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martedì 20 ottobre 2015

da: "Filosofia campestre nel Mondo Piccolo" . Giovannino Guareschi

"Non ti crucciare, don Camillo" sussurrò il Cristo.
"Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio è per te peccato mortale perché sai che sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. 
Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio.
Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. 
E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terrestre che essi tentano invano di trasformare in Paradiso.
Così è la troppa cultura che porta all'ignoranza, perché se la cultura non è sorretta dalla fede ad un certo punto l'uomo vede soltanto la matematica delle cose e l'armonia di questa matematica diventa il suo dio, dimenticando che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia. Ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo paradiso volano gli angeli del bene. 
Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico, e allora l'uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull'infinito e nell'infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. e odierà le macchine che hanno ridotto il mondo ad una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani. Ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo."
Il Cristo sorrise e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo! »

- Giovannino Guareschi -
da: "Filosofia campestre nel Mondo Piccolo", 1980, ed. Rizzoli


Parole che ogni sacerdote dovrebbe pronunciare: "Ho pregato bene, stamane, per la mia parrocchia, la mia povera parrocchia la mia prima ed ultima parrocchia, forse; poiché m'augurerei di morirvi. 
- La mia parrocchia! Una frase, questa, che non si può pronunciare senza emozione - che dico! - senza uno slancio d'amore. 
E, tuttavia, questa frase richiama in me solo una confusa idea. So che la mia parrocchia esiste realmente, che siamo l'un dell'altra per l'eternità, che è una cellula vivente della Chiesa imperitura e non una finzione amministrativa" 

- Georges Bernanos -
da: Diario di un curato di campagna



- Gesù: Toh, guarda chi si rivede: Don Camillo! Be', hai perso la favella? 
- Don Camillo: Signore, quante volte vi ho chiamato in questi tre anni e mai mi avete risposto, mentre ora, ecco di nuovo la vostra voce. Dio è più vicino qui che a Roma.
- Gesù: Don Camillo, Dio è sempre alla stessa quota, qui ti pare più vicino perché qui sei più vicino a te stesso.

- Giovanni Guareschi -




"Siamo d'accordo, figliolo - disse con dolcezza don Camillo - Il guaio è che l'amnistia per le coscienze non l'hanno fatta. 
Quindi qui si continua ancora col sistema di prima, e per essere assolti occorre pentirsi e poi dimostrare di essere pentiti e poi fare in modo di meritare di essere perdonati. Roba lunga."


Buona giornata a tutti. :-)

giovedì 17 settembre 2015

Don Camillo, chi insegna il nuoto ai pesciolini? - Giovannino Guareschi

"Don Camillo, chi insegna il nuoto ai pesciolini?"
"Gesù - esclamò don Camillo rivolto al Cristo dell'altar maggiore  - come può essere accaduto quello che è accaduto? Come può quel bambino aver agito così, con la tremenda educazione che ha ricevuto? Chi può avergli insegnato la differenza che esiste tra il bene e il male, se egli ha vissuto sempre nel male? "
Il Cristo sorrise.
"Don Camillo, chi insegna il nuoto ai pesciolini? E' istinto. La coscienza non si insegna, la coscienza è istinto, don Camillo; la coscienza non è qualcosa che si dà a chi non la possiede. Tu non porti dall'esterno una lampada accesa in una stanza buia. Ma la lampada ardeva già nella stanza e la stanza era buia perchè la lampada era coperta da uno spesso velo e quando tu togli il velo la stanza si illumina. "
Don Camillo allargò le braccia. 
"Gesù, ma chi ha tolto il velo di sopra la lampada che ardeva nell'animo di quel fanciullo? "
Don Camillo, quando sopravviene il buio della morte, ognuno cerca istintivamente in sè un po' di luce. Non investigare sul come, ma appagati del quanto. Ringrazia Dio che quel fanciullino abbia trovato la luce che ardeva sotto il velo."

Da: " Don Camillo della Bassa" di  Giovanni Guareschi



"La mia strada io non l'ho persa! La mia strada è questa! Adesso il camion si è fermato ma, un giorno, si rimetterà in moto! Io resto qui, sul mio camion."
Il Crik tirò dentro definitivamente la testa e chiuse il finestrino. Allora don Camillo cavò di sotto il tabarro una sporta piena di roba da mangiare, la mise sul cofano del Leopardo e si allontanò. 
- Gesù- disse al Cristo don Camillo quando fu di ritorno - il Crik è pazzo.
- Non è mai pazzo chi ha fede nella Divina Provvidenza - rispose il Cristo. 
- Il Crik è un disgraziato che non crede nè in Dio nè nella Divina Provvidenza - obiettò don Camillo - Egli crede soltanto nel suo camion. 
Il Cristo sorrise. 
- E' già qualcosa don Camillo. Perchè quel camion è la sua vita, ed avendo fede in esso, il Crik ha fede nella vita e in Dio."

