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giovedì 23 agosto 2018

dai "Discorsi" di Paolo VI

Guai a me se non predicassi il Vangelo" (Cor 9,16)

Io sono mandato da Lui, da Cristo stesso per questo.
Io sono apostolo, io sono testimone.
Quanto più è lontana la meta,
quanto più difficile è la mia missione,
tanto più urgente è l'amore che a ciò mi spinge.
Io devo confessare il suo nome:
Gesù è il Cristo Figlio di Dio vivo!

Egli è il rivelatore di Dio invisibile.
È il primogenito di ogni creatura.
È il fondamento di ogni cosa.
Egli è il Maestro dell'umanità.
Egli è il Redentore.
Egli è nato, è morto, è risorto per noi.
Egli è il centro della storia e del mondo.
Egli è colui che ci conosce e ci ama.
Egli è il compagno e l'amico della nostra vita.
Egli è l'uomo del dolore e della speranza.

È colui che deve venire
e che deve un giorno essere il nostro giudice e,
come noi speriamo,
la pienezza eterna della nostra esistenza:
la nostra felicità.
Io non finirei più di parlare di Lui.
Egli è la Luce e la Verità;
anzi, Egli è la Via, la Verità e la Vita (Gv 14, 6).
Egli è il pane, la fonte di acqua viva
per la nostra fame e per la nostra sete.
Egli è il pastore, la nostra guida,
il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello.

Come noi e più di noi Egli è stato piccolo, povero,
umiliato, lavoratore e paziente nella sofferenza.
Per noi Egli ha parlato, ha compiuto miracoli,
ha fondato un Regno nuovo, dove i poveri sono beati,
dove la pace è principio di convivenza,
dove i puri di cuore ed i piangenti
sono esaltati e consolati,
dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati,
dove i peccatori possono essere perdonati,
dove tutti sono fratelli.

Gesù Cristo: a voi cristiani io ripeto il suo nome,
a tutti io lo annunzio:
Gesù Cristo è il Principio e la Fine, l'Alfa e l'Omega.

Egli è il Re del Mondo nuovo.
Egli è il segreto della storia.
Egli è la chiave dei nostri destini.
Egli è il mediatore, il ponte fra la terra ed il cielo.
Egli è per antonomasia il figlio dell'uomo perché  Egli è il
Figlio di Dio eterno, infinito.
È il figlio di Maria Vergine,
la benedetta fra tutte le donne,
sua Madre nella carne e madre nostra
nella partecipazione allo Spirito del Corpo Mistico.

Gesù Cristo!

Ricordate! Questo è il nostro perenne annunzio,
è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.

Papa Paolo VI -
Manila, 29 novembre 1970



La Chiesa non deve solo annunciare la Parola, ma anche realizzare la Parola, che è carità e verità. E, secondo punto, questi uomini non solo devono godere di buona reputazione, ma devono essere uomini pieni di Spirito Santo e di sapienza, cioè non possono essere solo organizzatori che sanno «fare», ma devono «fare» nello spirito della fede con la luce di Dio, nella sapienza nel cuore, e quindi anche la loro funzione - benché soprattutto pratica - è tuttavia una funzione spirituale.

- papa Benedetto XVI - 
Udienza Generale 25 aprile 2012



O mio Gesù, ti prego per tutta la Chiesa, concedi­le l’amore e la luce del tuo Spirito, dai vigore alle paro­le dei sacerdoti, in modo che i cuori induriti si inteneri­scano e ritornino a te, Signore.

O Signore, dacci santi sacerdoti; tu stesso conser­vali nella santità.
O Divino e Sommo Sacerdote, la potenza della tua misericordia li accompagni in ogni luogo e li difenda dalle insidie e dai lacci del diavolo, che egli tende con­tinuamente alle anime dei sacerdoti.

La potenza della tua misericordia, o Signore, spez­zi ed annienti tutto ciò che può oscurare la santità dei sacerdoti, poiché tu puoi tutto.

Gesù mio amatissimo, ti prego per il trionfo della Chiesa, perché benedica il Santo Padre e tutto il clero; per ottenere la grazia della conversione dei peccatori induriti nel peccato; per una speciale benedizione e luce, te ne prego, Gesù, per i sacerdoti, presso i quali mi confesserò durante la mia vita.

