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martedì 5 novembre 2019

Le cose che non hai fatto – don Bruno Ferrero

Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai? 
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.
Ma tu non sei tornato.

Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.
Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte.

- don Bruno Ferrero -




“Quelli che mormorano, impareranno la lezione” (Is. 29)



“Non possiamo lamentarci sempre, come gente che non ha speranza” 

- Santa  Teresina -



“Io penso tante volte che noi quando succedono cose difficili,… corriamo questo pericolo di chiuderci nelle lamentele. E il Signore anche in questo momento è vicino a noi, ma non lo riconosciamo. E cammina con noi. Ma non lo riconosciamo… sembra più sicuro il lamento! 
E’ come una sicurezza: questa è la mia verità, il fallimento. Non c’è più speranza…
“Le lamentele sono cattive… perché ci tolgono la speranza. Non entriamo in questo gioco di vivere dei lamenti ma se qualcosa non va rifugiamoci nel Signore, confidiamoci con Lui:.
Non mangiamo lamentele, perché queste tolgono la speranza, tolgono l’orizzonte e ci chiudono come con un muro. E da lì non si può uscire. Ma il Signore ha pazienza e sa come farci uscire da questa situazione”….


- Papa Francesco -  
3 aprile 2013




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martedì 8 ottobre 2019

La favola del pesciolino d'oro - don Bruno Ferrero, sdb

C'era una volta un pesciolino d'oro, che un bel giorno prese i suoi sette talenti e guizzò lontano, a cercar fortuna. Non era arrivato tanto lontano che incontrò un'anguilla, che gli disse: "Psst, ehilà compare, dove te ne vai?".

"Me ne vado in cerca di fortuna", rispose fieramente il pesciolino d'oro.
"Sei arrivato al punto giusto", disse l'anguilla. "Per soli quattro talenti ti puoi comprare questa magnifica e velocissima pinna, grazie alla quale viaggerai a velocità doppia".
"Oh, è un ottimo affare", disse estasiato il pesciolino d'oro. Pagò, prese la pinna e nuotò via più velocemente di prima.
Arrivò ben presto dalle parti di una grossa seppia, che lo chiamò.
"Ehilà, compare, dove te ne vai?".
"Sono partito in cerca di fortuna", rispose il pesciolino d'oro.
"L'hai trovata, figliolo", disse la seppia. "Per un prezzo stracciato ti posso vendere questa elica, così viaggerai ancora più in fretta".
Il pesciolino d'oro comprò l'elica con il denaro che gli era rimasto e ripartì a velocità doppia.
Arrivò ben presto davanti a un grosso squalo, che lo salutò.
"Ehilà, compare, dove te ne vai?".
"Sono in cerca di fortuna", rispose il pesciolino d'oro.
"L'hai trovata. Prendi questa comoda scorciatoia", disse lo squalo indicando la sua gola spalancata, "così guadagnerai un sacco di tempo".
"Oh, grazie mille!", esclamò il pesciolino d'oro e si infilò nelle fauci dello squalo, dove venne comodamente digerito.

Chi non sa bene che cosa vuole, finisce, molto facilmente, dove non avrebbe voluto.


- don Bruno Ferrero, sdb - 
da: "Cerchi nell'acqua" Casa editrice Elledici



Ogni giorno per andare al lavoro, per mangiare, per muoverci, per vivere, noi compiamo una serie infinita di atti di fiducia. 
Ci affidiamo agli altri, al medico che ci cura, al muratore che ha costruito la nostra casa, al pizzaiolo che ci fa mangiare, al pilota che ci deve portare lontano. 
Diamo fiducia non perché lo vogliamo, perché davvero ci fidiamo, ma perché non possiamo farne a meno. 
E non è vero che la fiducia si dà solo alle cose serie, la fiducia si dà a tutto e tutti, per obbligo, perché la fiducia ci fa vivere. E morire.


- Alessandro Perissinotto - 





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martedì 1 ottobre 2019

Il Girasole – don Bruno Ferrero

In un giardino ricco di fiori di ogni specie, cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno una erbaccia e non le rivolgevano la parola.

Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali.

Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre.

La pianta senza nome, invece, non si perdeva un solo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l'altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po', il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.

Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto, e anche con un po' d'invidia.
«Quello spilungone è un po' matto», bisbigliavano dalie e margherite.

La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante.
Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole.
Così non si sarebbero lasciati mai.

