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mercoledì 8 novembre 2017

La morte e altre poesie – Rabindranath Tagore

La morte, Tua schiava, è alla mia porta.
Ha attraversato il mare sconosciuto
e ha recato alla mia casa il Tuo richiamo.
La notte è buia e il mio cuore è spaurito
eppure prenderò la lampada, aprirò le porte
e m’inchinerò dandole il benvenuto.
E’ il tuo messaggero che sta alla mia porta,
l’adorerò a mani giunte, e in lacrime.
L’adorerò ponendo ai suoi piedi
il tesoro del mio cuore.
Fatta la commissione, se ne ritornerà
lasciando un’ombra oscura sul mio mattino;
e nella mia casa desolata rimarrà
solo il mio corpo abbandonato
come mia ultima offerta a Te.

- Rabindranath Tagore -

Alexandre Cabanel (1823-1889), L'Angelo della Sera

«Quanto più uno vive solo, sul fiume o in aperta campagna, tanto più si rende conto che non c’è nulla di più bello e più grande del compiere gli obblighi della propria vita quotidiana, semplicemente e naturalmente. 
Dall’erba dei campi alle stelle del cielo, ogni cosa fa proprio questo; c’è tale pace profonda e tale immensa bellezza nella natura, proprio perché nulla cerca di trasgredire i suoi limiti». 

- Rabindranath Tagore -



Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente
mi sfiora tutte le membra.
Sempre cercherò di allontanare
ogni falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei la verità
che nella mente
mi ha acceso la luce della ragione.
Sempre cercherò di scacciare
ogni malvagità dal mio cuore,
e di farvi fiorire l'amore,
sapendo che hai la tua dimora
nel più profondo del cuore.
E sempre cercherò nelle mie azioni
di rivelare te,
sapendo che è il tuo potere
che mi dà la forza di agire.



- Rabindranath Tagore -

Julius Rolshoven (1858-1930), Mujer desnuda bajo la luz suave


Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 2 novembre 2017

Io non so né il giorno né l'ora - Philippe Warnier

Io non so né il giorno,
né l'ora, né il modo,
ma ho la fede nella tua promessa.
Morti al peccato
grazie al dono della tua vita,
noi risusciteremo dai morti,
rivedremo coloro che abbiamo amato,
con loro vivremo della tua vita divina.
Oggi siamo già riuniti
nella comunione dei Santi.
Signore, ti preghiamo per i morti:
accoglili nel tuo amore.
Ti preghiamo per i viventi:
fa' che camminino verso la tua luce.

- Philippe Warnier -

Truppe Karl - Partita a scacchi con la morte

Sulla morte

Il momento in cui l'uomo raggiunge la sua "povertà" assoluta è quello della sua morte. 
Allora tutto in lui si "spoglia": cessano tutte le sue "capacità": di intelligenza, di volontà, di amore, di vita fisica. 
E' steso nell'impotenza assoluta... Ed è proprio in questa posizione che adora il suo creatore - il nulla che adora il suo tutto - e che si "restituisce" a Lui, sperando solo nella sua misericordia. 
Vivere in questo spirito nelle quotidiane "spogliazioni" che la vita comporta - che sono pur sempre causa di tristezza e di sofferenza -; sforzarsi con l'aiuto di Dio di accettare con serenità di non poter più fare o avere quello che ieri ci esaltava, accettare in una parola di "morire a poco a poco", perché invecchiare è perdere ogni giorno qualcosa; tutto questo è occasione che la Grazia ci offre di "convertire" la sofferenza e la nostalgia in beatitudine; è prepararci ad essere "poveri di spirito e di cuore", unica condizione per entrare nel Regno dei cieli.

- Giacomino Piana -



Sulla morte

Non c'è nulla che possa sostituire l'assenza di una persona a noi cara.
Non c'è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l'un l'altro per suo mezzo.
E' falso dire che Dio riempie il vuoto; Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso.
Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli.

- Dietrich Bonhoeffer –
Da: Resistenza e resa


Gaetano Previati, Notturno, 1908


Signore, aiutami a capire
che non devo continuare
a piangere coloro che vivono presso di te.
Essi hanno già ciò a cui aspiro,
vedono e toccano
ciò che per me è pura speranza.
Sono immersi in quell'Amore
nel quale desidero perdermi.
Sono vivi nella bellezza
che non svanisce più,
immersi nella gioia
che nessun male offusca.
Fa', Signore, che i miei cari
mi conducano a te;
mi mandino scintille e lucciole
per guidarmi verso il regno di luce.
Rivestita di luce, ombra del Divino,
inondata di gioia, riflesso del tuo Amore,
per tutta l'eternità proclamerò
con loro la tua Misericordia.


