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lunedì 31 dicembre 2018

Dopo un anno di cammino, ci voltiamo indietro e guardiamo le orme dei nostri passi

Fine anno.
Tempo di riflessioni, di bilanci. Soprattutto tempo di speranze. Perché, come diceva Leopardi nel suo “Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggero”, “Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?”.
Pensieri si rincorrono nella mente, attimi bui mitigati da quelli felici: una girandola vorticosa di emozioni variegate.
Ma, giustamente, il nostro cuore è già lanciato oltre il traguardo della mezzanotte, e si aggira speranzoso nelle prime luci del nuovo anno per assaporarne il gusto ancora acerbo.
In questa circostanza anch’io non mi sottraggo al vaticinio dei sogni, auspicando un nuovo umanesimo che trasformi le menti e i cuori, in un mondo dove l’odio sia bandito e la ragione conquisti l’agone. Dove nessuno venga più lasciato solo, ma accompagnato nella dimensione autentica di solidarietà.
Un mondo dove i bambini siano tali e non soldati, le ragazze possano crescere libere, le donne non vengano uccise in nome di una tragica parodia d’amore. Dove la miseria sia sconfitta.
Soprattutto lasciatemi rivolgere un immenso augurio a voi, amiche mie carissime e amici cari, che mi avete accompagnato in questa pagina con affetto, intelligenza e partecipazione. Che l’anno in arrivo vi doni le emozioni più belle e s’affanni a realizzare i vostri sogni. Che i giorni futuri si accapiglino per esservi complici.
Che l’amore vi sommerga: senza misura, perché come diceva Sant’Agostino “La misura dell'amore è amare senza misura”.
E per me l’augurio di percorrere il nuovo anno imparando: da voi, dalla vita, da ogni sentire.
Di essere portatore di valori di profonda umanità. Sperando di poter essere qualcosa per tanti. Per cogliere in uno sguardo l’essenza di ogni parola, ormai divenuta inutile. Ma per avere sempre parole per chi le desidera. Parole che siano semplici e tenere come lievi carezze, mai sferzanti e intrise di giudizi.
Vorrei donare emozioni, con cuore di creta e braccia di ferro.
Vorrei essere migliore.
Rinnovando spesso le mie speranze e i miei impegni, perché, come disse Gramsci, “voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno”.
Felice anno a Voi!

- Stefano Marchesotti -  



Filastrocca di Capodanno:
fammi gli auguri per tutto l’anno
voglio un gennaio col sole d’aprile;
un luglio fresco, un marzo gentile;
voglio un giorno senza sera:
voglio un mare senza bufera;
voglio un pane sempre fresco;
sul cipresso il fior del pesco;
che siano amici il gatto e il cane;
che diano latte le fontane.
Se voglio troppo, non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente.” 

- Gianni Rodari -



Quest’oggi, ultimo giorno dell’anno, volgendo lo sguardo ai mesi trascorsi, sgorga naturale il desiderio di rendere grazie a Dio: chiedere perdono per le colpe commesse e le mancanze registrate, confidando tutto alla misericordia divina; e, poi, rendere grazie per quanto Dio, ogni giorno, ci ha donato. 

Per questo cantiamo il Te Deum, lodiamo Dio e gli diciamo grazie per il bene che ci ha elargito e che ha segnato i vari momenti dell’anno ormai al suo termine: «Salva il tuo popolo, Signore, e benedici la tua eredità… Per tutti i giorni ti benediciamo e lodiamo il tuo nome nei secoli dei secoli. Amen!». 

- San Giovanni Paolo II - 
Roma, 31 dicembre 1997




Carissimi amici ed amiche, 
dopo un anno di cammino, ci voltiamo indietro e guardiamo le orme dei nostri passi. 

Non cancelliamo il percorso fatto, ma lo rileggiamo con il senno di poi.



Guardiamo in faccia i successi e gli errori e troviamo il coraggio di chiamarli con il loro nome. 
Senza presunzione e senza falsa umiltà.
Quindi si può ripartire. 
Con un cuore meno vecchio.
Con un'anima più trasparente. 
Sbaglieremo ancora.
Ancora usciremo di strada. 
Ancora ripartiremo.
Chi ha accettato nella propria vita il dono della fede percorrerà il proprio cammino con la speranza che c'è una meta: un Dio di misericordia - Padre, Figlio e Spirito Santo - che ancora si ostina ad amarci. 

Vivere in questa speranza è il miglior augurio che io possa formulare per il nuovo anno.

Buon 2019







lunedì 24 dicembre 2018

La Notte Santa - Guido Gozzano

Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.


Il campanile scocca
lentamente le sei.
- Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe


Il campanile scocca
lentamente le sette.

- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.


Il campanile scocca
lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.