Le prime ad accorgersene furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari. «Si è innamorato del sole», cominciarono a propagare ai quattro venti.
«Lo spilungone è innamorato del sole», dicevano ridacchiando i tulipani. «Ooooh, com'è romantico!», sussurravano pudicamente le viole mammole.

La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo, bonario. E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole, nella sua camminata per il cielo.
Così i garofani gli misero nome «girasole».
Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso il diretto interessato.

Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva orgoglioso: «Mi chiamo Girasole».
Rose, ortensie e dalie non cessavano però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o, peggio, qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al girasole.

«Perché guardi sempre in aria? Perché non ci degni di uno sguardo? Eppure siamo piante, come te», gridarono le bocche di leone per farsi sentire.
«Amici», rispose il girasole, «sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po'.

Che ci volete fare? il sole è la mia vita e io vivo per lui...».

Come tutti i buoni, il girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per «l'innamorato del sole».



- Don Bruno Ferrero - 
Fonte:  Tutte Storie, ed. Elledici





Prendi l'abitudine di cercare il lato migliore nelle persone e nelle situazioni. Scoprirai che anche soltanto questo atteggiamento porta all'ottimismo e alla positività. 
E l'uno e l'altra portano alla serenità.

- Paul Wilson -





Proteggiamoci dalla tragica overdose di impegni.
Concediamo al nostro spirito inquieto i pascoli della preghiera,
della contemplazione, dell'abbandono in Dio.
Non è solo problema di igiene spirituale.
E' soprattutto, ricerca di un'autenticità che abbiamo smarrito.

- don Tonino Bello - 





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giovedì 19 settembre 2019

L'Ultimo Posto – don Bruno Ferrero

L'Inferno era al completo ormai, e fuori della porta una lunga fila di persone attendeva ancora di entrare. Il diavolo fu costretto a bloccare all'ingresso tutti i nuovi aspiranti.

"E' rimasto un solo posto libero, e logicamente deve toccare al più grosso dei peccatori", proclamò.
"C'è almeno qualche pluriomicida tra voi?".
Per trovare il peggiore di tutti, il diavolo cominciò ad esaminare i peccatori in coda.
Dopo un po' ne vide uno di cui non si era accorto prima.
"Che cosa hai fatto tu?", gli chiese. "Niente. Io sono un uomo buono e sono qui solo per un equivoco".
"Hai fatto certamente qualcosa", ghignò il diavolo, "tutti fanno qualcosa."
"Ah, lo so bene", disse l'uomo convinto, "ma io mi sono sempre tenuto alla larga. Ho visto come gli uomini perseguitavano altri uomini, ma non ho partecipato a quella folle caccia. Lasciano morire di fame i bambini e li vendono come schiavi; hanno emarginato i deboli come spazzatura. Non fanno che escogitare perfidie e imbrogli per ingannarsi a vicenda. Io solo ho resistito alla tentazione e non ho fatto niente. Mai".
"Assolutamente niente?", chiese il diavolo incredulo. "Sei sicuro di aver visto tutto?".
"Con i miei occhi!".
"E non hai fatto niente?", ripeté il diavolo. "No!".
Il diavolo ridacchiò: "Entra, amico mio. Il posto è tuo!". 



Un sant'uomo passeggiava per la città quando si imbatté in una bambina dagli abiti laceri che chiedeva l'elemosina.
Rivolse il pensiero al Signore: "Dio, come puoi permettere una cosa del genere? Ti prego, fa' qualcosa".
Alla sera il telegiornale gli mostrò scene di morte, occhi di bambini moribondi e corpi straziati.
Di nuovo pregò: "Signore, quanta miseria. Fai qualcosa!".
Nella notte, il Signore gli disse chiaramente: "Io ho già fatto qualcosa: ho fatto te!".



“Amerai il tuo prossimo come te stesso”. 
L'indifferenza porta dritti.... all' inferno.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte:  Solo il Vento lo sa di Bruno Ferreo, Casa Editrice: ElleDiCi



“Il peccato non è rivelatore dell'uomo, non dice chi siamo veramente; non è dal male che emerge la nostra realtà. L'uomo non coincide col suo peccato, ma con le sue possibilità, con ciò che può diventare, con i semi di vita, con il buon grano che ha in sé. 
Solo il positivo rivela l'uomo, solo la bellezza. La tua bellezza è la tua verità. 
Per questo Gesù perdona, perché vede noi oltre noi, ci vede in un giardino di possibilità. E vede la nostra vita "d'ora in avanti", come una vita che va di inizio in inizio. Di primavera in primavera. L'argomento del giudizio universale, l'argomento del contendere cosmico con Dio, non sarà il male ma il bene. 
Dio non ci chiederà conto di quanto male abbiamo commesso, ma di quanto bene abbiamo compiuto”. 