- Don Valentino Salvoldi -

da: Non si muore, si nasce due volte. L’ora della nostra nascita, Edizioni Messaggero, 2007


Pieter Bruegel - Trionfo della morte


Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 1 novembre 2017

Un Tempo per te - don Franco Locci

Non ho mai tempo: sempre di corsa. Con tutte le cose che ho da fare!
Tremendo nel suo sarcasmo questo epitaffio:

"Non aveva tempo di buttare giù una riga.
Non aveva tempo di andare a trovare un vecchio.
Non aveva tempo di cantare una canzone.
Non aveva tempo di raddrizzare un torto.
Non aveva tempo di amare e di donare.
Non aveva tempo di vivere per davvero.
D'ora in poi avrà tempo a non finire.
Oggi è morto il mio amico "sempre occupato".

E allora per non correre il rischio di morire senza aver vissuto, fermati, trova un po' di tempo! 
Se ti rimangono "cinque minuti", sai che cosa devi farne? 
Usali per te, per riflettere ci vuole un po' di silenzio, un po' di raccoglimento. Diceva Madeleine Delbrel a proposito di raccoglimento:
"Bisogna ‘raccogliere’ le tracce, gli indizi, gli inviti, gli ordini della volontà di Dio", così come il contadino raccoglie il suo raccolto nel granaio o il saggio raccoglie il frutto di un'esperienza. 
E raccogliersi o raccogliere non è possibile senza silenzio. 
Stacca dunque la radio dei bombardamenti esterni, la televisione delle immagini aggressive e dissipanti. 
Chiudi per un momento i giornali. 
Sfuggi alla stretta della società dei consumi. 
Costruisciti il silenzio. 
Impara di nuovo ad ascoltare il battito del tuo cuore per renderti conto se sei ancora vivo o sei già morto, sepolto nella materia, schiavo della moda o dei soldi. 
Entra in te stesso per chiederti per che cosa e per chi stai correndo i giorni della tua vita. 
Entra in te per scoprire l'immensità dei valori e dei doni che sono sepolti nel tuo cuore. 
Entra in te stesso per scoprire gli altri con cui vivi. 
Essi non sono numeri, non sono solo avversari, sono persone come te, anche loro alla ricerca disperata di un po' di gioia.

- don Franco Locci - 




Com’è morire?
«Uno svuotamento. Si comincia svuotandosi. Ma, si potrebbe chiedere, che cos’è o dov’è il vuoto? 
Il vuoto è nella perdita. 
E che cosa si perde? Io non ho “perso” nel senso comune di “perdere”. 
Non c’è perdita in quel senso. C’è la fine dell’ambizione. La fine di ciò che si chiede a se stessi. 
E’ molto importante. Non si chiede più niente a se stessi. 
Si comincia a svuotarsi degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che si pensavano importanti. E quando queste cose cominciano a sparire, resta un’enorme quantità di tempo. E poi scivola via anche il tempo. E si vive senza tempo. Che ore sono? Le nove e mezza. Di mattina o di sera? Non lo so».

- James Hillman -  nell’ultima intervista rilasciata a Silvia Ronchey e pubblicata su La Stampa il 29 Ottobre 2011


Questa è infatti la volontà del Padre mio: che chi vede il Figlio e crede in lui abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno." (Gv 6,40)
La volontà di Dio, come appare nel vangelo è una e positiva: che l’uomo si realizzi pienamente sviluppando al massimo la sua umanità per avere la condizione divina che consente di superare la soglia della morte.
Giovanni omette l’articolo a vita eterna. 

Quel che Gesù assicura non è LA vita eterna, ovvero una vita che inizia dopo questa esistenza, ma è questa stessa vita che è eterna.

- Padre Alberto Maggi - 



Possiamo senz'altro immaginare la Chiesa come una vasta impresa di trasporto, di trasporto in paradiso; perché no? 
Ebbene, mi chiedo: che cosa diventeremmo noi senza i Santi che organizzano il traffico? 
Certo, da duemila anni questa compagnia di trasporto ha avuto non poche catastrofi: l'arianesimo, il nestorianesimo, il pelagianesimo, il grande scisma d'Oriente, Lutero..., per ricordare solo i deragliamenti e gli scontri più noti.
Ma senza i Santi, ve lo dico io, la cristianità sarebbe un gigantesco ammasso di locomotive capovolte, di carrozze incendiate, di rotaie contorte e di ferraglia che finisce di arrugginirsi sotto la pioggia. 

