Dio non è un «problema». Noi che viviamo la
vita contemplativa abbiamo appreso per esperienza che finché si cerca di
risolvere il «problema di Dio» non si può conoscere Dio.
Cercare di risolvere il problema di Dio è
cercare di vedere i propri occhi.
Non possiamo vedere i nostri occhi perché è
proprio con essi che vediamo.
Dio è la luce attraverso la quale vediamo, per
mezzo della quale vediamo; non un oggetto ben definito chiamato Dio, ma tutto è
in lui, l’Invisibile.
Dio è allora colui che guarda, lo sguardo, e
colui che vediamo.
Dio cerca se stesso in noi e l’aridità e la
tristezza del nostro cuore sono la tristezza di Dio che resta sconosciuto e che
non riesce ancora a ritrovarsi in noi, perché noi non osiamo credere e affidarci
all’incredibile verità: la sua vita in noi.
Esistiamo solo per questo: essere il luogo
della sua presenza, della sua manifestazione nel mondo, della sua epifania. Ma
rendiamo tutto ciò oscuro e senza gloria perché non crediamo, rifiutiamo di
credere.
Non che noi odiamo Dio, no, odiamo piuttosto
noi stessi e dunque disperiamo. Se cominciassimo un giorno a riconoscere,
umilmente ma veramente, il nostro reale valore, vedremmo che questo valore è il
segno di Dio marcato in noi, il suo contrassegno su di noi.
Fortunatamente l’amore dei nostri simili ci è
dato come mezzo per renderci conto di questo valore: l’amore di nostro
fratello, di nostra sorella, del nostro amico, di nostra moglie, del nostro
bambino ci fanno infatti vedere con la trasparenza di Dio stesso che siamo
creature buone.
L’amore del mio amico, della mia amica, di
mio fratello e del mio bambino che vedono Dio in me mi fa credere in questo Dio
che abita in me. E l’amore per il mio amico o per la mia amica, per il mio
bambino mi rende capace di mostrare loro Dio che in essi abita.
L’amore è l’epifania di Dio nella nostra
povertà.
La vita contemplativa è la ricerca della
pace, non nell’astratta esclusione di ogni realtà esteriore, né in una
negazione del mondo sterile e ripiegata su se stessa, ma nell’apertura
dell’amore.
Tutto questo comincia con l’accettazione di
se stessi, poveri e vicini alla disperazione, per imparare che lì dove c’è Dio,
non può esserci la disperazione e che Dio c’è, anche se non ho speranza. Nulla
può cambiare l’amore di Dio per me, poiché la mia esistenza è il segno che Dio
mi ama, il suo amore mi crea e mi mantiene nell’esistenza.
Non è necessario comprendere come ciò sia
possibile, né spiegarlo, né risolvere i problemi che questo sembra sollevare.
Nel nostro cuore e nella profondità del nostro essere c’è una certezza naturale
che è un tutt’uno con la nostra esistenza, una certezza che ci dice che finché
esistiamo siamo penetrati da parte a parte dal significato e dalla realtà di
Dio, anche se ci sentiamo totalmente incapaci di credere a lui o solo di
concepirlo in termini filosofici o religiosi.
- padre Thomas Merton -
Prendi finalmente la mia vita nelle Tue mani,
e fa di me tutto ciò che Vuoi.
Mi dono al Tuo amore, e intendo perseverare
in questa offerta, senza respingere né le cose dure né quelle piacevoli che Tu
hai preparato per me.
A me basta che Tu sia glorificato.
Tutto ciò che hai disposto è bene. Tutto è
amore.
– Thomas Merton -
Buona giornata a tutti. :)