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venerdì 28 agosto 2015

Da: “Paura dell'infinito” - Dietrich Bonhoeffer -

La paura è in un certo qual modo il nostro principale nemico. Essa si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente finché egli crolla improvvisamente, senza opporre resistenza e privo di forza.
Corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo. 
Quando l’essere umano in pericolo tenta di aggrapparsi alle corde, queste si spezzano, ed egli, indifeso e disperato, si lascia cadere tra le risate dell’inferno. Allora la paura lo guarda sogghignando e gli dice: ora siamo soli, tu e io, e ora ti mostro il mio vero volto.
Chi ha conosciuto e si è abbandonato a questo sentimento in un’orribile solitudine — la paura di fronte a una grave decisione, la paura di un destino avverso, la preoccupazione per il lavoro, la paura di un vizio a cui non si può più opporre resistenza e che rende schiavi, la paura della vergogna, la paura di un’altra persona, la paura di morire — sa che è soltanto una maschera del
male, una forma in cui il mondo ostile a Dio cerca di ghermirlo. 
Non c’è nulla nella nostra vita che ci renda evidente la realtà di queste forze ostili al Creatore come questa solitudine, questa fragilità, questa nebbia che si diffonde su ogni cosa, questa mancanza di vie di uscita e questa folle agitazione che ci assale quando vogliamo uscire da questa terribile disperazione. 
Avete mai visto qualcuno assalito dalla paura? Il suo viso è orribile quando è bambino e continua a essere spaventoso anche da adulto: quella fissità dello sguardo, quel tremore animalesco, quella difesa supplichevole. 
La paura fa perdere all’uomo la sua umanità. Non sembra più una creatura di Dio, ma del diavolo; diventa un essere devastato, sottomesso.
Abbiamo paura della quiete. Siamo così abituati all’agitazione e al rumore, che il silenzio ci appare minaccioso e lo rifuggiamo. 
Passiamo da un’attività all’altra per non dover stare soli, per non essere costretti a guardarci allo specchio. Ci annoiamo, a tu per tu con noi stessi. Spesso le ore che siamo costretti a trascorrere in solitudine ci sembrano le più tristi e le meno fruttuose. 
Ma non abbiamo soltanto il timore di noi e di scoprirci; temiamo molto di più l’Onnipotente. Vorremmo evitare che disturbi la nostra tranquillità e ci smascheri, creando un rapporto esclusivo a due per poi disporre di noi secondo la sua volontà. 
Questo incontro misterioso ci preoccupa e cerchiamo di sottrarci a questa esperienza. Ci teniamo alla larga dal pensiero di Dio, per evitare che Egli arrivi inaspettatamente e ci rimanga troppo vicino. Sarebbe terribile doverlo guardare negli occhi e doversi giustificare. Dal nostro volto potrebbe scomparire per sempre il sorriso. Potrebbe, per una volta, accadere qualcosa di molto serio a cui non siamo più abituati.
Questa paura è una caratteristica della nostra epoca. Viviamo con l’ansia di essere improvvisamente avvolti e manovrati dall’infinito. 
Allora preferiamo vivere in società, andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore.
Nell’Apocalisse di san Giovanni leggiamo: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio» (14, 7). «Temete Dio», invece delle cose che vi fanno paura. 
Non temete il futuro, non temete gli altri uomini. 
Non temete la violenza e la forza, anche se possono privarvi dei vostri beni e della vostra vita. 
Non temete i potenti di questo mondo. 
Non temete nemmeno voi stessi. 
Non temete i peccati. 
Morirete a causa di tutti questi timori. 
Liberatevi da queste paure, ma temete Dio e soltanto Lui, che ha autorità su tutti i poteri terreni. Davanti a Lui deve provare timore tutta la Terra.
Può darci la vita o privarcene. Tutto il resto non ha importanza, solo il Signore conta. 