Da: " Don Camillo della Bassa" di  Giovanni Guareschi




«Come tutte le mattine andò a misurare la famosa crepa della torre e cinque minuti prima che cominciasse la messa si sentì sul sagrato risuonare il passo cadenzato di una formazione in marcia. 
Inquadrati perfettamente tutti i “rossi” non solo del paese ma delle frazioni vicine, tutti, persino Bilò il calzolaio che aveva una gamba di legno e Roldo dei Prati che aveva un febbre da cavallo, marciavano fieramente verso la chiesa con Peppone in testa che dava l’«un-due». 
Compostamente presero posto in chiesa, tutti in blocco granitico e tutti con una faccia feroce da «corazzata Potëmkin». 
Don Camillo, arrivato al discorsetto, illustrò con bel garbo la parabola del buon samaritano e terminò rivolgendo un breve fervorino ai fedeli: «Come sanno tutti, meno coloro che dovrebbero saperlo, un’incrinatura pericolosa sta minando la saldezza della torre. Mi rivolgo quindi a voi, miei cari fedeli, perché veniate in aiuto alla Casa di Dio. 
Dicendo “fedeli” io intendo rivolgermi agli onesti i quali vengono qui per appressarsi a Dio, non certo ai faziosi che vengono qui per far sfoggio della loro preparazione militare. 
A costoro ben poco può importare se la torre crolla». 
Finita la messa, don Camillo si insediò a un tavolino presso la porta della canonica e la gente sfilò davanti a lui, ma nessuno andò via e tutti, fatta l’offerta, ristettero sulla piazzetta per vedere come andava a finire. 
E andò a finire che arrivò Peppone seguito dal battaglione perfettamente inquadrato che fece un formidabile alt davanti al tavolino. Peppone si avanzò fiero. «Da questa torre, queste campane hanno salutato ieri l’alba della Liberazione e da questa torre queste stesse campane dovranno salutare domani l’alba radiosa della rivoluzione proletaria!» disse Peppone a don Camillo. 
E gli mise davanti tre grandi fazzoletti rossi pieni di soldi. 
Poi se ne andò a testa alta seguito dalla banda. E Roldo dei Prati crepava per la febbre e faceva fatica a rimanere in piedi ma anche lui aveva la testa alta e Bilò lo zoppo quando passo davanti al tavolino di don Camillo marciò fiero il passo con la zampa di legno. 
Quando don Camillo portò a far vedere al Cristo la cesta piena di soldi e disse che ce n’era d’avanzo per accomodare la torre, il Cristo sorrise sbalordito. «Avevi ragione tu, don Camillo».
«Si capisce» rispose don Camillo. «Perché voi conoscete l’umanità, ma io conosco gli italiani». 

- Giovannino Guareschi - 





«Don Camillo guardò in su verso il Cristo dell' altar maggiore e disse: “Gesù, al mondo ci sono troppe cose che non funzionano”.
“Non mi pare”, rispose il Cristo. “Al mondo ci sono soltanto gli uomini che non funzionano»

- Giovanni Guareschi - 






Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 6 marzo 2015

da "Don Camillo" di Giovannino Guareschi

Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifisso]: 
“Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Al­lora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”.
“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. 
Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pu­dore, speranza. E fede. 
Cose senza le quali non si può vivere. 
Questa è l’autodistruzione di cui par­lavo. 
L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. 
L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. 
Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. 
Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”.
Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. 
Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. 
Bisogna salvare il seme: la fede. 
Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla in­tatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. 
Ogni giorno di più uomi­ni di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. 
Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura”.



