Se si arriva ad Assisi provenendo da sud,
sulla pianura che si estende davanti alla città si incontra dapprima la
maestosa basilica di Santa Maria degli Angeli, dei secoli XVI e XVII, con una
facciata classicistica del secolo scorso.
Quel che cerchiamo, lo troviamo al centro
della basilica: una cappella medievale in cui degli antichi affreschi ci
raccontano episodi della storia della salvezza e della vita di san Francesco,
che proprio in questo luogo visse importanti esperienze. In quello spazio basso
e poco illuminato possiamo percepire qualcosa del raccoglimento e della
commozione che vengono dalla fede dei secoli, che qui ha trovato un luogo di
riparo e di orientamento.
Al tempo di san Francesco il territorio circostante
era coperto di boschi, paludoso e disabitato.
Nel terzo anno dalla sua conversione
Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, che
apparteneva all'abbazia benedettina del monte Subasio.
Come aveva già fatto in
precedenza con le due chiese di San Damiano e di San Pietro, restaurate con le
sue mani, Francesco si mise al lavoro anche qui, nella chiesetta della
Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre
di ogni bontà.
Lo stato di abbandono in cui si trovavano
tutte queste piccole chiese dovette parergli un triste segno della condizione
della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si
stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella
gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua
vera forma e permise la nascita dell'ordine dei Frati Minori, che peraltro
all'inizio non fu affatto pensato come ordine religioso, ma come un movimento
di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il
ritorno del Signore.
A Francesco accadde quello che nel terzo
secolo era già accaduto a sant'Antonio d'Egitto: udì durante una celebrazione
liturgica il vangelo della chiamata dei dodici da parte del Signore, che
affidava loro il compito di annunciare il regno di Dio e di mettersi in cammino
a questo scopo, senza averi e senza sicurezze mondane.
Inizialmente Francesco
non aveva compreso del tutto quel testo; se lo fece quindi spiegare dal
sacerdote e a quel punto gli fu chiaro che quello era anche il suo compito.
Depose le sue calzature, tenne solo una tunica e si accinse ad annunciare il
regno di Dio e la penitenza.
Attorno a lui si raccolsero a poco a poco dei
compagni che, come i dodici, cominciarono a loro volta ad andare di luogo in
luogo e ad annunciare il vangelo che per loro, come per Francesco, significava
gioia per quel nuovo inizio, gioia per il cambiamento che si era prodotto nelle
loro vite, per il coraggio della penitenza.
La Porziuncola era divenuta per Francesco il
luogo dove finalmente aveva compreso il vangelo, perché non lo accostava più a
teorie e glosse esplicative, ma voleva viverlo alla lettera. Si era infatti
accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si
rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.
Per questo sempre
alla Porziuncola consegnò a santa Chiara l'abito religioso, dando così inizio
al ramo religioso femminile del suo Ordine, chiamato a dare un sostegno
interiore al compito evangelico mediante la preghiera.
Per questo, quando si
sentì prossimo alla morte, volle essere trasportato proprio in quel luogo.
Porziuncola significa piccola porzione,
piccolo pezzo di terra.
Francesco non volle mai che essa diventasse di
proprietà dei suoi frati, preferì che i benedettini la concedessero loro in
uso; e proprio in quel modo, come qualcosa che non era di proprietà, doveva
esprimere la vera proprietà e l'autentica novità del suo movimento.
Per esso
doveva valere la parola del salmo 16, che nell'Antico Testamento esprimeva il
particolare destino della tribù sacerdotale di Levi, cui non apparteneva
nessuna terra, perché la sua unica terra era Dio stesso: «Tu, o Signore, sei
mia parte e mia eredità - sì, della mia eredità mi sono compiaciuto».
- cardinale Joseph Ratzinger -
tratta dal volume: J. Ratzinger, “Il Perdono di Assisi”, Edizioni Porziuncola 2005.
Tu, che hai tanto avvicinato il Cristo alla tua epoca, aiutaci ad avvicinare Cristo alla nostra epoca, ai nostri difficili e critici tempi.
Aiutaci!
Questi tempi attendono Cristo con grandissima ansia, benché molti uomini della nostra epoca non se ne rendano conto.
Ci avviciniamo all'anno duemila dopo Cristo.
Non saranno tempi che ci prepareranno ad una rinascita del Cristo, ad un nuovo Avvento?
Noi, ogni giorno, nella preghiera eucaristica esprimiamo la nostra attesa, rivolta a lui solo, nostro Redentore e Salvatore, a lui che è compimento della storia dell'uomo e del mondo.
Aiutaci, San Francesco d'Assisi, ad avvicinare alla Chiesa e al mondo di oggi il Cristo.
Tu, che hai portato nel tuo cuore le vicissitudini dei tuoi contemporanei, aiutaci, col cuore vicino al cuore del Redentore, ad abbracciare le vicende degli uomini della nostra epoca.
I difficili problemi sociali, economici, politici, i problemi della cultura e della civiltà contemporanea, tutte le sofferenze dell'uomo di oggi, i suoi dubbi, le sue negazioni, i suoi sbandamenti, le sue tensioni, i suoi complessi, le sue inquietudini...
Aiutaci a tradurre tutto ciò in semplice e fruttifero linguaggio del Vangelo.
Aiutaci a risolvere tutto in chiave evangelica affinché il Cristo stesso possa essere "Via, Verità, Vita" per l'uomo del nostro tempo.
Questo chiede a Te, figlio santo della Chiesa, figlio della terra italiana, il Papa Giovanni Paolo II, figlio della terra polacca.
E spera che non glielo rifiuterai, che lo aiuterai.
Sei sempre stato buono e sempre ti sei affrettato a portare aiuto a tutti coloro che si sono rivolti a Te.
Buona giornata a tutti. :-)
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