicembre 1993  - Tibhirine, 1° gennaio 1994.


(Padre Christian-Marie De Chergé)

Nella notte fra il 26 e il 27 marzo del 1996 sette monaci trappisti del monastero di Notre-Dame de l’Atlas situato a Tibhirine, in Algeria, vennero sequestrati nel corso della sanguinosa guerra civile che fece decine di migliaia di morti nel paese nordafricano, per essere ritrovati uccisi il 21 maggio… Il Priore qualche tempo prima aveva scritto il testamento spirituale, sopra riportato, intuendo il precipitare degli eventi.
L’uccisione dei monaci fu  rivendicata dai fondamentalisti islamici del Gia (Gruppo islamico armato)  che annunciarono: "Ai monaci abbiamo tagliato la gola". Alla fine del mese di maggio  ne furono ritrovati parzialmente i resti mortali.
Non si saprà forse mai se coloro che hanno assassinato i sette monaci fossero davvero militanti islamisti  o provocatori del regime, ma la loro morte - come la loro vita – è stata vissuta da loro stessi e percepita nel mondo come un martirio.
 
(dal Diario di Christian-Marie De Chergé, 28.12.1994)
 "Un martire cristiano non è qualcosa di accidentale. Ancor meno il martirio del cristiano può essere il risultato della volontà dell'uomo di diventare un martire, a forza di volontà e di sforzi, così come un uomo, a forza di volontà e di sforzi, può diventare un capo. Un martire, un santo è sempre tale per volontà di Dio, per il suo amore verso gli uomini, che li avverte e li guida e li riconduce sui suoi sentieri.
Un martire non è mai frutto del progetto di un uomo, perché vero martire è colui che si fa strumento di Dio, che ha annullato la propria volontà nella volontà di Dio e, così facendo, non l'ha perduta ma ritrovata, poiché ha trovato la libertà nella sottomissione a Dio.

  Il martire non desidera nulla per se stesso, nemmeno la gloria di subire il martirio
(San Thomas Becket, arcivescovo inglese, martire, 1118-1170)

domenica 12 dicembre 2010

Venga il tuo regno su tutta la terra - Charles De Foucauld -

Venga il tuo Regno
su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti
al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta
in ogni anima;
che tu solo agisca
in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che
per mezzo di te
e per te, perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini
che sia così:
è ciò che c'è di più desìderabile per il
prossimo e per me!
Amen.

(Padre Charles de Foucauld)
Basilica di Santa Sofia - Istanbul
La Vergine in mezzo all'Imperatore Costantino (alla sua destra) che presenta la nuova città  e alla sinistra l'Imperatore d'oriente San Giustiniano che presenta il modello nella nuova Basilica.