Quando nacque il mio Dolore lo nutrii con amore e lo curai teneramente. Come tutte le creature viventi esso crebbe, forte, bello e traboccante di mirabili delizie. Ci amavamo reciprocamente e amavamo il mondo che ci circondava; poiché il Dolore aveva il cuore tenero, e il mio dal Dolore veniva conquistato. Quando il mio Dolore ed io discorrevamo insieme, i giorni erano alati e le notti ornate di sogni; poiché il linguaggio del Dolore era eloquente, e il mio con lui lo diventava. Quando camminavamo insieme, la gente ci rivolgeva sguardi delicati e sussurrava parole di dolcezza estrema. Ma c’era anche chi osservava invidioso, perché il Dolore è nobile ed io ne ero orgoglioso. Ma come tutte le creature viventi il mio Dolore morì ed io sono rimasto solo a pensare ed a soppesare. Ora, quando parlo, le mie parole ricadono con un suono grave. Quando canto i miei amici non vengono più ad ascoltare. Quando cammino per la strada nessuno più mi degna di uno sguardo. Solo nei miei sogni sento una voce misericordiosa che dice: “Guarda, lì riposa l’uomo il cui Dolore è morto”. - Khalil Gibran - sull'opera di Schin Loong "Verso la fine della vita avviene come verso la fine di un ballo mascherato, quando tutti si tolgono la maschera. Allora si vede chi erano veramente coloro coi quali si è venuti in contatto durante la vita." - Arthur Schopenhauer - Niente mi manca in questa solitudine; sulla finestra splende la luna, attorno, i fiori. Ryokan, monaco dello Zen - La vita felice 1994 - Buona giornata a tutti e tutte. :-) |
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sabato 24 agosto 2024
Il dolore – Khalil Gibran
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martedì 14 settembre 2021
Al Crocicchio del Villaggio - don Bruno Ferrero
Tanto tempo fa, c'era un uomo che da anni cercava il segreto della vita.
Un giorno, un saggio eremita gli indicò un pozzo che possedeva la risposta che l'uomo così ardentemente cercava.
L'uomo corse al pozzo e pose la domanda: "C'è un segreto della vita?".
Dalla profondità del pozzo echeggiò la risposta: "Vai al crocicchio del villaggio: là troverai ciò che cerchi".
Pieno di speranza, l'uomo obbedì, ma al luogo indicato trovò soltanto tre botteghe: una bottega vendeva fili metallici, un'altra legno e la terza pezzi di metallo. Nulla e nessuno in quei paraggi sembrava avere a che fare con la rivelazione del segreto della vita.
Deluso, l'uomo ritornò al pozzo a chiedere una spiegazione. Ma il pozzo gli rispose: "Capirai in futuro". L'uomo protestò, ma l'eco delle sue proteste fu l'unica risposta che ottenne.
Credendo di essere stato raggirato, l'uomo riprese le sue peregrinazioni.
Col passare del tempo, il ricordo di questa esperienza svanì, finché una notte, mentre stava camminando alla luce della luna, il suono di un sitar (lo strumento musicale dell'oriente) attrasse la sua attenzione.
Era una musica meravigliosa, suonata con grande maestria e ispirazione.Affascinato, l'uomo si diresse verso il suonatore; vide le sue mani che suonavano abilmente; vide il sitar; e gridò di gioia, perché aveva capito.
Il sitar era composto di fili metallici, di pezzi di metallo e di legno come quelli che aveva visto nelle tre botteghe al crocicchio del villaggio e che aveva giudicato senza particolare significato.
La vita è un viaggio. Si arriva passo dopo passo.
E se ogni passo è meraviglioso, se ogni passo è magico, lo sarà anche la vita.
E non sarete mai di quelli che arrivano in punto di morte senza aver vissuto. Non lasciatevi sfuggire nulla. Non guardate al di sopra delle spalle degli altri. Guardateli negli occhi. Non parlate "ai" vostri figli. Prendete i loro visi tra le mani e parlate "con" loro. Non abbracciate un corpo, abbracciate una persona. E fatelo ora. Sensazioni, impulsi, desideri, emozioni, idee, incontri, non buttate via niente. Un giorno scoprirete quanto erano grandi e insostituibili.
Ogni giorno imparate qualcosa di nuovo su voi stessi e sugli altri.
Ogni giorno cercate di essere consapevoli delle cose bellissime che ci sono nel nostro mondo. E non lasciate che vi convincano del contrario.
Guardate i fiori. Guardate gli uccellini. Sentite la brezza. Mangiate bene e apprezzatelo. E condividete tutto con gli altri.
Uno dei complimenti più grandi è dire a qualcuno: "Guarda quel tramonto".