Nessun treno circolerebbe più sulla strada ferrata invasa dall'erba.

- Georges Bernanos -
da: I santi nostri amici, 1947



Sant’Agostino riferisce che la sua mamma Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” 

(Confessioni 9, 11,27)


Buona giornata a tutti. :-)







martedì 17 ottobre 2017

Canzone e altre poesie - Juan Ramón Jiménez

Quando le tue mani erano luna,
colsero dal giardino del cielo
i tuoi occhi, violette divine.
Che nostalgia, quando i tuoi occhi
ricordano, di notte, il loro cespo
alla luce morta delle tue mani!
Tutta la mia anima, col suo mondo,
metto nei miei occhi della terra,
per ammirarti, moglie splendida!
Non incontreranno le tue due violette
il leggiadro luogo a cui elevo
cogliendo nella mia anima l’increato?


Vita!
Giorno difficile, in cui il sole
e le nuvole combattono
a tratti aperto, fiore,
a volte chiuso, frutto,
per confondersi nella notte!


Vita!
Veglia in cui gli occhi
si aprono e si chiudono,
in un gioco stanco
di verità e menzogna,
per confondersi nel sogno!

Vita!

- Juan Ramón Jiménez -

The mirror di Frank Bernard Dicksee (1896), collezione privata

Il Ricordo 

Non te ne andare, ricordo, non te ne andare!
Volto, non svanire così,
come nella morte!
Continuate a guadarmi, occhi fissi,
come un momento mi guardaste!
Labbra sorridetemi,
come un momento mi sorrideste!
Ah fronte mia, datti da fare;
non lasciare che si sparga
la sua forma fuori del suo ambiente!
Comprimi il suo sorriso ed il suo sguardo,
fino a farli divenir mia vita eterna!
Sebbene mi dimentichi di me stesso;
sebbene prenda il mio volto, nel soffrir tanto per lui,
la forma del suo volto;
sebbene io sia lei,
sebbene si perda in lei la mia struttura! -
Oh ricordo, sii me!
Tu – lei – sii ricordo, tutto e solo, per sempre;
ricordo che mi guardi e mi sorrida
nel nulla;
e ricordo, vita con mia vita,
divenuto eterno cancellandomi, cancellandomi!

- Juan Ramón Jiménez  -

The Mirror by Frank Dicksee -The foolish virgins

Io non sono io 

Io non sono io
Sono colui
che cammina accanto a te senza che io lo veda;
che, a volte, sto per vedere,
e che, a volte, dimentico.
Colui che tace, sereno, quando parlo,
colui che perdona, dolce, quando odio,
colui che passeggia là dove non sono,
colui che resterà qui quando morirò.

- Juan Ramón Jiménez  -



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it

www.efuseraefumattina.blogspot.it


venerdì 13 ottobre 2017

Senza Tempo e altre poesie - Billy Collins

Di corsa, in questa mattina di un giorno feriale,
do un colpo di clacson mentre passo accanto al cimitero
dove sono sepolti i miei genitori
uno accanto all’altro, sotto una lastra liscia di granito.
Poi, per tutto il giorno, penso a lui che si tira su
e mi lancia un’occhiata
di familiare disapprovazione,
mentre mia madre, con calma, gli dice di rimettersi giù.

-Billy Collins - 


Nostalgia

[…]
Gli anni Novanta del Settecento non torneranno più.
L’infanzia era favolosa.
La gente faceva passeggiate in cima alle colline
e scriveva sul diario quel che vedeva, senza parlare.
Avevamo alti collari e i nostri cappelli erano morbidissimi.
Ci sorprendevamo l’un l’altro con alfabeti fatti di ramoscelli.
Era un tempo meraviglioso per essere vivi, o anche morti.
[…]

- Billy Collins -




- Pensando un po alla morte - 

Credo che questo testo si potrà leggere in circa tre minuti.
Ebbene, in questo lasso di tempo, moriranno 300 persone e ne nasceranno altre 620.
Forse io impiegherò mezz'ora per scriverlo: sono concentrato sul mio computer, sui libri accanto a me, sulle idee che mi vengono, sulle macchine che passano là fuori.
Tutto sembra assolutamente normale intorno a me.