Che cosa ci chiederà il Padre nell’ultimo giorno? Soltanto una cosa: «Avete creduto al Vangelo e gli avete ubbidito?». Non domanderà se eravamo tedeschi o ebrei, se eravamo nazisti oppure no, e nemmeno se facevamo parte della Chiesa confessante, se eravamo persone influenti e di successo, se possiamo vantarci di grandi opere, se eravamo rispettati oppure malvagi, insignificanti, inutili e sconosciuti. Il nostro unico giudice sarà il Vangelo. 
Perché io sono proprio io? Che cosa sono davvero? Chi sono?
Perché esisto? Da dove arrivo? Qual è il mio fine? Cosa ne sarà di me? 
Sono queste le domande che l’umanità si pone da sempre. L’uomo si sente aggredito da una forza superiore, da tutto un mondo, dal suo stesso io; allora comincia a indagare, a cercare, ad arrovellarsi e procede di scoperta in scoperta, sentendosi sempre più inquieto. Di fronte a se stesso viene colto da una grande paura. Per la prima volta è toccato dalla miseria dell’essere umano e il cuore si contrae nella consapevolezza della sua mancanza di libertà. A questo punto reclama una cosa soltanto: la liberazione dal demone delirio e dal suo dominio, la redenzione. 
Come posso salvare il mio io? Come posso diventare libero? Come posso dare una forma a ciò che non ne ha e organizzare ciò che è privo di coerenza?
Come posso dominare il caos?
In ogni tempio greco antico erano riportate queste parole: «Conosci te stesso!». Solo in questo modo diventerai padrone del tuo io. È un’esperienza che può fare ognuno di noi: nessuno riesce realmente a conoscersi nel corso della sua vita. Siamo e rimaniamo ignoti a noi stessi, soltanto Dio è in grado di vedere davvero dentro di noi.
Se ci lambicchiamo il cervello ci procuriamo soltanto grandi tormenti: sappiamo bene che questo atteggiamento conduce alla disperazione e non al sollievo. 
Quindi è necessario percorrere un’altra via: non quella della conoscenza di sé, ma il dominio e la formazione di sé attraverso la volontà.
Perché il problema della debolezza è così importante? 
Hai mai visto nel mondo un mistero più grande dei poveri, dei vecchi, dei malati. 
Hai mai pensato a come appare la vita a uno storpio, a un infermo senza speranza, a una persona sfruttata, a un nero in un ambiente di bianchi, a un intoccabile? Se lo hai fatto, riesci a sentire che in quei casi l’esistenza ha un significato diverso da quello che le attribuisci tu? Comprendi che anche tu, comunque, appartieni alla categoria degli sfortunati, perché anche tu sei un essere umano come loro, perché sei forte e non debole, perché in tutti i tuoi pensieri avvertirai la loro fragilità? Non ci siamo resi conto che non potremo mai essere felici finché questo universo della debolezza, da cui forse finora siamo stati risparmiati ci rimane estraneo e sconosciuto, distante, finché lo teniamo lontano dalla nostra portata, in modo consapevole o inconsapevole?
Che cosa significa debolezza nel nostro mondo? Sappiamo che fin dai primi tempi fu rimproverato al cristianesimo di rivolgere il suo messaggio ai deboli: era considerato la religione degli schiavi, di quelli che soffrono di complessi di inferiorità; si diceva che dovesse il suo successo alla massa di
disperati dei quali ha esaltato la condizione di miseria. È stato proprio l’atteggiamento nei confronti del problema del male nel mondo che ha attirato simpatie oppure odio per questa confessione. Ha sempre prodotto l’opposizione forte e sdegnata di una filosofia aristocratica che esaltava la forza e il potere, in contrapposizione con i nuovi valori di rifiuto della violenza ed esaltazione dell’umiltà.
Anche nella nostra epoca siamo testimoni di questa lotta. Il cristianesimo resiste o fallisce con la sua protesta rivoluzionaria contro l’arbitrio e la superbia del potente, con la sua difesa del povero.
Credo che i cristiani facciano troppo poco, e non troppo, per rendere chiaro questo concetto. 
Si sono adattati troppo facilmente al culto del più forte. Dovrebbero dare molto più scandalo, scioccare molto più di quanto facciano ora.