Il campanile scocca
lentamente le nove.
Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
 

Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…

Il campanile scocca
lentamente le dieci.
Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.


Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
- Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…


Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
È nato!
Alleluja! Alleluja!


È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!


Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill’anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!


Risplende d’un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.
È nato!
Alleluja! Alleluja!


- Guido Gozzano -




La cena della vigilia, la famiglia è riunita, anche se le sedie non bastavano ed erano diverse o prese a prestito da un vicino non importava. 
Era la sera dei "miracoli" tutto poteva succedere ... 
La magia del Natale è unica.

Caro Gesù,
dà la salute a Mamma e Papà
un po’ di soldi ai poverelli,
porta la pace a tutta la terra,
una casetta a chi non ce l’ha
e ai cattivi un po’ di bontà.
E se per me niente ci resta
sarà lo stesso una bella festa.


- Mario Lodi -





"Il presepe costituisce una familiare e quanto mai espressiva rappresentazione del Natale. È un elemento della nostra cultura e dell’arte, ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto "ad abitare in mezzo a noi" 

- San Giovanni Paolo II, papa - 





Buona Santa Notte a tutti. :-)

Auguri a Francesca, Laura, Daniela, Gabriele, Mario, Marco 

e a tutti voi cari amici ed amiche.




domenica 4 novembre 2018

San Carlo Borromeo, il primo miracolo dopo due giorni dalla sua morte -

San Carlo Borromeo fu canonizzato da papa Paolo V con una solenne – forse sarebbe meglio scrivere: grandiosa – celebrazione in San Pietro il 1° novembre 1610.
Era morto appena ventisei anni prima, all’alba del  3 novembre 1584, a quarantasei anni d’età, e – come scrive la Lettera Remissoria per la sua canonizzazione –

“udita la notizia della sua morte, il lutto della città di Milano fu simile a quello che vi è solitamente in occasione della grandi calamità. Tutti, infatti, si disperarono, soprattutto quelli che ricevevano benefici da lui, e, in primo luogo, i poveri.”

Due giorni dopo la sua morte si ebbe notizia del primo miracolo attribuito alla sua intercessione: una donna, Costanza Rabbia, recatasi a venerare la salma ancora esposta nel palazzo Arcivescovile, toccò con il braccio paralizzato il corpo di san Carlo e immediatamente guarì. 
Si contarono almeno cento miracoli da allora al 1601 (27 novembre), quando il Consiglio Generale di Milano a nome dell’intera cittadinanza – sollecitato dalla Congregazione degli Oblati – indirizzò al Papa la supplica per la canonizzazione dell’arcivescovo.
Va precisato che in quel tempo non esisteva il passaggio della “beatificazione”, che si andò affermando successivamente o, per lo meno, negli stessi anni della canonizzazione di san Carlo.  
La beatificazione appariva come la concessione di poter venerare un “candidato” alla canonizzazione, del quale era certa la canonizzazione stessa, ma non si era ancora completato il lungo e severissimo iter canonico. 
Non a caso si considera come “prima beatificazione” quella di sant’Ignazio di Loyola, beatificato il 27 luglio 1609 e canonizzato il 12 marzo 1622. 
Accade la stessa cosa per san Carlo: gli Oblati, dovendo pubblicare la biografia di san Carlo ad opera del Bescapè chiesero il permesso di poterla indicare come “vita del Beato Carlo Borromeo”, essendo ormai imminente la canonizzazione ed essendo anche ormai pronta quella biografia, scritta in vista della canonizzazione stessa.
Un tempo brevissimo, dunque, quello trascorso tra la morte di san Carlo e la sua canonizzazione, segno della convinzione sicura della sua santità, che scuoteva e provocava alla devozione e all’imitazione.
Mi sovvengono al riguardo le parole che papa Giovanni Paolo II usò nella sua Lettera per il sedicesimo centenario della morte di sant’Ambrogio, Operosam diem (1° dicembre 1996):

“E’ proprio dei Santi restare  misteriosamente contemporanei  di ogni generazione: è la conseguenza del loro profondo radicarsi nell’eterno presente di Dio” (n.3).

           Mi piace “aggiornare” questa citazione con le parole dell’omelia di Benedetto XVI nella solennità di Tutti i Santi 2006:

“Guardando al luminoso esempio dei santi (possiamo) risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia dei amici di Dio. […] L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le loro stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per  l’uomo è vivere lontano da Lui”.

Mi è piaciuto immaginare che San Carlo mi parlasse in modo diretto, confidenziale.
E’ una mia riflessione; è quello che direbbe a me e che condivido con chi mi legge. Non mi pongo, dunque, come maestro, ma come confratello che desidera aprire il suo cuore a dei confratelli, condividere con loro – con voi – quello che sento in questo tempo importante per il mio e nostro cammino di sequela, di servizio a Dio e ai fratelli.

