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sabato 12 luglio 2014

Così svanì Pandagian -

Pandagian era la più bella fanciulla di un lontano villaggio dell'Indonesia e sapeva danzare come nessuno al mondo. 
Non appena il cielo s'oscurava e le stelle cominciavano a brillare sulla volta blu cupo, Pandagian si recava nella radura davanti all'immenso mare dove intrecciava leggiadre danze, accompagnandosi col melodioso suono della voce e dimenticando ogni altra cosa. Solo quando il primo raggio di sole colpiva la superficie marina, la fanciulla si scuoteva dall'incanto e cessava di danzare. Tornava lentamente alla capanna dove abitava con la famiglia, saliva leggera la scala, entrava nella veranda e si stendeva sulla sua stuoia.
Un giorno il padre, stanco dei suoi continui ritardi, le disse con durezza: 
"Pandagian, da oggi le tue danze sono finite. Ti punirò severamente se avrai il coraggio di disubbidire". 
La fanciulla non rispose, ma quando al tramonto la famiglia si riunì per il pasto, Pandagian non si presentò nella capanna. La cercarono ovunque e poi seppero che, come ogni sera, la giovinetta era andata nella radura a danzare senza tenere in nessun conto l'avvertimento paterno. A questa notizia il padre si adirò: "Non accetto d'essere disubbidito dai miei figli!", disse con fare minaccioso. E dopo aver riflettuto un poco, l'uomo ordinò al figlio maggiore di ritirare la scala dalla veranda. Poi aggiunse: "Ascoltate bene tutti: chi farà scendere la scala per Pandagian, andrà immediatamente via da questa casa!".
Ignara di ciò che avveniva, Pandagian continuava a danzare felice e immemore nella radura; osservava il cielo lucente e le sembrava di scorgere Riamasan, il bellissimo principe delle Stelle, mentre volava sul suo carro d'argento.
Allo spuntar del giorno la fanciulla smise di danzare.
Veloce e leggera giunse sotto casa e si meravigliò molto di non trovare la scala. Guardò verso la veranda, dove certamente i suoi già dormivano e chiamò con voce sommessa, per non disturbarli: "Padre mio, dammi la scala!".
Con voce ferma il padre le disse: "Rivolgiti a tua madre".
Pandagian, stupita da una tale risposta, Si rivolse alla madre: "Madre mia, calami la scala!".
Con voce che tentava invano di far apparire severa la madre rispose: "Chiedilo a tuo nonno".
La fanciulla non capiva più cosa stesse succedendo nella sua famiglia.
"Oh, nonno - gridò. - Ti prego, fai scendere la scala!".
"Vallo a chiedere a tua nonna", fu la risposta.
"Nonna, ti scongiuro, mandami giù la scala!".
"Parla con tuo fratello maggiore", suggerì la vecchia con voce lamentosa.
"Fratello mio, vuoi almeno tu calare la scala perché io possa salire?", implorò sempre più scoraggiata Pandagian.
Con voce triste il giovane rispose: "Pandagian, devi chiederlo a tuo padre".
La fanciulla ormai singhiozzava senza freno: aveva capito che il padre voleva punirla. Tentò di rivolgersi nuovamente a lui:
"Padre! - supplicò tendendo le braccia verso l'alto - Calami la scala e permettimi di tornare a casa nella mia famiglia!".
"No! - rispose il padre con asprezza. - Hai disubbidito ai miei ordini fuggendo via senza curarti neanche della nostra ansia. Ora dormirai sulla terra!".
Poi nella veranda cadde il silenzio. Solo di tanto in tanto s'udiva qualche lieve rumore. Forse un sospiro o un singhiozzo trattenuti: la madre? la nonna? Alla fine però nessun suono venne più dall'alto.