- Dietrich Bonhoeffer - 

in “L'Osservatore Romano” del 9 aprile 2015
Scritti inediti di Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, sono appena apparsi nel volume dal titolo "La fragilità del male" (Milano, Piemme, 2015, pagine 176, Stralcio dal primo capitolo)





"I figli di Dio non devono avere quaggiù altra patria che l’universo intero. Con la totalità delle creature ragionevoli che ha contenuto e contiene e conterrà, il nostro amore deve avere la stessa estensione attraverso tutto lo spazio.
Ogni qual volta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Crisna, Budda, Il Tao ecc. il Figlio di Dio ha risposto inviandogli lo spirito Santo e lo Spirito Santo ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizi
one religiosa, ma dandogli luce e nei migliori dei casi la pienezza della luce all’interno di tale tradizione.
Poiché in occidente la parola Dio, nel suo significato corrente, disegna una persona, quegli uomini nei quali l’attenzione, la fede e l’amore si applicano quasi esclusivamente al perfetto impersonale di Dio, possono credere e dirsi atei, sebbene l’amore soprannaturale abiti nella loro anima.
Costoro sono sicuramente salvati e si riconosce dal loro atteggiamento verso le cose di quaggiù, quelli che possiedono allo stato puro l’amore per il prossimo e l’accettazione dell’ordine del mondo compresa la sventura, costoro sono tutti sicuramente salvati, anche se vivono e muoiono in apparenza atei". 

- Simone Weil -



"Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi.
Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.
In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi." 

- Giacomo Leopardi - 





Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.

(Primo Levi)


Titolo della poesia "11 febbraio 1946". 
Fa parte della raccolta "Ad ora incerta"


Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 2 luglio 2015

Essendo un amante della libertà... - Albert Einstein

Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania, guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità.
Ma le università vennero zittite.
Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà.
Ma anche loro, come le università vennero ridotti al silenzio, soffocati nell'arco di poche settimane.
Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità.
Io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa prima, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l'ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo confessare che ciò che io una volta disprezzavo, ora lodo incondizionatamente. »

(Albert Einstein)
Fonte: dichiarazione di Albert Einstein pubblicata da Time magazine,
23 dicembre 1940, pag. 40



"Senza la religione l’umanità si troverebbe oggi ancora allo stato di barbarie.
E’ stata la religione che ha permesso all’umanità di progredire in tutti i campi."

- Albert Einstein - 


La strage di Rignano sull'Arno

Nella foto la famiglia di Robert Einstein cugino di Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica nel 1921. Albert si trasferì in America a causa delle persecuzioni antisemite che già imperversavano in Germania e in Europa. Quando Adolf Hitler salì al potere nel gennaio 1933, Einstein era professore ospite all'Università di Princeton.
Nello stesso anno i nazisti promulgarono "La Legge della Restaurazione del servizio Civile" a causa della quale tutti i professori universitari ebrei furono licenziati e durante gli anni trenta fu condotta una campagna da parte di professori tedeschi (premi Oscar) che etichettò i lavori di Einstein come "fisica ebraica", in contrasto con la "fisica tedesca" o "ariana".