- Mons. Ennio Apeciti -
Fonte: Ritiro spirituale – Oblati Missionari – Rho – 23 marzo 2010
“Quaderni degli oblati diocesani 35”-pagg.9-10-11

“Miracolo della gamba incancrenita”, anonimo (XVII secolo)
Duomo di Milano. ". Lato destro della navata centrale, campata 9
(Foto di Giovanni dall’Orto, 6 dic. 2007)

Ciò che mi attira verso di Voi, Signore,
siete Voi!
Voi solo, inchiodato alla Croce,
con il corpo straziato tra agonie di morte.
E il Vostro amore
si è talmente impadronito del mio cuore
che, quand’anche non ci fosse il Paradiso,
io Vi amerei lo stesso.
Nulla avete da darmi
per provocare il mio amore
perché quand’anche non sperassi ciò che spero,
pure Vi amerei come Vi amo.
Amen.

San Carlo Borromeo
Arona, 2 ottobre 1538 - Milano, 3 novembre 1584

O Gloriosissimo San Carlo,
modello per tutti di fede, di umiltà,
di purità, di costanza nel patire,
di ogni più eletta virtù, voi che arricchito
dall'Altissimo dei doni più eccelsi,
tutti li impiegaste nel promuovere
la gloria di Dio e la salvezza delle anime
fino a restar vittima del vostro zelo,
impetrateci dal Signore, vi supplichiamo,
la grazia di essere vostri imitatori,
come voi lo foste di Gesù Cristo.

Otteneteci ancora, vi preghiamo,
lo spirito di sacrificio, lo zelo indefesso
per il bene dei nostri fratelli, la fedeltà a Dio,
l'amore alla Chiesa, la rassegnazione
nelle avversità e la perseveranza nel bene.

E voi, Dio delle misericordie,
e Padre di ogni consolazione,
che vedete i mali onde è afflitta
la cristiana famiglia, deh !
muovetevi a pietà di noi,
soccorreteci e salvateci.

Non guardate, no, ai nostri meriti,
ma a quelli del vostro servo e nostro
protettore San Carlo.

Esaudite le sue preghiere a favor nostro,
ora che trionfa nei Cieli, come esaudite
quelle che vi innalzava pel suo popolo
quaggiù sulla terra. Così sia!


Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 22 ottobre 2018

«Lasciatemi andare alla casa del Padre» - San Giovanni Paolo II, 22 ottobre 2018 memoria liturgica

«Lasciatemi andare alla casa del Padre». 
Cosa daremmo per averle potute sentire di persona queste parole sussurrate da Giovanni Paolo II con quel poco di respiro che gli restava, le ultime uscite dalla sua bocca stando al documento apparso ieri sugli Acta Apostolicae Sedis, la gazzetta ufficiale vaticana. 
Erano quasi le 15.30 di sabato 2 aprile, sei ore prima della morte. 
La voce era «debolissima», la parola «biascicata», come dicono ora le pagine che ripercorrono le settimane precedenti la morte di Papa Wojtyla con la precisione del documento destinato a far testo e insieme con una toccante devozione che sborda dalle righe della ricostruzione storica. Il Papa era ormai «morente», ma «in lingua polacca» chiedeva appunto di non trattenerlo più. Una richiesta che collideva con l'affetto di chi l'accudiva, ma così ferma da non ammettere obiezione. 
Quella era la sua ora, alla quale si andava preparando da lungo tempo: una volta giunta, la stava vivendo sino in fondo, senza ombra di paura e anzi con la dedizione consapevole che si mette quando si è nel pieno delle proprie forze. La coscienza gli si faceva sempre più flebile (poco prima delle 19 di quel tristissimo sabato viene annotato «il progressivo esaurimento delle funzioni vitali»), ma Karol Wojtyla con quell'ultima frase sembra voler pronunciare anche lui il suo «consummatum est», tutto è compiuto, conformandosi sino all'ultimo istante al Cristo che l'aveva chiamato a portare la sua stessa croce, a mostrare al mondo le sue piaghe. 
È la cronistoria ufficiale a ricorrere all'immagine della Via Crucis mentre mette in fila gli eventi dal 31 gennaio alla morte: e la sofferta benedizione dalla finestra dello studio privato mercoledì 30 marzo diventa «l'ultima statio pubblica» di una via «penosa», il commiato dal mondo. 
Il resto filtrerà dalla sala stampa vaticana nei tre giorni dell'agonia, in un succedersi di bollettini via via sempre più drammatici, angosciosi. Noi qui a scrutare quella finestra, sperando in una nuova prodigiosa ripresa dell'uomo che aveva condotto la storia a seguire un corso inaspettato, capace di sprigionare un'energia interiore che ce lo fa quasi credere immortale. Lui che, intanto, presente il Padre ad aspettarlo nella sua casa per un abbraccio che ora scorge davvero vicino, forse mai come in quelle ore desiderato, atteso con l'ansia di chi l'ha interiormente preparato in ogni dettaglio. 
Lasciatemi andare, dice infatti, come a voler fermare dolcemente l'affaccendarsi dei medici che ne monitorano i parametri vitali e li vedono spegnersi, almeno secondo gli standard clinici, proprio mentre un'altra vita non rilevabile ai monitor prende possesso della sua anima. Gli Acta intrecciano precisione medica e delicatezza umana, l'impronta della scienza e quella della santità, regalandoci un testo contrappuntato dalla commovente fedeltà del Papa a una vita spesa nella preghiera, sino all'estremo. 
La «visibile partecipazione» con la quale segue gli atti liturgici, le letture, il ripetersi di consuetudini spirituali alle quali mai è venuto meno è documentata fino al sopraggiungere del coma finale. Avremmo voluto esserci in quell'ultima ora, e in realtà tutti eravamo lì, in quella stanza, con la preghiera. 
Queste poche pagine semplicemente ora completano quel che già si sapeva e ci consentono di vedere la scena, nitidamente: «Secondo una tradizione polacca, un piccolo cero acceso illuminava la penombra della camera, ove il Papa andava spegnendosi». 
Lasciamolo andare, allora: è lui a chiedercelo, e al Papa non si può dir di no. 
Quella luce nella nostra penombra - lo sappiamo - è destinata a non consumarsi più.

