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giovedì 30 aprile 2015

Quando sono diventata la mamma e la mamma è diventata la figlia? - Bombeck Erma

Una volta un fisico nucleare ha calcolato che le donne che hanno un bambino a vent'anni, hanno venti volte l'età del loro bambino.
Quando il bambino ha vent'anni e la madre quaranta, questa ha solo il doppio dell'età del bambino. 
Quando il bambino ha sessant'anni e la madre ottanta, la madre è solo di uno e un terzo più vecchia del bambino. 
Quando il bambino ha ottant'anni e la madre cento, la madre è solo di uno e un quarto più vecchia del bambino. 
Quando riuscirà il bambino a raggiungere la madre? 
Quando, davvero.
Comincia una notte mentre si dorme. La mamma non riesce a riposare, e vai nella sua stanza a rimboccarle le coperte sulle braccia nude?
Oppure un pomeriggio in cui, in preda all'irritazione, si esclama: «Come faccio a farti la permanente se non stai ferma? Se non ti importa di avere un aspetto decente, bene, a me importa, invece!» (Dio mio, è l'eco di una frase sentita mille volte! ) 
Oppure è cominciato in quel pomeriggio di pioggia in cui, tornando dal supermercato, hai pigiato di colpo sul freno, hai buttato istintivamente le braccia tra lei e il parabrezza per proteggerla e hai incontrato i suoi occhi, tristi, consapevoli? 
La transizione avviene lentamente, come tra lei e sua madre. 
Passaggio di poteri. 
Trasferimento di responsabilità. 
Passaggio di doveri. 
All'improvviso si cominciano a sputare tutte quelle frasi imparate sulle ginocchia della mamma. «Certo che stai male. Credi che non mi accorga che stai male? Passo a prenderti verso le undici per andare dal dottore. E fatti trovare pronta!»
«Allora, dov'è il golf? Sai che freddo fa nei negozi con l'aria condizionata! E l'ultima cosa di cui hai bisogno è un raffreddore.»
«Stai benissimo oggi. Non te l'avevo forse detto che quel vestito ti sarebbe piaciuto? Quell'altro ti faceva sembrare vecchia. Non c'è ragione di sembrar vecchia prima del necessario.»
«Devi far pipì prima di uscire? Sai com'è dal dottore. Bisogna farsi dare la chiave e far tutti quei chilometri di corridoio. Perché non cerchi di farla lo stesso... così non ci pensiamo più.»
«Se non sei troppo stanca andiamo a fare qualche compera. Hai fatto il riposino stamattina? Quando ti senti stanca, dimmelo che ti porto a casa. Lo sai che non riesco a far compere con te che te ne stai lì impaziente saltando da un piede all'altro.» (Buon Dio, l'hai veramente presa sottobraccio e l'hai quasi sollevata di peso?)
Ribellione? «Ti sarei grata, signorina, se lasciassi che sia io a prendere le mie decisioni. Lo so io quando sono stanca, e quando sono stanca ho il buon senso di andarmene a letto. Smettila di trattarmi come una bambina!» Non è ancora pronta per il passaggio alla vecchiaia.
Ma gli anni passano, lenti, insidiosi, e non c'è nessuno a cui chiedere aiuto. «Dove sono i miei occhiali? Non riesco mai a trovarli. Mi sono addormentata di nuovo al cinema? Com'è andata a finire? Si sono sposati?» «Fai tu il numero. Sai che sbaglio sempre.»