Il 3 agosto 1944, nel corso della II^ guerra mondiale, a Rignano sull’Arno, Firenze, Italy, avvenne la strage della famiglia Einstein, nota anche come strage di Rignano e strage del Focardo. Dopo un sommario e violento interrogatorio furono fucilate tre donne: Cesarina (detta Nina) Mazzetti, Luce ed Annamaria (detta Cicì) Einstein, rispettivamente moglie e figlie di Robert Einstein, cugino del celebre scienziato Albert Einstein.
La casa fu data a fuoco, mentre Lorenza, Paola e l'altra cugina, Anna Maria Bellavite furono rinchiuse in una stanza buia e risparmiate dalla furia omicida. Dal suo rifugio nei boschi della vallata, Robert vide le fiamme e, scoprendo la strage della sua famiglia tentò vanamente il suicidio.
La mattina del 4 agosto 1944, tra le fiamme di Villa Il Focardo, un foglio attaccato a un albero: “Abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei.” In realtà Cesarina Mazzetti, figlia di un pastore protestante, non era ebrea e così le due figlie. L'unica loro colpa era di portare il nome degli Einstein.
Robert Einstein si tolse la vita il 13 luglio 1945 in occasione di quello che avrebbe dovuto essere il giorno del suo 32º anniversario di matrimonio con Nina. Fu sepolto accanto alla sua famiglia nel cimitero della Badiuzza.

Albert Einstein rinunciò alla cittadinanza tedesca e svizzera e restò negli Stati Uniti fino alla morte.


Buona giornata a tutti. :-)







martedì 27 gennaio 2015

Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! - Voltaire -

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura. Fa' sì che questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, ne delle mani per sgozzarci a vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera.
Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.
Fa' in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa' che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio del fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza", e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c'è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime, come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'attività pacifica! Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.


Voltaire, Trattato sulla tolleranza, 1763


Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

Elie Wiesel, La notte 




“Non lontano da noi delle fiamme salivano da una fossa, delle fiamme gigantesche. Vi si bruciava qualche cosa. Un autocarro si avvicinò e scaricò il suo carico: erano dei bambini. Dei neonati! Sì, l’avevo visto, l’avevo visto con i miei occhi…dei bambini nelle fiamme. C’è dunque da stupirsi se da quel giorno il sonno fuggì i miei occhi?”

Elie Wiesel, La notte 




“Un giorno riuscii ad alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di fronte: non mi ero più visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più”. 

- Elie Wiesel -


“Perché comprendere è impossibile ma conoscere è necessario”.

- Helga Schneider -



“Ho fatto un sogno,
Un sogno così terribile;
Il mio popolo non c’era più!
Mi sveglio con un grido,
Ciò che avevo sognato è vero:
Era successo davvero
Era successo a me.” 

- Yitzhak Katzenelson -


 "La realtà è un olocausto"
dipinto di Lucia Ghirardi


Per non dimenticare.... buona giornata a tutti. :-)





lunedì 7 ottobre 2013

Dio ama ciò che è perduto - Bonhoeffer Dietrich -



“Dio non si vergogna
della miseria dell’uomo,
vi entra dentro,
sceglie una creatura umana come suo strumento
e compie meraviglie
lì dove uno meno se le aspetta. Dio è vicino alla bassezza,
ama ciò che è perduto,
ciò che non è
considerato,
l’insignificante,
ciò che è emarginato,
debole e affranto;
dove gli uomini dicono ‘perduto’,
lì Egli dice ‘salvato’;
dove gli uomini dicono ‘no!’,
li Egli dice ‘si’!
Dove gli uomini distolgono
con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo,
lì Egli posa il Suo sguardo
pieno di un amore ardente incomparabile.[...]
Dove nella nostra vita
siamo finiti in una situazione
in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio,
dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi,
dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita,
lì Egli vuole irrompere
nella nostra vita,
lì ci fa sentire il Suo approssimarsi,
affinché comprendiamo
il miracolo, del Suo amore,
della Sua vicinanza
e della Sua Grazia”.


(Bonhoeffer Dietrich)



Da un uomo grande c’è qualcosa da imparare anche quando tace. 