L'ultimo passo, senza paura
Diario ufficiale dell'addio di Giovanni Paolo II
Francesco Ognibene -"Avvenire" 19 settembre 2005



Nell'esprimere affettuosa solidarietà a coloro che soffrono, li invito a contemplare con fede il mistero di Cristo, crocifisso e risorto, per arrivare a scoprire nelle proprie vicende dolorose l'amorevole disegno di Dio.  

- san Giovanni Paolo II, papa -




Beata Vergine Maria, 
la tua nascita ci riempie tutti di grande gioia.
In te rifulge l’aurora della redenzione;
perché tu hai partorito per noi Cristo, sole di giustizia.
Come Madre del Salvatore del mondo e come Madre della Chiesa
tu ci aiuti ad incontrare nella nostra vita il Cristo.
Tu, Vergine sempre pura e senza macchia,
ci guidi sulla via sicura
e ci fai uscire dalle tenebre del peccato e della morte
verso la divina luce del tuo Figlio,
che nello Spirito Santo ci ha riconciliati con il Padre celeste
e, attraverso il servizio della Chiesa,
continua a riconciliarci con lui.
Santa Madre di Dio, questo santuario a Dux
porta il tuo nome: “Maria della consolazione”.
Qui sei venerata come “Nostra Signora del Liechtenstein”.
Dinanzi alla tua amata immagine
pregano i fedeli di tante generazioni.
Qui si è inginocchiato, in tempi difficili e perigliosi, il principe del Paese,
e ha affidato a te, consolatrice degli afflitti e Regina della pace,
a sua famiglia e tutto il popolo del Liechtenstein.
Oggi sono io, capo supremo della Chiesa di Cristo,
che mi inginocchio in questo santo luogo
e consacro al tuo cuore immacolato
la casa reale, il Paese e il popolo del Liechtenstein.
Pieno di fiducia affido a te le sue famiglie e comunità,
i responsabili della Chiesa, dello Stato e della società,
i bambini e i giovani, i malati e gli anziani,
i morti, che nelle tombe attendono la risurrezione.
Affido alla tua potente intercessione tutto il popolo di Dio
e professo che tu sei la “Mater fortior” per noi tutti.
Sì, la Madre più potente!
Tu, Madre di Dio, sei più forte di tutte le potenze nemiche di Dio,
che minacciano il nostro mondo e il nostro stesso Paese.
Tu sei più forte delle tentazioni e degli assalti,
che vogliono strappare l’uomo da Dio e dai suoi Comandamenti.
Tu sei più forte di ogni ambizione egoistica e personalistica,
che oscura all’uomo la visione di Dio e del suo prossimo.
Tu sei più forte, perché tu hai creduto,
hai sperato e hai pienamente amato.
Tu sei più forte, perché hai adempiuto totalmente la volontà di Dio
e hai seguito il cammino di tuo Figlio obbediente e fedele fino alla croce.
Tu sei più forte, perché partecipi con il corpo e con l’anima
alla vittoria pasquale del Signore.
In verità, tu sei più forte,
 perché l’Onnipotente ha fatto grandi cose in te.
Il Paese e il principe e il popolo sono consacrati a te.
Stendi il tuo manto, o Madre, sopra tutti noi.
Ferventemente ti prego, insieme a tutti i fedeli:
“Vergine, Madre del mio Dio,
fa’ che io sia tutto tuo!
Tuo nella vita, tuo nella morte,
tuo nella sofferenza, nella paura e nella miseria;
tuo sulla croce e nel doloroso sconforto;
tuo nel tempo e nell’eternità.
Vergine, Madre del mio Dio,
fa’ che io sia tutto tuo!”. Amen.