«Quest'anno niente albero di Natale. Non c'è nessuno per cui farlo e poi ci vogliono otto mesi per pulire il tappeto.»
«Dov'è il numero del volo e l'orario di partenza del mio aereo? Me li batti sempre a macchina e li metti insieme al biglietto. Ma io non riesco a leggerli, questi numeri così piccoli.»
Ribellione: «Dai, mamma, non sei poi così vecchia. Riesci a fare un sacco di cose da sola, perfino a infilare l'ago».
«E tu non sei certo troppo stanca per telefonare a Olivia e farle un salutino. Ti ha chiamato almeno quindici volte e tu hai fatto finta di niente. Perché non fate colazione insieme, qualche volta? Ti farebbe bene uscire un po'.»
«Come, sei in rosso? Non puoi tenere il conto degli assegni che firmi?»
La figlia non è ancora pronta a prendere su di sé il peso della madre. Ma le cose stanno filando in quella direzione.
Il primo anno che celebri il giorno di Natale a casa tua, fai tu il tacchino arrosto e tua madre prepara la tavola.
La prima volta che al cinema ti giri inconsciamente verso di lei e le fai «Shhhh!»
La prima volta che la prendi per un braccio camminando su un tratto ghiacciato.
Mentre i tuoi figli diventano forti e indipendenti, tua madre ritorna bambina.
«Mamma, non sono stata io a prendere la guida dei programmi TV.»
«Sì che sei stata tu.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Ieri sera ho visto tuo padre. Ha detto che sarebbe tornato tardi.»
«Non è possibile. È morto, mamma.»
«Perché dici una cosa simile? Sei una bambina cattiva.»
«Ho visto il signor Evans, mi ha spinto sull'altalena per ore e ore.»
«Non c'è nessun signor Evans. Te lo sei inventato, non esiste.»
«Non è vero. Perché dici una cosa simile? Solo perché tu non lo vedi non vuol mica dire che non esiste.»
«Non vieni mai a trovarmi. Stai sempre dietro a quei bambini. Non hanno nemmeno bisogno di te.»
(«Vai ancora a giocare a bridge? Vai sempre fuori e poi non hai tempo di leggermi le storie!»)
«Per amor di Dio, mamma, lascia perdere il parrucchino di Fred. Lo sappiamo tutti che lo porta, e parlarne in continuazione non fa che peggiorare le cose.» («Attenta a come parli, bambina, e aspetta che gli altri ti rivolgano la parola.») 
La figlia medita: «Non dovrebbe essere così. Tutti quegli anni passati a lavarmi, vestirmi, darmi da mangiare, correggermi, darmi ordini, coccolarmi e soddisfare i miei desideri... volevo che venisse il mio turno... volevo esser io a comandare. E adesso che il momento è arrivato, perché sono così triste?»
Lavi e asciughi il corpo che un giorno ti ha ospitato. 
Imbocchi le labbra che hanno baciato lividi e ferite per lenire il dolore. 
Pettini i capelli che ti si rovesciavano addosso per farti ridere. 
Sistemi la coperta sulle gambe che ti portavano a passeggio. 
Fa tanti riposini quanti ne facevi tu. 
La accompagni in bagno e l'aspetti per rimetterla a letto. 
C'è una donna che verrà a tenerle compagnia la sera di Capodanno. Non credevi che sarebbe stato così.
Un giorno sei in macchina con tua figlia, lei frena bruscamente, e istintivamente le sue braccia si alzano tra te e il parabrezza, allo scopo di proteggerti. Dio mio! Così presto.