- Santa Faustina Kowalska -


Buona giornata a tutti. :-)







martedì 7 agosto 2018

dagli scritti del Santo Curato d'Ars

Che cosa fa Nostro Signore nel sacramento del suo amore? 

Egli ci dona il suo buon cuore per dimostrarci il suo amore. 

Questo cuore emana una tale tenerezza e misericordia da travolgere come un fiume in piena tutti i peccati del mondo. 

Dopo aver ricevuto i sacramenti, quando sentiamo l’amore di Dio diminuire, facciamo subito la comunione spirituale!... 

Quando non possiamo andare in chiesa, volgiamoci verso il tabernacolo. 

Non ci sono muri che fermino il buon Dio. 

Noi possiamo ricevere il buon Dio soltanto una volta al giorno; un’anima infiammata d’amore è paga del desiderio di riceverlo continuamente Figli miei se ci rendessimo conto del valore della santa comunione, eviteremmo le più piccole colpe per avere la fortuna di farla più spesso. 

Conserveremmo la nostra anima sempre pura agli occhi di Dio...


- Santo Curato d'Ars -





Nostro Signore è là, nascosto, in attesa che andiamo a trovarlo e gli rivolgiamo le nostre domande. 

È là nel sacramento del suo amore che sospira ed intercede continuamente presso il Padre per i peccatori. 

È là per consolarci; per questo dobbiamo andare a trovarlo spesso. 

Quanto gli è gradito anche solo un quarto d’ora rubato alle nostre occupazioni, alle sciocchezze di ogni giorno, per andare a fargli visita, a rivolgergli una preghiera, a consolarlo di tutte le ingiurie che riceve! 

Quando vede le anime pure avvicinarglisi con fervore, egli sorride loro... 

E che immensa felicità proviamo in presenza di Dio, quando siamo soli ai suoi piedi, davanti al santo tabernacolo! 

Figli miei, quando vi svegliate di notte, trasportatevi subito in spirito davanti al tabernacolo e dite a Nostro Signore: «Mio Dio, eccomi! Vengo ad adorarti, lodarti, benedirti, ringraziarti, amarti, tenerti compagnia con gli angeli!..».


- Santo Curato d'Ars -



Quando siamo di fronte il Santissimo Sacramento, anziché guardare in giro, chiudiamo gli occhi ed apriamo il cuore: il buon Dio aprirà il suo, Noi andremo a lui ed egli verrà a noi, noi per chiedere e lui per ricevere; sarà come un respiro che passa dall’uno all’altro.  

La comunione ha sull’anima lo stesso effetto di un colpo di soffietto su un fuoco che comincia a spegnersi, ma dove c’è ancora molta brace: si soffia e il fuoco si ravviva. 

Dopo che abbiamo fatto la comunione, l’anima viene a trovarsi nel balsamo dell’amore come l’ape tra i fiori. 

Nel giorno del giudizio, vedremo brillare la carne di Nostro Signore attraverso il corpo glorioso di coloro che l’avranno ricevuto degnamente sulla terra, come si vede brillare dell’oro in mezzo al rame o dell’argento in mezzo al piombo.


- Santo Curato d'Ars -



domenica 5 agosto 2018

La paura del silenzio - cardinale Carlo Maria Martini

Non c’è attività duratura e intelligente di costruzione della città senza una radice contemplativa, che è la capacità di silenzio, di deserto interiore, di pausa, in cui si riceve la Parola di Dio, la si ascolta e quindi si costruisce anche dal punto di vista intellettuale una certa visione del mondo. 
Cosicché il fare non sia determinato solo dalle urgenze, dalle necessità, ma sia ritmato da questo progetto che nasce da un ascolto della Parola e da un atteggiamento di deserto, di silenzio contemplativo. 
Quanto maggiori sono le responsabilità di una persona, tanto più si devono trovare ogni giorno più lunghe ore di silenzio contemplativo. 
Bisogna cercarlo, e lottare per averlo, per non farsi travolgere dalle cose, dalla valanga di parole dette a vanvera, di giudizi affrettati. 
Il silenzio è sempre difficile.
Il silenzio bianco ancor di più: il silenzio nero è pura assenza di suoni, quello bianco è sintesi di tutti i colori. Ed è questo che bisogna imparare a esercitare. Superare, guardare in faccia la paura del silenzio, nella quale emergono alcuni mostri interiori, per imparare che si possono esorcizzare e si può dare loro un senso.