- Preghiera del Santo Padre Giovanni Paolo II -
nella chiesa di Santa Maria Consolatrice
Vaduz (Liechtenstein)
Domenica, 8 settembre 1985
 


Buona giornata a tutti. :)



giovedì 18 ottobre 2018

"Ritengo che sia inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute rendano indegna la vita"

III. Di fatto se oggi possiamo osservare una mobilitazione delle forze per la difesa della vita umana in diversi movimenti "per la vita", mobilitazione che è incoraggiante e fa sperare, dobbiamo tuttavia riconoscere francamente che finora più forte è il movimento contrario; l'estensione di legislazioni e di pratiche, che distruggono volontariamente la vita umana, soprattutto la vita dei più deboli: dei bambini non-nati. 
Siamo oggi testimoni di un'autentica guerra dei potenti contro i deboli, una guerra che mira all'eliminazione degli handicappati, di coloro che danno fastidio e perfino semplicemente di coloro che sono poveri e "inutili", in tutti i momenti della loro esistenza. con la complicità degli Stati, mezzi colossali sono impiegati contro le persone, all'alba della loro vita, oppure quando la loro vita è resa vulnerabile da un incidente o da una malattia e quando essa è prossima a spegnersi.
Ci si scaglia contro la vita nascente mediante l'aborto (risulta che nel mondo se ne verificherebbero da 3 a 4 milioni l'anno) e proprio per facilitare l'aborto si sono investiti miliardi nella messa a punto di pillole abortive (RU 486). Altri miliardi sono stati stanziati per rendere la contraccezione meno nociva per la donna, con la contropartita che ora gran parte dei contraccettivi chimici in commercio agiscono di fatto prevalentemente come anti-nidatori, cioè come abortivi, senza che le donne lo sappiano. 
Chi potrà calcolare il numero delle vittime di quest'ecatombe nascosta?
Gli embrioni soprannumerari, inevitabilmente prodotti attraverso la Fivet, sono congelati e soppressi, a meno che non raggiungano quei loro piccoli fratelli abortiti che vengono trasformati in cavie per la sperimentazione o in fonte di materia prima per curare le malattie, quali il morbo di Parkinson e il diabete. La Fivet stessa diventa spesso occasione di aborti perfino "selettivi" (es. scelta del sesso), qualora si verifichino indesiderate gravidanze multiple.
La diagnosi prenatale viene usata quasi di routine sulle donne cosiddette "a rischio", per eliminare sistematicamente tutti i feti che potrebbero essere più o meno malformati o malati. 
Tutti quelli che hanno la buona sorte di essere portati sino al termine della gravidanza dalla loro madre, ma hanno la sventura di nascere handicappati, rischiano fortemente di essere soppressi subito dopo la nascita o di vedersi rifiutare l'alimentazione e le cure più elementari.
Più tardi, quelli che la malattia o un incidente faranno cadere in un coma "irreversibile", saranno spesso messi a morte per rispondere alle domande di trapianti d'organo o serviranno, anch'essi, alla sperimentazione medica ("cadaveri caldi").
Infine, quando la morte si preannuncerà, molti saranno tentati di affrettarne la venuta mediante l'eutanasia.

- card. Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI - 
Concistoro straordinario del 1991, svolto ufficialmente in veste di Prefetto della Congregazione.




«Non me ne importerebbe se le staminali servissero a guarire il mio cancro anzi i miei cancri. Dio sa se amo vivere, se vorrei vivere più a lungo possibile. Sono innamorata, io, della vita. Ma a guarire i miei cancri iniettandomi la cellula d'un bambino mai nato mi parrebbe d'essere un cannibale. 
Davvero non v'è limite all'incoerenza dei voltagabbana. 
Un tempo gli odierni cultori del cannibalismo urlavano che era crudele sacrificare gli animali nei laboratori. 
Ora invece accettano che le cavie siano i nostri figli mai nati. 
Accettano che le cellule di queste nuove cavie vadano ad arricchire le ditte farmaceutiche il cui cinismo supera quello dei mercanti d'armi, accettano che gli embrioni vengano squartati come bovi nelle macellerie per ricavarne tessuti e organi da vendere come si vendono i pezzi di ricambio per un'automobile. 
Ormai le cavie siamo anche noi. 
Una donna che subisce un'estrazione di un ovulo è certamente una cavia. 
Una che per restare incinta se lo fa impiantare, lo stesso, grazie a una scienza che è sempre più tecno-scienza, grazie a una medicina che è sempre più tecno-medicina, quindi sempre più disumana.»