Tratto da Giovannino Guareschi, "Don Camillo e don Chichì", in Tutto Don Camillo. Mondo piccolo, II, BUR, Milano, 2008, pp. 3114-3115



«…“O Signore, com’è pesante a portarsi questa croce!”
“Lo dici a Me che l’ho portata lungo un cammino più ostico?”
“Signore, siete Voi, è la vostra voce. Siete Voi che mi parlate!”
“Non ho mai smesso di parlarti, ma tu non mi sentivi perché avevi le orecchie chiuse dall’orgoglio e dalla violenza.”
“Grazie, Signore. Io ora odo la Vostra voce e tutto è più bello quassù!”.»

da "Il ritorno di don Camillo"

Giovannino Guareschi



"E' la paura" rispose il Cristo. "Essi hanno paura di te."
"Di me ?"
"Di te, don Camillo. E ti odiano. Vivevano caldi e tranquilli dentro il bozzolo della loro viltà. Sapevano la verità, ma nessuno poteva obbligarli a sapere, perchè nessuno aveva detto pubblicamente questa verità. Tu hai agito e parlato in modo tale che essi ora debbono saperla la verità. E perciò ti odiano e hanno paura di te. Tu vedi i fratelli che quali pecore, obbediscono agli ordini del tiranno e gridi:
Svegliatevi dal vostro letargo, guardate le genti libere; confrontate la vostra vita con quella delle genti libere !
Ed essi non ti saranno riconoscenti, ma ti odieranno e, se potranno, ti uccideranno, perchè tu li costringi ad accorgersi di quello che essi già sapevano ma, per amore del quieto vivere, fingevano di non sapere. 
Essi hanno occhi ma non vogliono vedere. Essi hanno orecchie ma non vogliono sentire. Sono vili ma non vogliono che nessuno dica loro che sono vili. Tu hai reso pubblica una ingiustizia e hai messo la gente in questo grave dilemma: se taci tu accetti il soppruso, se non l'accetti devi parlare. 
Era tanto più comodo poterlo ignorare il sopruso. Ti stupisce tutto questo ?"

da: "Don Camillo"

Giovanni Guareschi



Buona giornata a tutti :-)

domenica 1 febbraio 2015

Le parole - Eugénio de Andrade -

Sono come un cristallo,
le parole.
Alcune, un pugnale,
un incendio.
Altre,
rugiada appena.
Segrete vengono, piene di memoria.
Insicure navigano:
barche o baci,
agitano le acque.
Abbandonate, innocenti,
leggere.
Tessute sono di luce
e sono la notte.
E persino pallide
ricordano ancora verdi paradisi.
Chi le ascolta? Chi
le raccoglie, così,
crudeli, disfatte,
nei loro gusci puri?


- Eugénio de Andrade -


A volte penso che l'amore eterno sia il Babbo natale degli adulti... 
sappiamo tutti che non esiste ma nessuno vuole sentirselo dire... 

- Alessandro Cattelan - 






È impossibile alla parola umana ridire cose che il cuore può appena intuire. 

(Santa Teresa di Lisieux)




"Le parole volano, non si volatilizzano"

"Le parole nascono ma non muoiono. Non muore niente, a questo mondo. 
Le parole nascono e poi, essendo più leggere dell'aria, salgono in su e arrivano fino al punto in cui il cielo finisce e comincia l'eternità. E lì ristanno.
Come se si liberassero in una stanza cento palloncini: arrivati al soffitto si fermerebbero. Così le parole nel cielo.
Lassù ci sono tutte le parole del mondo: dal grido minaccioso di Caino, all'ultimo discorso di Farinacci, alla cantilena dello straccivendolo, al canto dell'innamorato. Verba volant. Le parole volano, non si volatilizzano."

- Giovannino Guareschi - 
Lager di Beniaminowo, 1944





Buona giornata a tutti :-)






sabato 3 maggio 2014

Vento di pazzia - Giovanni Guareschi

Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifisso]: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Al­lora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”.
“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pu­dore, speranza. E fede. 

Cose senza le quali non si può vivere. 
Questa è l’autodistruzione di cui par­lavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. 
L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. 
Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. 
Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”.
Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. 

Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. 
Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla in­tatta. 
Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomi­ni di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri.
Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura”.

(Giovannino Guareschi)
Don Camillo e don Chichì



"Siamo d'accordo, figliolo - disse con dolcezza don Camillo - Il guaio è che l'amnistia per le coscienze non l'hanno fatta. Quindi qui si continua ancora col sistema di prima, e per essere assolti occorre pentirsi e poi dimostrare di essere pentiti e poi fare in modo di meritare di essere perdonati. Roba lunga."



"...E si daranno da fare per organizzare le stesse stupidaggini dei lontani antenati. 
Perchè gli uomini sono delle disgraziate creature condannate al progresso, il quale progresso porta irrimediabilmente a sostituire il vecchio Padreterno con le nuovissime formule chimiche. 
E così, alla fine, il vecchio Padreterno si secca, sposta di un decimo di millimetro l'ultima falange del mignolo della mano sinistra e tutto il mondo va all'aria."