- cardinale Carlo Maria Martini -





«È necessario per tutti noi coltivare il silenzio e circondarlo di una diga interiore. 
Nella mia preghiera e nella mia vita interiore, ho sempre sperimentato il bisogno di un silenzio più profondo, più completo. 
Si tratta di quella sobrietà che conduce a non pensare neppure a me stesso, ma a volgere il mio sguardo, il mio essere e la mia anima verso Dio. 
Il silenzio sacro permette all’uomo di mettersi gioiosamente a disposizione di Dio ed è la sola reazione veramente umana e cristiana di fronte all’irruzione di Dio nella nostra vita. 
Occorre far vivere il profondo legame tra silenzio sacro e mistero, perché senza il mistero noi siamo ridotti alla banalità di cose terrestri. 
Il silenzio è un velo che protegge il mistero. 
Nelle liturgie della Chiesa, il silenzio non può essere una pausa tra due riti; il silenzio è la stoffa nella quale dovrebbero essere tessute tutte le nostre liturgie. 
Nulla in esse può rompere l’atmosfera silenziosa che è il suo clima naturale».

- Cardinale Robert Sarah -



...le creature debbono tacere se deve subentrare il silenzio in cui Dio può parlare. 
Questo è vero sempre anche nel nostro tempo: a volte si ha una sorta di timore del silenzio, del raccoglimento, del pensare alle proprie azioni, al senso profondo della propria vita, spesso si preferisce vivere solo l’attimo fuggente, illudendosi che porti felicità duratura; si preferisce vivere, perché sembra più facile, con superficialità, senza pensare; si ha paura di cercare la Verità o forse si ha paura che la Verità ci trovi, ci afferri e cambi la vita, come è avvenuto per sant’Agostino...

- papa Benedetto XVI - 
dalla Udienza Generale del 25 agosto 2010



Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 1 agosto 2018

La Porziuncola: Luogo del Vangelo - papa Benedetto XVI e la Preghiera a San Francesco di San Giovanni Paolo II, papa