- Oriana Fallaci -




“Il vero significato della legge naturale si riferisce alla natura propria e originale dell'uomo, alla «natura della persona umana», che è la persona stessa nell'unità di anima e di corpo, nell'unità delle sue inclinazioni di ordine sia spirituale che biologico e di tutte le altre caratteristiche specifiche necessarie al perseguimento del suo fine. 
«La legge morale naturale esprime e prescrive le finalità, i diritti e i doveri che si fondano sulla natura corporale e spirituale della persona umana. Pertanto essa non può essere concepita come normatività semplicemente biologica, ma deve essere definita come l'ordine razionale secondo il quale l'uomo è chiamato dal Creatore a dirigere e a regolare la sua vita e i suoi atti e, in particolare, a usare e disporre del proprio corpo». 
Ad esempio, l'origine e il fondamento del dovere di rispettare assolutamente la vita umana sono da trovare nella dignità propria della persona e non semplicemente nell'inclinazione naturale a conservare la propria vita fisica. Così la vita umana, pur essendo un bene fondamentale dell'uomo, acquista un significato morale in riferimento al bene della persona che deve essere sempre affermata per se stessa: mentre è sempre moralmente illecito uccidere un essere umano innocente, può essere lecito, lodevole o persino doveroso dare la propria vita (cf Gv 15, 13) per amore del prossimo o per testimonianza verso la verità. 
In realtà solo in riferimento alla persona umana nella sua «totalità unificata», cioè «anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale», si può leggere il significato specificamente umano del corpo. 
In effetti le inclinazioni naturali acquistano rilevanza morale solo in quanto esse si riferiscono alla persona umana e alla sua realizzazione autentica, la quale d'altra parte può verificarsi sempre e solo nella natura umana. Rifiutando le manipolazioni della corporeità che ne alterano il significato umano, la Chiesa serve l'uomo e gli indica la via del vero amore, sulla quale soltanto egli può trovare il vero Dio. 
La legge naturale così intesa non lascia spazio alla divisione tra libertà e natura. Queste, infatti, sono armonicamente collegate tra loro e intimamente alleate l'una con l'altra”.

- san Giovanni Paolo II, papa -



La madre di Steve Jobs ha rifiutato di abortire quando rimase incinta a 23 anni. 
Fece in modo che Steve fosse adottato in una famiglia amorevole.
Jobs, più tardi disse che era estremamente grato per il dono dell’adozione: “Ho voluto incontrare la mia madre biologica principalmente per sapere se stesse bene e per ringraziarla in quanto sono grato di non essere stato abortito.”


Oggi non avremmo avuto una delle menti più geniali che il mondo conosca.


Buona giornata a tutti. :)







mercoledì 15 agosto 2018

15 agosto: Assunzione della Beata Vergine Maria. Tre gradini per capire il mistero della presenza di Maria