- Bruno Ferrero -
da: “C'è Qualcuno Lassù” , Casa Editrice: ElleDiCi
- Gustavo Zagrebelsky -
- Erich Fromm –
- Neale Donald Walsch -
da: “C'è Qualcuno Lassù” , Casa Editrice: ElleDiCi
Immagine Мужчина и женщ
“L’alternativa è chiara. Si può preferire il gregge, cioè il conformismo, la moda, l’indolenza del pensiero. Ma, se si vuole vivere in libertà, non si deve avere paura delle idee.
Osa pensarle! Non dire mai: non sono capace d’idee! Tutti ne sono capaci.
Se dici così, è perché ti accontenti d’essere conformista. E, non solo osa pensarle, ma osa dirle! Le idee racchiuse in se stesse s’inaridiscono e si spengono.
Solo se circolano e si mescolano, vivono, fanno vivere, si alimentano le une con le altre e contribuiscono alla vita comune, cioè alla cultura.
Perfino l’eremita, se vuol vivere, deve intessere dialoghi d’idee, con se stesso e col suo dio.”
- Gustavo Zagrebelsky -
da: "Fondata sulla cultura"
Quanto maggiore è l'integrazione della personalità dell'individuo, e quanto maggiore è quindi la limpidezza verso se stesso, tanto più grande è la sua forza. Il "conosci te stesso" resta uno dei comandamenti fondamentali, che mirano a creare la base della forza e della felicità dell'uomo.
- Erich Fromm –
"Un vero Maestro non è quello con il maggior numero di allievi, ma quello che crea il maggior numero di maestri. Il vero capo non è quello con il maggior numero di seguaci ma quello che crea il maggior numero di capi. Il vero re non è quello che ha il più gran numero di sudditi, ma quello che guida il maggior numero di persone verso la regalità. Il vero insegnante non è quello che possiede il più vasto sapere, ma quello che riesce a portare il maggior numero di allievi alla conoscenza."
- Neale Donald Walsch -
Buona giornata a tutti. :-)
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sabato 31 ottobre 2015
All'Autunno - John Keats -
Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d'uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno mai
Perché l'estate ha colmato le loro celle viscose:
Chi non ti ha mai vista, immersa nella tua ricchezza?
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
Seduta senza pensieri sull'aia
Coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l'hai -
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
- John Keats -
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d'uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno mai
Perché l'estate ha colmato le loro celle viscose:
Chi non ti ha mai vista, immersa nella tua ricchezza?
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
Seduta senza pensieri sull'aia
Coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l'hai -
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
- John Keats -
Eppure non è il
declino ciò che Keats coglie dell'autunno.
Nel settembre
1819, John Keats scrisse l'Ode all'Autunno; il giovane poeta (aveva 24 anni)
sapeva che la vita poteva giungere al termine in breve tempo perché la sua
salute era minata dalla tubercolosi. Di fatto, sarebbe morto pochi mesi dopo,
nel febbraio 1820 a Roma. L'autunno, quindi, non era solo la stagione che
osservava intorno a sé quel settembre, era anche la stagione interiore che
stava attraversando.
Un sentiero
alberato in autunno
Hans Andersen
Brendekilde (1857-1942)
In autunno tutto ci ricorda il crepuscolo,
– e tuttavia, mi sembra la stagione più bella: volesse il cielo allora, quando
io vivrò il mio crepuscolo, che ci debba essere qualcuno che allora mi ami come
io ho amato l'autunno.
- Søren Kierkegaard -
Notte e giorno desidero che venga la morte a liberarmi
da questi dolori, ma poi no, perché la morte distruggerebbe quei dolori che
sono pur sempre meglio di niente.
La terra, il mare, la debolezza e la malattia
possono certo dividere, ma mai come la morte, che è per sempre.
Il prendere
coscienza di tanto strazio è in pratica come provare in anticipo l'amarezza
della morte.
- John Keats -
(da Lettera a Charles Brown, 28 settembre 1820)
È sorprendente, ma l'idea di lasciare questo mondo
rende ancora più profondo in noi il senso delle sue bellezze naturali. Come il
povero Falstaff, anche se non balbetto come lui, penso ai prati verdi.
Medito
con il più grande affetto su ogni fiore che conosco dall'infanzia.
Le loro
forme e i loro colori mi sembrano così nuovi, quasi li avessi appena creati io
con fantasia sovrumana.
Probabilmente è perché sono legati ai momenti più
felici e ingenui della nostra vita.
Ho visto fiori di paesi stranieri delle
specie più meravigliose nelle serre, eppure non me ne importa un fico secco.
Gli unici fiori che voglio vedere sono i semplici fiori della nostra primavera.
- John Keats -
(da Lettera a James Rice, 14-16 febbraio 1820)
Buona giornata a tutti. :-)
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giovedì 5 marzo 2015
Al Crocicchio del Villaggio - don Bruno Ferrero -
Tanto tempo fa, c'era un uomo che da anni cercava il
segreto della vita.