Se si arriva ad Assisi provenendo da sud, sulla pianura che si estende davanti alla città si incontra dapprima la maestosa basilica di Santa Maria degli Angeli, dei secoli XVI e XVII, con una facciata classicistica del secolo scorso.
Quel che cerchiamo, lo troviamo al centro della basilica: una cappella medievale in cui degli antichi affreschi ci raccontano episodi della storia della salvezza e della vita di san Francesco, che proprio in questo luogo visse importanti esperienze. In quello spazio basso e poco illuminato possiamo percepire qualcosa del raccoglimento e della commozione che vengono dalla fede dei secoli, che qui ha trovato un luogo di riparo e di orientamento. 
Al tempo di san Francesco il territorio circostante era coperto di boschi, paludoso e disabitato.
Nel terzo anno dalla sua conversione Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, che apparteneva all'abbazia benedettina del monte Subasio. 
Come aveva già fatto in precedenza con le due chiese di San Damiano e di San Pietro, restaurate con le sue mani, Francesco si mise al lavoro anche qui, nella chiesetta della Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre di ogni bontà.
Lo stato di abbandono in cui si trovavano tutte queste piccole chiese dovette parergli un triste segno della condizione della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell'ordine dei Frati Minori, che peraltro all'inizio non fu affatto pensato come ordine religioso, ma come un movimento di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il ritorno del Signore.
A Francesco accadde quello che nel terzo secolo era già accaduto a sant'Antonio d'Egitto: udì durante una celebrazione liturgica il vangelo della chiamata dei dodici da parte del Signore, che affidava loro il compito di annunciare il regno di Dio e di mettersi in cammino a questo scopo, senza averi e senza sicurezze mondane. 
Inizialmente Francesco non aveva compreso del tutto quel testo; se lo fece quindi spiegare dal sacerdote e a quel punto gli fu chiaro che quello era anche il suo compito. 
Depose le sue calzature, tenne solo una tunica e si accinse ad annunciare il regno di Dio e la penitenza. 
Attorno a lui si raccolsero a poco a poco dei compagni che, come i dodici, cominciarono a loro volta ad andare di luogo in luogo e ad annunciare il vangelo che per loro, come per Francesco, significava gioia per quel nuovo inizio, gioia per il cambiamento che si era prodotto nelle loro vite, per il coraggio della penitenza.
La Porziuncola era divenuta per Francesco il luogo dove finalmente aveva compreso il vangelo, perché non lo accostava più a teorie e glosse esplicative, ma voleva viverlo alla lettera. Si era infatti accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.
Per questo sempre alla Porziuncola consegnò a santa Chiara l'abito religioso, dando così inizio al ramo religioso femminile del suo Ordine, chiamato a dare un sostegno interiore al compito evangelico mediante la preghiera.
Per questo, quando si sentì prossimo alla morte, volle essere trasportato proprio in quel luogo.
Porziuncola significa piccola porzione, piccolo pezzo di terra. 
Francesco non volle mai che essa diventasse di proprietà dei suoi frati, preferì che i benedettini la concedessero loro in uso; e proprio in quel modo, come qualcosa che non era di proprietà, doveva esprimere la vera proprietà e l'autentica novità del suo movimento. 
Per esso doveva valere la parola del salmo 16, che nell'Antico Testamento esprimeva il particolare destino della tribù sacerdotale di Levi, cui non apparteneva nessuna terra, perché la sua unica terra era Dio stesso: «Tu, o Signore, sei mia parte e mia eredità - sì, della mia eredità mi sono compiaciuto».

- cardinale Joseph Ratzinger - 
tratta dal volume: J. Ratzinger, “Il Perdono di Assisi”, Edizioni Porziuncola 2005.




Tu, che hai tanto avvicinato il Cristo alla tua epoca, aiutaci ad avvicinare Cristo alla nostra epoca, ai nostri difficili e critici tempi. 
Aiutaci! 
Questi tempi attendono Cristo con grandissima ansia, benché molti uomini della nostra epoca non se ne rendano conto. 
Ci avviciniamo all'anno duemila dopo Cristo.




Non saranno tempi che ci prepareranno ad una rinascita del Cristo, ad un nuovo Avvento? 
Noi, ogni giorno, nella preghiera eucaristica esprimiamo la nostra attesa, rivolta a lui solo, nostro Redentore e Salvatore, a lui che è compimento della storia dell'uomo e del mondo. 
Aiutaci, San Francesco d'Assisi, ad avvicinare alla Chiesa e al mondo di oggi il Cristo. 
Tu, che hai portato nel tuo cuore le vicissitudini dei tuoi contemporanei, aiutaci, col cuore vicino al cuore del Redentore, ad abbracciare le vicende degli uomini della nostra epoca. 
I difficili problemi sociali, economici, politici, i problemi della cultura e della civiltà contemporanea, tutte le sofferenze dell'uomo di oggi, i suoi dubbi, le sue negazioni, i suoi sbandamenti, le sue tensioni, i suoi complessi, le sue inquietudini... 
Aiutaci a tradurre tutto ciò in semplice e fruttifero linguaggio del Vangelo. 
Aiutaci a risolvere tutto in chiave evangelica affinché il Cristo stesso possa essere "Via, Verità, Vita" per l'uomo del nostro tempo. 
Questo chiede a Te, figlio santo della Chiesa, figlio della terra italiana, il Papa Giovanni Paolo II, figlio della terra polacca. 
E spera che non glielo rifiuterai, che lo aiuterai. 
Sei sempre stato buono e sempre ti sei affrettato a portare aiuto a tutti coloro che si sono rivolti a Te.