Pandagian passeggiò a lungo nello spiazzo davanti casa.
Poi, trovata una pietra levigata, vi si stese e asciugò le lacrime con i lunghi capelli neri.
A poco a poco si calmò, consapevole di aver meritato quel castigo. L'indomani avrebbe chiesto perdono al padre e tutto si sarebbe risolto. Sapeva però che per molto tempo non avrebbe più potuto danzare e a questo pensiero provava un profondo dolore.
Supina sulla grande pietra la fanciulla continuava a guardare il cielo e le sembrò di vedere ancora una volta la maestosa figura del principe Riamasan che guidava il suo splendido carro negli spazi celesti.
«Potessi danzare tra le stelle... » pensò tra sé Pandagian. «Se Riamasan mi portasse con lui sul suo carro d'argento!» 
In quel preciso momento sentì vicino a sé il tintinnio di una catena; si volse e vide scendere dall'alto una seggiola d'oro sostenuta da una catena d'argento.
La fanciulla non si meravigliò di tutto questo; si alzò dalla pietra e si sedette sulla sedia, che subito cominciò a salire verso il cielo.
Giunta all'altezza della veranda di casa, Pandagian pregò:
"Oh, Riamasan, ferma un momento! Lascia che io saluti i miei familiari".
La sedia si bloccò all'istante ed ella gridò:
"Madre! nonna! fratello! addio per sempre. Io salgo tra le stelle".
I familiari accorsero fuori e guardarono stupefatti la fanciulla che lentamente s'allontanava verso l'alto.
La madre supplicò: "Dove vai Pandagian! Non mi lasciare!".
La figlia le fece un cenno con la mano e poi pregò ancora Riamasan di riportarla verso la sua casa: voleva salutare il padre.
La sedia si abbassò fino alla veranda e rimase immobile. "Addio per sempre, padre mio: io me ne vado tra le stelle!", gli disse affettuosamente la fanciulla.
A questo punto il padre non poté frenare la sua commozione e, con le braccia tese, implorò: "Figlia diletta! mia dolce Pandagian, torna da noi!
Non ti lascerò più fuori casa!".
"No, padre mio, non posso più tornare. Addio!". La sedia d'oro riprese a salire e, senza altra sosta, sparì dietro le nuvole. Ad attendere la fanciulla c'era il principe Riamasan, bellissimo e sorridente, che l'aiutò a scendere.
"Benvenuta nel mio regno - le disse. - Ti ho ammirata per tante notti mentre intrecciavi le tue danze. Non ho mai visto una fanciulla più bella di te! Così, appena mi hai invocato, sono stato felice di accontentarti".
"Allora non sognavo quando credevo di vederti tra le stelle!", esclamò Pandagian.
"Finalmente ora siamo vicini - continuò dolcemente il principe. - E, se vorrai sposarmi, sarai la principessa delle stelle e potrai danzare nel cielo finché. vorrai".
La fanciulla arrossì e commossa accettò la richiesta di Riamasan. Le nozze furono celebrate molto presto. Ogni sera, mentre il suo sposo passava tra le stelle sul carro d'argento, Pandagian danzava tra le costellazioni al suono di una musica dolcissima che si diffondeva sotto la volta del cielo. Era una vita meravigliosa.
E forse proprio perché troppo bella, non poteva durare a lungo.
Un giorno Pandagian ebbe il desiderio di nuotare e, senza avvertire il suo sposo, si recò al fiume. Cominciò a danzare tra gli scogli d'oro intorno ai quali l'acqua s'infrangeva; danzò sotto la cascata argentina e si tuffò tra le onde spumeggianti. Erano sensazioni stupende, le più belle che avesse mai provato.