La festa dell'Assunzione è tra le più antiche. 
Si celebra almeno da 1500 anni; si ha memoria della sua celebra­zione fin dal secolo V in Orien­te e dal secolo VII in Occidente, a testimonianza della fede ininterrotta della comunità cristiana. 
E’ la festa del trionfo di Ma­ria che la liturgia ci presenta con le parole dell'Apocalisse: "Un segno grandioso apparve nel cie­lo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle". Ma questa visione meravi­gliosa non deve distoglierci da quello che è il vero significato della festa e cioè: festa della pre­senza di Maria. Ossia, l'assun­zione non l'ha allontanata da noi, non l'ha posta su un trono inac­cessibile, ma l'ha resa più vici­na, ha creato le condizioni per­ché la Madonna potesse essere sempre presente vicino a noi. 
Maria è presente fra noi: nei giorni della gioia, come a Cana: "E c'era la Madre di Gesù..."; nei giorni del dolore, come sul Calvario: "Stava presso la croce, sua madre..."; nei momenti del­la preghiera, come nel Cenaco­lo: "Erano con Maria, la madre di Gesù, sempre. 
Questo senso della presenza di Maria, tra i suoi figli, non è di og­gi; i cristiani dei primi secoli si chiedevano: "Che ne è di Maria? Dove si trova attualmente? Nes­sun luogo infatti ha mai rivendi­cato il privilegio di possedere la sua salma, o qualche reliquia del suo corpo. 
Dei primi apostoli si sono o­norate le tombe..., di Maria si è onorata la casa dove aveva abi­tato. 
Si comincia presto ad invo­carla, a pregarla: "Kaire Maria". 
"Rallegrati Maria" traccia, un graffito, del IV secolo, in carat­teri greci, trovato in uno scavo dove ora sorge la basilica del­l'Annunciazione a Nazaret. E in un papiro di oltre 1700 anni fa, si legge la bellissima pre­ghiera di una comunità perse­guitata che ricorre a Maria: "Sub tuum praesidium... Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio...".
Vivere sotto lo sguardo di Maria. 
Ci sono tre gradini da salire per sperimentare personalmen­te il mistero della presenza di Maria. 
Il primo e più semplice aiuto per incominciare ad avvertire la presenza di Maria, ce lo danno le immagini di lei. Potrà sembrare strano, parla­re di quadri e di statue; ma noi siamo fatti di anima e di corpo e i primi sentimenti sono suscita­ti in noi proprio dalla vista. Non per niente il proverbio dice: "lon­tano dagli occhi, lontano dal cuo­re". 
Del resto, se teniamo ben in vista le fotografie dei nostri ca­ri, vivi e defunti, è perché il guar­darle ce li fa sentire, in certo mo­do, ancora vicini. E tuttavia, davanti alle imma­gini della Madonna, non è que­sto l'atteggiamento che dobbia­mo ricercare. Non siamo noi a guardare la Madonna: è lei che guarda noi. Proprio così: come diciamo nella preghiera: "Rivol­gi a noi gli occhi tuoi miseri­cordiosi...". 
Se fate caso, nelle raffigurazioni di Maria, raramente essa guarda suo Figlio; quasi sempre il suo sguardo va oltre, verso di noi, gli altri suoi figli. 
Da quan­do Gesù le ha detto: "Donna, ec­co tuo figlio", Maria non ha smesso di guardarci, il suo sguar­do ci segue dappertutto. 
La Madonna mi guarda: io sento la sua presenza; diventa necessario incontrare il suo sguardo: propongo di tenere i miei occhi fissi nei suoi. Anco­ra. Le immagini di Maria han­no anche una funzione di cate­chesi: la devo scoprire. 
Nella sua Enciclica mariana, il Papa ri­corda le icone dell'Oriente: "in esse la Vergine splende come immagine della divina bellezza, dimora dell'eterna Sapienza, fi­gura dell'orante, prototipo del­la contemplazione, icona della gloria..." (MdR 33). 
Il concetto, l'idea che l'im­magine ci trasmette, nutre e so­stiene la nostra preghiera e rende più oggettivo, più comunita­rio il nostro collegamento 
spiri­tuale con Maria.
Vivere con Maria. 
Il secondo gradino da salire è più impegnativo. Non riesco a sentire una persona veramente presente, se non entro in contat­to con lei, attraverso legami di conoscenza di scambio. Il contatto, lo scambio avviene, in mo­do reale, con Maria, attraverso Cristo, nella comunione dei santi. 
Tutti formiamo un solo corpo con Cristo: viviamo in Lui e per Lui. C'è una solidarietà tra le membra di uno stesso corpo; siamo insieme nella comunione dei beni spirituali: quelli che vi­vono e quelli che ci hanno preceduto. 
Noi possiamo pregare gli uni per gli altri e ancor di più pregano e intercedono per noi i defunti e i santi. Se essi sono i no­stri amici, si deve dire: "Magis amica Maria", Maria ci è ancor più amica e ci comunica i suoi immensi beni spirituali. 
La legge della comunione dei santi è la legge dell'ascesa: "O­gni anima che si eleva, eleva il mondo". Io imparo a vivere con Maria quando la sento come modello e come aiuto. 
Come modello: niente può meglio aiutarci ad essere buoni, quanto il contatto con una per­sona buona e nessuna creatura è più buona di Maria. Con la sua presenza essa mi fa capire ciò che va e ciò che non va. Non si può vivere con lei e restare nell'ambiguità, nella superficialità, nell 'ipocrisia. Come aiuto: se Gesù me l'ha data come madre, posso essere certo che è sempre vicina per aiutarmi. Maria, a motivo del­l'Assunzione, è entrata in cielo come persona umana, con la pie­nezza della sua vita umana. E la creatura più vicina a Dio e più perfetta in amore. Il suo cuore materno è pieno di amore per ciascuno di noi e la sua inter­cessione è potente. Gesù le ha messo a disposizione il suo tro­no: ricevendo sua madre nel cie­lo le dice: "Veni electa mea et ponam in te thronum meuni - Vie­ni mia diletta, metterò il mio tro­no in te". 
A questa madre buona, a que­sta madre potente mi rivolgerò spesso con la preghiera, ben sa­pendo che essa la porterà a Gesù impreziosita dal suo amore.
Vivere Maria. Ma c'è un terzo gradino da salire per avere Maria presente, nel modo più completo e defini­tivo ed è: vivere Maria, ossia identificarsi con lei, sforzandosi di vivere in tutto e per tutto co­me lei. 
Se per ogni cristiano il tra­guardo del cammino spirituale è assumere i lineamenti di Cristo, noi, identificandoci con Maria. la “faccia che a Cristo più si somiglia” (Dante), la prima e più perfetta discepola di Cristo, la prima creatura che ha raggiunto la piena conformazione a Cristo, siamo certi di raggiungere quel traguardo al quale Dio ci ha pre­destinati: "essere conformi all'immagine del Figlio suo, per­ché Egli sia il primogenito fra molti fratelli" Nella sua Enciclica mariana, il Papa, citando Paolo VI, affer­ma che 'la Chiesa deve trar­re dalla Vergine Madre di Dio la più autentica forma della perfetta imitazione di Cristo" (MdR 47). 
Non può dunque essere altro il proposito della festa dell'As­sunzione, festa della presenza di Maria, che quello di affidar­ci completamente a lei perché ci conduca sulla strada della pie­na fedeltà e conformazione a Cristo.