- San Giovanni Paolo II, papa -



Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 11 luglio 2018

Un innamorato di Dio

"Mi sentii felice, quando finalmente fui libero da questa bella, ma pur pesante fatica, e almeno per gli ultimi due mesi potei dedicarmi interamente a prepararmi al grande passo: l'ordinazione sacerdotale, che ricevemmo nel duomo di Frisinga per mano del cardinal Faulhaber, nella festa dei santi
Pietro e Paolo dell'anno 1951. 
Eravamo più di quaranta candidati; quando venimmo chiamati, rispondemmo Adsum, "sono qui". 
Era una splendida giornata d'estate, che resta indimenticabile, come il momento più importante della mia vita. 
Non si deve essere superstiziosi, ma nel momento in cui l'anziano arcivescovo impose le sue mani su di me, un uccellino - forse un'allodola - si levò dall'altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso; per me fu come se una voce dall'alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta. Seguirono poi quattro settimane d'estate, che furono come un'unica, grande festa. 
Il giorno della prima Messa la nostra chiesa parrocchiale di Sant'Osvaldo era illuminata in tutto il suo splendore, e la gioia che la riempiva quasi palpabilmente coinvolse tutti nell'azione sacra, nella forma vivissima di una "partecipazione attiva", che non aveva bisogno di una particolare operosità esteriore."


- Cardinale Joseph Ratzinger -
da: "La mia vita"



Il prete e la sua gente: una storia piena di "se...se....se.."
Se sta da solo in Chiesa: "si chiude nel suo intimismo".

Se esce: "va sempre in giro, e non si trova mai".
Se va a benedire le case (o meglio, le famiglie): "non è mai in Chiesa".
Se non va: "non fa nulla per conoscere i suoi parrocchiani".
Se qualche volta accetta di andare al bar: "è uomo di mondo".
Se non accetta: "vive isolato".
Se si ferma in strada a parlare con la gente:  "è pettegolo".
Se non si ferma: "è scostante".
Se parla con le vecchiette: "perde il tempo".
Se dialoga con le giovani: "è un donnaiolo".
Se sta insieme e gioca con i ragazzi:  "forse è di tendenze equivoche".
Se non li frequenta: "trascura di compiere il suo principale dovere".
Se accoglie in casa certe persone: "è imprudente".
Se non le accoglie: "non si comporta da cristiano sensibile".
Se in chiesa afferma verità scottanti: "fa politica".
Se tace : "è menefreghista".
Se predica un minuto in più diventa: "interminabile".
Se parla o predica poco: "non ha autorità" o "è impreparato".
Se si occupa dei malati: "dimentica i sani".
Se accetta inviti a pranzo o a cena: "è un mangione e un beone".
Se rifiuta: "non sa vivere in società".
Se organizza incontri e riunioni: "sta sempre a scocciare".
Se tace e ascolta: "si lascia sopraffare da quelli che comandano".
Se cerca di fare qualche aggiornamento: "butta via tutto quello che c'è da conservare".
Se ritiene valide alcune tradizioni: "non capisce i tempi attuali".
Se è d'accordo con il vescovo: "si lascia strumentalizzare e non ha personalità".
Se non condivide tutto quello che il vescovo propone: "è fuori della Chiesa".
Se chiede la collaborazione dei fedeli: "è lui che non vuol far niente".
Se agisce da solo: "non lascia spazio agli altri".
Se si occupa degli immigrati (o extracomunitari): "è imprudente".
Se non si interessa: "è un grande egoista che non vuole rogne".
Se organizza gite, pellegrinaggi: "pensa solo a far soldi".
Se non organizza: "è indolente e non ha iniziative".
Se fa il bollettino parrocchiale: "spreca tempo e soldi".
Se non lo fa: "non informa i fedeli sulle attività della parrocchia".
Se si ferma a casa: "non è mai reperibile in ufficio".
Se inizia la santa Messa in orario: "il suo orologio è sempre avanti".
Se comincia un attimo dopo: "fa quello che vuole e non rispetta gli altri".
Se a tutti ricorda e sottolinea il dovere della partecipazione e della solidarietà: "è sempre arrabbiato e nervoso; e, in ogni occasione, bussa a quattrini".
Se indossa la veste talare: "è un sorpassato".
Se veste da borghese: "nasconde la sua identità".