Dopo molto tempo la fanciulla risalì ansante sulla riva e si distese sull'erba, guardò ancora una volta la corrente del fiume e poi, felice, si addormentò.
Ma ecco in agguato il principe del Sole che attendeva da lungo tempo un momento come quello. Egli era il fratello maggiore del principe delle Stelle e gli invidiava molte cose. Gli invidiava la luce dolcissima e misteriosa dei suoi astri notturni, il bel carro d'argento su cui poteva portare in volo gli esseri umani e ora, più di ogni cosa, gli invidiava la felicità di avere come moglie una fanciulla della terra. Queste cose invece erano impossibili per lui, a causa dell'abbagliante splendore e del calore insopportabile che emanavano dalla sua persona e dal suo carro dorato.
Il principe del Sole nutriva un odio incontenibile nei confronti del fratello minore e aveva giurato di fargli scontare in qualche modo la tristezza della sua solitudine.
E finalmente l'occasione gli si era presentata. Pandagian, la splendida danzatrice che il Sole aveva tante volte ammirato dal cielo, era venuta sola soletta al fiume che segnava il confine tra il regno del Sole e quello delle Stelle. Come mai Riamasan non aveva avvertito la sposa del pericolo che poteva correre? Il principe del Sole non riusciva a spiegarselo ma, sorridendo sinistramente, affilò uno strale d'oro. Un raggio infuocato scese dall'alto e trafisse al cuore l'ignara danzatrice.
Così Pandagian morì e così la trovarono le stelle che, piangenti, ne annunciarono la fine al principe Riamasan. Lo sposo impazzì di dolore; rimase per tre notti di seguito accanto al corpo della sposa adorata. Infine prese la sua decisione e fece un gesto verso il cielo notturno: in quello stesso istante il corpo di Pandagian svanì e al suo posto apparvero infinite stelle lucenti.
Il principe le prese e cominciò a lanciarle per il cielo a piccoli gruppi, formando tante costellazioni, ad ognuna delle quali dava un nome. Alla fine gli rimase stretta in pugno un'ultima stella, la più lucente. Riamasan la guardò a lungo e gli parve di rivedere il volto della donna amata. Allora riudì la voce accorata del padre di Pandagian che supplicava la figlia di non andare via, di ritornare a casa.
Il principe frantumò la stella in minuscoli pezzi splendenti e li lanciò verso la terra dicendo: "Andate dai genitori di Pandagian e portate loro il suo ricordo per sempre".
I frammenti luccicanti, cadendo verso la terra, si trasformarono in migliaia di animaletti alati che volarono festosamente verso la radura e sui cespugli profumati, all'orlo della boscaglia.
I genitori di Pandagian erano seduti fuori la veranda della loro casa. Il padre, guardando quell'insolito spettacolo, esclamò: "Moglie mia, guarda quegli strani animaletti lucenti. Sembrano stelle alate che danzano nell'aria!". 
"Danzano! - ripeté con voce di pianto la madre - Forse vengono giù dal cielo dove hanno tenuto compagnia alla mia dolce Pandagian!". 
"E perché no? - aggiunse il padre con gli occhi pieni di lacrime - Perché no? Forse è proprio la nostra figlia diletta che ha mandato dal cielo una manciata di stelle come segno del suo perdono".
Da quella notte, quando le stelline alate, che furono poi chiamate lucciole, venivano a danzare nella radura e sui cespugli profumati, i familiari di Pandagian le guardavano commossi, sicuri che quello era il mezzo scelto dalla figlia per inviare il suo saluto e consolarli della sua lontananza.