- Bombeck Erma - 




Hanno oggettivamente dichiarato guerra alla ragionevolezza della famiglia.
Trovano intollerabile che un maschio e una femmina si uniscano stabilmente e mettano al mondo dei figli alla vecchia maniera, facendo l’amore, e che di quei figli si occupino con continuità, facendo uno il padre l’altra la madre, potendo raccontare loro anche, che so, del nonno nato in un’isola e della zia che amava i cappelli e le cartoline, perché quei figli sapranno da dove viene il loro seme, e non avranno mai l’angoscia di essere privi di una storia (o meglio, di averla ma di non poterla conoscere), senza radici, senza padri a cui ribellarsi, né avranno mai il senso di colpa di sapere che una povera indiana è stata sfruttata per pochi soldi mescolando con loro sangue e cellule e respiro e tutto il mischiabile, e poi sarà stata esclusa dalla loro vita quando ancora il cordone che li ha uniti starà pulsando sangue. 

- Costanza Miriano - 



Non importa quanta dignità tu pensi di avere: 
se un bambino ti passa una tazza vuota, tu devi bere. 





Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 19 gennaio 2015

Attenzione: la famiglia può danneggiare gravemente la vostra salute - Erma Bombeck -

Ci sono parecchie teorie sul perché la famiglia stia perdendo terreno come istituzione. Alcuni sostengono che il problema è economico. . altri ecologico... altri ancora danno la colpa alla mancanza di gratificazioni... alcuni pensano che tutta la questione vada inserita in un sistema di priorità....
A me personalmente, la famiglia americana piace. 
Ha un sacco di potenziale. E poi, il mondo non è fatto per le coppie senza figli. I servizi da tavola sono per sei o per dodici, le sedie della cucina per quattro, le gomme da masticare cinque per pacchetto. 
Secondo il mio punto di vista, la famiglia ha cominciato a degenerare nel momento in cui i genitori si sono messi in mente di comunicare con i figli. Quando abbiamo cominciato a «mettere le carte in tavola», a «scambiarci i punti di vista», a «vuotare il sacco». Tutte cose alle quali le madri non erano abituate e che avrebbero preferito lasciar perdere.
La principale responsabile della decadenza della famiglia è stata l'istruzione. Ha dato il via a uno scontro di titani......
L'abisso aperto tra genitori e figli dai nuovi metodi di insegnamento della matematica, per esempio, non ha nemmeno cominciato a colmarsi. 
Prima di allora, conservavo ancora un misterioso potere. Non dicevo mai niente, ma i miei figli erano convinti che avessi scoperto il fuoco.
Quando cominciammo lo scambio di idee e nozioni, mia figlia un giorno mi chiese:
«Mamma, che cos'è un esponente?»
«È un tipo strano che gira intorno ai cortili delle scuole. Ma dove l'hai trovata questa parola? Sulla parete dei gabinetti pubblici?»
«È nel mio nuovo libro di matematica», disse lei. «Speravo che potessi aiutarmi. Vogliono che trovi la mantissa sulla tavola, determini Pantilogaritmo e scriva la caratteristica come esponente di base dieci.»
Ci pensai su un minuto buono. «Da quanto tempo manca, questa mantissa?»
Mia figlia andò in camera sua, chiuse la porta a chiave e non la vidi più fino a quando prese il diploma.
Le cose non andavano meglio con il sistema metrico. Una volta che un bambino sa che un millimetro quadrato equivale a 0,00155 pollici quadrati, come potrà nutrire ancora un minimo di rispetto per una madre che una volta prese le misure del pavimento del bagno per metterci la moquette e finì col comprarne abbastanza da rivestire l'intero territorio del New Jersey?
E quale madre moderna non si è sentita una nullità tutte le volte che ha dovuto comunicare con l'insegnante dei suoi figli?
Non credo ci sia cosa che temo di più al mondo di un bambino che alza la testa dai fiocchi d'avena e dice senza parere: «Ho bisogno della giustificazione altrimenti la maestra non mi riammette in classe». «Suppongo di doverla scrivere su un pezzo di carta», chiedo.
«Quella che hai scritto sulla carta oleata era illeggibile. Ma se non hai un pezzo di carta posso sempre restare a casa un altro giorno», disse lui.
Strappai via un pezzetto di carta da parati e dissi: «Dammi una matita».
Gli ci volle un po'. Alla fine, dopo un quarto d'ora di ricerche, trovammo un
mozzicone nella lavatrice.
«Mi sembra che esageri, con questa giustificazione», gli dissi sospirando.