(Giovannino Guareschi)




Buona giornata a tutti.:-)





sabato 12 aprile 2014

don Camillo e la pioggia - Guareschi Giovannino -

«Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo «È sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in moto tale che a un bel momento deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?»
«È gente che avrebbe bisogno di una lezione» disse don Camillo. «Mandategli un ciclone che butti all'aria ogni cosa. È diventato un mondo maledetto pieno di odio, di ignoranza e di cattiveria. 

Un diluvio universale ci vuole. Creperemo tutti, e così si farà il conto finale e ognuno si presenterà davanti al tribunale divino e riceverà il castigo o il premio che merita!»
Il Cristo sorrise.
«Don Camillo, per arrivare a questo non occorre un diluvio universale. Ognuno è destinato a morire quando è il suo turno e a presentarsi davanti al tribunale divino per avere il premio o la punizione. Non è la stessa cosa anche senza cataclismi?»
«Anche questo è vero» riconobbe don Camillo tornato calmo.
Poi, siccome, in fondo, gli dispiaceva un po' di rinunciare in pieno all'idea del diluvio, cercò di salvare il salvabile.
«Se almeno poteste far piovere un po'. La campagna è secca, i bacini delle centrali sono vuoti.»
«Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo «È sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in modo tale che a un bel momento deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?»
Don Camillo si inchinò.
«Sta bene» disse sospirando. «Capisco perfettamente quando sia giusto quello che Voi dite. Però che un povero prete di campagna non possa neanche permettersi di chiedere al suo Dio di far venir giù due catinelle d'acqua, perdonate, ma è sconfortante.»
Il Cristo si fece serio.
«Hai mille ragioni, don Camillo. Non ti resta che fare anche tu uno sciopero di protesta.»
Don Camillo ci rimase male e si allontanò a capo chino, ma il Cristo lo richiamò.
«Non ti crucciare, don Camillo» sussurrò il Cristo. «Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio è per te peccato mortale perché sai che io sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio. 

Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terreste che essi tentano invano di far diventare un Paradiso. 
È la troppa cultura che porta alla ignoranza, perché se la cultura non è sorretta dalla fede, a un certo punto l'uomo vede soltanto la matematica delle cose. E l'armonia di questa matematica diventa il suo Dio, e dimentica che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia. 
Ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo Paradiso volano gli angeli del bene. Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno, quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico, e allora l'uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull'infinito, e nell'infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. E odierà le macchine che hanno ridotto il mondo a una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani. Ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo. Quindi rassicurati: la tua bicicletta e il tuo motorino non corrono per ora nessun pericolo.»

Il Cristo sorrise, e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo.

Giovanni Guareschi  da " Don Camillo"




- Compagno Delegato: Bisogna restare nella legalità e noi vi resteremo, a costo di dover imbracciare il mitra e inchiodare al muro tutti i nemici del popolo.
[Don Camillo gli impedisce di continuare suonando le campane]
- Compagno Delegato: Ma chi è?
- Peppone: È Don Camillo.
- Compagno Delegato: E fatelo tacere.
- Peppone: È una parola, bisognerebbe prendere a cannonate il campanile.
- Brusco: Se continua io direi di sparargli attraverso le finestre della torre.
- Peppone: Già, ma bisognerebbe essere sicuri di farlo fuori al primo colpo se no si mette a sparare anche lui.

Giuseppe "Peppone" Bottazzi (Gino Cervi)
dal film "Don Camillo" di Julien Duvivier



Don Camillo
: Io, vedete, non posso assolutamente sopportare l'inganno. Io avrò molti difetti, Signore, ma non quello di mentire e di turlupinare il prossimo. Questo "Fronte Indipendente" è falso e... 
Gesù: Come il tuo biglietto don Camillo. 
Don Camillo: Il mio biglietto? Quale biglietto? 
Gesù: Il biglietto da cinquemila che hai appioppato a Peppone.
[Don Camillo ha precedentemente acquistato dalle mani di Peppone una copia del giornale Patria Unita, redatto appositamente per la sua campagna elettorale.] 
Don Camillo: L'avevo dimenticato... una distrazione... comunque sia con quei soldi falsi ci ho comprato delle falsità, il conto torna! 
Gesù: Rimarrebbero le 4.975 lire buone che ti ha dato di resto Peppone: quelle dove le metti? 
Don Camillo: Beh, quelle posso anche accettarle come contributo volontario del Fronte Indipendente per le migliorie alla minestra dei poveri vecchi. Naturalmente gli manderò una regolare ricevuta. 
[Si sentono, fuori campo, degli slogan anticlericali del Fronte] 
Don Camillo: Li sentite, Signore? Li sentite? Ma tanto è inutile, non passeranno. Dio non lo permetterà! 
Gesù: E allora sia fatta la volontà di don Camillo. 
Don Camillo: La Vostra, Signore, la Vostra, non la mia.