Invece, durante questi trenta minuti, sono morte 3.000 persone, e 6.200 hanno appena visto, per la prima volta, la luce del mondo.
Dove saranno queste migliaia di famiglie che hanno cominciato a piangere per la perdita di qualcuno, o a ridere per l'arrivo di un figlio, di un nipote, di un fratello?
Mi fermo e rifletto: forse molte di queste morti arrivano al termine di una lunga e dolorosa malattia, e certe persone saranno sollevate dall'Angelo che è venuto a prenderle.

Inoltre, centinaia di questi bambini che sono appena nati quasi sicuramente saranno abbandonati nel prossimo minuto ed entreranno nelle statistiche di morte prima che io abbia finito questo testo.
Pensate. Ho appena dato uno sguardo a una semplice statistica e tutt'a un tratto inizio ad avvertire il senso di queste perdite e questi incontri, questi sorrisi e queste lacrime.

Quanti staranno lasciando questa vita da soli, nelle loro stanze, senza che nessuno si renda conto di ciò che sta accadendo?
Quanti nasceranno nascostamente e saranno abbandonati davanti alla porta di qualche ricovero o di qualche convento?
Rifletto: ho già fatto parte della statistica delle nascite e, un giorno, sarò incluso nel numero dei morti.

Che bello: io sono pienamente consapevole che morirò.
Da quando ho fatto il Cammino di Santiago, ho capito che - anche se la vita continua e siamo tutti eterni - un giorno questa esistenza si concluderà.
Le persone pensano molto poco alla morte.

Passano la vita preoccupandosi di vere e proprie assurdità, rimandano cose, tralasciano momenti importanti.
Non rischiano, perché pensano sia pericoloso.
Si lamentano molto, ma diventano codarde quando è il momento di prendere provvedimenti.
Vogliono che tutto cambi, ma loro si rifiutano di cambiare.
Se pensassero un po' di più alla morte, non tralascerebbero mai di fare quella telefonata che manca. Sarebbero un po' più folli. Non avrebbero paura della fine di questa incarnazione - perché non si può temere qualcosa che accadrà comunque.
Gli Indios dicono: "Oggi è un giorno buono come qualsiasi altro per lasciare questo mondo". E uno stregone commentò una volta: "Che la morte sia sempre seduta al tuo fianco. Così, quando avrai bisogno di fare qualcosa di importante, essa ti darà la forza e il coraggio necessari".
Spero che tu, lettore, abbia letto fin qui. Sarebbe una stupidaggine spaventarsi per il titolo, perché tutti noi, prima o poi, moriremo. E solo chi accetta questo è pronto per la vita.

- Paulo Coelho - 


Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 30 agosto 2017

Da: “L’ultima Beatitudine” La morte come pienezza di vita - Padre Alberto Maggi (2)

(…) Attualmente, dunque, non si muore più in mezzo ai propri cari, ma perlopiù da soli, intubati, legati a macchinari che tentano di supplire alle funzioni vitali alimentando, ventilando, iniettando, aspirando un corpo che senza quegli strumenti avrebbe smesso di esistere già da un pezzo. 
A forza di dire che è sacra la vita, ci si dimentica della sacralità dell’uomo, della sua dignità. 
Se a essere sacra è la vita, questa va prolungata il più possibile, con ogni tecnica immaginabile, anche se ciò diventa una vera e propria tortura, un’atroce lunga agonia. 
Se è sacro l’uomo, costui ha il diritto di vedere rispettata la sua dignità e il suo voler e poter morire: «La dignità della morte, quindi, può configurarsi, oggi, come vero e proprio diritto umano […]. 
In molti casi non sarebbe forse un’inutile tortura imporre la rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? 
In quel caso, il dovere del medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo»..
Così si muore in ospedale, o negli hospice, sia perché si spera fino all’ultimo di avere la possibilità di una cura che garantisca la sopravvivenza per il malato, o che ne ritardi il più possibile la fine, sia perché non si è più capaci di gestire l’evento del morire, o anche perché si vuole avere la coscienza a posto, sapendo che si è fatto tutto il possibile, che è molte volte tutto il possibile per chi decide il ricovero, e non per chi lo subisce. 
«L’ho fatto per il tuo bene» è l’alibi dietro il quale spesso si cerca di nascondere che, in realtà, quel che è stato deciso per il malato è stato fatto solo per il proprio bene, perché incapaci di gestire la situazione troppo gravosa e impegnativa: «Il “possibile” consiste a volte nel non far nulla o, quantomeno, nel sospendere quei presidi che si rivelano inutili o dannosi. Allo stato attuale, la richiesta dei familiari è sicuramente la prima e più importante causa di accanimento terapeutico». 
Quando il morente viene consegnato all’ospedale, è affidato a tecnici del morire e della morte, che sanno come e cosa fare professionalmente del cadavere al momento del trapasso.
In famiglia no. Non si è più abituati e organizzati a questo evento, e ci si trova impreparati, perché ne manca l’esperienza che veniva acquisita fin da piccoli quando in casa avveniva un decesso, e tutti i familiari avevano un compito ben preciso: subito si chiudeva la bocca del defunto con un fazzoletto annodandoglielo alla testa, si lavava e si ricomponeva la salma, la si vestiva, si procuravano candele e fiori, e si allestiva la «camera ardente», dove il defunto e i suoi familiari avrebbero ricevuto la visita di parenti, amici e conoscenti, venuti per esprimere le loro condoglianze. 
Il morire e la morte oggi paventano e imbarazzano, non si sa più come gestire questi momenti, e allora è preferibile delegare tutto al personale infermieristico o alle imprese di onoranze funebri, esperte nel trattare professionalmente (e lucrosamente) il caro estinto.