Leggenda indonesiana


Non arrabbiarti mai per le critiche che ti rivolgono. Se non sono vere rispondi con un sorriso. Se sono fatte in malafede devi semplicemente ignorarle. Se invece sono vere non hai che da ringraziare chi te le ha rivolte, chiedere scusa e correggerti.

(Agostino Degas)




Ci sono persone troppo fragili, ed è proprio questa la loro debolezza, ma anche la loro bellezza: un’immensa fragilità, quasi fossero fatti di cristallo, così trasparenti e luminosi, ma difficili da maneggiare, anche per gli altri. Non resistono agli urti della vita, agli ostacoli, agli ammaccamenti, alle cadute.

(Ferzan Ozpetek)


[nella foto: Complementarietà - Scultura di J. Thorak]


L'uomo e la donna sono come l'acqua e la sete entrambi si completano. Insieme si è tutto. Da soli non si è nulla...



Buona giornata a tutti :-)




sabato 28 giugno 2014

La bicicletta di Dio -

In una calda sera di fine estate, un giovane si recò da un vecchio saggio: "Maestro, come posso essere sicuro che sto spendendo bene la mia vita? Come posso essere sicuro che tutto ciò che faccio è quello che Dio mi chiede di fare?". 
Il vecchio saggio sorrise compiaciuto e disse: "Una notte mi addormentai con il cuore turbato, anch'io cercavo, inutilmente, una risposta a queste domande. Poi feci un sogno. Sognai una bicicletta a due posti. 
Vidi che la mia vita era come una corsa con una bicicletta a due posti: un tandem. E notai che Dio stava dietro e mi aiutava a pedalare. 
Ma poi avvenne che Dio mi suggerì di scambiarci i posti. Acconsentii e da quel momento la mia vita non fu più la stessa. 
Dio rendeva la mia vita più felice ed emozionante. Che cosa era successo da quando ci scambiammo i posti? Capii che quando guidavo io, conoscevo la strada. Era piuttosto noiosa e prevedibile. Era sempre la distanza più breve tra due punti. Ma quando cominciò a guidare lui, conosceva bellissime scorciatoie, su per le montagne, attraverso luoghi rocciosi a gran velocità a rotta di collo. 
Tutto quello che riuscivo a fare era tenermi in sella! 
Anche se sembrava una pazzia, lui continuava a dire: «Pedala, pedala!». Ogni tanto mi preoccupavo, diventavo ansioso e chiedevo: «Signore, ma dove mi stai portando?». 
Egli si limitava a sorridere e non rispondeva. 
Tuttavia, non so come, cominciai a fidarmi. 
Presto dimenticai la mia vita noiosa ed entrai nell'avventura, e quando dicevo: «Signore, ho paura...», lui si sporgeva indietro, mi toccava la mano e subito una immensa serenità si sostituiva alla paura. 
Mi portò da gente con doni di cui avevo bisogno; doni di guarigione, accettazione e gioia. 
Mi diedero i loro doni da portare con me lungo il viaggio. 
Il nostro viaggio, vale a dire, di Dio e mio. 
E ripartimmo. Mi disse: «Dai via i regali, sono bagagli in più, troppo peso». Così li regalai a persone che incontrammo, e trovai che nel regalare ero io a ricevere, e il nostro fardello era comunque leggero. 
Dapprima non mi fidavo di lui, al comando della mia vita. Pensavo che l'avrebbe condotta al disastro. Ma lui conosceva i segreti della bicicletta, sapeva come farla inclinare per affrontare gli angoli stretti, saltare per superare luoghi pieni di rocce, volare per abbreviare passaggi paurosi. 
E io sto imparando a star zitto e pedalare nei luoghi più strani, e comincio a godermi il panorama e la brezza fresca sul volto con il delizioso compagno di viaggio, la mia potenza superiore. 
E quando sono certo di non farcela più ad andare avanti, lui si limita a sorridere e dice: «Non ti preoccupare, guido io, tu pedala!»".




In cosa sta, o consiste, l’essenza della dignità umana?
E’ una domanda alla quale non è facile rispondere, ma al contempo è difficile da non porsi, o da ignorare, oppure da eludere.
Una risposta per tutte: bisogna compiere il proprio dovere, fino in fondo, qualunque sia il sacrificio da sopportare.
Ci sono stati Grandi Uomini che non solo l’hanno dichiarato apertamente, ma sono vissuti e morti secondo questo principio, come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, e (pochi) altri.
Ma sebbene pochi di noi si trovino, o si troveranno mai, nella posizione e responsabilità di questi Uomini, bisogna capire che nessun atto, nessuna occupazione o lavoro sia meno importante di altre! Nel proprio piccolo TUTTI siamo corresponsabili dell’andamento della Società, cioè della Comunità Umana, e della nostra vita.
Se tutti agissero secondo questo Principio e secondo coscienza, il Mondo avrebbe delle chances per diventare un luogo veramente vivibile. 

(Anna Greco)



























...E’ bello fare lo sport, io non sono un grande sportivo, ma magari andare in montagna mi piaceva quando ero ancora più giovane, adesso faccio solo camminate molto facili, ma sempre trovo molto bello camminare qui in questa bella terra che il Signore ci ha dato. Quindi non possiamo sempre vivere nella meditazione alta, forse un Santo nell’ultimo gradino del suo cammino terrestre può arrivare a questo punto, ma normalmente viviamo con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo. Ambedue le cose ci sono date dal Signore e quindi amare le cose umane, amare le bellezze della sua terra non solo è molto umano, ma è anche molto cristiano e proprio cattolico...