«Per fare buona politica non c'è bisogno di grandi uomini, ma basta che ci siano persone oneste, che sappiano fare modestamente il loro mestiere. 
Sono necessarie: la buona fede, la serietà e l'impegno morale. 
In politica, la sincerità e la coerenza, che a prima vista possono sembrare ingenuità, finiscono alla lunga con l'essere un buon affare.»

 (Piero Calamandrei)



Buona giornata a tutti :-)

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giovedì 20 marzo 2014

Il Battesimo - Giovanni Guareschi

Entrarono improvvisamente in chiesa un uomo e due donne, e una delle due era la moglie di Peppone, il capo dei rossi.
Don Camillo che, in cima a una scala stava lucidando col sidol l'aureola di San Giusep
pe, si volse e domandò cosa volevano.
"C'è da battezzare della roba" rispose l'uomo. E una delle donne mostrò un fagotto con dentro un bambino.
"Chi l'ha fatto?" chiese don Camillo scendendo.
"Io" rispose la moglie di Peppone.
"Con tuo marito?" si informò don Camillo. "Si capisce! Con chi vuole che l'abbia fatto: con lei?" ribatté secca la moglie di Peppone.
"C'è poco da arrabbiarsi" osservò don Camillo avviandosi verso la sagrestia. "So assai, io: non avevano detto che nel vostro partito è di moda l'amore libero?"
Passando davanti all'altare don Camillo si inchinò e strizzò l'occhio al Cristo crocifisso.
"Avete sentito?" e don Camillo ridacchiò. "Gliel'ho dato un colpetto a quei senza Dio!" 

"Non dire stupidaggini, don Camillo!" rispose seccato il Cristo. "Se fossero senza Dio non verrebbero qui a far battezzare i figli. Se la moglie di Peppone ti avesse rifilato una sberla, te la saresti guadagnata."
"Se la moglie di Peppone mi dava una sberla, io li prendevo tutt'e tre per il collo e..." "E?" domandò severo Gesù.
"Niente, si fa per dire" rispose in fretta don Camillo alzandosi.
"Don Camillo, sta' in guardia" lo ammoni Gesù.
Indossati i paramenti, don Camillo si appressò al fonte battesimale.
"Come lo volete chiamare?" chiese don Camillo alla moglie di Peppone.
"Lenin, Libero, Antonio" rispose la moglie di Peppone.
"Vallo a far battezzare in Russia" disse calmo don Camillo rimettendo il coperchio al fonte battesimale.
Don Camillo aveva mani grandi come badili, e i tre se ne andarono senza fiatare. Don Camillo cercò di sgattaiolare in sagrestia, ma la voce del Cristo lo bloccò.
"Don Camillo, hai fatto una gran brutta cosa! Va' a richiamare quella gente e battezza il bambino."
"Gesù" rispose don Camillo. "Dovete mettervi in mente che il battesimo non è mica una burletta. Il battesimo è una cosa sacra. Il battesimo..."
"Don Camillo" lo interruppe il Cristo. "A me vuoi insegnare cos'è il battesimo? A me che l'ho inventato? Io ti dico che tu hai fatto una grossa soperchieria. perché se quel bambino, metti il caso, in questo momento muore, la colpa è tua se non ha il libero ingresso in Paradiso!"
"Gesù non drammatizziamo!" ribatté don Camillo. "Perché dovrebbe morire? E' bianco e rosso come una rosa!"
"Non vuol dire!" lo ammonì il Cristo. "Gli può cadere una tegola in testa, gli può venire un colpo apoplettico. Tu lo devi battezzare." 
Don Camillo allargò le braccia: "Gesù, pensateci un momento. Si fosse sicuri che quello poi va all'Inferno, si potrebbe lasciar passare: ma quello, pure essendo figlio di un brutto arnese, può benissimo capitarvi fra capo e collo in Paradiso. E allora ditemi voi come posso permettere che vi arrivi in Paradiso della gente che si chiama Lenin? Io lo faccio per il buon nome del Paradiso"
"Al buon nome del Paradiso ci penso io" gridò seccato Gesù.
"A me interessa che uno sia un galantuomo: che si chiami poi Lenin o Bottone non mi importa niente. Al massimo, tu potevi far presente a quella gente che dare ai bambini nomi strampalati spesso può significare metterli nei pasticci, da grandi." 