Se... se... se...
Signore, dimmi tu: ma come dovrebbe essere il prete?
"Un innamorato di Dio".

E non dovrebbe dimenticare che: "il discepolo non è da più del maestro, né un apostolo è più grande di chi l'ha mandato...".
Se hanno perseguitato Me perseguiteranno anche voi.
Se hanno osservato la Mia Parola, osserveranno anche la vostra" (Gv 15).
"Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28).




Buona giornata a tutti. :-)







martedì 3 luglio 2018

Lavorare per il cielo - Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney


Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo… “Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”. “Per salvarti”. “E perché vuoi salvarmi?”. “Perché ti amo”.
Com’è bello conoscere, amare e servire Dio! 
Non abbiamo nient’altro da fare in questa vita. 
Tutto ciò che facciamo al di fuori di questo, è tempo perso. 
Bisogna agire soltanto per Dio, mettere le nostre opere nelle sue mani… Svegliandosi al mattino bisogna dire: “Oggi voglio lavorare per te, mio Dio! Accetterò tutto quello che vorrai inviarmi in quanto tuo dono. 
Offro me stesso in sacrificio. Tuttavia, mio Dio, io non posso nulla senza di te: aiutami!”.
Oh! Come rimpiangeremo, in punto di morte, tutto il tempo che avremo dedicato ai piaceri, alle conversazioni inutili, al riposo anziché dedicarlo alla mortificazione, alla preghiera, alle buone opere, a pensare alla nostra miseria, a piangere sui nostri peccati! 
Allora ci renderemo conto di non aver fatto nulla per il cielo.
Che triste, figli miei! La maggior parte dei cristiani non fa altro che lavorare per soddisfare questo “cadavere” che presto marcirà sotto terra, senza alcun riguardo per la povera anima, che è destinata ad essere felice o infelice per l’eternità. 
La loro mancanza di spirito e di buon senso fa accapponare la pelle!
Vedete, figli miei, non bisogna dimenticare che abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta. 
Il mondo, le ricchezze, i piaceri, gli onori passeranno; il cielo e l’inferno non passeranno mai. Stiamo quindi attenti!
I santi non hanno cominciato tutti bene, ma hanno finito tutti bene. 
Noi abbiamo cominciato male: finiamo bene, e potremo un giorno congiungerci a loro in cielo. 

- San Giovanni Maria Vianney - 



La sordità spirituale

Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione al Vangelo che racconta la guarigione di un sordo-muto da parte di Gesù. 
Anche lì incontriamo di nuovo i due aspetti dell’unico tema. 
Gesù si dedica ai sofferenti, a coloro che sono spinti ai margini della società. Li guarisce e, aprendo loro così la possibilità di vivere e di decidere insieme, li introduce nell’uguaglianza e nella fraternità. 
Questo riguarda ovviamente tutti noi: Gesù indica a tutti noi la direzione del nostro agire, il come dobbiamo agire. 
Tutta la vicenda presenta, però, ancora un’altra dimensione, che i Padri della Chiesa hanno messo in luce con insistenza e che concerne in modo speciale anche noi oggi. 
I Padri parlano degli uomini e per gli uomini del loro tempo. Ma quello che dicono riguarda in modo nuovo anche noi uomini moderni. 
Non esiste soltanto la sordità fisica, che taglia l’uomo in gran parte fuori della vita sociale. 
Esiste una debolezza d’udito nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo. Noi, semplicemente, non riusciamo più a sentirlo – sono troppe le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi. Quello che si dice di Lui ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo. 
Con la debolezza d’udito o addirittura la sordità nei confronti di Dio si perde naturalmente anche la nostra capacità di parlare con Lui o a Lui. 
In questo modo, però, viene a mancarci una percezione decisiva. 
I nostri sensi interiori corrono il pericolo di spegnersi. 
Con il venir meno di questa percezione viene circoscritto poi in modo drastico e pericoloso il raggio del nostro rapporto con la realtà in genere. 
L’orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante.

- papa Benedetto XVI -
 Omelia, München, 10 settembre 2006



Buona giornata a tutti. :-)