«Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo
«È sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in moto tale
che a un bel momento deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia
sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?»
«È gente che avrebbe bisogno di una lezione» disse don Camillo. «Mandategli un ciclone che butti all'aria ogni cosa. È diventato un mondo maledetto pieno di odio, di ignoranza e di cattiveria.
Un diluvio universale ci vuole. Creperemo tutti, e così si farà il conto finale e ognuno si presenterà davanti al tribunale divino e riceverà il castigo o il premio che merita!»
Il Cristo sorrise.
«Don Camillo, per arrivare a questo non occorre un diluvio universale. Ognuno è destinato a morire quando è il suo turno e a presentarsi davanti al tribunale divino per avere il premio o la punizione. Non è la stessa cosa anche senza cataclismi?»
«Anche questo è vero» riconobbe don Camillo tornato calmo.
Poi, siccome, in fondo, gli dispiaceva un po' di rinunciare in pieno all'idea del diluvio, cercò di salvare il salvabile.
«Se almeno poteste far piovere un po'. La campagna è secca, i bacini delle centrali sono vuoti.»
«Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo «È sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in modo tale che a un bel momento deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?»
Don Camillo si inchinò.
«Sta bene» disse sospirando. «Capisco perfettamente quando sia giusto quello che Voi dite. Però che un povero prete di campagna non possa neanche permettersi di chiedere al suo Dio di far venir giù due catinelle d'acqua, perdonate, ma è sconfortante.»
Il Cristo si fece serio.
«Hai mille ragioni, don Camillo. Non ti resta che fare anche tu uno sciopero di protesta.»
Don Camillo ci rimase male e si allontanò a capo chino, ma il Cristo lo richiamò.
«Non ti crucciare, don Camillo» sussurrò il Cristo. «Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio è per te peccato mortale perché sai che io sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio.
Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terreste che essi tentano invano di far diventare un Paradiso.
È la troppa cultura che porta alla ignoranza, perché se la cultura non è sorretta dalla fede, a un certo punto l'uomo vede soltanto la matematica delle cose. E l'armonia di questa matematica diventa il suo Dio, e dimentica che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia.
Ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo Paradiso volano gli angeli del bene. Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno, quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico, e allora l'uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull'infinito, e nell'infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. E odierà le macchine che hanno ridotto il mondo a una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani. Ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo. Quindi rassicurati: la tua bicicletta e il tuo motorino non corrono per ora nessun pericolo.»
Il Cristo sorrise, e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo.
Don Camillo: Io, vedete, non posso assolutamente sopportare l'inganno. Io avrò molti difetti, Signore, ma non quello di mentire e di turlupinare il prossimo. Questo "Fronte Indipendente" è falso e...
«È gente che avrebbe bisogno di una lezione» disse don Camillo. «Mandategli un ciclone che butti all'aria ogni cosa. È diventato un mondo maledetto pieno di odio, di ignoranza e di cattiveria.
Un diluvio universale ci vuole. Creperemo tutti, e così si farà il conto finale e ognuno si presenterà davanti al tribunale divino e riceverà il castigo o il premio che merita!»
Il Cristo sorrise.
«Don Camillo, per arrivare a questo non occorre un diluvio universale. Ognuno è destinato a morire quando è il suo turno e a presentarsi davanti al tribunale divino per avere il premio o la punizione. Non è la stessa cosa anche senza cataclismi?»
«Anche questo è vero» riconobbe don Camillo tornato calmo.
Poi, siccome, in fondo, gli dispiaceva un po' di rinunciare in pieno all'idea del diluvio, cercò di salvare il salvabile.
«Se almeno poteste far piovere un po'. La campagna è secca, i bacini delle centrali sono vuoti.»
«Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo «È sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in modo tale che a un bel momento deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?»
Don Camillo si inchinò.
«Sta bene» disse sospirando. «Capisco perfettamente quando sia giusto quello che Voi dite. Però che un povero prete di campagna non possa neanche permettersi di chiedere al suo Dio di far venir giù due catinelle d'acqua, perdonate, ma è sconfortante.»
Il Cristo si fece serio.