«Non capisci», disse lui. «Senza giustificazione non è proprio possibile tornare a scuola.»
Cominciai a scrivere. «La tua maestra è una signora, una signorina o una femminista?»
«Non so», disse lui pensieroso. «Ha una macchina tutta sua e si porta i libri da sé.» «Cara Weems», cominciai.
«D'altra parte è stata alzata fino a tardi per vedere chi vinceva il concorso di Miss America.»
«Cara signorina Weems», ricominciai.
«Non importa», disse lui scrollando le spalle. «Quando avrà il bambino, verrà un'altra maestra.»
«Cara signora Weems», scrissi alla fine. «La prego di voler giustificare Brucie per l'assenza di ieri. Si è svegliato la mattina lamentando crampi allo stomaco e...» «Cancella i crampi allo stomaco», ordinò lui, «raccontale che stavo troppo male perfino per guardare la TV.»
«Cara signora Weems, Brucie ha avuto una disfunzione intestinale e...» «Che cos'è una disfunzione intestinale?» «Crampi alla pancia.»
«No! L'ultima volta che hai scritto crampi sulla giustificazione quella mi ha messo vicino alla porta e non mi ha tolto gli occhi di dosso per tutta la mattina.» «Te lo sei immaginato», dissi io. «La vuoi o no la giustificazione?» «Te l'ho detto che non posso tornare a scuola senza.» «OK, prendi il dizionario e guarda alla C.»
Guardò il dizionario sopra la mia spalla. «Che cosa significa C-O-L-I-C-A?» «Significa che ti metterà di nuovo vicino alla porta», dissi io, leccando la busta. 
Per scrivere la giustificazione mi ci vollero venticinque minuti, vale a dire otto di più di quelli che sono stati necessari per firmare la Dichiarazione di Indipendenza. Non ne avrei parlato affatto, ma proprio ieri, mentre ripulivo un giubbotto, ho trovato la giustificazione in una tasca: mai letta, inutile.
Secondo me i moderni sistemi educativi sono una contraddizione. È come dare un calcolatore a un bambino di tre anni: riuscirà a trovare subito il 10,6 per cento di 11,653 dollari, ma non saprà se è più grossa una moneta da dieci cent o una da cinque.
È come vostra figlia che parte per l'università portandosi dietro tutta la vostra roba, biancheria, lenzuola, mobili, valigie, televisore e automobile, e poi dice: «Devo prendere le distanze dal vostro stupido atteggiamento consumistico». I miei figli fanno un gran parlare di ecologia. Eppure si portano in giro la causa numero uno dell'inquinamento di questo paese: la roba da ginnastica. Mercoledì scorso un paio di calzoncini, una camicia e un paio di scarpe da ginnastica sono entrati da soli in guardaroba e si sono appoggiati stancamente alla parete. Sono rimasta lì a guardare un vaso di edera appassire e morire davanti ai miei occhi. Ricacciando indietro le lacrime, ho urlato a mio figlio: «Da quanto tempo non lavi questi vestiti?»
«Dall'inizio dell'anno scolastico», mi ha urlato di rimando.
«Quale anno scolastico?»
«1972-73.»
«Lo sapevo. Sai, non capisco come faccia il tuo insegnante di educazione fisica a sopportare una cosa del genere.»
«Ha detto che eravamo sopportabili fino a ieri.»
«E cos'è successo ieri?»
«Pioveva e siamo dovuti rientrare in palestra.»
«Non c'è un regolamento sui vestiti... quando bisogna lavarli e roba del genere?» «Sì. Dobbiamo lavarli ogni quattro mesi, che ce ne sia bisogno o meno.» Spiegai attentamente i calzoncini sporchi di fango, la maglietta che scricchiolava e i calzini all'ultimo stadio del rigor mortis.
Mentre cercavo di districare una patata fritta rimasta impigliata in una stringa delle scarpe, non potei fare a meno di pensare che quello era un bambino allevato in un mondo completamente asettico. Quand'era piccolo, gli facevo bollire i giocattoli e sterilizzavo le bende per l'ombelico. Mettevo una mascherina al cane tutte le volte che entrava nella sua stanza. Mi lavavo le mani PRIMA di cambiargli i pannolini. Dove avevo sbagliato?
Sotto il suo letto c'erano mucchi di vestiti sporchi brulicanti di fauna assortita. Nei suoi cassetti c'erano capi di biancheria sporca internamente rifoderati in plastica: da quanto tempo pensate che fossero là dentro? Nel suo armadio c'erano tute e jeans che non avevano bisogno di attaccapanni per star su.
Aprii lo sportello della lavatrice e tastai alla ricerca della roba da ginnastica appena lavata. Trovai solo una stringa, due etichette e una patata fritta immacolata.
«Che cos'è successo alla mia roba da ginnastica?» chiese mio figlio.
«Questo è tutto quello che ne è rimasto, una volta eliminati la sporcizia e il sudore.»