- Ermes Maria Ronchi -
sacerdote e teologo


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sabato 10 agosto 2019

La caverna - don Bruno Ferrero

San Pacomio voleva conoscere il significato della vita e meditava ogni giorno le parole sacre e quelle dei sapienti per scoprirne il segreto.
Una notte il Signore lo accontentò e gli mandò un sogno.
Pacomio vide che il mondo era una immensa caverna nera e buia.
In essa gli esseri umani si aggiravano a tentoni, urtandosi, talvolta ferendosi, incespicando, sempre più sfiduciati e depressi perché non riuscivano a trovare una via d’uscita. Poi, improvvisamente, un uomo (o una donna) accese una luce.
Una luce minuscola, ma non esiste tenebra così profonda da non poter essere vinta da una luce anche piccolissima. Con una luce si può sempre trovare una via di scampo, così tutti si misero dietro alla persona che aveva il lumino. Dapprima si accalcarono, ostacolandosi a vicenda, poi cercarono di mettersi in fila indiana. Ma erano tanti e il buio era profondo e la luce appena percettibile.
Alla fine trovarono la soluzione adeguata: si presero tutti per mano.

Prendi per mano quelli che ti sono vicini e tienili stretti, perché la luce è piccola e il buio sempre più profondo.

- don Bruno Ferrero - 
tratto da: "Ma noi abbiamo le ali" Piccole storie per l'anima, editrice Elledici



Coraggio, fratello che soffri.
C’è anche per te una deposizione dalla croce.
C’è anche per te una pietà sovrumana.
Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua...
Coraggio.
Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce,
la terra riacquisterà i suoi colori
e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

- don Tonino Bello - 



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venerdì 2 agosto 2019

Il filo del ragno – don Bruno Ferrero


Uno strozzino morì. 
Per tutta la vita, egoista e spergiuro, aveva accumulato ricchezze sfruttando i poveri e carpendo la buona fede del prossimo. 
La sua anima cadde nel profondo baratro dell'inferno, che le avvampò tutt'intorno. 
Gridò allora: "Giudice supremo delle anime, aiutami. Concedimi una sosta, fa' sì che ritorni sulla terra e ponga rimedio alla mia condanna!". 
Il Giudice supremo lo udì e chinandosi dall'alto sul baratro dell'inferno chiese: "Hai mai compiuto un'opera buona, in vita, cosicché ti possa aiutare adesso?".
L'anima dello strozzino pensò a tutto quel che aveva fatto in vita, e più pensava e meno riusciva a trovare una sola azione buona in tutta la sua lunga esistenza. 
Ma alla fine si illuminò e disse: "Sì, Giudice supremo, certo! 
Una volta stavo per schiacciare un ragno, ma poi ne ebbi pietà, lo presi e lo buttai fuori dalla finestra!".
"Bravo! - rispose il Giudice supremo. - Pregherò quel ragno di tessere un lungo filo dalla terra all'inferno, e così ti ci potrai arrampicare".
Detto fatto. 
Non appena il filo di ragno la toccò, l'anima dello strozzino cominciò ad arrampicarsi, bracciata dopo bracciata, del tutto piena d'angoscia perché temeva che l'esile filo si spezzasse. 
Giunse a metà strada, e il filo continuava a reggere, quando vide che altre anime s'erano accorte del fatto e cominciavano ad arrampicarsi anch'esse lungo lo stesso filo. 
Allora gridò: "Andate via, lasciate stare il mio filo. 
Regge solo me. Andatevene, questo filo è mio!". 
E proprio in quel momento il filo si spezzò, e l'anima dello strozzino ricadde nell'inferno. 
Infatti il filo della salvezza regge il peso di centomila anime buone, ma non regge un solo grammo d'egoismo.

- don Bruno Ferrero - 
Fonte:  L'Importante è la Rosa, edizione Elledicì



Cristo non condanna nessuno alla perdizione, egli è pura salvezza, e chi sta presso di lui, sta entro lo spazio della liberazione e della salvezza. 
Il male non viene inflitto da lui, ma esiste là dove l'uomo è rimasto lontano da lui, nasce dallo starsene chiusi nel proprio io. 

 - Papa Benedetto XVI -
(citato in von Balthsar, Sperare per tutti, Jaca Book, Milano 1997, p. 65)





Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.