L'Assunzione della Vergine di Palma il Vecchio, galleria dell'Accademia a Venezia

Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore.

- papa Benedetto XVI -



Preghiera di San Giovanni Paolo II 

Oggi, nella solennità della tua Assunzione, o Maria, 

volgiamo lo sguardo verso Te, 
"Piena di grazia", 
Vergine che ci indichi il cielo, 
la meta a cui siamo tutti incamminati.
Ti presenti in questo giorno 
come "nuova creatura", 
che, ai piedi della Croce, 
quando sembrava che trionfasse la morte, 
hai "creduto nell'adempimento 
delle parole del Signore" (Lc 1, 45) 
ed hai raccolto la promessa della resurrezione.
Ti sentiamo vicina, 
Madre dei redenti, 
che insegni a superare ogni turbamento; 
che conforti il popolo di Dio 
nella quotidiana lotta 
contro il "principe di questo mondo" (Gv 12, 31), 
pronto a sradicare dai cuori 
il senso di gratitudine e di rispetto 
per l'originale e straordinario dono divino 
che è la vita dell'uomo.
Tu ci precedi, Vergine celeste, 
nel nostro pellegrinaggio di fede. 
Sostieni, o Maria, 
la nostra speranza; 
incoraggia la Chiesa 
a proseguire sulla via della fedeltà al suo Signore, 
fidando unicamente 
nella potenza redentrice della santa Croce.

Con animo grato a Dio, 

il nostro pensiero ritorna quest'oggi 
all'incontro mondiale dei giovani svoltosi l'anno scorso, 
proprio in questo giorno, a Denver, 
negli Stati Uniti d'America. 
Là Tu ci hai accompagnato ed accolto, 
Vergine del cammino; 
là abbiamo ascoltato assieme a Te le parole del tuo Figlio: 
"Sono venuto perché abbiano la vita 
e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10).
Come allora, ci rinnovi ogni giorno l'invito di Cristo 
ad essere messaggeri di quella vita divina 
che da sola può soddisfare la fame del cuore umano 
e ci spingi a riflettere su quanto Tu dicesti a Cana di Galilea: 
"Fate quello che Egli (il Maestro) vi dirà" (Gv 2, 5): 
Gesù solo, infatti, ha parole di vita eterna (cfr. Gv 6, 68).
Meditando su questa grande realtà, 
ci incamminiamo spiritualmente 
verso la prossima Giornata Mondiale della Gioventù,
che avrà luogo nel gennaio del 1995 a Manila, nelle Filippine.
Aiutaci a preparare questo importante appuntamento ecclesiale 
con fervorosa preghiera e con entusiasmo apostolico.


3. A Te, Regina della pace 

e Madre della Chiesa, 
affidiamo in questo giorno di festa 
i più profondi desideri del nostro cuore. 
Nelle tue mani ancora una volta, 
poniamo l'Italia, 
che quest'anno vive 
un tempo di particolare preghiera; 
alla tua materna sollecitudine raccomandiamo
le Nazioni che nei vari Continenti soffrono 
a causa dell'ingiustizia e della guerra, 
in particolare la martoriata terra rwandese, 
come pure le care popolazioni della Bosnia ed Erzegovina 
e dell'intera regione dei Balcani.
A Te chiediamo di volgere lo sguardo 
ai lavori dell'Assemblea su popolazione e sviluppo 
che si terrà al Cairo nel prossimo settembre.
Guida, o Maria, l'umanità 
sulla strada dell'umile ricerca della verità 
e dell'autentica pace; 
guidala alla felicità vera, 
possibile solo nella piena comunione con Dio.
Regina assunta in cielo, prega per noi!

- san Giovanni Paolo II, papa -