«Hai mille ragioni, don Camillo. Non ti resta che fare anche tu uno sciopero di protesta.»
Don Camillo ci rimase male e si allontanò a capo chino, ma il Cristo lo richiamò.
«Non ti crucciare, don Camillo» sussurrò il Cristo. «Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio è per te peccato mortale perché sai che io sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio.
Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terreste che essi tentano invano di far diventare un Paradiso.
È la troppa cultura che porta alla ignoranza, perché se la cultura non è sorretta dalla fede, a un certo punto l'uomo vede soltanto la matematica delle cose. E l'armonia di questa matematica diventa il suo Dio, e dimentica che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia.
Ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo Paradiso volano gli angeli del bene. Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno, quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico, e allora l'uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull'infinito, e nell'infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. E odierà le macchine che hanno ridotto il mondo a una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani. Ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo. Quindi rassicurati: la tua bicicletta e il tuo motorino non corrono per ora nessun pericolo.»
Il Cristo sorrise, e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo.
Giovanni Guareschi da " Don Camillo"
- Compagno Delegato: Bisogna restare nella
legalità e noi vi resteremo, a costo di dover imbracciare il mitra e inchiodare
al muro tutti i nemici del popolo.
[Don Camillo gli impedisce di continuare suonando le campane]
- Compagno Delegato: Ma chi è?
- Peppone: È Don Camillo.
- Compagno Delegato: E fatelo tacere.
- Peppone: È una parola, bisognerebbe prendere a cannonate il campanile.
- Brusco: Se continua io direi di sparargli attraverso le finestre della torre.
- Peppone: Già, ma bisognerebbe essere sicuri di farlo fuori al primo colpo se no si mette a sparare anche lui.
[Don Camillo gli impedisce di continuare suonando le campane]
- Compagno Delegato: Ma chi è?
- Peppone: È Don Camillo.
- Compagno Delegato: E fatelo tacere.
- Peppone: È una parola, bisognerebbe prendere a cannonate il campanile.
- Brusco: Se continua io direi di sparargli attraverso le finestre della torre.
- Peppone: Già, ma bisognerebbe essere sicuri di farlo fuori al primo colpo se no si mette a sparare anche lui.
Giuseppe "Peppone"
Bottazzi (Gino Cervi)
dal film "Don Camillo" di Julien Duvivier
Don Camillo: Io, vedete, non posso assolutamente sopportare l'inganno. Io avrò molti difetti, Signore, ma non quello di mentire e di turlupinare il prossimo. Questo "Fronte Indipendente" è falso e...
Gesù: Come il tuo biglietto don Camillo.
Don Camillo: Il mio biglietto? Quale biglietto?
Gesù: Il
biglietto da cinquemila che hai appioppato a Peppone.
[Don Camillo ha precedentemente acquistato dalle mani di Peppone una
copia del giornale Patria Unita, redatto appositamente per la sua campagna elettorale.]
Don Camillo: L'avevo dimenticato... una distrazione... comunque sia con quei soldi
falsi ci ho comprato delle falsità, il conto torna!
Gesù: Rimarrebbero le 4.975 lire buone che ti ha dato di resto Peppone:
quelle dove le metti?
Don Camillo: Beh, quelle posso anche accettarle
come contributo volontario del Fronte Indipendente per le migliorie alla
minestra dei poveri vecchi. Naturalmente gli manderò una regolare ricevuta.
[Si sentono, fuori campo, degli slogan
anticlericali del Fronte]
Don Camillo: Li sentite, Signore? Li sentite? Ma tanto è inutile, non passeranno.
Dio non lo permetterà!
Gesù: E allora sia fatta la volontà di
don Camillo.
Don Camillo: La Vostra, Signore, la Vostra, non
la mia.
«Per fare buona politica non c'è bisogno
di grandi uomini, ma basta che ci siano persone oneste, che sappiano fare
modestamente il loro mestiere.
Sono necessarie: la buona fede, la
serietà e l'impegno morale.
In politica, la sincerità e la coerenza,
che a prima vista possono sembrare ingenuità, finiscono alla lunga con l'essere
un buon affare.»
(Piero Calamandrei)
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