Papa Benedetto XVI - dallo "Incontro con il clero della Diocesi di Belluno-Feltre e Treviso" - 24 luglio 2007 Auronzo di Cadore




Buona giornata a tutti :-)








venerdì 27 giugno 2014

Il cuscino del sacerdote -

C’era una volta una donna a cui non piaceva per niente quello che il vecchio sacerdote aveva da dirle. Arrivò il giorno in cui non riuscì più a sopportare le parole del suo pastore.
Sapeva che era tutto vero... “ ma ” la irritava tanto !
Allora cominciò a raccontare in giro tante storie false e cattive sul sacerdote per mettere tutti contro di lui con i suoi pettegolezzi. Tuttavia, più ne diceva, più si sentiva triste. Cominciò a pentirsi delle menzogne dette.
A un certo punto non ne poté più, e, in lacrime, si recò dal sacerdote per chiedergli perdono e disse :
“Ho raccontato tante bugie su di lei per favore, mi perdoni ! "
Il sacerdote non rispose subito. Sembrava immerso nei suoi pensieri e in preghiera. Alla fine disse:
“ Sì, ti perdono, ma prima devi fare una cosa ”.
“ Che cosa devo fare ? ” chiese lei, un po’ sorpresa.
Rispose lui, guardandola negli occhi : “Vieni con me in cima al campanile e ti farò vedere prima, però, devo prendere qualcosa dalla mia camera”.
Il sacerdote tornò con un gran cuscino sotto il braccio. La povera donna riusciva a stento a nascondere la sua sorpresa e la sua crescente curiosità. Sempre più perplessa, riusciva a stento a trattenersi dal chiedere a che cosa servisse il cuscino e perché stessero salendo in cima al campanile. Comunque, rimase in silenzio finché, un po’ affannati, raggiunsero la cima. Il vento soffiava dolcemente attraverso le grandi finestre. Dal campanile si vedeva tutta la campagna che circondava il paesino.
Improvvisamente, senza una parola, il sacerdote strappò la fodera del cuscino e buttò le piume fuori dal campanile.
Il vento e la brezza portarono le piume dappertutto: sui tetti, per le vie, sotto le macchine, sugli alberi, nei cortili dove i bambini stavano giocando, sulla strada... sempre più lontano...
Il sacerdote e la donna guardarono a lungo le piume che ondeggiavano nel vento.
Poi lui disse: “ Ora voglio che tu vada a raccogliere tutte le piume ! "
Con il fiato mozzo la donna disse : “ Raccogliere tutte le piume ? ma è impossibile ! ”
Disse il sacerdote: “ Lo so, quelle piume sono come le bugie che hai detto su di me. Non puoi fermare quello che hai iniziato, anche se ne sei pentita ”.
Quanti peccati possiamo commettere con la nostra lingua.
Dalle parole oziose, vacue, inutili, alle ben più gravi bestemmie contro il nostro Creatore e maledizioni scagliate contro il prossimo.
Dalle parole di vanità e di orgoglio, alle maldicenze recanti un grave danno alla reputazione di chi ne è vittima, magari senza ci sia un motivo giusto per farlo, tranne quello dell’invidia o del malanimo.
Peggio ancora le parole di calunnia, ossia pronunciare il falso a danno del prossimo giudicandolo e condannandolo a causa del nostro pregiudizio, macchiandoci così di un grave peccato contro la verità e la carità.

Il cristiano che spettegola in realtà non ama gli altri. Ricorda, puoi spegnere un fiammifero, ma non il grande incendio che un fiammifero può causare !




Fu domandato a un anziano eremita: "Che cosa è l'umiltà?".
Egli disse:"Che, se tuo fratello pecca contro di te, tu lo perdoni prima che egli ti testimoni il suo pentimento."

(Padre del deserto)



“La gioia, che è come il segno del cristiano... Una volta ho detto che ci sono cristiani con la faccia da peperoncino in aceto… Sempre la faccia così!
Anche l’anima così, questo è brutto! Questi non sono cristiani.
Un cristiano senza gioia non è cristiano.
E’ come il sigillo del cristiano, la gioia. Anche nei dolori, nelle tribolazioni, nelle persecuzioni pure”.

Papa Francesco Omelia Casa Santa Marta, 22 Maggio 2014





“ Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine. Il nostro Dio ha un cuore, anzi ha un cuore di carne. Si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e per risvegliare in noi l’amore per i sofferenti, per i bisognosi.”

(Dal discorso del Santo Padre Benedetto XVI, al termine della Via Crucis al Colosseo, 6 aprile 2007)




Buona giornata a tutti :-)

lunedì 9 giugno 2014

Il falco che non voleva volare -

Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perchè li addestrasse. Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
"E l'altro?" chiese il re.
"Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo".
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno potè schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
"Portatemi l'autore di questo miracolo" ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
"Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?" gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò:
"Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare".


Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo a cui siamo tenacemente attaccati, affinchè ci rendiamo conto di avere le ali.


Tutto il segreto è lì, nella volontà di fare della nostra esistenza la più bella e ricca avventura che ci è dato di vivere, nonostante tutto.

(Romano Battaglia)
Dialogo ai confini dell’anima



Non devi essere quello che non sei, qualcun altro. Devi andare d'accordo con te stesso. 
Pensa a tutto il tempo che devi trascorrere con te stesso... 
Se non hai stima di te stesso, come puoi pretendere che l'abbiano gli altri?

(Jerry Lewis, dal film: Le folli notti del dottor Jerryl) 






Buona giornata a tutti :-)






martedì 3 giugno 2014

La lezione di una farfalla -

Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco.
Dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l'uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo.
La farfalla uscì immediatamente.
Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L'uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all'altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.
Non successe nulla! In quanto, la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.
Non fu mai capace di volare.
Ciò che quell'uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l'intenzione di aiutare non capiva, era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinchè la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare. 
Era la forma con che Dio la faceva crescere e sviluppare.
A volte, lo sforzo é esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.
Se Dio ci permettesse di vivere la nostra esistenza senza incontrare nessun ostacolo, saremmo limitati. 
Non potremmo essere così forti come siamo. Non potremmo mai volare.



A volte sentiamo il cuore intenerirsi e già crediamo di amare Dio: potremmo ingannarci. Santa Teresa d'Avila afferma che l'amore ci fa sopportare, operare, lavorare senza posa; ci fa languire utilmente...
Si può essere freddi come il ghiaccio, eppure amare il Signore.

- beato Giuseppe Allamano - 



"...Ogni persona ha un significato tale da non poter essere sostituita nel posto che essa occupa nell'universo delle persone.
Tale è la maestosa grandezza della persona che le conferisce la dignità di un universo..."


(Emmanuel Mounier - Il Personalismo)




Chiesi a Dio

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi;
Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.
Domandai a Dio che mi desse salute per realizzare grandi imprese;
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l'umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita perché io potessi apprezzare tutto.
Signore non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno 
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, 
fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che io ho.

(Kirk Kilgour )

Buona giornata a tutti :-)


mercoledì 28 maggio 2014

Arrivare fino in fondo -

Un giovane monaco andò un giorno a trovare un vecchio monaco, carico di anni e di esperienza e gli disse:
“Padre mio, spiegami come mai tanti vengono alla vita monastica e tanto pochi perseverano, tanti tornano indietro”.
Il monaco rispose: 
“Vedi, succede come quando un cane ha visto la lepre. Si mette a correre dietro la lepre e abbaia forte. Altri cani sentono il cane che abbaia correndo dietro alla lepre e anch'essi si mettono a correre: sono in tanti che corrono insieme, abbaiando, però uno solo ha visto la lepre, uno solo la segue con gli occhi. E a un certo punto, uno dopo l'altro, tutti quelli che non hanno veramente visto la lepre e corrono solo perché uno l'ha vista, si stancano, si sfiancano. Colui che invece ha fissato gli occhi sulla meta in maniera personale, arriva fino in fondo e acchiappa la lepre”.
E diceva: 
“Vedi, ai monaci accade così. Soltanto quelli che hanno fissato gli occhi veramente sulla persona di Gesù Cristo, nostro Signore crocefisso, arrivano fino in fondo”.

Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto,
citato dal card. C. M. Martini nelle meditazioni "E' il Signore"



"Lotta sino alla morte per la verità e il Signore Dio combatterà per te."

- Siracide  4,28 - 



Preti di strada .....

Il curato d'Ars non si mosse mai dal suo modesto villaggio, e non solcò mai le strade della Francia. In compenso, tutte le strade della Francia condussero ad Ars.


Buona giornata a tutti :-)







venerdì 16 maggio 2014

La storia dei colori -

In principio i colori non esistevano, Dio aveva già creato il mondo, il cielo, il mare, le, montagne, le piante, i fiori e gli animali. Era tutto a posto, ma tutto in bianco e nero. La fantasia del Creatore però non poteva accontentarsi di un mondo così monotono e triste, e dal suo Amore fece esplodere la brillantezza del verde, lo splendore del giallo, la profondità del blu, il calore del rosso e tutti gli altri colori così belli e diversi che è impossibile descriverli.