- Primo Levi -

Titolo della poesia "11 febbraio 1946". Fa parte della raccolta "Ad ora incerta"





Buona giornata a tutti. :-)




domenica 28 luglio 2019

L'incidente - don Bruno Ferrero

Una giovane donna tornava a casa dal lavoro in automobile. 
Guidava con molta attenzione perché l'auto che stava usando era nuova fiammante, ritirata il giorno prima dal concessionario e comprata con i risparmi soprattutto del marito che aveva fatto parecchie rinunce per poter acquistare quel modello.
Ad un incrocio particolarmente affollato, la donna ebbe un attimo di indecisione e con il parafango andò ad urtare il paraurti di un'altra macchina.
La giovane donna scoppiò in lacrime. Come avrebbe potuto spiegare il danno al marito? 

Il conducente dell'altra auto fu comprensivo, ma spiegò che dovevano scambiarsi il numero della patente e i dati del libretto.
La donna cercò i documenti in una grande busta di plastica marrone. Cadde fuori un pezzo di carta.
In una decisa calligrafia maschile vi erano queste parole: "In caso di incidente..., ricorda, tesoro, io amo te, non la macchina!".





Lo dovremmo ricordare tutti, sempre. 
Le persone contano, non le cose. 
Quanto facciamo per le cose, le macchine, le case, l'organizzazione, l'efficienza materiale! 
Se dedicassimo lo stesso tempo e la stessa attenzione alle persone, il mondo sarebbe diverso. 
Dovremmo ritrovare il tempo per ascoltare, guardarsi negli occhi, piangere insieme, incoraggiarsi, ridere, passeggiare...
Ed è solo questo che porteremo con noi davanti a Dio. Noi e la nostra capacità d'amare. Non le cose, neanche i vestiti, neanche questo corpo...





Un papà e il suo bambino camminavano sotto i portici di una via cittadina su cui si affacciavano negozi e grandi magazzini. 
Il papà portava una borsa di plastica piena di pacchetti e sbuffò, rivolto al bambino. 
"Ti ho preso la tuta rossa, ti ho preso il robot trasformabile ti ho preso la bustina dei calciatori... Che cosa devo ancora prenderti?".

- don Bruno Ferrero - 
da: "A volte basta un raggio di sole" , Editore Elledici


La più grande scoperta della mia generazione è che l’uomo può cambiare la propria vita semplicemente cambiando il proprio atteggiamento mentale. 

- William James - 



Buona giornata a tutti. :-)






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domenica 30 giugno 2019

Il falco che non sapeva volare – don Bruno Ferrero


Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché li addestrasse.
Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
"E l'altro?" chiese il re.
"Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare.
Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo". 


Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno potè schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
"Portatemi l'autore di questo miracolo", ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
"Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?" gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò:"Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare".


Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo delle nostre false sicurezze a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto di avere le "ali" per volare alto e fare della nostra vita un capolavoro.

- don Bruno Ferrero -
Fonte: Ma noi abbiamo le ali di Bruno Ferrero



Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella 'zona grigia' in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.
Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. 
Io non sono il corpo: io sono la mente.

Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita. Sono enormemente grata. 
Grazie mille a tutti!
Spetta a ogni individuo il compito di costruire la propria scala di valori e cercare di attenersi a quella con l’obiettivo di godere ora per ora, giorno per giorno, della straordinaria esperienza di vivere. 



- Rita Levi Montalcini -




...se noi vogliamo trovare una vita più interessante, deve avvenire una rottura in noi, una rottura che porti ad una liberazione. 
Ci siamo abituati a vivere in un certo modo e siamo costretti a vivere in un certo modo. 
Io mi alzo la mattina e conosco tutto quello che devo fare. 
Non dovrei saperlo, la giornata dovrebbe avere la sorpresa. 
Dovrebbe riservare qualche sorpresa, che è un rapporto nuovo con ciò che io stabilisco con qualcosa, o con qualcuno, una persona, un oggetto, un albero. Questo deve essere una scoperta. 
La rottura è appunto, questa nostra disposizione ad accettare l'imprevisto. Cercare di intendere lo sconosciuto, osservarlo, interpretarlo.
E' inutile andare lontano e ritornare. 
L'importante è essere andati lontano, ed avere trovato la persona, l'albero, l'oggetto, quella cosa che poi, può inserirsi davvero nella nostra vita come un fatto nuovo, ed emotivo.

- Giovanni Michelucci - 
da: "La vita va azzardata"



Buona giornata a tutti. :-)