Un giorno, un saggio eremita gli indicò un pozzo che possedeva la risposta che l'uomo così ardentemente cercava.
L'uomo corse al pozzo e pose la domanda: "C'è un segreto della vita?".
Dalla profondità del pozzo echeggiò la risposta: "Vai al crocicchio del villaggio: là troverai ciò che cerchi".
Pieno di speranza, l'uomo obbedì, ma al luogo indicato trovò soltanto tre botteghe: una bottega vendeva fili metallici, un'altra legno e la terza pezzi di metallo. Nulla e nessuno in quei paraggi sembrava avere a che fare con la rivelazione del segreto della vita.
Deluso, l'uomo ritornò al pozzo a chiedere una spiegazione. Ma il pozzo gli rispose: "Capirai in futuro". L'uomo protestò, ma l'eco delle sue proteste fu l'unica risposta che ottenne.
Credendo di essere stato raggirato, l'uomo riprese le sue peregrinazioni.
Col passare del tempo, il ricordo di questa esperienza svanì, finché una notte, mentre stava camminando alla luce della luna, il suono di un sitar (lo strumento musicale dell'oriente) attrasse la sua attenzione.
Era una musica meravigliosa, suonata con grande maestria e ispirazione.
Affascinato, l'uomo si diresse verso il suonatore; vide le sue mani che suonavano abilmente; vide il sitar; e gridò di gioia, perché aveva capito.
Il sitar era composto di fili metallici, di pezzi di metallo e di legno come quelli che aveva visto nelle tre botteghe al crocicchio del villaggio e che aveva giudicato senza particolare significato.
La vita è un viaggio. Si arriva passo dopo passo.
E se ogni passo è meraviglioso, se ogni passo è magico, lo sarà anche la vita.
E non sarete mai di quelli che arrivano in punto di morte senza aver vissuto. Non lasciatevi sfuggire nulla. Non guardate al di sopra delle spalle degli altri. Guardateli negli occhi. Non parlate "ai" vostri figli. Prendete i loro visi tra le mani e parlate "con" loro. Non abbracciate un corpo, abbracciate una persona. E fatelo ora. Sensazioni, impulsi, desideri, emozioni, idee, incontri, non buttate via niente. Un giorno scoprirete quanto erano grandi e insostituibili.
Ogni giorno imparate qualcosa di nuovo su voi stessi e sugli altri.
Ogni giorno cercate di essere consapevoli delle cose bellissime che ci sono nel nostro mondo. E non lasciate che vi convincano del contrario.
Guardate i fiori. Guardate gli uccellini. Sentite la brezza. Mangiate bene e apprezzatelo. E condividete tutto con gli altri.
Uno dei complimenti più grandi è dire a qualcuno: "Guarda quel tramonto".
Un giorno, un saggio eremita gli indicò un pozzo che possedeva la risposta che l'uomo così ardentemente cercava.
L'uomo corse al pozzo e pose la domanda: "C'è un segreto della vita?".
Dalla profondità del pozzo echeggiò la risposta: "Vai al crocicchio del villaggio: là troverai ciò che cerchi".
Pieno di speranza, l'uomo obbedì, ma al luogo indicato trovò soltanto tre botteghe: una bottega vendeva fili metallici, un'altra legno e la terza pezzi di metallo. Nulla e nessuno in quei paraggi sembrava avere a che fare con la rivelazione del segreto della vita.
Deluso, l'uomo ritornò al pozzo a chiedere una spiegazione. Ma il pozzo gli rispose: "Capirai in futuro". L'uomo protestò, ma l'eco delle sue proteste fu l'unica risposta che ottenne.
Credendo di essere stato raggirato, l'uomo riprese le sue peregrinazioni.
Col passare del tempo, il ricordo di questa esperienza svanì, finché una notte, mentre stava camminando alla luce della luna, il suono di un sitar (lo strumento musicale dell'oriente) attrasse la sua attenzione.
Era una musica meravigliosa, suonata con grande maestria e ispirazione.
Affascinato, l'uomo si diresse verso il suonatore; vide le sue mani che suonavano abilmente; vide il sitar; e gridò di gioia, perché aveva capito.
Il sitar era composto di fili metallici, di pezzi di metallo e di legno come quelli che aveva visto nelle tre botteghe al crocicchio del villaggio e che aveva giudicato senza particolare significato.
La vita è un viaggio. Si arriva passo dopo passo.
E se ogni passo è meraviglioso, se ogni passo è magico, lo sarà anche la vita.