Appena nati i colori erano pieni di entusiasmo e scorrazzavano felici a prendere possesso del creato, ma le cose non erano per niente semplici: l'azzurro riempì subito il cielo e il giallo colorò il sole, ma presto arrivò il grigio e li scacciò, portando un sacco di nuvole, poi cadde la notte e venne il blu e poi il nero. Il verde andò sulle foglie e sulle piante ma quando arrivò l'autunno dovette cedere il posto al giallo, al marrone, al rosso...

I colori cominciarono a litigare tra di loro, perché non erano capaci di stare insieme, ognuno voleva tutto per sé e non accettava le presenza degli altri: anche gli animali si trovavano a cambiare il colore della pelliccia o delle piume, con strani accostamenti oppure macchie e striature a causa della guerra tra i colori.

Poco alla volta la situazione peggiorò fino a diventare insostenibile: tutto cambiava di colore vorticosamente e non si poteva fissare gli occhi un attimo su qualcosa che subito cambiava di colore. I colori stessi, in origine così vivi e brillanti, avevano perso la loro bellezza e procuravano nausea.

"Ora basta! - disse il Padreterno - non posso lasciare il mondo in questo stato!", e con tutto l'impegno di cui era capace creò l'arcobaleno. Era più bello di qualunque cosa si potesse mai immaginare, e subito i colori smisero la loro folle giostra per fermarsi a contemplare la nuova creatura... poi tutti vollero farne parte, e con immensa meraviglia scoprirono che c'era un posto preciso per ciascuno: il rosso accanto al giallo, in mezzo l'arancione, poi il verde, l'azzurro il blu... con mille altre nuove sfumature una più bella dell'altra!

Era incredibile, ma i colori avevano fatto pace. Dopo la tempesta che aveva sconvolto il creato ora andavano tutti d'accordo, con gioia si cedevano il passo l'un l'altro, si prendevano per mano in accostamenti da sogno, si abbracciavano contenti per creare nuove tinte; il mondo era colorato dall'armonia dell'Amore.

Anche oggi i colori vivono in pace ed armonia; talvolta per ricordare l'origine della loro concordia (o per insegnarla ad altri) si riuniscono festanti nell'arcobaleno: la gioia dei nostri occhi e del nostro cuore, magico ponte che unisce il cielo e la terra, l'anima e il corpo, il passato e il futuro.







L'ordine e il caos

Esiste un aspetto ordinato della mente che permette all'intelletto di lavorare nell'ordine, e un aspetto disordinato che permette all'inconscio di manifestarsi. L'ordine perfetto esiste solo accanto al disordine. 
L'ordine totale in un giardino uccide il giardino.

- Alejandro Jodorowsky -



Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare"

- Seneca -





Buona giornata a tutti :-)






mercoledì 26 marzo 2014

L'equilibrista -

C'era una volta un celebre funambolo. Tutti riconoscevano la sua stupefacente abilità: nessuno ricordava di averlo mai visto vacillare o cadere.
Un giorno, il circo dove il funambolo lavorava si trovò in serie difficoltà finanziarie.
Il direttore propose al funambolo di alzare il filo e di aumentare la distanza del percorso per attirare più gente.
I lavoratori del circo avevano posto tutta la loro fiducia nel loro funambolo ed erano sicuri di ottenere un successo strepitoso.
Rivolgendosi ai suoi compagni di lavoro, il funambolo chiese loro: "Siete sicuri che ci riuscirò?".
Tutti risposero: "Abbiamo fiducia in te e siamo assolutamente certi che ci riuscirai".
L'esibizione del funambolo fu un grande successo. Ogni giorno la gente faceva la coda al botteghino del circo per assistere allo straordinario spettacolo di abilità e di coraggio.
Dopo un anno di successo, il direttore volle procurare al circo una maggiore risonanza e propose al funambolo una prestazione eccezionale per attirare ancora più gente. Propose di sistemare un cavo d'acciaio da una riva all'altra di una cascata vertiginosa e di invitare tutta la gente della regione, i giornalisti e le televisioni per quella esibizione senza precedenti.
Tutti i membri del circo rinnovarono la loro fiducia al funambolo. 