- Seneca -





Tanto l’orgoglio quanto l’umiltà cercano il silenzio interiore. L’orgoglio tenta di imitare il silenzio di Dio con una forzata immobilità. Ma il silenzio di Dio è la perfezione della Vita Pura ed il silenzio dell’orgoglio è silenzio di morte.

- Thomas Merton - 


Se i soli cristiani fossero già capaci di tradurre in atto la parola di Pietro: «non ho né oro né argento» non ho riserve, niente di superfluo, il corso di molte evoluzioni storiche sarebbe rovesciato. 
Basterebbe perché si stabilisse sulla terra una maggiore giustizia. 
Le generazioni che salgono si allontanano da noi cristiani che parliamo volentieri di sicurezza in Dio, mentre abbiamo spesso bisogno di tante assicurazioni in oro ed argento.

- Roger Schutz - 



























Preghiera per la sera

Resta con noi, Signore,
perché viene la notte.
Resta con noi
che siamo così spesso rattristati
da tutte le notizie che vediamo e ascoltiamo.
Resta con noi che non sappiamo
leggere il senso delle cose più semplici,
che abbiamo tra le mani.
Resta con noi
e trasforma in gioia
le nostre amarezze e la nostra sfiducia,
i nostri scetticismi e le nostre paure.
Resta con noi,
tu che sei risorto
e ci doni la grazia del tuo Spirito.
Resta con noi
e insegnaci a trasformare il cuore del mondo.

- Cardinale Carlo Maria Martini -



Buona giornata a tutti :-) 

www.leggoerifletto.it








martedì 30 ottobre 2012

Signore, ho bisogno di amarti – Padre Giacomo Perico S.J. -

Signore, devo riconoscere che non sei ancora nella mia vita,
come lo sono gli amici più cari.
Eppure tu mi hai amato prima ancora che io entrassi nel tempo.
Talvolta, mi capita di chiamarti con istintiva sincerità;
ma lo è quasi sempre nei momenti più duri,
quando mi sento travolto dai fatti.


Poi, via via, la tua figura sfuma tra le cose e quasi sparisce.
Ciò che più mi sorprende è l'indifferenza che a tratti mi assale nei tuoi confronti: e allora mi diventa difficile pregare,
mi sanno di eccessiva durezza perfino le tue leggi di vita.

Signore, ho bisogno di amarti di più.

Metti dentro di me l'idea che la mia vita è nelle tue mani,
e che tu l'amministri in ogni istante con squisite attenzioni di affetto.
Metti in cima ai miei pensieri la certezza che sei tu la "ragione prima" del mio esistere.

Signore, ho bisogno di amarti anche perché sono peccatore;
la tua divina fantasia di soccorso supera di gran lunga la mia fragilità.
Ripetimi la parabola della pecora smarrita:
la porterò con me come se fosse la mia piccola povera storia.

Sono felice che tu stesso me l'abbia raccontata.

(Padre Giacomo Perico S.J.)






La preghiera nel campo di concentramento:

“Madre santissima,
per amore tuo mi offro a rimanere in questo duro carcere,
anche se agli altri sarà concesso di tornare a casa.
Rimarrò qui nella dimenticanza e nel disprezzo,
senza amici e senza alcun conforto,
a patire per Te.
Mi offro particolarmente a Te, o Maria,
affinché incontri la morte in questo campo tra uomini ostili ed indifferenti”.


(San Massimiliano Kolbe)






Quando nebbia e amarezza avvolgono il mio cuore,
fa' che io possa gioire sempre in te, Signore.
Insegnami a collocare i miei occhi davanti a te
che sei specchio dell'eternità,
di ciò che non passa e resta sempre,
la mia anima nello splendore della gloriosa luce
della tua risurrezione,
il mio cuore in te, perché vedere te è vedere il Padre.
Tu che sei fatto in tutto simile a me, trasformami in te,
e la mia vita si apra alla dolcezza di amare e essere amata.

- Santa Chiara d'Assisi -





Buona giornata a tutti. :-)


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