(continua...)

- Erma Bombeck -




Figuriamoci se non sappiamo che la famiglia è anche il luogo della nostra miseria, della fatica, delle nevrosi a volte, del sudore delle lacrime. Dello scontro, delle litigate furibonde in alcune, oppure del grigiore. Sappiamo che la famiglia non è mai perfetta, a volte è proprio un disastro, altre volte invece funziona, ma sempre a prezzo di fatica e impegno. Soprattutto di una decisione di fondo. Noi che andiamo in giro a difendere la famiglia non abbiamo nessuna intenzione di farne un quadretto a tinte pastello. Noi sappiamo che un padre e una madre sono una condizione necessaria ma non sufficiente alla crescita serena dei figli. Ci sono pessimi padri e pessime madri. Però che la condizione è necessaria dobbiamo dirlo, e se questa è percepita come omofobia, non so che farci. Se le lettere in cui dico alle mie amiche che vale la pena sposarsi sono oscurantiste, non so che farci. Se i capitoli in cui scrivo che maschi e femmine sono diversi e parlano due lingue sono considerati stereotipi da bigotta, non so che farci.

(Costanza Miriano)




Questo è il matrimonio!
Partire e camminare insieme, mano nella mano, affidandosi alla grande mano del Signore. Mano nella mano sempre, per tutta la vita, senza fare caso a questa cultura del provvisorio che fa la vita a pezzi...
. Coloro che si sposano pregano insieme e con la comunità. Perché?
Solo perché si usa fare così? No!
Lo fanno perché ne hanno bisogno, per il lungo viaggio che devono fare insieme, un lungo viaggio che non è a pezzi dura tutta la vita, hanno bisogno dell’aiuto di Gesù, per camminare insieme con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno!
Bisogna avere il coraggio di chiedere scusa quando in famiglia sbagliamo.
Per portare avanti una famiglia è necessario usare tre parole: permesso, grazie e scusa.
Chiediamo permesso, per non essere invadenti. Diamo grazie per l'amore: quante volte al giorno dici grazie a tua moglie o a tuo marito? E per ultima scusa: tante volte sbagliamo... alcune volte dico che volano i piatti, si dicono parole forti! Ma sentite questo consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace e ricominciare di nuovo. 

- Papa Francesco -



C'è chi dice che tra noi ci sono Angeli che si presentano come persone normali. Le mamme sono senza dubbio tra queste persone speciali. Sanno meravigliarci ogni giorno per le infinite energie che esprimono nelle cose ordinarie ed ancor più nei momenti difficili. Ai loro figli fanno i regali più preziosi: il primo è la vita, poi il loro tempo, le loro energie ed il loro amore. Abbiamo mille ragioni per ringraziarle ogni giorno. Ma le mamme vogliono da noi un solo grande regalo. Vederci sereni ed essere ricambiate nell'amore incondizionato che ci donano ogni giorno.


- Agostino Degas - 





Buona giornata a tutti. :-)