- Padre Alberto Maggi -
Da: “L’ultima Beatitudine” La morte come pienezza di vita, Garzanti editore




..... Ho già detto del prete che mi portava la comunione che ho rifiutato. Mi mandano un altro, una persona molto pia, molto buona ma per darmela mi sottoponeva al rituale, quello del “Confesso a Dio Padre Onnipotente” e dovevo dire “per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.” 
Poco convinto il primo giorno tossicchiando, perché c’avevo tanta tosse, l’ho detto; il secondo giorno di nuovo prima di darmi la comunione dovevo dire “per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.” 
Allora sono sbottato e ho detto “E che cavolo di grandissima colpa posso avere fatto in un giorno? 
Eh sto qui, buono, mi sbucazzano da tutte le parti, non dico una parola, che grandissima colpa?” e anche questo mi ha aiutato a riflettere come la liturgia, certe preghiere hanno inculcato il senso di colpa nelle persone. 
Sono queste persone che, convinte, dicono “mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa...” che razza di colpa? 
Ed è un qualcosa che una struttura di potere ha usato per dominare, per inculcare il senso di colpa nelle persone. 
E allora anche questo prete non l’ho voluto più, quindi ho rifiutato già due preti e dopo c’è stato il carissimo Panfilo, amico del Centro, che mi portava lui la comunione, leggevamo una frase del Vangelo, una preghiera, il Padre Nostro ed era fatto....

- Padre Alberto Maggi OSM - 
Assisi 31 agosto 2012


Buona giornata a tutti. :-)







lunedì 10 luglio 2017

Da: “L’ultima Beatitudine” La morte come pienezza di vita - Padre Alberto Maggi

Introduzione
La morte di una persona cara è un dramma che segna per sempre l’esistenza degli individui, sia per quelli che pensano che la morte sia la fine di tutto, sia per quanti credono nella risurrezione o in altre forme di sopravvivenza. 
Ma la sofferenza per la perdita della persona amata è paradossalmente più dolorosa proprio per i credenti, a causa delle confuse o errate idee religiose che accompagnano la morte, e degli intenti consolatori di parenti, amici e conoscenti, specialmente se questi sono persone religiose.
Nell’istante del lutto sono molti gli interrogativi riguardo a tutto quel che circonda la morte (Perché proprio a lui o lei? Perché ora? Perché così giovane e così buono?). Ma, soprattutto, è inquietante l’interrogativo: dove è ora il defunto? 
Com’è? Che cos’è? Che cosa fa? 
È sufficiente la tradizionale risposta che i nostri cari, nella migliore delle ipotesi, sono in Cielo e contemplano beati il Signore per tutta l’eternità? Che godono della Requiem aeternam in una sorta di Casa di Riposo celeste?