"Va bene" rispose don Camillo. "Io ho sempre torto. Cercheremo di rimediare."
In quel momento entrò qualcuno. Era Peppone solo, col bambino in braccio. Peppone chiuse la porta col chiavistello.
"Di qui non esco" disse "se mio figlio non è stato battezzato col nome che voglio io."
"Ecco" sussurrò sorridendo don Camillo rivolto al Cristo. "Lo vedete che gente? Uno è pieno delle più sante intenzioni e guardate come lo trattano."
"Mettiti nei suoi panni" rispose il Cristo. "Non sono sistemi da approvare, ma si possono comprendere."
Don Camillo scosse il capo.
"Ho detto che di qui non esco se non mi battezzate il figlio come voglio io" ripeté Peppone, e, deposto il fagotto col bimbo su una panca, si tolse la giacca, si rimboccò le maniche e avanzò minaccioso.
"Gesù" implorò don Camillo. "Io mi rimetto a voi. Se voi stimate giusto che un vostro sacerdote ceda alle imposizioni dei privati, io cedo. Ad ogni modo domani non lamentatevi se poi mi porteranno un vitello e mi imporranno di battezzarlo. Voi lo sapete: guai a creare dei precedenti." 
"Be'" rispose il Cristo "In questo caso tu devi cercare di fargli capire..."
"E se quello me le dà?"
"Prendile, don Camillo. Sopporta, soffri come ho fatto io."
Allora don Camillo si volse: "D'accordo, Peppone" disse.
"Il bambino uscirà di qui battezzato, però non con quel nome dannato."
"Don Camillo," borbottò Peppone "ricordatevi che ho la pancia delicata per quella palla che mi sono preso in montagna. Non tirate colpi bassi o comincio a lavorare con una panca."
"Sta' tranquillo, Peppone, io te li sistemo tutti al piano superiore" rispose don Camillo collocandogli una sventola a cavalcioni di un'orecchia.
Erano due omacci con le braccia di ferro e volavano sberle che facevano fischiar l'aria. Dopo venti minuti di lotta furibonda e silenziosa. don Camillo, sentì una voce alle sue spalle:
"Forza, don Camillo! Tiragli alla mascella!"
Era il Cristo da sopra l'altare. Don Camillo sparò alla mascella, e Peppone rovinò per terra."
Peppone rimase lungo disteso una decina di minuti, poi si rialzò, si massaggiò il mento, si rassettò, si rimise la giacca, si rifece il nodo al fazzoletto rosso, e prese in braccio il bambino.
Vestito dei paramenti d'uso, don Camillo lo aspettava, fermo come un macigno, davanti al fonte battesimale, Peppone si avvicinò lentamente.
"Come lo chiamiamo?" chiese don Camillo.
"Camillo, Libero, Antonio" borbottò Peppone.
Don Camillo scosse il capo.
"Ma no: chiamiamolo invece Libero, Camillo, Lenin" disse.
"Sì, anche Lenin; quando hanno un Camillo vicino, i tipi come quello là non hanno niente da fare."
"Amen" borbottò Peppone tastandosi la mascella.
Quando, finito tutto, don Camillo passò davanti all'altare, il Cristo disse sorridendo:
"Don Camillo, bisogna dire la verità: in politica ci sai fare meglio tu di me".
"Anche a cazzotti però" rispose don Camillo con molto sussiego, tastandosi con indifferenza un grosso bernoccolo sulla fronte.

(Giovannino Guareschi)



Sig.ra Bottazzi: "Libero Antonio Lenin!" Don Camillo: "E allora fatelo battezzare dai russi!!!!"



Dialogo fra Peppone (Gino Cervi) e don Camillo (Fernandel):

Peppone: Voi non siete un uomo, voi siete un prete! 
[Don Camillo gli pesta violentemente il piede] Se siete un uomo aspettatemi fuori! [Fuori dall'edificio scolastico alla fine dell'esame] 
Don Camillo: D'accordo, ma guarda che siamo in due: prima le pigli dall'uomo, e poi le buschi dal prete!



Gesù a don Camillo:

E poi, detto fra noi, una pestatina ti fa bene...così impari a fare della politica in casa mia!




Buona giornata a noi :-)