Questi non esitò e accettò la sfida.
Già pronto per la pericolosissima traversata sull'esile filo, chiese ancora una volta a tutti i compagni se erano sinceri nell'affermare una fiducia illimitata in lui.
"Sì!", gridarono tutti senza eccezione.
Il funambolo partì e l'impresa riuscì perfettamente, con tutti gli spettatori in delirio.
Improvvisamente il funambolo alzò una mano e chiese di parlare.
"La vostra fiducia in me è grandissima", disse.
"Certo", proclamò uno del circo a nome di tutti.
"Allora, vi voglio proporre una prodezza ancora più straordinaria!".
"Magnifico! Dicci che cos'è. La nostra fiducia in te è sconfinata: qualunque cosa proponi, accetteremo!".
"Propongo di camminare con una carriola su questo cavo d'acciaio e di fare il viaggio di andata e ritorno. Siccome la vostra fiducia nella mia abilità è senza limiti, chiedo a uno di voi di salire sulla carriola per fare con me la traversata".
Nessuno volle salire.


Gesù salì su una barca e i suoi discepoli lo accompagnarono.
Improvvisamente sul lago si scatenò una grande tempesta, e le onde erano tanto alte che coprivano la barca. Ma Gesù dormiva. 
I discepoli si avvicinarono a lui e lo svegliarono gridando: "Signore, salvaci! Stiamo per morire!".
Gesù rispose: "Perché avete paura, uomini di poca fede?" (Matteo 8,23-26).



In francese “faite” (fatta) e “fête” (festa) si pronunciano allo stesso modo. Ebbene un autore francese contemporaneo, Fréderic Dard, propone ai credenti di affiancare alla classica invocazione “Mon Dieu, que votre volonté soit faite!” (mio Dio, che la vostra volontà sia fatta), un “Mon Dieu, que votre volonté soit fête!” (Mio Dio, che la vostra volontà sia una festa). Dall'accettazione rassegnata di quanto ci càpita, quindi, alla gioia festosa, alla consapevolezza che la Provvidenza opera sempre per il nostro bene.



"Ho provato ad amare ogni cosa viva: un’oscura preparazione per amare te. Qui termina la mia vita precedente. Prendila. Mi ha portato fino a te”. 

– G.K.Chesterton -




Buona giornata a tutti :-)



lunedì 24 marzo 2014

Segreteria telefonica -

Che succederebbe se Gesú decidesse di installare una segreteria telefonica in Cielo?
Immagina, mentre stai pregando, di ricevere il seguente messaggio:

"Grazie per aver chiamato la Casa del Padre mio, per favore selezioni una delle seguenti opzioni:

Prema 1 per - Richieste
Prema 2 per - Azioni di Grazia
Prema 3 per - Invocazioni
Prema 4 per - Qualsiasi altra questione "


Immagina anche che Dio usi la famosa scusa: 

"E' nostro interesse ascoltarLa; però al momento, tutti gli Angeli sono impegnati ad ascoltare altri peccatori, per favore resti a pregare in linea per non perdere la priorità acquisita: la sua chiamata sarà accolta nell'ordine in cui e stata ricevuta."

Immagina di ricevere magari questo tipo di risposta: 

"Se desidera parlare con :

Maria - prema 5 
San Pietro - prema 6 
Arcangelo Michele - prema 7
altro Angelo - prema 8
Re Davide - prema 9 "

Ti immagini la scena seguente nella tua preghiera? 

"Il nostro computer segnala che Lei ha già chiamato oggi, riappenda immediatamente e liberi la linea per permettere che altri possano chiamare."

Oppure la seguente: 


"I nostri uffici sono chiusi nel fine settimana, per favore chiami lunedì."


Grazie a Dio: 
questo non succede. 

Grazie a Dio:
lo puoi chiamare nella preghiera quante volte ne hai necessità.

Grazie a Dio:
alla prima chiamata, Egli ti ascolta.

Grazie a Dio:
Egli risponde personalmente e ti conosce per nome.

Grazie a Dio:
Egli conosce le tue necessità ancora prima che le manifesti.

Grazie a Dio:
perché da noi dipende chiamarlo.

GRAZIE A DIO.





L'amicizia percorre danzando la terra,
recando a noi tutti l'appello di aprire gli occhi sulla felicità.

Epicuro
Sentenze Vaticane, 52




Noi siamo una lettera di Dio. 
Egli ha mandato te al mio indirizzo e me al tuo.


Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it