Il momento del lutto non è tempo di parole ma di silenzio, di presenza che supplisca l’assenza, di forza che si faccia carico della debolezza. 
Quale parola potrà infatti mai confortare la persona afflitta dalla perdita di un proprio caro? 
Ogni parola e ogni frase, anche se formulate con le migliori intenzioni, saranno inadeguate e inopportune, come denuncia Giobbe agli amici venuti a consolarlo: «Ne ho udite già molte di cose simili! Siete tutti consolatori molesti. Non avranno termine le parole campate in aria? O che cosa ti spinge a rispondere? Anch’io sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: comporrei con eleganza parole contro di voi e scuoterei il mio capo su di voi. Vi potrei incoraggiare con la bocca e il movimento delle mie labbra potrebbe darvi sollievo» (Gb 16,2-5).
Nel tempo del lutto c’è solo da com-piangere, piangere con chi piange («Piangete con quelli che sono nel pianto», Rm 12,11), circondare le persone di caldo affetto e tanto amore. 
A chi è affranto per la morte che l’ha colpito nei suoi affetti più cari non servono parole, ma occorre fargli sperimentare la forza della vita. 
Poi, dopo qualche tempo, può venire il momento del dialogo, per cercare di dare un significato a quel che sembra insensato, come appunto è la morte, per tentare di capire che quel che appare come un annichilimento in realtà è un potenziamento della persona. 
Ma ci vuole tempo, pazienza, discrezione e tanta delicatezza. Un approccio maldestro, seppure animato da buoni propositi, può causare danni devastanti e spesso irreparabili.
Quel che occorre fare subito, al momento del lutto, è evitare accuratamente le persone pie, devote, bigotte, quelle che su tutto pontificano con frasi preconfezionate, sentenze, certezze che non attingono dalla loro esperienza ma dalla dottrina. 
Sono quelle che alla persona distrutta dal dolore sentenziano: «Il Signore l’ha chiamato», «L’ha preso» e, se il morto era conosciuto per la sua bontà, affermano sicure, accompagnando la frase con un rassegnato sospiro: «Eh, sono sempre i migliori che se ne vanno!» oppure, con aria quasi soddisfatta: «I più buoni il Signore li vuole con sé», o in alternativa: «Era già maturo per il paradiso»
Nel caso il defunto sia molto giovane, questi becchini del dolore affermano impudentemente che «I fiori più belli il Signore li vuole con sé…». 
Se poi è un bambino in tenera età, consolano i genitori dicendo che il loro bimbo «È un angioletto in paradiso…». 
Queste espressioni consolatorie precedono il cristianesimo e sono note fin dall’antichità. 
È di Menandro, famoso commediografo greco vissuto tre secoli prima di Cristo, la celebre frase «Muore giovane colui che gli dèi amano» (frammento 111 K.-Th), ripresa da Giacomo Leopardi, come epigrafe per il suo Amore e morte (XXVII): «Muore giovane colui ch’al cielo è caro». 
Nel Libro della Sapienza, la morte del giovane viene giustificata così: «Il giusto, anche se muore prematuramente, si troverà in un luogo di riposo […]. Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva fra peccatori, fu portato altrove. Fu rapito, perché la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l’inganno non seducesse la sua anima […]. 
Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita» (Sap 4,7.10-11.13).
A chi non accetta e non si rassegna a questo lutto, e protesta, dicendo che l’angioletto se lo sarebbero tenuto ben volentieri nella loro famiglia, ecco tutto un fuoco di sbarramento a forza di «Accetta la croce che Dio ti ha mandato», «È la volontà del Signore», «È il Signore che pota», «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto», «La felicità non è di questo mondo», con tutto l’inesauribile repertorio dell’infinito stupidario religioso del quale si alimentano insaziabili i pii devoti, più beoti che beati. 
Frasi che non solo non consolano, ma gettano nel più profondo sconforto quanti sono nel lutto e nel pianto, facendo nascere un sordo rancore verso questo Dio spietato che toglie, coglie, manda croci, pota vite e persone, e la cui volontà coincide sempre con la sofferenza degli uomini e mai, neanche una sola volta, con la loro felicità.

- Padre Alberto Maggi -
Da: “L’ultima Beatitudine” La morte come pienezza di vita, Garzanti editore





….. Il momento del morire è il momento più bello della nostra esistenza, perché finalmente ci si apre alla dimensione per la quale siamo stati creati e allora si capisce perché un Francesco d’Assisi può chiamare Sorella Morte. La morte non ci toglie nulla ma ci viene incontro per regalarci tutto, ci viene incontro per regalarci la dimensione di pienezza di vita, alla quale siamo chiamati…

- Padre Alberto Maggi OSM - 
Assisi 31 agosto 2012



Buona giornata a tutti. :-)