E non sarete mai di quelli che arrivano in punto di morte senza aver vissuto. Non lasciatevi sfuggire nulla. Non guardate al di sopra delle spalle degli altri. Guardateli negli occhi. Non parlate "ai" vostri figli. Prendete i loro visi tra le mani e parlate "con" loro. Non abbracciate un corpo, abbracciate una persona. E fatelo ora. Sensazioni, impulsi, desideri, emozioni, idee, incontri, non buttate via niente. Un giorno scoprirete quanto erano grandi e insostituibili.
Ogni giorno imparate qualcosa di nuovo su voi stessi e sugli altri.
Ogni giorno cercate di essere consapevoli delle cose bellissime che ci sono nel nostro mondo. E non lasciate che vi convincano del contrario.
Guardate i fiori. Guardate gli uccellini. Sentite la brezza. Mangiate bene e apprezzatelo. E condividete tutto con gli altri.
Uno dei complimenti più grandi è dire a qualcuno: "Guarda quel tramonto".
- Bruno Ferrero -
da: “C'è Qualcuno Lassù” , Casa Editrice: ElleDiCi
- Gustavo Zagrebelsky -
- Erich Fromm –
da: “C'è Qualcuno Lassù” , Casa Editrice: ElleDiCi
Immagine Мужчина и женщ
“L’alternativa è chiara. Si può preferire il gregge,
cioè il conformismo, la moda, l’indolenza del pensiero. Ma, se si vuole vivere
in libertà, non si deve avere paura delle idee. Osa pensarle! Non dire mai: non
sono capace d’idee! Tutti ne sono capaci. Se dici così, è perché ti accontenti
d’essere conformista. E, non solo osa pensarle, ma osa dirle! Le idee racchiuse
in se stesse s’inaridiscono e si spengono.
Solo se circolano e si mescolano,
vivono, fanno vivere, si alimentano le une con le altre e contribuiscono alla
vita comune, cioè alla cultura.
Perfino l’eremita, se vuol vivere, deve
intessere dialoghi d’idee, con se stesso e col suo dio.”
- Gustavo Zagrebelsky -
da: "Fondata sulla cultura"
Quanto maggiore è l'integrazione della personalità dell'individuo, e
quanto maggiore è quindi la limpidezza verso se stesso, tanto più grande è la
sua forza. Il "conosci te stesso" resta uno dei comandamenti
fondamentali, che mirano a creare la base della forza e della felicità
dell'uomo.
- Erich Fromm –
"Un vero Maestro non è quello con il maggior
numero di allievi, ma quello che crea il maggior numero di maestri. Il vero
capo non è quello con il maggior numero di seguaci ma quello che crea il
maggior numero di capi. Il vero re non è quello che ha il più gran numero di
sudditi, ma quello che guida il maggior numero di persone verso la regalità. Il
vero insegnante non è quello che possiede il più vasto sapere, ma quello che
riesce a portare il maggior numero di allievi alla conoscenza."
- Neale Donald Walsch -
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domenica 4 gennaio 2015
Il dolore – Khalil Gibran -
Quando nacque il mio Dolore lo nutrii con amore e lo
curai teneramente. Come tutte le creature viventi esso crebbe, forte, bello e traboccante di mirabili delizie.
Ci amavamo reciprocamente e amavamo il mondo che ci circondava;
poiché il Dolore aveva il cuore tenero, e il mio dal Dolore veniva conquistato.
Quando il mio Dolore ed io discorrevamo insieme, i giorni erano
alati e le notti ornate di sogni; poiché il linguaggio del Dolore era eloquente, e il mio con lui lo diventava.
Quando camminavamo insieme, la gente ci rivolgeva sguardi
delicati e sussurrava parole di dolcezza estrema. Ma c’era anche chi osservava invidioso, perché il Dolore è nobile ed io ne ero orgoglioso. Ma come tutte le creature viventi il mio Dolore morì ed io sono rimasto solo a pensare ed a soppesare.
Ora, quando parlo, le mie parole ricadono con un suono grave.
Quando canto i miei amici non vengono più ad ascoltare.
Quando cammino per la strada nessuno più mi degna di uno sguardo.
Solo nei miei sogni sento una voce misericordiosa che dice:
“Guarda, lì riposa l’uomo il cui Dolore è morto”.
- Khalil Gibran -
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di Schin Loong
"Verso la fine della vita avviene come verso la
fine di un ballo
mascherato, quando tutti si tolgono la maschera.
Allora si vede chi erano veramente coloro coi quali si
è venuti
in contatto durante la vita."
- Arthur Schopenhauer -
Niente mi manca
in questa solitudine; sulla finestra splende la luna, attorno, i fiori. Ryokan, monaco dello Zen
- La vita felice 1994 -
Il
rimpianto è il prezzo che si paga per aver vissuto
momenti indimenticabili.
Buona giornata a tutti e tutte. :-)
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